TCHAD: …. emozioni sahariane
Viaggio effettuato dal 27/03/2002
al 12/04/2002
ENNEDI – giardino sahariano
A cura di Davide
Bergami e Antonella Bergonzoni
Prefazione
Il
viaggio in questa remota zona del Sahara è stato effettuato con SPAZI
d’AVVENTURA, tour operator di Milano fondato da un medico milanese, Piero Ravà,
che dal 1977 organizza viaggi spedizione principalmente nel deserto del Sahara.
Questo è l’unico operatore occidentale presente nel paese, ed ha in permanenza
nella capitale un proprio ufficio, mezzi fuoristrada, personale locale ed una
guida italiana di Spazi d’Avventura forte di una lunga esperienza e di una
profonda conoscenza del paese e delle popolazioni che lo abitano. Il gruppo di
noi turisti era composto di 12 persone di tre diverse nazionalità: italiani,
tedeschi ed una ragazza svizzera.
Il tour, partendo dalla capitale N’DJAMENA, si sviluppa
nella zona nord orientale del paese per arrivare fino al massiccio dell’ENNEDI
e alla regione settentrionale di OUNIANGA dove sono presenti numerosi laghi
salati, per un totale di 3’000 km.
Note sul paese
Il TCHAD si trova nel cuore dell’area sahariana, si estende
tra l’ottavo e il venticinquesimo grado di latitudine nord, è il quinto paese
in ordine di grandezza in Africa ed è circa quattro volte l’Italia (1’285’000
km2); confina con la LIBIA (a Nord), il Sudan (a Est), la Repubblica
Centroafricana (a Sud), il Camerun, la Nigeria ed il Niger (a Ovest).
Con oltre 100 lingue diverse,
trentacinque e più etnie, tre confessioni principali, tre zone climatiche ed
una storia che affonda le radici nell’antichità, la cultura del TCHAD è ricca
varia e complessa. Tale complessità rende estremamente difficile qualsiasi
considerazione di carattere generale sulla cultura della nazione, poiché ciò
che è importante per un determinato gruppo etnico o una determinata regione può
non esserlo per altri.
A grandi linee, quindi, si può dividere il paese in tre
fasce climatiche: la prima, quella settentrionale è di tipo desertico e
predesertico e quindi più spiccatamente sahariana, contraddistinta dalla
presenza di vasti sistemi montuosi ed estese pianure sabbiose e ciottolose con
gli erg dunari di DJOURAB e MOURDI. Il massiccio montuoso del TIBESTI è
collocato nella parte nord occidentale; si distende per circa 100’000 km2
ed è il più vasto di tutto il Sahara, si tratta di un enorme apparato vulcanico
formato da giganteschi crateri e imponenti bastioni di arenaria, basalti e lave
di origine tarda mesozoica (circa 70 milioni di anni fa), che ha nel vulcano
spento EMI KOUSSI (3’415 m) in assoluto la cima più alta del Sahara. L’ENNEDI,
meta del nostro viaggio, è situato nella parte nord orientale ed è un immenso
altopiano arenaceo formatosi tra i 500 e i 300 milioni di anni fa nell’era del
paleozoico; con un’estensione di circa 60’000 km2 (grande quanto la
Svizzera), ha nel Monte Basso (1’450 m) il suo punto più elevato.
Caratteristica dell’ENNEDI sono le sue bizzarre costruzioni
naturali di arenaria (tipiche del plateau tassiliano), intervallate da profonde
gole contenenti molto spesso fresche e limpide "guelte".
Qui è presente un clima tipicamente sahariano,
caratterizzato da scarse precipitazioni (inferiori a 200 mm annui) concentrate
nei mesi estivi e grandi sbalzi di temperatura tra giorno e notte e tra la
stagione estive e quell’invernale. Queste zone desertiche offrono solamente una
rara vegetazione stagionale da steppa, con piante spinose come il cram-cram e
qualche palmizio, presente soprattutto nella zona dei laghi salati.
A differenza di tutte le altre aree sahariane, quella
dell’ENNEDI è considerata un biotopo di tipo "sudanese"; di fatto la
possiamo considerare una sfumatura ambientale tra il deserto più arido e la
savana. La forma delle valli, la posizione geografica e la falda freatica dei
numerosi fiumi secchi (in grado però di trasformarsi in torrenti impetuosi alle
prime piogge) fanno sì che la vegetazione al suolo impedisca eccessivi fenomeni
di evaporazione, mantenendo così condizioni di vita particolari per uomini,
piante e animali.
La fascia centrale ha un clima più spiccatamente saheliano
caratterizzato dalla presenza del lago TCHAD, che ne condiziona fortemente
l’ambiente, e dalla regione montuosa orientale del WADDAI.
Il lago TCHAD (il cui emissario è il fiume CHARI, alimentato
a sua volta dal fiume LOGONE) è il più grande bacino d’acqua situato
nell’Africa centrale, importantissimo per l’economia agro-pastorale del paese e
che minaccia di scomparire a causa della scarsità delle precipitazioni, la
forte evaporazione ma soprattutto a causa dell’incuria dell’uomo. Dal 1960 ad
oggi il lago ha perso circa il 90 per cento della sua estensione, di questo
passo gli scienziati che stanno studiando le conseguenze dell’effetto serra sui
principali laghi del pianeta avvertono che entro qualche decennio potrebbe
sparire per sempre tra le sabbie. Prospettiva catastrofica; lo spettro della
fame e di spaventose migrazioni forzate dovute all’agonia del lago TCHAD,
potrebbero essere il preludio ad un disastro ambientale ed umano di proporzioni
spaventose.
Il clima di tipo
saheliano presente nella zona della capitale e del lago TCHAD, presenta una
stagione secca che dura 7 – 8 mesi, mentre nei restanti si hanno delle
precipitazioni che variano tra i 500 – 900 mm; la vegetazione è caratterizzata
da una steppa spinosa con acacie, alberi della gomma e palme doum. Le
coltivazioni sono localizzate nelle depressioni più umide e lungo gli oued; in
questa regione però l’allevamento è l’attività dominante.
Subito a nord del lago TCHAD, il clima sahelo – sahariano
impone condizioni predesertiche con piogge scarse ed irregolari (200 – 500 mm
annui) ed una stagione secca che dura almeno nove mesi.
Il sahel divenne tristemente
famoso al mondo intero agli inizi degli anni settanta a causa di una terribile
siccità, durante la quale morirono per fame migliaia di persone e intere
mandrie di bestiame.
Nella fascia meridionale, la zona
saheliana si arricchisce di vegetazione e degrada progressivamente verso le
savane tipiche dell’Africa subtropicale. La stagione delle piogge ha una durata
di 6 – 7 mesi, con precipitazioni annue che variano dai 900 ai 1’200 mm; qui è
presente una savana alberata di karitè, ronier e tamarindi. Si tratta della
regione agricola più ricca, con colture di tipo sudanese come cotone, arachidi,
sesamo, riso, miglio e verdure.
