QUALCHE
INFO GENERICA: La Thailandia è un paese
molto grande (come la Francia) e con zone molto diverse tra loro. Per poterlo
visitare bene consiglio di prevedere un soggiorno di almeno 15 giorni e
di usufruire della ottima rete aerea interna e degli altri diffusi mezzi
di trasporto.
Un viaggio
itinerante in Thailandia è come fare a più viaggi diversi,
come tipologia, contemporaneamente; si possono infatti distinguere
tre zone importanti da visitare: il Nord
(magari con l’ausilio di un fuoristrada) caratterizzato da rilievi collinari
e montani generalmente intorno ai 1000 metri ai confini con il Myanmar
e Laos dove vivono riunite in tribù le etnie più disparate
fuggite nel corso dei secoli dalle varie persecuzioni, soprattutto quella
cinese e dove si vive a contatto con i fiumi e con la giungla; il Centro,
confinante con la Cambogia e mi riferisco soprattutto a Bangkok
ed
all’immediato interland (come il floating market che è a 90 Km),
con i suoi mercatini sull’acqua, i templi sfarzosi, i Buddha d’oro, la
vita notturna, il forte impatto tra il sacro ed il profano; ed il Sud,
confinante invece con la Malesia, paradiso marino degli amanti delle spiagge
di sabbia bianca orlate di palme da cocco inserite in un contesto di strapiombi,
faraglioni, grotte, archi di roccia, meta ideale di chi vuole regalarsi
un pò di relax magari dopo “i tour de force” del Nord o di Bangkok,
oltre che conoscere gli aspetti naturalistici di questa regione unica al
mondo ! La religione ufficiale (94%) è il Buddhismo
Theravada (uno dei più antichi e tradizionalisti),
le restanti religioni convivono senza problemi; al Sud è facile
incontrare musulmani,
mentre tra le tribù al confine Birmano si pratica l’animismo.
La storia
della Thailandia o meglio del Siam
(come era chiamata anticamente con un vocabolo sanscrito dal significato
“scuro di pelle “) affonda le radici in un lontano passato di cui sono
rimaste poche tracce. I Thai sono una razza indigena in quanto abitarono
la Thailandia prima di spingersi verso la Cina, poi fecero ritorno sospinti
dai Mongoli di Kublai Khan suddividendosi in tre flussi verso Birmania
(Shan o grandi
Thai), Laos e
Thailandia (piccoli Thai). Alcuni reperti
ritrovati nella zona di Ban Kao nella provincia di Kanchanaburi testimoniano
l’esistenza di un popolo evoluto già dal 3600 a.C.. Nell’XI secolo
fu conquistata dai Khmer
cambogiani per circa due secoli, poi i vari gruppi regionali si unirono
e formarono il regno come lo conosciamo oggi noi.
Il periodo
migliore per girarla senza pioggia, afa e “mosquitos” corrisponde al nostro
(e loro) inverno.
L’unica eccezione è l’area marina di Ko
Samui, nel Mar
della Cina che in questa stagione può
essere piovosa, meglio ripiegare dal lato di Phuket
sull’Oceano Indiano.
I vanti di
questo paese sono due : non essere mai stato colonizzato da una potenza
occidentale (primato unico nell’area del sud-est asiatico) ed essere più
che autosufficiente riguardo il fabbisogno alimentare.
I Thailandesi
sono un popolo cordiale e paziente, l’importante è non offendere
mai due istituizioni sacre: il Re e Buddha.
IL
NOSTRO VIAGGIO:
Partimmo il 26 Dicembre 1999
da Roma-Fiumicino con il volo della Thai Airways delle 14,15. Finalmente
io e mia moglie coronavamo un nostro piccolo sogno proibito: partire sotto
le feste invernali e passare un Capodanno “diverso” e soprattutto lontano
dalle fobie commerciali dello scoccare del 2000 e del “millennium bug”
! Infatti in Thailandia correva l’anno 2542
anzichè
il 1999 in quanto nei documenti ufficiali (carte d’identità, bolli
auto, locandine, calendari ed altro) si conta il tempo non dalla nascita
di Cristo bensì dalla morte di Buddha, inoltre anche se il Capodanno
viene festeggiato convenzionalmente nei grandi centri la notte del 31 Dicembre
come da noi, la cultura popolare vuole che sia celebrato a metà
Aprile (festa del Song Kran, tipica
Thailandese) o a fine Gennaio (Capodanno cinese).
Mi era sembrato proprio il luogo più adatto per finire il 1999 !
Nell’aeroporto romano subivo intanto le ultimi strascichi della tipica
atmosfera natalizia italiana: il tempo rigido, i pacchetti-regalo dalla
carta lucente, gli alberi guarniti di palle colorate, le luci a festa,
i zampognari e le babbe di Natale in minigonna ascellare che distribuivano
depliants pubblicitari…mancavano solo le renne della Coca-Cola ! Comprai
nella sala d’aspetto prima della dogana una bella cartina di Bangkok e
mi avviai al gate. Il volo diretto verso Bangkok fu affrontato con un comodo
Boeng 747 (come il resto degli aerei della compagnia di bandiera thailandese
verniciato con lo sponsor del 72° compleanno dell’amato Re Rama IX)
nel quale, fin dall’inizio, si respirò un’aria orientale (costumi
delle hostess, cibi thai e orchidee, simbolo del paese, in regalo alle
donne…).
Dopo meno
di 10 ore di volo vidi finalmente Bangkok,
riconoscibile dall’alto per la marcata cappa di smog che l’avvolgeva…
Una volta
in aeroporto la prima cosa che feci immediatamente fu dirigermi verso una
delle baracchette in vetro lungo i corridoi per cambiare a prezzo ragionevole
Dollari e Lire in Bath (moneta locale). Poi presi i bagagli e ci dirigemmo
verso l’uscita dove per raggiungere l’hotel che avevamo prenotato: il
Dusit
Thani. L’hotel era uno dei più lussuosi
di Bangkok (nonostante il prezzo a livello di un 3 stelle italiano) con
mega-hall colme di fiori, fontane, cascatelle e luci, con un servizio impeccabile…
pensate che all’interno vi erano perfino 9 ristoranti ! …uno sfizio che
potevo permettermi solo in Oriente ! Appena sistemati decidemmo di fare
un giro autonomo della città, tanto per ambientarci… L’ impatto
fu decisamente forte, nonostante venivo da una città come Roma,
il “caos” era nettamente superiore, un caos però non eccessivamente
chiassoso, il caos di una città laboriosa !. Ovunque strade, tangenziali,
persone che camminavano con le mascherine anti-smog e metro sopraelevate
(mi trovavo dalle parti di Silom Road, Rama
IV Road), le auto a seconda della direzione
sfrecciavano a 150 km a l’ora a brevissima distanza l’uno dall’altro (ho
provato anch’io questo brivido prendendo un taxi) oppure restavano imbottigliate
ore in un ingorgo (infatti mi diceva un abitante che la mattina bisogna
uscire almeno due-tre ore prima dell’orario prefissato per arrivare). E
non c’era differenza di orari ! … scoprii più tardi che a tutte
le ore del giorno e della notte c’era traffico e forse anche per questo
la città dava la sensazione di essere molto sicura, più sicura
(dal lato del crimine) di molte città italiane o estere. Noi infatti
abbiamo girato sempre senza problemi anche in periferia la sera tardi !