Il TCHAD, che ha come capitale N’DJAMENA (fino al 1973 si
chiamava FORT LAMY) è un ex colonia francese ed è una repubblica indipendente
dal 1960; attualmente il presidente è IDRISS DEBY (di etnia Zagawa), che nel
1990 ha deposto con la forza Hissène Hibrè. Nello stesso anno la repubblica del
TCHAD ha iniziato un lento processo di democratizzazione, che dopo 30 anni
dall’indipendenza, caratterizzati da continui colpi di stato e guerre civili,
ha portato alle elezioni presidenziali del 1996 e a quelle legislative del
1997.
Nel paese sono presenti numerose etnie, che sovente danno
segni di insofferenza e irrequietezza nei confronti del governo centrale. Nel
1998 si sono verificate nella regione del TIBESTI atti di banditismo, ed una
ribellione capeggiata da un ex ministro del governo in carica che qui si era
rifugiato; è da allora che questa zona è rimasta isolata agli occhi degli
irriducibili amanti del deserto.
Le ultime notizie in nostro
possesso riferiscono di una tregua raggiunta con i ribelli nel febbraio del 2002,
che dovrebbe finalmente portare un po’ di pace in questa regione, permettendo
così la ripresa del turismo, previa una nuova mappatura delle zone minate, in
un’area tra le più isolate ed affascinanti del Sahara.
Anche nella regione dell’ENNEDI
sono presenti talvolta atti di guerriglia; a tutt’oggi è interdetta ai turisti
l’altipiano di NIOLA DOA (in lingua locale significa "la valle delle
fanciulle") nella zona nord orientale del massiccio, dove oltre ai
numerosi e pregevoli siti pittorici, si trovano enormi, strane e altamente
artistiche incisioni rupestri di fanciulle danzanti di rara ed eccezionale
bellezza, veramente uniche nel loro genere.
Un viaggio in TCHAD, presenta numerose difficoltà oltre a
quelle dovute ad atti di ribellione e banditismo. Al di fuori della capitale
c’è una totale assenza di strutture ricettive, le grandi distanze, la completa
assenza di una rete stradale seppur rudimentale, l’approvvigionamento di acqua,
viveri e carburante per i mezzi fuoristrada, sono alcuni tra i vari ostacoli da
fronteggiare.
Si comprende, che per affrontare
con tranquillità e sicurezza il viaggio in questa regione, è necessario essere
supportati da un solido e competente tour operator, che sia in grado di
superare le indubbie difficoltà logistiche, e possedere una perfetta conoscenza
del territorio (ricordiamoci che esistono ancora numerose zone minate) e dei
problemi legati alla sicurezza presenti in alcune aree di questo paese.
Introduzione
A volte ci sono ispirazioni che non riusciamo a comprendere
e che probabilmente non provengono da noi; nascono dal profondo
inspiegabilmente ed inspiegabilmente ci guidano contro ogni rischio e
difficoltà.
La stessa cosa è accaduta a noi per questo viaggio; abbiamo
sempre avuto il desiderio di conoscere l’Africa sahariana "più vera"
e di vivere sulla pelle quel poco che avevamo visto e sentito relativamente a
questo paese, unico nel suo genere.
Eravamo, quindi, alla ricerca di quello che resta del
"vecchio Sahara", prima che venga sommerso dalla marea montante del
consumismo, che qui tenta di riversarsi da oltre confine. Il TCHAD spera di
rientrare nel mondo dopo più di trent’anni di guerra civile e scontri con la
Libia; qui le genti vivono una vita al limite della sopravvivenza, in una
nazione a lungo devastata da povertà, siccità e continui spargimenti di sangue.
Da un po’ di tempo a questa parte, però, l’idea di questo
viaggio per svariate ragioni era diventata assillante, anzi oserei dire una
necessità.
…. Ma che cosa c’è da vedere in TCHAD ???.
Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa domanda, prima
di partire e una volta rientrati dalla nostra vacanza.
Un viaggio in Africa è un viaggio che ti conduce alle
origini dell’uomo.
L’Africa sahariana attraverso i suoi paesaggi immensi e
spettacolari, funziona come una macchina del tempo. Si esce dal ritmo frenetico
della nostra vita e si entra direttamente nella storia, a stretto contatto con
un ambiente incontaminato e a popolazioni giunte a noi intatte attraverso i
secoli con le loro abitudini e i loro stili di vita.
Il TCHAD si trova nel cuore
dell’Africa ed è una terra autentica, misteriosa, un paese di contrasti, di
grandi spazi, caleidoscopio di paesaggi e popoli che racchiude un paradiso
selvaggio unico nel Sahara.
Il viaggio
Siamo partiti da Bologna nella serata del 27/03 con arrivo a Roma Fiumicino; verso
le 00,40 eravamo di nuovo in partenza per Addis Ababa (volo Ethiopian Airlines)
con coincidenza per N’Djamena, dove siamo atterrati nel primo pomeriggio del 28/03.
La nostra sistemazione era presso il Novotel La Tchdienne,
il migliore ed il più nuovo della città, situato nelle immediate vicinanze
dell’aeroporto sulla sponda del fiume CHARI.
A pochi passi dall’hotel si trova un piccolo ma ben fornito
mercato dell’artigianato, dove oltre ai manufatti locali è possibile trovare
bellissime maschere di legno provenienti dai paesi dell’Africa nera; ne
approfittiamo subito per comperare qualche piccolo ricordo.
Abbiamo poi incontrato il nostro tour leader di Spazi
d’Avventura Andrea Bonomo, il quale ci ha confermato che dal punto di vista
della logistica era tutto ok (fuoristrada, materiale da campo, viveri e
carburante), ma soprattutto avevamo tutti i permessi necessari per il nostro
tour. Infatti, durante il percorso, si avrà l’obbligo di fermarci ai posti di
polizia per la visione dei permessi e dei nostri passaporti.
La mattina del 29/03
partiamo in perfetto orario con il nostro convoglio composto di quattro veicoli
fuoristrada Toyota e ben 18 persone (12 turisti, 4 autisti, il cuoco e la
nostra guida Andrea). Uscendo dalla città abbiamo costeggiato l’aeroporto dove
intravediamo soldati francesi di guardia; militari che fanno parte di una
guarnigione di circa 1’000 uomini di stanza nell’aeroporto della capitale.
Percorriamo in direzione nord est gli unici 80 km di asfalto
lungo l’importante direttrice che collega la capitale con il vicino Sudan,
sulla quale transitano merci che danno luogo ad intensi scambi commerciali.
Arrivati al villaggio di
MASSAGUET puntiamo decisamente verso nord e superato il paese di MASSAKORY entriamo
nel BAHR el GHAZAL detto anche Fiume delle Gazzelle, antico emissario
dell’immenso bacino lacustre del Paleociad, che seguiremo per tutta la sua
lunghezza verso nord, entrando nella regione del KANEM.
Le cronache ci hanno tramandato che il BAHR el GHAZAL era
navigabile fino al 1700, ora la zona è densamente popolata e frequenti saranno
gli incontri con le popolazioni locali nomadi e seminomadi.
Questo antico letto di fiume, ora inesorabilmente
prosciugato, riceveva acqua dal lago TCHAD e la immetteva nell’antico lago
BORKOU. La progressiva desertificazione del territorio ha fatto si che ora il
livello dell’acqua del lago TCHAD è di 35 metri inferiore alla quota del letto
del Fiume delle Gazzelle.
Questa importante arteria che unisce il nord musulmano al
sud cristiano e animista ha favorito il contatto tra queste due culture; in
passato era percorsa da carovane che collegavano i grandi regni dell’Africa
Nera al Mediterraneo. Oggi è facile incontrare vetusti camion incredibilmente
colmi di merci e uomini che arrivano dalle lontane oasi libiche.
Il paesaggio di questa regione è
di tipo saheliano caratterizzato da una varia e rigogliosa vegetazione
rappresentata da numerose specie di acacia, tuttavia costituisce una zona di
transizione climatica tra savana e deserto; la forte escursione termica, la
grande aridità e le piogge irregolari fanno si che la vita si regga su
equilibri molto delicati.
Occorreranno ben due giorni di viaggio per percorrere il
letto di questo antico fiume e arrivare a KOUBA OULANGA, dove potremo
approvvigionarci di acqua, in quanto le riserve che si hanno sui fuoristrada si
esauriscono in circa 2 giorni e mezzo.
La prima notte ci siamo accampati poco prima del villaggio
di KOURI KOURI, mentre il secondo campo è stato approntato nei pressi di
NEDELEY, a pochi chilometri da KOUBA OULANGA.
In questa regione le popolazioni sono principalmente
rappresentate da ceppi etnici di fede musulmana detti KANEMBOU, KANOURI, PEUL,
KEREDA, DAZI e ARABI; quest’ultimi sono entrati in TCHAD circa 800 anni fa dopo
aver combattuto e sconfitto i cristiani a DONGOLA in Sudan.
I pochi appezzamenti di terreno coltivati che incontriamo e
la vendita del legno di acacia in alcuni villaggi, sono attività svolte
principalmente dall’etnia KANEMBOU; questi lavori sono totalmente disprezzati
dai nomadi del deserto.
Durante il nostro tragitto
incontriamo numerosi pozzi d’acqua attorno ai quali si radunano i KEREDA. Etnia
di allevatori, che specialmente in questa stagione secca affollano i pozzi per
poter dissetare le proprie mandrie. L’abbeverata al pozzo è un lavoro tremendo
e faticoso, in quanto la profondità di questi pozzi varia tra i 30 e i 50
metri; gli uomini, tra rauche grida d’incitamento, sudati per lo sforzo,
recuperano faticosamente un grande catino di pelle che può contenere fino a 25
litri d’acqua, dissetando così con pazienza i loro animali.
Inutile dire che per noi
fotografi il lavoro ai pozzi è una ghiotta occasione per fare almeno un paio di
rullini in mezz’ora; bisogna però avere un approccio molto soft, ma
soprattutto, portare rispetto nei riguardi di queste persone, che sotto un sole
implacabile svolgono un lavoro faticosissimo. Al nostro arrivo siamo
decisamente malvisti in quanto una presenza estranea è considerata solo un
intralcio al loro lavoro, poi con un po’ di attenzione e con la mediazione
della nostra guida e degli autisti sarà possibile scattare qualche bella foto.
Nel primo pomeriggio del 30/03
arriviamo al villaggio fantasma di SALAL, importantissimo punto d’acqua per i
cammelli in questa regione; qui finisce la zona saheliana ed ha inizio quella
predesertica. Le poche e povere case di questo abitato sono sparse tra piccole
dune, talvolta nascoste dalla sabbia in sospensione dovuta ad un forte vento.
La vista di questo villaggio è a dir poco scioccante; caldo, vento e polvere ci
fanno pensare di essere stati sbarcati su un altro pianeta, ci sembra
impossibile che qui possano vivere ed abitare esseri umani.
Come detto in precedenza la seconda notte ci accampiamo nei
pressi di NEDELEY; la mattina del 31/03
partiamo di buon ora e dopo pochi chilometri arriviamo a KOUBA OULANGA.
KOUBA OULANGA …… improbabile
villaggio precedente le assolate ed inospitali distese di sabbia dell’Erg di
DJOURAB. E’ il limite amministrativo tra la regione del KANEM e quella del
BORKOU, dove è presente un punto d’acqua permanente, vitale per gli abitanti
della zona.
La pompa che serve questo pozzo d’acqua fu donata qualche
anno fa dal governo dell’Arabia Saudita; ne approfittiamo per ripristinare le
nostre scorte. Intanto la nostra guida si è recata al posto di polizia per far
vistare i permessi; questa piccola sosta ci permette di scattare qualche foto e
fare amicizia con i numerosi bambini di questo villaggio, in quanto gli adulti
sono come sempre molto schivi.
Ci attende una giornata di jeep molto lunga; ora puntiamo
decisamente verso est, il nostro obiettivo sarà di arrivare nel tardo
pomeriggio a KALAIT, dove faremo il primo rifornimento di carburante.
Il paesaggio cambia nuovamente, ora attraverseremo una zona
di sahel molto selvaggio, una vasta pianura piena di erba gialla ottima per il
pascolo dei dromedari e priva di insediamenti umani se non poche tende di
nomadi arabi che vivono di pastorizia in una dimensione per noi irreale.
In questa fascia del paese sono allevati oltre un milione di
dromedari, di cui una parte viene portata in Libia all’oasi di KHOFRA per
essere venduti e macellati. Gli altri dromedari vengono utilizzati per formare
carovane e commerciare sale e natron (carbonato di sodio) con le genti che vivono
nella parte meridionale del paese. Vendono il tutto ai pastori (che lo
utilizzano per le loro mandrie di bestiame) e ritornano a nord con miglio e
sorgo, che saranno le provviste fino al prossimo viaggio.
La vendita dei dromedari è un’importante introito
nell’economia dei nomadi, le femmine forniscono con il latte l’elemento
principale se non esclusivo della dieta di questi popoli, la lana ed il cuoio
sono anch’essi importanti per fare borse e selle.
Qui è ancora economicamente
valido il trasporto con il dromedario, in quanto la condizione delle piste ed
il prezzo di acquisto maggiore (se sei proprietario di un camion) del sale e
del natron, fanno si che il trasporto su ruote non sia ancora economicamente
vantaggioso. I dromedari invece costano poco e durante la stagione invernale
possono sopravvivere per oltre un mese solo con un po’ d’acqua e un po’ di
fieno.
A metà giornata arriviamo all’importantissimo pozzo di TODI,
unico punto d’acqua permanente tra KOUBA OULANGA e OUM CHALOUBA. Una piccola
sosta per qualche fotografia; la profondità di questo pozzo oltrepassa i 100
metri, ed è veramente impressionante vedere un dromedario tirare una corda così
lunga per poter portare in superficie il catino di pelle ricolmo d’acqua.
Riprendiamo la nostra marcia verso est, lungo una pista che
segue il corso naturale del Oued ACHIM che percorreremo fino ad arrivare ad OUM
CHALOUBA, dove è presente un’importante guarnigione militare.