Della vecchia “Venezia dell’Oriente
non era però rimasto un granchè (infatti l’appellativo gli
era stato dato per l’abbondanza di canali navigabili che aveva in origine,
ora quasi tutti interrati per far posto all’asfalto stradale)…piuttosto
mi sembrava più azzeccato il recente soprannome : ” the
city of Blade Runner” tratto dal famoso film!
Dappertutto una marea di localini, banchetti e cucine posticce lungo i
bordi delle strade friggevano, condivano, cucinavano, lavavano piatti,
etc (i thailandesi hanno l’abitudine di mangiare poco ma spesso: a tutte
le ore !).
Ovunque
mi giravo vedevo persone mangiare soprattutto riso nelle “buste da passeggio”,
una sorta di bustine trasparenti di plastica tipo Cuki dove veniva messo
di tutto, persino l’aranciata o la coca-cola sfusa…dopo aver annodato
il tutto e fatta sporgere una bella cannuccia ! (scoprii più tardi
la comodità dell’invenzione !) Mi spiegò un thailandese che
loro non usavano cucinare in casa perchè la cucina Thai era così
elaborata (tanti tipi di verdure, spezie ed altri ingredienti per piccole
porzioni
o singole ricette) da diventare difficile il possedere tanti sapori senza
farli andare a male e poi l’acquisto di tutti poteva risultare costoso
o ingombrante, quindi tutti, intere famigliole comprese, preferivano (ed
era pure economicamente conveniente) mangiare fuori, sia il giorno, che
la sera tornati da lavoro, magari al volo o comodamente seduti…sotto
casa. Ecco spiegato il fiorire di tanta attività culinaria nelle
vie cittadine ! (e non solo). Accanto queste attività ce ne
erano delle altre come calzolai, sarti, meccanici,etc, tutti ambulanti…Muoversi
a Bangkok fu facile: taxi
a buon mercato (prezzo fisso con tassametro) ed i Tuk-Tuk
(prezzo da contrattare prima !) : questi ultimi sono il mezzo più
famoso thailandese (e non solo); sono formati da un’ Ape a 3 ruote super-arricchita
da disegni, fregi, cromature e modificatissima. La sera poi, sono veri
e propri “alberi di Natale” piene di luci accompagnate dall’inconfondibile
rombo del loro motore (assordante !). L’unica parola in thailandese che
dovetti imparare fu “bau-bau”
(come il verso del cane) che vuol dire “più piano, più piano
!” Mi capitò infatti di fare un giro su uno di questi simpatici
mezzi e di scoprire che quando un guidatore si incontrava con altri colleghi
lungo la strada era solito ingaggiare una gara di velocità (con
i clienti a bordo !), il tutto con un super-stereo di qualche incredibilione
di watt r.m.s. che nel mio caso suonava una spettinante “Made in Japan”
dei Deep Purple ! Consiglio: quando si prende un mezzo, l’importante
è farsi vedere decisi con l’idee ben precise su dove andare per
non ritrovarsi in un negozio di souvenirs dove l’autista prende la percentuale
oppure in uno squallido bordello/locale a luci rosse di periferia dove
ti “spennano” per bene !
Ma il bello
venne di notte ! Prenotammo in hotel la tipica serata: “Cena
Thai con danze” e ci vennero a prendere con
un auto per andare a mangiare al
Baan Thai
Rost, un meraviglioso ed elegante ristorante
che sorgeva al centro di un quartiere periferico molto povero (baracche).
Per fortuna in Thailandia non vale quasi mai l’equazione povertà=criminalità
poichè anche la persona apparentemente più povera ha generalmente
un lavoro (anche se spesso modesto) e non ha problemi di mangiare, quindi
è raro vedere un mendicante e nessuno chiede l’elemosina o è
particolarmente insistente nel volerti vendere un oggetto neanche se ci
si avvicina alle tante bancarelle) La filosofia serena thailandese e l’insegnamento
altamente tollerante e pacifico buddhista completa il buon quadro sociale
per niente degradante !.. si dice infatti che è quasi impossibile
far arrabbiare un thailandese…stress della metropoli compreso ! , d’altronde
è “il paese dei sorrisi“,
e con un “sanuk”
(sorriso, divertimento, buon umore) sarete sempre accolti !!!
Aggiungo inoltre,
per il capitolo sicurezza, che i presidi della Polizia
Turistica (alla quale il turista può
rivolgersi per ogni problema) sono molto più abbondanti di quelli
della polizia tradizionale e ricordo di averli trovati nei posti più
disparati ! (persino sul piccolo isolotto senza elettricità ed acqua
di fronte l’isola di J.Bond a Phang Nga !)
Ma torniamo
al ristorante : all’entrata dovemmo toglierci le scarpe perchè c’era
la moquette e ci sedemmo sui tipici tavolini bassi con vista sul giardino
esterno ben curato colmo di bonsai con annesso laghetto con fiori di loto.
Davanti a noi c’era un teatro dove durante la cena danzarono le Khon,
rappresentanti del teatro in maschera thailandese basato su episodi della
vita dell’eroe
Rama.
La
musica flemme fatta di strumenti tradizionali come lo xilofono, il cembalo
o le particolari percussioni e la complessa gestualità dei movimenti
fu per me meravigliosa anche se, ad alcuni commensali stranieri, fece venire
un pò sonno (l’ignoranza del turista). Approfittai per scattare
un rullino intero ! La cucina era buonissima a base di riso, noodles
(spaghetti
di riso), maiale, pollo e crostacei e ricordava
molto quella cinese ma con influenze indiane (più piccante e più
speziata, soprattutto per le molte varietà di curry usate). Da bere
presi la birra locale (la famosa Singha)
dal sapore robusto e ben maltato. Dopo la cena mi feci portare nei pressi
del mio albergo per poi arrivare a piedi nel regno delle bancarelle notturne
e delle luci rosse: Patpong.
Le vie tra Silom Road e
Surawong
Road erano una vera bolgia di persone di ogni
tipo che vendevano ogni sorta di merce: dal Rolex fasullo alla “carne umana”
(prostituzione) apparentemente minorenne ! Mi sembrava di essere in una
di quelle strade viste nel film: “Quinto elemento”
, ovunque luci ed insegne colorate, gente che urlava e musica a volumi
galattici sino all’alba. E’ difficile spiegare la meraviglia che provai
vedendo Patpong! La lunga fila di bancarelle al centro della strada era
il regno dei falsari.
Ogni cosa falsificabile era acquistabile a buon prezzo ed era quasi tutta
di buona fattura: orologi di ogni tipo, magliette, gioielli…persino i
profumi. Tutte le firme più famose erano presenti (false) comprese
quelle italiane ! Ai lati delle vie invece pullulavano i locali a luci
rosse (le porte aperte facevano intravedere le ragazzine in topless che
ballavano la Lap Dance) e una folla di “procacciatori” ti tiravano da una
parte all’altra cercandoci di convincerci a vedere qualche spettacolo mostrandoci
dei “depliants” al grido di “fuck..fuck..molto bello..fuck !”