Il terreno presenta sempre una
distesa infinita di erba gialla, ricca di animali come le gazzelle Dama e
Dorcas, otarde, jene e sciacalli; emozionanti e frequenti saranno gli incontri
con le minuscole gazzelle, che sopravvivono grazie al fatto che pur bevendo di
rado riescono a ricavare l’acqua direttamente dalla pastura
Una menzione particolare merita l’antilope ADDAX,
considerata dai Tuaregh "la regina del deserto" per la sua imponenza
e il suo stile di vita, lontano da ogni altro animale, libera e indipendente.
Questa antilope presenta un manto di colore bianco
grigiastro con una larga macchia scura sul muso e corna avvolte in larghe
spirali; vive in branchi poco numerosi o isolati.
La sua struttura organica le consente di non bere quasi mai,
in virtù della capacità di metabolizzare e trasformare il cibo in liquido
vitale.
Appariva talvolta tra le raffiche nelle tempeste di sabbia,
bianca come un fantasma e misteriosa come uno spettro. Purtroppo le ricorrenti
guerre che hanno tormentato per decenni il Sahara e la caccia indiscriminata
stanno portando all’estinzione questo magnifico animale.
Una missione naturalistica effettuata nel settembre 2001
sotto la competenza scientifica del prof. John Newby (massimo esperto del WWF
di fauna sahariana), ha effettuato ricerche su questa rarissima antilope lungo
la direttrice del BHAR el GHAZAL, nelle falaise d’ANGAMMA e lungo tutto il
corso del Oued ACHIM; il giorno 2 ottobre 2001 ne sono state avvistate due tra
KOUBA OULANGA e la falaise d’ANGAMMA.
Passiamo velocemente accanto alla base militare di OUM
CHALOUBA, dove la massiccia presenza di soldati e veicoli blindati ci consiglia
di proseguire senza fermarci; arriveremo poi al villaggio di KALAIT, dove la
nostra guida Andrea ha l’appuntamento per l’acquisto del carburante. Prima
l’abitato era in effetti a OUM CHALOUBA, poi con l’apertura di un nuovo pozzo
d’acqua e la massiccia presenza di militari, la popolazione locale si è
trasferita completamente nel nuovo villaggio. Qui, oltre al rifornimento di
nafta, verranno nuovamente controllati passaporti e permessi di transito. Un
aneddoto; per la prima volta da quando Andrea accompagna i turisti nei suoi
tour, il funzionario di turno è stato talmente scrupoloso, che ha voluto
timbrare e firmare pure i nostri passaporti. Ora insieme ai diversi timbri di
entrata e uscita dei vari paesi da noi visitati, abbiamo anche il timbro di
transito a KALAIT !!!
Il tempo per fare rifornimento ci permette di visitare
questo paese fatto di case di fango, capanne di nomadi e un bel mercato che si
trova attorno al pozzo d’acqua e che ne fa un luogo animato d’incontro e di commercio
vista la quantità di merci disponibile. E’ facile vedere donne vigorose dalla
pelle scura e dai veli multicolori che arrivano con i loro asini ad attingere
acqua al pozzo, alcune ragazze hanno le labbra tatuate di nero, che per la
tradizione locale significa il superamento della pubertà.
Vista la presenza di personale militare ci è stato
consigliato di non fare foto, per non rischiare di vedersi sequestrare le
macchine fotografiche; un vero peccato perché l’atmosfera che si respirava in
questo mercato avrebbe meritato senz’altro qualche bello scatto. Non tutto
viene per nuocere, il gironzolare fra la gente senza le fotocamere al collo, ci
ha consentito di avere un approccio molto spontaneo e genuino con questi
gentili e simpatici commercianti.
Anche se il TCHAD non è certo il paese più turistico al
mondo, qui come altrove, la macchina fotografica crea una barriera di
diffidenza tra noi e le popolazioni che visitiamo.
Acquistate un po’ di verdure, usciamo per qualche chilometro
da KALAIT dove ci accampiamo per la notte. Dopo cena verso le 21,30 mentre
facevamo le ultime chiacchere prima di coricarci, sotto un cielo stellato dove
la Via Lattea ci appariva come una serie di grappoli di luce, vediamo sorgere
una luna piena che con una potentissima luce ha illuminato praticamente a
giorno il paesaggio che ci circondava. Già ci è difficile vederla così alle
nostre latitudini, qui in questo ambiente desertico privo di fonti di
inquinamento luminoso e di smog, la sua apparizione così brillante e luminosa
ci dava l’impressione di poterla persino toccare, provocando in noi un brivido
di emozione.
Il giorno 01/04 ci
svegliamo come sempre di buon ora verso le sei meno un quarto, colazione e poi
proseguiamo in direzione nord fino ad arrivare all’importante pista che con
andamento Nord Sud collega la città di ABECHE, nella regione meridionale del
WADDAI con il villaggio di FADA sottoprefettura della più ampia regione
amministrativa del paese chiamata B.E.T.; acronimo che indica i calanchi del
BORKOU e le catene montuose dell’ENNEDI e del TIBESTI.
Dopo ben tre giorni di viaggio,
non certo monotoni, anche se qualcuno sosterrà il contrario, finalmente
entriamo nel massiccio dell’ENNEDI; qui il territorio è ormai desertico e
abitato da popolazioni di pelle scura tipiche del B.E.T. come TAMA, ZAGAWA,
ANAKAZZA, BIDEYAT e GAEDA. Popolazioni che sono fortemente indipendenti,
valorose in battaglia, i cui uomini esibiscono lunghi pugnali legati alle
braccia in segno di ferocia e con un marcato senso di appartenenza al proprio
clan.
In lontananza intravediamo irte guglie che come fari ci
guidano verso i rilievi di questo immenso altopiano arenaceo ricco di acque
nascoste, trattenute negli scrigni segreti delle guelte, regali sorprendenti
delle oscure e misteriose profondità del deserto.
Uno di questi magnifici scrigni è la guelta di BECHIKE’, una
piccola pozza di acqua limpida, che raggiungeremo a piedi lungo una stretta e
spettacolare gola, che però non sembra essere utilizzata dagli animali del
luogo.
La notte la trascorreremo a pochi chilometri da FADA in
mezzo ad una foresta di pinnacoli di arenaria; qui si scatena la nostra
fantasia ed immaginazione, modellate dal vento e dall’acqua si possono scorgere
immagini di stravaganti castelli e cattedrali di un fantastico mondo alieno, lambiti
da sinuose lingue di sabbia.
Il nostro sonno è stato un po’ disturbato da un forte vento
che ha scosso incessantemente le tende per tutta la notte.
La mattina del 02/04
raggiungiamo l’oasi di FADA, dove dovremo esibire al posto di polizia i nostri
passaporti e permessi di transito, per poi raggiungere nel pomeriggio la famosa
guelta di ARCHEI.
Questo caratteristico villaggio sahariano costituito da case
in banco (argilla con leganti vegetali battuta e essiccata) che circondano il
vecchio forte coloniale francese è contenuto in un’oasi verdeggiante di palme
da dattero, con un piccolo mercato e abitato principalmente dai TUBU del clan
GAEDA.