Mi feci spiegare per pura curiosità di cronaca di che cosa di trattava:
in pratica oltre ai soliti spettacoli di sesso spinto (erano mostrate tutte
le posizioni dell’amore) erano affiancati altri numeri più esotici
come il lanciare con la vagina le palline da ping pong, fumare (sempre
con la vagina) tre sigarette contemporaneamente o stappare una coca-cola
sempre con “la bocca di sotto“, termine usato dai locali meno sboccacciati
per tradurre il termine “pussy”. Alle entrate dei “night” si alternavano
i banconi delle birrerie aperte lungo i marciapiedi, dove sugli sgabelli
stazionavano tantissime ragazze, el go-go bar, tutte belle e giovanissime
in assetto da “combattimento”; purtroppo la Thailandia è una delle
mete sessuali degli occidentali. Ma non bisogna pensare che lo stile di
vita thailandese sia molto “disinvolto”, anzi la popolazione ha costumi
più morigerati dei nostri ! (non esiste vedere due fidanzati farsi
effusioni in pubblico o andare in giro con abiti “libertini”)…semmai
questi atteggiamenti confermano una delle grandi verità di questo
paese: la contraddizione ! La Thailandia è infatti chiamata anche
il “paese dai mille volti
” (…e non solo per le differenze ambientali-geografiche !), un paese
dove convivono in armonia: progresso e tradizione, prostituzione e castità,
mare e montagna, ricco e povero, la coca-cola americana con il tè
cinese, la folla con la desolazione, l’oppio e la forte repressione delle
droghe, la libertà (Thailandia significa “terra
degli uomini liberi“) ed in generale un forte
rispetto per la vita umana ed animale e la pena di morte, grattacieli ed
abitazioni modeste e così via !
Passammo comunque
un bel dopo cena curiosando tra le bancarelle e comprammo le solite magliette-trash-ricordo
per i nostri cari.
Il giorno
seguente, dopo la rituale ricca colazione (che sembrava più un pranzo
!) uscimmo per fare una passeggiata in quello che è conosciuto come
il più importante polmone della città: Lumpini
Park. Era un giardino pubblico ben curato,
ma non così grande come pensavo; dubito che poteva essere un oasi
di aria pulita (infatti si sentiva lo stesso lo smog !) ma in compenso
si poteva camminare in tutta tranquillità senza folla e soprattutto
senza pericolo di essere “arrotati” nell’attraversare la strada (Bangkok
ha pochi attraversamenti pedonali e parrebbe che i pedoni non abbiano nè
la precedenza, nè il diritto di attraversare !). Nel parco c’erano
scolaresche e ragazzi, ma sempre divisi: amici da amiche, ragazzi da ragazze,
neanche una coppia di “fidanzatini” a pomiciare…i due sessi erano divisi
persino a tavola…un atteggiamento dettato più dalla timidezza
e riservatezza di questo popolo anzichè dalle regole o dall’essere
bigotto ! Sulle panchine più isolate qualche ragazzo leggeva, cantava,
suonava o si allenava in qualche figura di arte marziale, sempre con la
massima riservatezza. Meno timide erano invece delle signore di mezz’età
che durante un pic-nic si divertivano a cantare per ore con un Karaoke
ad alto volume diffondendo nel parco una dolce melodia di qualche canzone
tradizionale Thai. All’interno del parco c’era un grande lago artificiale
(con annesso affitto pedalò) ed una palestra di body-building all’aperto
(quindi visibile) dove si allenavano i boxer della Boxe
Thailandese, lo sport nazionale.
Dopo pranzo
avevamo prenotato in albergo una visita della città : ci avviammo
così alla scoperta dei tanti templi, che hanno dato a Bangkok l’appellativo
di “città degli angeli
” (uno dei tanti soprannomi, un altro è “big
mango” presumo in contrapposizione del “big
apple” di newyorkese memoria). Iniziammo con il “Grand
Palace” (o Palazzo
Reale), uno dei complessi più incredibili
del mondo, che conteneva all’interno monasteri, templi, sale reali, giardini
in uno sfarzo dorato e luccicante che mi lasciò di stucco.
Ogni
edificio era curato nei minimi particolari: affreschi, mosaici, sculture,
fregi, colori, pagode brillanti, non basterebbero 10 pagine per descrivere
tutto con precisione (quasi 2 Km di perimetro) e quindi vi risparmierò
la noia (meglio vederlo di persona !), dicendovi solo di guardare le poche
foto riguardanti l’argomento sul mio sito e rammentare che è qui
che si può ammirare il famoso
Buddha
di smeraldo (che è invece di giada
e forse neanche…) nella cappella reale (Wat
Phra Kaeo) dove ci celebrano ancora le cerimonie
ufficiali. Ricordo che ovunque è possibile scattare foto o filmare
tranne che nelle sale dove risiedono i troni reali e …sono severi !!!:
assistetti ad una scena dove un thailandese protestò per mezz’ora
con una giovane guardia che gli aveva sequestrato il rullino incriminato,
ma anzichè ottenere la restituzione fu solo buttato fuori a spintoni
!.
Approfitto
per ricordare le banali regole da rispettare quando si entra in zone sacre
come i templi: togliere le scarpe quando richiesto (va bene tenere i calzini),
le donne devono evitare (quando scritto) di salire nella pedana immediatamente
vicina alla statua del Buddha, cercare di vestire senza troppe scollature,
meglio se con i pantaloni lunghi (anche se fa caldo), le donne non devono
toccare (neanche sfiorare per caso) un monaco e se gli devono dare qualcosa
la devono poggiare davanti a loro, sopra un tovagliolo o una stoffa, non
salire sulle statue dei Buddha, il monaco ha sempre ragione, anche se si
tratta di un “bonzo”
temporaneo (molte persone, almeno una volta nella vita, diventano volontariamente
monaci per un certo periodo !).
Volevo aggiungere
una curiosità: nel Grand Palace in disparte c’è una statua
quasi dimenticata alta circa tre metri raffigurante un signore con il cappello
a cilindro, piuttosto strana in mezzo a tante altre statue di divinità,
guardie cinesi, giganti (gli Yaksha)
ed animali sacri ! : rappresenta l’europeo
come era visto anticamente, brutto e crudele (le dimensioni generose servivano
ad intimorire la gente) ed era usato anche per far calmare i bambini !
(della serie: << se fai il cattivo ti faccio mangiare dall’europeo
>>); l’europeo è stato per anni sinonimo di straniero in senso assoluto,
tant’è che la parola forestiero, viso pallido : Farang
deriva proprio dal termine storpiato “français” cioè francese…appunto
europeo !
La successiva
tappa fu il Wat Po
dove ammirammo la statua di Buddha più grande che avevamo mai visto:
un colosso di 46 x 15 metri ricoperto d’oro con la pianta dei piedi ricca
di figure (i 108 segni dai quali si riconosce il Buddha). Questa statua
era anticamente coperta da uno strato di simil-cemento (i thailandesi avevano
paura fosse trafugata durante un invasione dei Birmani…i loro nemici
da sempre !) e solo di recente era stato scoperto in maniera fortuita cosa
si celava “sotto il trucco” : oro !. All’interno dell’edifico mia moglie
fece il giochetto in uso in quel tempio: acquistare una ciotola colma di
monetine preventivamente pesate ed una ad una inserirle in un centinaio
(e più) di vasi (immaginate il rumore di spicci nell’edificio !).
Riuscire a riempire tutti i vasi con il numero esatto di monete voleva
significare ricevere una grande fortuna (a tutti i presenti però
avanzò una o due monete !).
Attenzione
se i prenota un giro della città guidata: come è immaginabile
finisce inesorabilmente in uno shopping-center, in una fabbrica
di seta (di ottima qualità) o presso
una fabbrica di gioielli.