La sua importanza come sede di sottoprefettura, il suo forte
coloniale con una nutrita guarnigione militare e sentinelle armate che
sorvegliano la piazza principale, fanno si che sia severamente proibito
fotografare; tutto ciò a vantaggio di una maggior possibilità di poter
avvicinare e scambiare qualche parola in francese con queste popolazioni
solitamente molto schive.
L’oasi è di una rara bellezza, qui il tempo sembra veramente
essersi fermato, la civiltà che noi conosciamo è lontana anni luce da questo
posto; il nostro gironzolare senza una meta precisa ci porta a visitare la
scuola locale ed a scambiare quattro chiacchere con gli insegnati.
FADA fu occupata per sette anni
dall’esercito libico (dal 1980 al 1987) nel momento in cui invadeva il TCHAD
settentrionale; successivamente la Francia aiutò la sua ex colonia a cacciare
gli invasori. Si stima che l’esercito libico nella sua ritirata abbia
abbandonato circa il valore di un miliardo di dollari in attrezzature militari.
E’ quindi facile imbattersi nelle lamiere contorte e carbonizzate di carri
armati e veicoli lanciamissili; sparse nel deserto granate di artiglieria,
elmetti dei soldati, tettucci di auto e camion, mentre migliaia e migliaia di
bossoli di mitragliatori sbucano fra le sabbie.
I frutti amari del post
colonialismo, che insieme a questa guerra e alle oltre 70’000 mine antiuomo
tutt’ora presenti (soprattutto lungo le piste che collegano FADA con le oasi di
OUNIANGA), hanno generato sanguinosi conflitti interni, rendendo così
inaccessibile per decenni agli stranieri questa remota zona del Sahara.Ora la
nostra meta sarà la guelta di ARCHEI. Abbandonata la pista percorreremo l’oued
ARCHEI, gigantesco e verdeggiante letto di fiume, che si snoda per una trentina
di chilometri e termina in un grandioso anfiteatro naturale, sede del più
importante punto d’acqua permanente di tutta la regione. Qui ci si ferma per il
pranzo e poi a piedi si entra nella vera e propria gola che ci conduce alla
guelta, il punto d’acqua permanente dove i nomadi GAEDA e BIDEYAT portano le
proprie mandrie ad abbeverarsi. Nel pomeriggio la pozza d’acqua viene
gradualmente abbandonata dagli animali che si sono oramai dissetati. La gola
vista dal letto del oued è un vero e proprio ciclopico monumento naturale;
chiusa da alte e verticali muraglie rossastre larghe alcune centinaia di metri
all’ingresso, che si restringono a circa 20 – 30 metri nel punto d’acqua
permanente.
Il clou della visita è avvenuto la mattina seguente, il 03/04 è un giorno che rimarrà per sempre
indelebile nella nostra memoria.
Verso le 7,30 le jeep ci hanno
portato all’inizio di un sentiero e con una marcia di avvicinamento di 1 ora in
salita arriveremo su un ampio balcone naturale che ci permetterà di ammirare
dall’alto questa splendida guelta. Nelle sue scure ed immobili acque si trovano
alcune specie di pesci, ma soprattutto esemplari (in tutto sono sei) viventi di
coccodrilli nilotci. Noi pensavamo che questa fosse una delle tante leggende
che circolavano e invece al nostro arrivo ne troviamo ben due che usciti
dall’acqua se ne stavano tranquillamente distesi al sole. E’ un’allucinazione
??? Siamo increduli, in pieno deserto
stavamo ammirando gli ultimi testimoni dell’antica fauna sahariana, autentici
fossili viventi e guardiani silenziosi di questo posto unico al mondo. Questi
coccodrilli che sono risaliti dal lontano lago TCHAD per arrivare nell’ENNEDI
hanno avuto un lento processo di adattamento al fine di poter superare oltre
quattromila anni di siccità; ora non sono più carnivori e la loro lunghezza
difficilmente può superare i tre metri.
I BIDEYAT li considerano sacri e non li cacciano, però gli
studiosi ci dicono che è molto improbabile che si possano riprodurre in un
prossimo futuro e quindi avranno come ineluttabile destino l’estinzione
A quest’ora del mattino,
preceduti da un velo di polvere che si infittisce sempre di più, arrivano i
dromedari per l’abbeverata; il loro ordine di arrivo è stabilito dai nomadi e
calcolato in base alle lune. E’ impressionante vedere la quantità di dromedari
che lentamente si portano all’abbeverata; i blaterii degli animali assetati
echeggiano tra gli stretti fianchi rocciosi, riemergendo dall’abisso del tempo,
trasformando così ARCHEI in un luogo magico.
La magia del luogo è dovuta al fatto che oltre ai dromedari,
che sono di gran lunga i più numerosi, possiamo scorgere anche piccole mandrie
di mucche !!!
Anche questi animali sono testimoni di un passato che fu; a
questa latitudine nel deserto del Sahara li possiamo ammirare unicamente nelle
pitture rupestri, in quanto a causa della desertificazione del territorio sono
migrati verso i pascoli del sud da parecchi secoli.
La presenza di popolazioni nomadi con le proprie mandrie, i
coccodrilli che si credevano estinti da migliaia di anni, le guelte, una flora
fatta di arbusti e cespugli, acacie, tamerici, euforbie e abbondanti cespugli
di drinn (ottimi per il pascolo dei dromedari), la presenza di animali
selvatici come gazzelle, fennech, babbuini e scimmie rosse (Patas), lepri e
procavie capensis, mufloni, sciacalli e probabilmente felini come il leopardo,
fanno si che per l’ENNEDI la definizione di "giardino sahariano" sia
la più azzeccata.
Il progressivo inaridimento del
territorio iniziato 5’000 anni fa, ha trasformato foreste, verdi valli e
boscose montagne in un’arida distesa di sabbie e roccia dove il sole ed il
vento sono i dominatori incontrastati, costringendo così uomini ed animali a
rifugiarsi nel massiccio dell’ENNEDI. E’ da allora che questa singolare oasi
biologica rappresenta per le popolazioni locali una sorta di arca di Noè
difficile da abbandonare.
I nomadi di questa zona conducono una vita completamente
priva di tecnologie, in un ambiente naturale tra i più duri ed esigenti che
esistano sulla terra. Non sono né poveri, né derelitti, ma semplicemente hanno
ridotto all’osso le loro esigenze quotidiane. Nel Sahara dove le enormi
distanze, l’aridità e la fatalità rendono così precaria la vita di queste
genti, invocare il favore di Allah – Inshallah
– è diventato un riflesso condizionato.
E’ incredibile e allo stesso tempo angosciante prendere
coscienza del divario enorme tra le difficoltà che ogni giorno queste
popolazioni devono affrontare e i problemi che noi ritroviamo quotidianamente
nella nostra società.
Ancora in preda ad una profonda emozione per quello che
abbiamo visto, ritorniamo sui nostri passi e riprendiamo i fuoristrada. Nel
procedere verso il luogo dove poseremo le tende per la notte, effettueremo
numerose soste per ammirare delle straordinarie pitture rupestri.