La Thailandia
esporta molte pietre preziose anche in Italia e Bulgari è un personaggio
conosciuto a Bangkok e un buon amico del Re ! Smeraldi, diamanti, zaffiri
e topazi ma soprattutto rubini (che sono di una varietà unica al
mondo) sono venduti a prezzi vantaggiosi (per chi può permetterserli),
ai turisti inoltre viene aggiunta una specie di garanzia emessa dallo Stato
che permette di cambiare in qualsiasi momento la propria pietra con un’altra
(anche a distanza di 20 anni ! se si è stufi !) a patto di tornare
in Thailandia, s’intende !. L’oro invece è di scarsa qualità
(bassa caratura) e non ha prezzi convenienti (la Thailandia non è
un produttore !), meglio l’argento.
La serata
la passammo con un’ottima cena in un ristorante vietnamita (molto buona,
ingredienti simili alla cucina Thai ma ricette diverse !).
La mattina
seguente (29/12) ci recammo di buon mattino in escursione fuori Bangkok.
Per fortuna la temperatura riprese le sue medie stagionali invernali (24
gradi), poichè i giorni prima c’era stata un’ondata di freddo anomalo
(40 anni che non accadeva, circa 10 gradi !) che ci aveva lasciato un pò
perplessi (…siamo ai tropici !) ed aveva intirizzito di brutto i thailandesi.
A circa 90 Km c’era uno dei più famosi e ancoera “veraci” mercati
galleggianti (floating market)
di tutto l’Oriente: il Damnoen Saudak.
A differenza infatti di un altro mercatino galleggiante di Bangkok (molto
più turistico) a Damnoen la maggior parte della gente era dedita
alla vendita dei generi alimentari soprattutto agricoli e alla cucina.
Molte friggitorie di pesce o frittelle si trovavano sulle piccole barchette
corredate di bombola per il gas e catino per lavare i piatti e la varietà
di frutta esotica in mostra era veramente impressionante (mi dissero che
in quella stagione c’erano circa 60 tipi di frutta, quasi tutta sconosciuta
anche a me che avevo viaggiato in altri paesi tropicali). Gli unici segni
di un’attività turistica si trovavano alla fine dei canali (vicino
la strada asfaltata) dove c’era un mega mercato su palafitte, qualche ambulante
con souvenirs, balsamo tigre e scimmiette o pitoni da fotografare !
Il resto dei canali invece era la meta dei contadini che in barca scendevano
dai campi per vendere i loro prodotti. Moltissime abitazioni sgangherate
su palafitte risiedevano direttamente sulla torbida acqua ! Acquistai per
60.000 lire uno splendido ventaglio dipinto a mano “on line” dai colori
sgargianti e dal raggio di 160 cm ! (era il più grande !!!). Dopo
la solita sosta per lo shopping in un centro specializzato nella lavorazione
del legno, in special modo il duro Tek
(per le piccole statuette), ci dirigemmo verso il Rose
Garden, una struttura prettamente turistica
ma che consiglio perchè permette di vedere un “riassunto” di alcuni
aspetti tipici thailandesi (per chi ha poco tempo): infatti si può
assistere a vari tipi di danze in costume (dolcissime ! e sempre belle…mi
riferisco alle thailandesi !), incontri di arti marziali e boxe thailandese,
rappresentazioni di momenti celebrativi come l’antico matrimonio o le processioni,
ascolto di musica popolare, vista degli elefanti al lavoro nonchè
relax sui prati sulle sponde del laghetto e cibo Thai nell’annesso ristorante.
Al
ritorno verso Bangkok puntammo ad un ultimo giro nella Chine
Town (intorno alla Yaowarat
Road), una vera piccola Pechino dai tipici
negozi abitata dai discendenti dei cinesi venuti in Thailandia nel 700…caratteristica
da vedere (soprattutto la mattina quando è più animata !).
La sera cenammo in un ristorante giapponese (ci è piaciuto più
di tutti !) con una cena a base di pesce crudo (salmone, spigola, pesce
spada e tonno completamente sconditi ma morbidissimi, presentati in una
ciotola di ghiaccio), polipetti (sempre crudi) in una salsina di pomodoro,
riso, gamberoni cotti, dolce, frutta e tè verde !
Il giorno
seguente (30/12) ci alzammo “prestino” (alle 3,45 AM) per fare colazione
e dirigersi all’aeroporto per partire alla volta di Chiang
Mai (con scalo intermedio a Mae
Sot – durata totale 2h e 30m). Ci sistemammo
al “The Espress Hotel“,
un palazzone di molti piani alla base del quale, nella hall, spiccava una
grande immagine del Re Rama IX adornata
di fiori di loto freschi ed incensi; e qui volevo aprire un capitolo sulla
famiglia reale. L’ attuale Re settantaduenne sul trono dal 1946 (anno dell’uccisione
di Rama VIII) è il personaggio più venerato ed amato della
Thailandia, forse più di Buddha. Non c’è casa, villaggio,
attività commerciale o strada che non abbia una sua grande immagine
(spesso grandissima) con ai piedi un mini tempietto ricco di offerte (le
stesse che si fanno a Buddha). La sua fama è stata preservata anche
per l’abilità che ha avuto nel passare gradatamente da una monarchia
assoluta ad una costituzionale. Chiesi molte volte agli abitanti cosa ne
pensavano di lui e mi risposero sempre ” Lo amiamo moltissimo ! ”
e spesso ” più di mio padre, mia madre e mio figlio messi insieme
! ” …incredibile ! Ricordo che in quel periodo in una trasmissione TV
alcuni parlamentari si erano permessi di prenderlo “un pò in giro”
velatamente ed il popolo si era ribellato con una marea di proteste !!!
Ovunque viene raffigurato soprattutto in atteggiamenti popolari (per esempio
con il sudore sulla faccia o mentre pianta un albero…), con la sua immancabile
macchina fotografica a tracolla e la sua espressione seria e severa. E’
considerato il miglior tutore del popolo e della libertà ! Anche
in Tv, in qualsiasi momento del giorno e della notte, se si prova a fare
zapping si incappa sempre in vari video-clip sulla sua vita presente e
passata ! Anche sui più moderni grattacieli compare spesso la scritta
” lunga vita al Re ! ” …quindi se volete andare d’accordo con i thailandesi
mai fare ironia su Re o sulla sua famiglia.
Il giorno
passeggiammo per Chiang Mai, una delle più grandi del Nord (ma molto
provinciale) con i caratteristici Tuk-Tuk, i risciò a pedali e la
solita parata di moto-sidecar adibite agli usi più disparati: friggitoria
ambulante, rivendita di pesce secco, gelateria motorizzata, frutteria su
due ruote e così via. La moto in generale in Thailandia è
uno dei mezzi più usati tant’ è vero che sostituisce spesso
le auto o i camion (mi riferisco alla abilità di andare in giro
sovraccarichi fino all’impossibile nonchè l’usanza frequente di
andare in giro in tre, chiaramente sempre ben zavorrati di buste della
spesa o materiali da lavoro !!!). La sera dopo cena ci dedicammo al solito
giro presso i mercati notturni. Il “Night
Market” di Chiang Mai è veramente enorme.
Si anima dopo le 21.00, ed è lungo due chilometri e disposto su
tre livelli: al livello stradale sul marciapiede, sottoelevato in una specie
di formicaio di corridoi sotterranei e sopraelevato lungo delle pensiline
! Anche qui bancarelle di ogni tipo a prezzi convenienti ! Incominciammo
a vedere i primi rappresentanti in costume delle tribù del Nord
(scendono dalle colline per vendere i loro prodotti artigianali soprattutto
stoffe, cappellini e borse multicolori). Il giorno dopo, come da programma
(c’erano a Chiang Mai molte agenzie nella quali si poteva prenotare un
giro del Nord di 2,3,4 o 5 giorni), partimmo insieme ad una esperta guida
locale in lingua Inglese ed un autista in lingua “gesticolese”
(vedrete che in Thailandia è molto più usato e capito dell’Inglese)
equipaggiati di zaini (il resto della valigia con l’attrezzatura marina
l’avevamo lasciata a Bangkok in albergo) e di una simpatica Land Rover
di 30 anni fà (quelle viste nei vecchi documentari africani !) con
strumentazione defunta da un pezzo (livello del carburante compreso !),
carrozzeria in puro ossido di ferro (ruggine), vetri crepati, resti di
bivacchi all’interno, porte mezze aperte (gancio posticcio rotto), impianto
elettrico virtuale e scoperto ben ventilato, motore sostituito con uno
più ruggente coreano e vibrazioni da appannamento temporaneo della
vista, ma comunque robusta ! che, nonostante bevesse più acqua e
olio che benzina, riuscì ad affrontare a testa alta oltre che i
moltissimi chilometri su strade montane, anche guadi di fiumi, giungle
fitte e fangose nonchè salite sterrate al limite del ribaltamento
! …il tutto senza far vomitare mia moglie ! Fu la nostra seconda casa
per i cinque giorni seguenti ! La prima tappa, appena fuori Chiang Mai,
subito dopo la “Crocodile Farm
” fu il Mae Ram Orchid,
un vivaio dove si coltivavano delle spettacolari orchidee (il simbolo della
Thailandia). Seguirono qualche ora di jeep nelle foreste collinari sino
ad arrivare presso un villaggio di etnia Karen
dove
facemmo un giro di perlustrazione. Gli abitanti non erano abituati agli
stranieri ma furono compiacenti…anzi una donna si fece spontaneamente
fotografare (dopo aver chiesto il permesso) mentre raffinava il riso con
un rudimentale macchinario di legno ! Le case erano capanne di legno e
lamiera costruite su palafitte; sotto la casa venivano allevati dei maialini.
Nonostante la povertà più nera non ci chiesero nulla, anzi
ci regalarono un sorriso ! La tappa successiva fu presso le
cascate
di Morkfah, un luogo incantato completamente
desolato dove ci riposammo una mezz’oretta e approfittammo per mangiare
uno spuntino a base di riso e pollo nelle “buste
da passeggio“: rra ora di pranzo… I thailandesi
, abituati a mangiare ad ogni ora del giorno e della sera, furono meravigliati
della nostra rigidità alimentare (colazione-pranzo-cena), infatti
la guida spesso ci comprò grandi sacchi di arachidi bollite (una
volta sbucciate sanno di fagiolo lesso) durante il percorso, pensando che
il non mangiare fuori pasto fosse dettato più dalla nostra timidezza
nel chiedere cibo che dalla nostro stomaco praticamente sempre pieno (il
cibo fu sempre abbondante ! ed a costi bassissimi…credo nessuno, dal
poverissimo abitante al più ricco turista, avrà mai la pancia
vuota in Thailandia !). Seguì la visita di ennesimo tempio dotato
delle nuemrose macchinette elettroniche con le quali (…e con l’aggiunta
di una moneta !) era possibile farsi predire (…e stampare) l’oroscopo
da Buddha ! (quando si dice sacro e profano !).
Il pomeriggio
la guida ci doveva lasciare presso una tribù di origine mongola
“Hmong” dove
avremmo passato insieme a loro il Capodanno ma una retata della Polizia
che aveva colto sul fatto tutto il villaggio a coltivare il papavero da
Oppio (siamo dalle parti del Triangolo d’Oro
e
l’oppio è
di casa, talvolta una “fumatina ” viene offerta di nascosto anche ai turisti,
per non parlare del Thai-Stick,
una sorta di potente e puzzolente marijuana !) ci dovette purtroppo far
cambiare improvvisamente programma (sob !). Passammo il Capodanno
presso
il Pha Deng Cabin,
una economica struttura gestita da una famigliola composta da padre, madre,
figlia piccola e tanti cuccioli di cane che possedeva quattro baite (una
affittata da noi, un’altra di un gruppo di ragazzi thailandesi, le altre
vuote !) costruite ad una ventina di metri di altezza sopra gli alberi,
completamente immerse nella natura, nel silenzio e nella tipica nebbia
mattutina di queste parti montane (mettemmo felpa + pail poichè
un freddo improvviso arrivò in pochi minuti subito dopo il tramonto
!). Cenammo un pò in solitudine (la guida tornò a casa distante
sette ore di jeep quasi tutte “off road” per poi tornare il giorno dopo
!) ma contenti di aspettare l’alba del nuovo anno nell’unico luogo lontano
dalle speculazioni del 2000 ! Infatti (come sapevamo e volevamo) in Thailandia
del nostro Capodanno 2000 non poteva fregare proprio un bel niente ! (come
spiegato prima correva la notte tra il 2542-2543) . Inoltre in questa zona
isolata e rurale vigeva il Capodanno Thailandese
di metà Aprile ! Quale posto migliore per passare “la notte” lontano
dalle fobie-mode del passaggio 19…/20… ? Mangiammo una mega-zuppa vegetale,
poi la famigliola andò a letto presto ed sul Tv (ce ne era uno portatile
sul bancone della locanda) venne selezionato per noi un programma di cartoni
animati-manga !
Il giorno
seguente, sul tardi, spuntò dalla nebbia frizzantina ed odorosa
di fumo di legna, da lontano un rumore di sega circolare: era il nostro
Land Rover che ci veniva a prendere! Viaggiamo mezza giornata sino alla
tranquilla cittadina di
Pai
dove pranzammo e poi ancora verso Nord. Sostammo in un villaggio Shan
(tribù Birmana) dalle misere abitazioni in bambù e poi rientrati
nel percorso stradale asfaltato ci fermammo lungo una serie di mercatini
ai lati delle strade montane dove i prodotti della terra venivano venduti
da tribù come i Lahu
mentre dei bellissimi manufatti (cappellini, borse, borsellini, etc.) di
stoffa di un rosso sgargiante venivano esposti nei banconi delle donne
Yao.
Una curiosità: ci eravamo portati dietro una certa scorta di caramelle
morbide per i bimbi e lungo il percorso, soprattutto nei poveri villaggi,
le abbiamo distribuite accattivandoci subito le simpatie degli abitanti…
talvolta abbiamo regalato dei soldini, qualche altra volta però
abbiamo avuto delle richieste specifiche: lo shampoo, io ne ero sprovvisto
ma se vi capita di andare al Nord portatene qualche bottiglietta (va bene
anche se lo travasate dalle super-confezioni famiglia a confezioni di fortuna
più piccole); anche qualche vecchio abito è sempre ben gradito
!