Queste sono celate in grotte e ripari naturali e sono
considerate una delle testimonianze più importanti della preistoria; magnifiche
per la loro raffinatezza ed inestimabile valore di documento della vita di
uomini e animali in questa grande regione del Sahara centro meridionale.
Quello che ci colpisce in queste pitture è la presenza dei
cavalli accanto ai dromedari, segno di un momento storico in cui le due
cavalcature si davano il cambio a causa dei drammatici mutamenti climatici che
stavano investendo il Sahara.
Il campo verrà posato nelle vicinanze di TOKOU, dove
troveremo delle incredibili formazioni arenacee ad arco, imponenti ed eleganti
che fanno pensare ad un’opera di ingegneria a cui la natura si è dedicata con
lo scopo di sfidare le sue stesse leggi.
A poche centinaia di metri dalle
nostre tende, abbiamo avuto l’opportunità di vedere decine e decine di ammassi
di pietra di forma rotondeggiante; altro non sono che tombe funerarie di una
delle tante necropoli sparse nell’ENNEDI, alle quali gli studiosi stanno
tuttora cercando di attribuire una datazione certa.
La giornata seguente del 04/04
proseguiremo in direzione Nord Ovest lungo l’Oued NOHI costeggiando le
magnifiche formazioni tassiliane arenacee del massiccio dell’ENNEDI, come
quelle di TOKOU, TERKEI e DELI. Queste formazioni con archi, guglie e camini
creano maestose cattedrali e intricati labirinti che si alternano ad ampie
vallate rese multicolori dalla sabbia dorata e dalle sfumature di verde di
acacie e arbusti. A ben vedere nel Oued NOHI il deserto smette di essere
implacabile; in questa vallata incredibilmente verde l’acqua che proviene dal
sottosuolo irrora migliaia di acacie e rende la vita meno dura ai nomadi che la
abitano.
Una menzione particolare a nostro avviso, va a CHIGEO, per
le sue incredibili torri in arenaria che si innalzano contro un cielo che ha il
colore del cobalto. Queste antiche foreste di arenaria allungano le loro ombre
su un morbido tappeto di sabbia, in un cromatismo perfetto che addolcisce
l’asprezza di questo arido territorio. Nelle immediate vicinanze spuntano dal
terreno come per magia degli stupefacenti funghi di pietra che hanno un’altezza
di circa 5-6 metri; sembra impossibile che solamente l’erosione sia stata
l’unica causa di questi capolavori della natura.
Di fronte a questo spettacolo naturale, ci viene alla mente
una citazione di Thèodore Monod quanto mai appropriata: "si prova rispetto per questi paesaggi intatti che non ci hanno
domandato nulla, che farebbero volentieri a meno della nostra presenza e che
sono là comunque semplicemente maestosi".
In serata arriveremo nella splendida regione sabbiosa di
BICHAGARA, dove poseremo le nostre tende per la notte.
La mattina del 05/04 ci lasceremo alle spalle le ultimi
formazioni arenacee di BICHAGARA e dell’ENNEDI meridionale, puntando al pozzo
di OUAI per il consueto rifornimento d’acqua. Rifornimento necessario in quanto
per i prossimi tre giorni non incontreremo punti d’acqua data la forte aridità
del territorio che dovremo attraversare.
Il caldo. Non ne abbiamo ancora
parlato; essendo praticamente alla fine della stagione invernale le giornate
sono calde, le temperature di giorno arrivavano tranquillamente ai 40°, per
cui, onde evitare la disidratazione, si aveva necessità di bere almeno 6-7
litri d’acqua al giorno. Considerato che eravamo in 18 persone, i bidoni
d’acqua erano quelli che occupavano lo spazio maggiore all’interno delle nostre
jeep.
Qui al pozzo di OUAI, vista anche una certa abbondanza di
questo prezioso liquido, ne abbiamo approfittato per lavarci un po’, sotto lo
sguardo incuriosito dei nomadi che affollavano il pozzo al nostro arrivo.
Fatto il pieno di acqua, ci
addentreremo lungo una difficile pista sassosa e sabbiosa nella depressione del
MOURDI, vasta regione di sabbie e gruppi montuosi isolati. Passeremo poi alcuni
impegnativi cordoni di dune "barcane" nel punto di minor larghezza,
per immetterci nel DERBILI, in un altro sistema di dune "barcane",
dove passeremo la notte.
Numerosi sono i giacimenti neolitici e paleolitici qui
presenti e frequente sarà la possibilità di scoprire fra le sabbie grosse
macine, resti di vasellame di ceramica ed altri manufatti preistorici.
Qui in una delle regioni più isolate del TCHAD sahariano,
l’enorme vastità dello spazio ed il silenzio più assoluto ci tolgono il fiato e
ci svuotano la mente.
Le emozioni e le sensazioni che ti danno questi luoghi sono
difficili da esprimere con le parole e con la fotografia. Il deserto va
vissuto, devi sentire sulla tua pelle la sabbia, il sole, il vento, devi vedere
con i tuoi occhi la sua immensità, perché il deserto è una cosa a sé, è un
altro mondo, un’altra dimensione.
La mattina del 06/04 partenza di buon ora, per poter
sfruttare al massimo le prime ore del giorno dove le temperature sono più
sopportabili per noi e per i nostri mezzi. Percorreremo l’antica via
carovaniera che collega i villaggi Tchadiani del sud con le saline delle
regioni di OUNIANGA, DEMI, TEGUEDEI e le oasi libiche; arriveremo poi a EYO
DEMI formazione di arenaria rossastra ai piedi della quale sorge l’omonimo
villaggio, costituito da poche palme e povere abitazioni in terra. Questo
nucleo abitato, situato in un ambiente assolutamente selvaggio ed inospitale
vive sull’esiguo commercio del "sale rosso"; in un’ampia distesa di
sabbia le donne scavano e raccolgono con metodi rudimentali i cristalli di
sale, che verranno poi trasportati ai mercati del WADDAI.
Questo preziosissimo elemento naturale, che è il sale, fu
alla base di tutti i traffici che si svolgevano lungo la grandi carovaniere del
Sahara; a tutt’oggi queste carovane sopravvivono soltanto qui e in paesi come
il Niger ed il Mali.
Siamo penetrati incredibilmente in un angolo di mondo che
fino ad ora il motore a scoppio non è ancora riuscito a conquistare.
Ci fermiamo per una breve visita,
due chiacchere con il capo villaggio che poi ci porta a vedere le saline, dove
alcune donne erano impegnate nell’estrazione del sale, in condizioni ambientali
davvero proibitive per chiunque di noi.
Proseguiremo ancora lungo questa antica via di commercio e
piegando verso nord ovest arriveremo all’oasi di TEGUEDEI, piccolo palmeto
abitato stagionalmente per la raccolta dei datteri. Durante la stagione invernale,
principalmente nei mesi che vanno da novembre a febbraio, viene raccolto il
sale per effetto dell’evaporazione delle acque di questo piccolo lago.
Nei periodi in cui l’oasi non è abitata troviamo solo i
telai delle abitazioni realizzati con canne di bambù, altrimenti ricoperti di
stuoie e piccole costruzioni di pietra adibite a magazzino per i datteri
durante il periodo della raccolta.
L’oasi rappresenta un’affascinante e seducente idea della
vita che vince in mezzo al nulla; è la volontà dell’uomo che in severissime
condizioni ambientali utilizza le poche risorse a sua disposizione per creare
una nicchia fertile, che si oppone ad un intorno ostile ed avverso.
L’estrazione del sale, la raccolta dei datteri, la soda
costituiscono insieme all’allevamento una fonte di approvvigionamento e di
scambi insostituibile nell’economia della regione.
Le sorprese non sono ancora finite in questa giornata,
proseguendo sempre verso ovest raggiungeremo i primi laghi dell’oasi di
OUNIANGA SERIR. Uno solo di questi ha l’acqua che è completamente dolce, ne
approfittiamo immediatamente per fare un bagno ristoratore, occasione non certo
frequente nel Sahara.
Il campo verrà posato nelle immediate vicinanze di questi
laghi.
La giornata seguente del 07/04
la passeremo interamente a visitare questa inusuale regione di OUNIANGA. Per
una particolare situazione geologica questo complesso sistema lacustre ha modo
di sopravvivere alla desertificazione; la sua ubicazione è tra OUNIANGA SERIR e
OUNIANGA KEBIR.
In un paesaggio tra i più inusuali, troviamo bacini d’acqua
circondati da palmeti spontanei che affondano le radici in un terreno spugnoso
inzuppato da acque fossili; unici palmeti di questo genere in tutta l’Africa
sub tropicale, praticamente nel cuore del deserto. Dune gialle e arancioni
discendono sino all’acqua, falaise di arenaria multicolore che vanno dal bianco
al rosso, rendono questo luogo uno dei più affascinanti ed inaspettati di tutto
il paesaggio sahariano.
Questi specchi d’acqua, rari gioielli dalle colorazioni blu,
verde e rosso, devono il loro cromatismo alla salinità delle acque ed alla
natura del plancton in esse presenti.
Piccolo villaggi di povere capanne circondano i laghi; qui
vi abitano principalmente i nomadi BIDEYAT e OUNIA, questi ultimi danno il nome
alla regione dei laghi salati; nonostante le grandi dimensioni nessun nomade li
naviga, né con piroghe né con piccole barche.
BIDEYAT e OUNIA parlano una lingua dalle origini comuni, la
lingua della riva nord dell’antico mare paleociadiano; queste popolazioni nomadi
si insediarono in questi territori probabilmente alla fine del neolitico.
La zona dei laghi è il punto più a nord toccato dal nostro
raid sahariano. Come detto in precedenza il lago BOKOU di OUNIANGA SERIR è il
solo che ha acqua dolce. In tutti gli altri l’acqua è salata, là dove sono
stati inglobati i depositi di carbonato di sodio lasciati dalle antiche
ingressioni marine.
A OUNIANGA KEBIR ci sarà l’ultimo
controllo dei nostri permessi; si farà poi il secondo ed ultimo rifornimento di
nafta per i fuoristrada.
OUNIANGA KEBIR è un villaggio dove il tempo sembra essersi
fermato alla guerra combattuta contro la vicina Libia. Nonostante la potenziale
minaccia rappresentata dai residuati bellici ancora sparsi nel territorio
circostante, ora vi è presente un vivace mercato pieno di merci che
ironicamente provengono dalla confinante Libia, ex nemico e vicino più ricco
del TCHAD.
Su grossi camion diesel Mercedes, carichi fino
all’inverosimile, sono impilati enormi sacchi di iuta che contengono un po’ di
tutto, dai tappeti da preghiera ai sandali, abiti, utensili in latta ecc …..
Il più delle volte sopra a questo strato di sacchi trovano
posto numerosi passeggeri avvolti nelle loro tuniche e schiacciati gli uni
contro gli altri.
L’importanza del villaggio è
dovuta al fatto che questo è il primo posto di controllo del TCHAD per chi
proviene da nord; qui i camion sono costretti a lunghe soste per le ispezioni
doganali.
Facciamo il campo fuori dal villaggio, vicino alle rive del
lago YOA, di gran lunga il più grande di questa regione, un vero e proprio mare
interno.
La mattina successiva del 08/04 ammiriamo il sorgere del sole su questo fantastico specchio
d’acqua e dopo la consueta colazione puntiamo i nostri fuoristrada in direzione
sud Sud Ovest, passando tra alcune strette falaise di arenaria, per entrare poi
nel Ouadi DOUM. Lungo il suo percorso attraverseremo i resti di un aeroporto
militare, con tanto di pista di atterraggio ancora in ottimo stato, che fu
un’importantissima base di approvvigionamento per le truppe libiche durante il
conflitto con il TCHAD. Oramai non rimangono altro che pochi capannoni e
baracche invase dalla sabbia, presidiate da alcune decine di militari Tchadiani
confinati con le loro famiglie in questo squallido e desolato avamposto
militare. Al nostro arrivo siamo avvicinati da un paio di graduati, che come
spettri escono dalle baracche con le loro divise male in arnese avvicinandosi a
noi un po’ sorpresi nel vederci, per controllare il nostro permesso di transito
ma soprattutto per chiederci generi di prima necessità.
Qui il percorso era obbligato, in quanto tutto attorno
all’aeroporto il terreno è cosparso di relitti di aerei e carri armati e
circondato da campi minati, che fortunatamente per noi erano ben segnalati con
cartelli e filo spinato.
Una volta usciti dal Ouadi DOUM entreremo gradatamente in
ampie pianure di reg senza ostacoli all’orizzonte, fino a raggiungere verso
sera le prime "barcane", desolate e sensuali dune a forma di mezza
luna dell’Erg di DJOURAB.
Questo percorso ha tagliato fuori volutamente l’importante
oasi di FAYA LARGEAU, capoluogo del B.E.T. a causa di alcuni recenti attentati
avvenuti in città ai danni della guarnigione militare lì presente.
Fino agli anni sessanta era una delle più ricche ed
affascinanti oasi sahariane, con le sue bianche case a portico che si
affacciano su viali alberati; FAYA è stata un centro strategico durante la
sanguinosa guerra con la Libia, ora finalmente sta ricominciando lentamente a
rivivere.
Le nostre tende ad igloo verranno posate ai piedi di
un’imponente duna barcana, per potersi riparare un po’ dal vento. Si, perché
dalla prima mattinata ha incominciato a spirare incessantemente il temuto
HARMATTAN, un vento implacabile che soffia da Nord Est e segnala la fine delle
fresche temperature dell’inverno nordafricano; quando se ne va comincia il
caldo torrido dell’estate sahariana, con temperature che possono
tranquillamente superare i 45° a cui danno refrigerio solo sporadiche piogge.
L’HARMATTAN soffia a cicli di due, sei giorni; oltre ad apportare
un immediato aumento della temperatura, porta con se ingenti masse di polvere,
che azzerano la visibilità e cancellano in un attimo qualsiasi pista anche
segnalata.