Il pomeriggio
arrivammo al nostro prossimo alloggio presso il Tham
Lod Lodge on the River Lang. E’ una struttura
molto interessante perchè suggestiva ed economicissima situata in
una zona dove ci sono delle grotte meravigliose. Si affittavano per pochi
bath (dai 60 ai 200) le caratteristiche guest-house,
poco più di baracche piene di buchi ma dotate di un comodo letto
con zanzariera (per fortuna d’inverno non ce n’è bisogno), bagno
autonomo e un patio direttamente sulla riva di un fiumiciattolo che scorreva
lento verso una grotta, lungo il quale un gruppo di ragazzi stava campeggiando
liberamente con la tenda. La gente dei lodges era simpaticissima e molto
“pittoresca”: mi riferisco al fatto che era composta da famigliole di hippy
non troppo giovani nord-europee o americane, figli dei fiori, esoterici
e così via… mi sembrò di essere in uno i quei filmati sulla
gioventù contestatrice degli anni 68-70 o al concerto (folla a parte)
di Woodstock…chiaramente “cannoni” compresi !!! …nell’aria si diffondeva
un gradevole profumo denso e grasso di “prato” bruciato, nella sala d’accoglienza
poi il “fumo” si poteva tagliare con il cortello ! Prendemmo una zattera
sul fiumiciattolo e ci facemmo dolcemente portare sino alle grotte. Una
donna locale si offrì di scortarci con la lampada a petrolio. Molte
sale interne erano piene di stalattiti e stalagmiti che ricordavano forme
di animali e vi erano anche alcuni resti funerari preistorici. Nell’acqua
nera per il buio nuotavano le bisce, in alto si sentivano gli stridii dei
pipistrelli . Arrivati alla fine delle grotte si poteva tornare indietro
o a piedi lungo un sentiero, oppure con la nostra zattera (controcorrente)
facendosi trainare con una corda da un addetto ammollo nell’ acqua.
La sera cenammo
(benissimo ed abbondantemente) all’aperto, vicino il nostro lodge ed accanto
un grande fuoco dove due cagnolini si erano addormentati e alcuni “turisti”
armati delle “loro fiaccole profumate” discutevano del più e del
meno…
Le rane in
amore gracidarono tutta la notte, mentre il mattino seguente (2 Gen) ci
svegliammo al canto del gallo nella solita nebbiolina e con le urla delle
scimmie che vivevano nella giungla intorno a noi. Frittatona mega-galattica
per colazione, un’insalatiera di riso, una papaya e via…sulla nostra
jeep ! ll Nord era veramente meraviglioso !
Dopo
aver incontrato altri Lisu (dal caratteristico abbigliamento color rosso
e nero, ispirato al papavero da oppio) e le altre tribù con le loro
rivendite di riso bianco e nero, tuberi e fagioli, arrivammo in un complesso
pieno di cascatelle e ruscelli con al centro un laghetto di cristallo ed
un ponte sospeso (oscillante) che portava ad una piccola grotta (Fish
Cave) dove un’altissima concentrazione di
carpe si ammassava all’entrata per ricevere il mangime che i bambini del
luogo tiravano in acqua !…poi ancora altri chilometri sino a Pha
Sua (cascate)
ed infine Mae Hong Son,
una paese importante del Nord. Breve pranzo in strada, acquisto di due
vestiti per mia moglie a 7.000 lire l’uno (ottima stoffa ! ed ottimo modello),
visita ad un tempio buddhista Shan cioè birmano (Doi
Kong Moo, caratterizzato da una forma più
simile ad una “stupa” cioè conica piuttosto che ad una “pagoda”
come nel centro-Thailandia) e sistemazione in albergo (Tara
Mae Hong Son). Il tempo di sistemare le valigie
(10 minuti) e subito scendemmo per la parte più emozionante del
nostro viaggio: l’incontro con le mitiche “donne
giraffa“, (chiamate anche “long-neck“,
”
donne lungo-collo”
per i cerchi di ottone saldati sul collo, per una lunghezza (sino a) di
25 centimetri, simbolo di sensualità), esponenti femminili di una
parte dell’etnia dei Karen bianchi (White
Karen) e più precisamente di quella
appartenente ai Padong
(si scrive Pa Dawng
o Padaung).
Dalle ultime
teorie si ipotizza che questa antica usanza derivi dal proteggere il collo
dagli attacchi delle tigri oppure dall’ostentazione della ricchezza famigliare,
sicuramente stanno purtroppo sempre più diventando una ricchezza
per l’industria del turismo anche se per ora non di massa (quando andammo
al villaggio eravamo gli unici stranieri).
Per arrivare
al villaggio (non era uno dei più grandi, quelli in genere frequentati
dai turisti, non facile da raggiungere) dovemmo prendere una Long
Tail boat (una tipica barca dalla “coda lunga”
a causa della lunghezza dell’asse portaelica) e navigare lungo il fiume
Pai tra una natura incontaminata fatta di
montagne, gole e giungla. Di tanto in tanto si vedevano gruppi di elefanti
a lavoro o isolati thailandesi al bagno. Ad un certo punto un gruppo di
case ed una spiaggetta… Eravamo arrivati al villaggio Padong, un villaggio
fatto una ventina di capanne modestissime costruite lungo un sentiero di
terra in salita dalle quali fuoriusciva il fumo dei pentoloni per cucinare.
Sulla sinistra una capanna più grande in bambù con una stella
ed una croce rappresentava la chiesa cristiana (…i missionari erano passati
quà chissà quando…fatto piuttosto raro…generalmente le
tribù collinari sono animiste, cioè dedite al culto degli
avi e dei demoni). Improvvisamente verso il centro del villaggio, tra gli
sgargianti colori delle loro stoffe, ci apparvero le donne giraffa. La
pratica di saldarsi al collo gli anelli viene adottata da secoli da tutte
le donne di questa tribù. Attualmente la civiltà occidentale
ela Chiesa cristiana ha contaminato molte usanze decretando un graduale
abbandono di questa pratica ma ancora chi l’abbandona può essere
messo al bando dalla propria comunità. Gli anelli, che dall’età
di cinque anni vengono aggiunti, uno per ogni anno di vita (fino ad un
certo numero), costringono, non il collo ad allungarsi come sembrerebbe,
bensì le spalle ad abbassarsi causando dolori alle ossa molto forti
(mi hanno chiesto in dono le aspirine ! o gli antidolorifici generici !).
Non solo, ma arrivati ad una certa età non possono più dormire
supine (…ma sedute) e poichè il mento si alza (schiacciato dagli
anelli) molto presto non riescono più a parlare bene o aprire la
bocca e sono costrette ad alimentarsi solo con liquidi tramite una cannuccia
! E’ una vita d’inferno nella quale ogni azione fisica, banale per noi,
diventa un problema spesso insormontabile. Il peso del metallo (fino a
12 Kg) è tale da schiacciare le vertebre e soffocare il respiro
con gravi complicazioni cardiache. Il tutto è poi aggravato
dal fatto che anche i polpacci sono stritolati (mano, mano che si ingrossano)
da altri cerchi di ottone ! …e devono lavorare i campi ! …allevare
i figli…cucinare ! …fare l’amore ! Sono le uniche donne che non vidi
mai sorridere, sempre serie, con gli occhi sbarrati, anche le giovanissime
!..non vidi sorrisi neanche quando tentai di comunicare con loro a gesti
o quando gli comprai qualche oggetto del loro artigianato (soprattutto
statuette di stoffa e legno) oppure quando offrii loro dei soldi (sono
poverissime !) che prontamente, dopo un cenno di ringraziamento con le
mani giunte, infilarono sotto gli anelli superiori, gli unici ad essere
un pò più larghi anche se sempre molto spessi e pesanti.
Mi ringraziarono delle offerte chiamandomi con un segno della mano e facendomi
capire che mi dovevo sedere in mezzo a loro per immortalare il momento
con una foto, un gesto gratuito che mi ha toccato ! Il ritorno all’albergo
fu abbastanza movimentato: una mezz’oretta di barcone, un’ora di elefante
su un percorso molto tortuoso (giungla, sentieri di poche decine di centimetri
a picco su scarpate, dirupi e due guadi abbastanza profondi e ripidi sul
fiume), e per finire un pò di jeep ! Il portatore dell’elefante
fu praticamente un fantasma poichè camminava a piedi dietro di noi
completamente fuori dalla realtà, anzi ogni tanto spariva cambiando
strada, infatti il cannone di marjuana super-compressa che si era rollato
era tanto grande e “tosto” che in un ora di fumata si era consumato solo
a metà ! Arrivati a destinazione scoprimmo con ilarità
che l’elefante era ammaestrato a chiedere con la proboscide un casco di
banane in regalo ! 20 bath furono sufficienti per il dono ! (circa 1000
lire nel 2000).
Il
giorno seguente (3 Gen.) visitammo i templi Shan presenti a Mae Hong Son
come il Wat Muoa To
caratterizzato da un grande Buddha all’aperto raggiungibile tramite una
scalinata fiancheggiata dal serpente mitologico
Naga o il più moderno Wat
Jong Krang. L’itinerario terminò all’aeroporto
di Mae Hong Son dove ci aspettava alle 11,45 il verso Chiang Mai. Salutammo
calorosamente la nostra guida ed il “driver” con il quale avevamo condiviso
quasi cinque giorni di avventure (a loro toccava un lunghissimo ritorno
in jeep sino a Chiang Mai) e prendemmo l’aereo. Prima però (in sala
d’aspetto) mi sedetti su una poltrona in pelle che con l’inserimento di
due monete da 10 bath per 5 minuti mi massaggio (tramite dei dischi meccanici
all’interno dello schienale) tutta la colonna vertebrale dalla nuca …al
coccige…vibrando sulle gambe…molto rilassante, credetemi… soprattutto
dopo un viaggio lungo in auto o aereo ! Arrivati a Chiang Mai (25 minuti
di volo su un B.767) prendemmo la coincidenza per Bangkok (delle ore 14,15
…poco più di un’ora di viaggio)…sequestro del nostro coltello
da cucina spella-frutti (l’ho dovuto ritirare una volta atterrati presso
l’ufficio per la sicurezza) ed una volta nella capitale ci sistemammo una
notte presso il Dusit Thani dove avevamo alloggiato i primi giorni e dove
avevamo lasciato in custodia tutti i bagagli non necessari per il Nord
Thailandia (per esempio tutta l’attrezzatura per il mare come pinne, maschere,
macchina fotografica sub, teli ed i i vari regali da riportare in Italia
) …seratina “Patponghesca” (il Dhusit è vicino !) e poi a nanna
! Alzataccia alle 4,45 AM (del 4/1) per colazionare e prendere il volo
per Krabi
(circa
1 ora e 20 minuti), nel Sud della Thailandia dal lato della costa dell’Oceano
Indiano. Arrivati a Krabi ci trasferimmo al The
Krabi Meritime Hotel, un elegante Hotel a
pochi minuti dal paese, costruito vicino la sponda del fiume Krabi. Ricordo
che la cittadina è costruita lungo l’omonimo fiume (e non sul mare)
perfettamente navigabile (anche con imbarcazioni di una certa mole) e quindi
non ci sono problemi per chi vuol fare una vacanza “marina”. Infatti l’Hotel
ci mise a disposizione gratuita due differenti servizi di navetta (oltre
quello che portava al centro del paese), uno tramite pulmino fino alla
spiaggia di Ao Nang
(la spiaggia principale della zona, circa 20 minuti) in coincidenza con
una barca che portava a Pha Plong
(la spiaggia privata convenzionata con l’albergo, un’altro paio di minuti)
oppure direttamente tramite una long-tail-boat dall’hotel a Pha Plong,
un’ora di placida, tranquilla navigazione tra le gole del tranquillo fiume
ed i paesaggi mozza-fiato, giungla abitata da scimmie e mangrovie. Chiaramente
optai per l’ultima soluzione, comoda e panoramicissima ! Durante la navigazione
passammo anche davanti il “Cimitero delle
Conchiglie“, una serie di lastroni fossili
pieni di conchiglie vissute circa 45 milioni di anni fà…vicino
un tempio ! Pha Plong fu un’altra rivelazione: una spiaggia scarsamente
affollata (solo 4-5 persone dell’Hotel), isolata dalle altre (infatti raggiungibile
solo tramite barca), molto estesa, protetta da faraglioni davanti e da
un complesso roccioso dietro molto alto, con spiaggia di sabbia bianca,
palme da cocco e un piccolo bar ! (però no snorkeling). Il pomeriggio
feci una cosa che avrei dovuto fare già a Bangkok : il famoso massaggio
Thai ! Effettivamente per le strade di Bangkok
avevo visto alcuni locali che lo praticavano a prezzi buoni (per i maschietti:
se andate a farvi massaggiare a Patpong, dove ci sono dei centri, sarà
meglio specificare “only massage”
sennò vi succhiano sino a l’osso…!) ma avevo avuto poco tempo
durante le visite e nell’albergo della capitale mi avevano chiesto 2200
bath a persona per due ore (super-caro !). Nell’ Hotel di Krabi, invece,
si poteva prenotare una seduta sia nel centro massaggi annesso, sia direttamente
in camera a prezzi non proprio popolari ma sicuramente più abbordabili
(400 bath cadacranio per due ore !). Bastò una telefonata dalla
camera per vedere spuntare dopo poco due ragazze giovani ed esili in stanza,
una per me ed una per mia moglie. Consiglio: non fate mai meno di due ore
a testa di massaggi perchè è questo il tempo minimo per completare
tutta la serie delle “figure”, inoltre il tempo passa molto in fretta !
aggiungo: il massaggio Thai non è un massaggio rilassante bensì
molto energico…è bene saperlo !
Ci stendemmo
sul letto e subito iniziarono. Non parlavano inglese, quindi ci intendemmo
a gesti ! L’aspetto mingherlino fu solo apparente, infatti scoprimmo subito
quanta forza avevano nelle loro esili braccia ! Riuscirono a farmi scrocchiare
tutte le ossa, da quelle del collo alle falangi del mignolo del piede !
Mi fecero scoprire di avere ossa e muscoli nei posti più impensati.
Stirarono e pressarono ogni muscoletto aiutandosi con forza anche con gomiti
e piedi fino a quasi camminarmi sopra ! …e nulla valsero alcuni miei
“bau bau” ! Anzi…ogni volta che tiravo fuori un urletto (del tipo ..aurgh
!!!) mi guardavano con un sorriso malizioso e mi dicevano aggrottando le
sopracciglia: << thai ! thai ! >>, che penso volesse dire “hai voluto
i massaggi Thai ? ed ora non ti lamentare…si fanno così !!! ”
Alla fine però fui soddisfatto! Sebbene mi sembrò di essere
stato schiacciato da un rullo compressore, la sensazione di benessere e
scioltezza fu talmente positiva che mi dispiacque fosse finito tutto così
presto ! Le ragazze furono pagate (+mancia) e in un batter d’occhio sparirono
dopo aver ringraziato ! Il giorno seguente decidemmo di andare in escursione
verso Phang Nga e
quindi prenotammo (1000 bath a persona) una gita che comprendeva anche
una ampia escursione della zona (sia marina che terrestre). Partimmo con
un bus sino ad un porto a metà strada tra Krabi e Phuket e da lì
prendemmo una delle tipiche long-tail-boat. Consiglio: portatevi dei tappi
per le orecchie ! e sedetevi verso prua ! I motori sono esterni, senza
incappucciamento, derivati spesso da motori camionistici ma super-modificati
ed imbellettati da cromature, marmitte ad espansione ! Sono attaccati ad
una lunga asta che funge anche da albero motore e sono guidati da uomini
in piedi con il braccio a pochi centimetri dalle cinghie del motore ! Il
rumore è assordante !!!!!!!!!!!!!
Ricordo che
meno di mezza giornata di navigazione mi provocarono un sibilo forte nell’orecchio
che rimase per quasi due giorni ! Comunque fu meraviglioso solcare a tutta
birra l’arcipelago di isolette disabitate, faraglioni, grotte ed archi
di roccia che caratterizzano il parco nazionale intorno a Phang Nga ed
anche la pubblicizzatissima James Bond Island,
piena di turisti e bancarelle manteneva il suo fascino (al mio ritorno
per 100 bath mi consegnarono un piattino con la nostra foto incisa e la
scritta: “Phang Nga, James Bond Island-Amazing Thailand”…veramente kitsch
!!!). La gita (molto turistica ma consigliata) proseguì, sempre
via mare, verso un villaggio (Koh Phing Kan)
di zingari di mare (Sea Gypsy)
dove mangiammo. Si tratta di una minoranza etnica di origini Malesio-Indonesiane
di religione musulmana (quindi inutile chiedere loro una birra per pranzo,
perchè gli alcolici sono vietati !). Gli zingari del mare gestiscono
tutte le attività marine sia sulla costa che sulle isole (taxi-boat,
ristorantini su palafitte, bancarelle di ogni tipo, pesca, etc.).
Tornati sulla
terraferma (non vi voglio raccontare di quando perdemmo l’elica in acqua
e il driver ne mise una di ricambio “al volo”) riprendemmo il pulman per
visitare l’entroterra. Visitammo una serie di grotte suggestive dove all’interno
vi era un tempio (con i vari Buddha e Buddhini) dove circolavano liberamente
molte scimmie (bancarella interna per comprare loro da mangiare).
C’era
anche un monaco che dietro offerta benediva la gente dando loro un piccolo
bracciale fatto di fili di cotone grezzo. Poi ci dirigemmo verso le cascate
di Tham Boke
che fanno parte del parco nazionale di Tharm Boke-Koranee…si trattò
in realtà di piccole cascatelle e ruscelli ma il bello fu poter
fare il bagno nel fiume (pulito, profondo e senza corrente) che finiva
in una grande grotta buia e ricca di stalattiti che raggiungemmo a nuoto
(e ci nuotammo dentro !). La gita finì la sera ! (per la prima ed
ultima volta piovve una mezz’oretta !).
La mattina
del 7/1 ci preparammo a partire per Phi Phi Don Island e perciò
ci accompagnarono al nuovo porticciolo di Krabi. Prendemmo un traghetto
un pò sgangherato ma grande (con l’aria condizionata) che in un’ora
e mezzo (rifornimento a parte ! nel vecchio e pittoresco molo dei pescatori)
raggiunse l’isola. Qui ci aspettò una sorpresa: o meglio non ci
aspettò proprio nessuno. Infatti il
Turismo
Thai (che in questo paese è il responsabile
di tutti i programmi turistici dei vari tour operator stranieri e non)
ci doveva prelevare al porto per accompagnarci all’Hotel (premetto che
a Phi Phi non esistono strade ed ogni spostamento va fatto in barca !)
ed invece nè si era fatto vivo, nè aveva avvertito l’albergo.
Prendemmo quindi automamente un taxi-boat ed una volta arrivati a destinazione
telefonammo per segnalare l’inconveniente. Devo citare la grande serietà
del turismo Thai che per riparare al piccolo contrattempo senza batter
ciglia qualche giorno più tardi si fece trovare all’aeroporto internazionale
di Bangkok, ci chiese quanto avevamo speso (500 bath compreso una bella
mancia) e ci consegnò (senza mostrare alcuna ricevuta che tra l’altro
non avevamo) il contanti brevi-manu !
A Phi Phi
Don ci sistemammo presso il Phi Phi Palm Beach
(attualmente
si chiama: Holiday Inn Resort) un villaggio formato da comodi bungalows
dotati di aria condizionata (faceva molto caldo !) immersi tra le palme
ad un passo da una spiaggia bianca. Per la descrizione delle spiagge di
Phi Phi Don e della vicina Phi Phi Lae (l’altra isola disabitata dove è
stato girato il film con di Caprio: ” The Beach “) vi rimando ai miei appunti
su Phi Phi Island“.
Purtroppo in quel periodo si verificò un evento raro (nel senso
che capita per pochi giorni l’anno): la formazioni di una miriade di larve
di madrepore molto urticanti e fu impossibile fare il bagno di fronte il
villaggio (io per la verità lo feci, per fortuna con la maschera
salvandomi gli occhi: fui punto con tale violenza che il mio corpo si riempì
di centinaia di bolle dolorose all’inizio, soprattutto nelle labbra, pruriginosissime
poi, che nonostante i farmaci guarirono in due settimane !). Vista l’impossibilità
di fare snorkeling di fronte alla nostra struttura, chiesi al villaggio
vicino dei zingari del mare un consiglio sul da farsi e per pochi bath
affittammo una vecchia barca con annesso nocchiero; un ragazzo volenteroso
e simpatico ogni giorno si fece trovare sotto il nostro bungalow pronto
a scarrozzarci per il mare, visitando le isole vicine, facendoci scoprire
baie, calette, fiordi e spiaggette di una bellezza incomparabile.
Ho viaggiato
parecchio ai tropici ma raramente ho visto panorami così belli…credetemi…sono
tra le coste più belle del mondo. Anche lo snorkeling fu discreto
anche se non ricco come quello Maldiviano o del Mar Rosso.
I cinque giorni
a Phi Phi volarono purtroppo in un attimo e presto dovemmo ritornare indietro:
taxi-boat sino al porticciolo, barchetta fino a largo (con delfini a seguito
!), traghetto che pescava i passeggeri in alto mare perchè non poteva
attraccare date le dimensioni !, un’ora e mezzo di tragitto sino a Phuket,
aereo per Bangkok (volo del 12/1, durata un’ora e venti minuti), poi l’ultimo
aereo diretto per Roma-Fiumicino (poco più di 11 ore), Thailandia
arrivederci !
Curiosità:
Bangkok
in lingua Thai si chiama Krung Thep Mahanakhon Amorn Rattanakosin
Mahinthara Yudthaya Mahadilok Phop Noppharat Ratchathani Burirom Udomratchaniwet
Mahasatharn Amorn Pimarn Awatan Sathit Sakkathattiya Witsanukram Prasit
!!!
Ben 21 parole !!!
La traduzione dovrebbe essere: Città
degli Angeli, Gran Città degli immortali, Sontuosa Città
dalle Nove Gemme, Trono del re, Città dei palazzi reali, Casa degli
Dei Incarnati, predestinata e creata dai più alti Deva.
I Thailandesi però la chiamano
semplicemente “Krung Thep” cioè “Città degli angeli”.
Le foto di questo viaggio si trovano qui,
qui
e qui. |