La giornata del 09/04
inizia sotto un cielo piuttosto grigio, dovuto alla sabbia in sospensione che
ci ha portato l’HARMATTAN. Proseguendo sempre verso Sud Ovest ci troviamo a
percorrere impegnativi cordoni di dune camminando su sabbia vergine, a fec-fech, soffici distese di polvere
impalpabile su cui si affonda, dove ogni traccia di passaggio umano, per altro
rara, viene assorbita e cancellata. Si cerca sempre di rimanere a contatto
visivo con gli altri fuoristrada, in quanto ora il vento ha incominciato a
spirare nuovamente con una certa violenza riducendo di molto la visibilità.
La polvere ci avvolge completamente, dentro i fuoristrada
cerchiamo di proteggere la nostra bocca con un fazzoletto annodato dietro il
collo oppure con il classico shèsh.
…. certo che attraversando questo assolato ed inospitale
deserto, ci è difficile pensare che in tempi passati qui vi era un habitat
simile in tutto e per tutto a quello che noi possiamo vedere ora nei parchi
africani dell’Africa orientale.
Nel luglio del 2002, a viaggio abbondantemente concluso, la
prestigiosa rivista NATURE ed i
maggiori quotidiani nazionali riportavano la notizia che proprio qui nell’Erg
di DJOURAB un gruppo di ricercatori aveva scoperto un teschio, una mandibola e
dei denti di un essere vissuto tra i sei e sette milioni di anni fa;
probabilmente la più antica traccia appartenente alla famiglia umana mai
trovata, che sposterebbe indietro nel tempo l’origine dell’umanità.
La squadra al lavoro sul posto è composta da una trentina di
persone tra geologi, sedimentologi e paleontologi provenienti da dieci paesi
diversi, al comando del prof. Michel Brunet direttore della missione franco –
tchadiana di paleoantropologia.
Questo è il primo ritrovamento di un ominide in Africa
centrale che le autorità locali hanno chiamato "Toumai", una parola
in lingua Goran che significa "speranza
di vita", normalmente usata come nome per i bimbi che nascono prima
della stagione delle piogge.
Toumai potrebbe svelare i segreti di un periodo
dell’evoluzione del quale francamente in questo momento poco o nulla si sa.
Quanto al luogo gli scienziati sottolineano che gli altri ominidi ritrovati
sono stati individuati esclusivamente in Africa orientale (nella Rift Valley a
ben 2’500 km da qui e datati 2,5 milioni di anni fa), a differenza di questo
trovato invece in Africa centrale. E’ un’area che sette milioni di anni fa
appariva molto diversa da oggi; era ricca d’acqua, solcata da grandi fiumi che
scendendo dai massicci montuosi alimentavano grandi laghi e che con le numerose
savane e praterie era l’habitat di numerose specie di animali.
Terminata la traversata del DJOURAB percorreremo una pista
segnalata da fusti e copertoni che ci porterà nel luogo dove si trovava
l’antico lago BORKOU, dove vedremo i resti di diatomiti.
La diatomite o farina fossile non
è altro che il risultato degli abbondanti resti fossili di alghe unicellulari
chiamate diatomee, che sono presenti in tutti i tipi di acqua e nei terreni
umidi; le pareti cellulari delle diatomee sono impregnate di silice.
Questa bufera di vento che spazza il deserto, trasforma
l’aria in una coltre grigia a causa della polvere finissima simile al borotalco
di diatomee, dietro la quale il sole è un pallido disco che non ferisce gli
occhi.
L’inusuale (per noi turisti occidentali) spettacolo naturale
offerto dall’HARMATTAN viene considerato dal gruppo non come un fastidio, ma
bensì come una degna e magnifica conclusione del nostro viaggio.
Una volta scesi dalla macchina, cercando di osservare
attentamente il terreno circostante, riusciamo a trovare vertebre di pesci e
grosse conchiglie, animali che popolavano questo antico lago prosciugatosi
all’incirca trecento anni fa.
La sosta di mezzogiorno ci vede consumare il pranzo
all’ombra di una delle poche acacie che abbiamo trovato lungo il percorso; qui
con il contributo determinante dell’HARMATTAN abbiamo rilevato la temperatura
massima del nostro viaggio: 44,9° all’ombra.
Ora si punterà decisamente su KOUBA OULANGA, per riprendere
lo stesso percorso lungo il BAHR el GHAZAL, fatto in precedenza nei giorni
addietro. Una volta attraversato il piccolo villaggio di BEURKIA, ci
allontaniamo di qualche chilometro per andare a posizionare il nostro campo.
C’è da dire che anche la temperatura notturna ha subito un innalzamento dei
suoi valori; all’indomani, mattina del 10/04,
poco prima di ripartire con i nostri mezzi, alle sette circa abbiamo rilevato
una temperatura di 31°, un buon auspicio per il proseguimento del cammino !!!
Ripercorreremo così di nuovo questo antico letto di fiume
che lambisce antichi ammassi di dune morte in un paesaggio che è diventato a
poco a poco saheliano, con i suoi numerosi e piccoli villaggi anche senza nome
per noi viaggiatori di passaggio, qualche capanna, delle persone a piedi o con
gli asini in cammino verso un mercato e i suoi pozzi d’acqua sempre affollati
dai nomadi, che con gesti antichi di millenni, dissetano le loro mandrie.
Una breve sosta a MOUSSORO, dove in una piccola bottega
riusciamo a bere persino una coca cola bella fresca; l’ultima notte sotto le
stelle la trascorreremo poco fuori il villaggio di KOURI KOURI.
Il rientro alla capitale avviene il giorno seguente 11/04 ripercorrendo la grande arteria
che porta fino ad N’DJAMENA; ora l’asfalto vola sotto le nostre ruote, con un
rumore che ci appare a dir poco estraneo dopo tanti giorni passati nelle sabbie
del deserto.
Arriveremo nel tardo pomeriggio al NOVOTEL la TCHADIENNE in
tempo per una doccia ristoratrice ed un piccolo riposo.
Verso le 03,00 del 12/04,
con circa tre di ritardo, arriva il nostro aereo da Bamako che ci porterà ad
Addis Ababa, per poi ripartire alla volta di Roma.
Durante il lungo viaggio di ritorno e nei mesi successivi,
sentiamo di aver arricchito ancora una volta il nostro bagaglio di esperienza;
la ricchezza che può darti un viaggio nel deserto è immensa, ed è una ricchezza
che nessuna moneta potrà mai eguagliare e che nessuno ti potrà mai rubare.
Ricordiamo ancora oggi ogni minimo particolare; il
susseguirsi di paesaggi grandiosi, la spettacolare natura dell’ENNEDI, i nomadi
con il loro sguardo fiero ma anche purtroppo con un tenore di vita per noi
francamente impensabile, le infinite distese di sabbia di questo mondo che
ormai è parte di noi o anche l’immagine dei nostri autisti che si allontanavano
per pregare rivolti verso la Mecca.
Nei nostri occhi rimangono le immagini di questi popoli che
vivono da sempre nei luoghi più difficili ed inospitali del pianeta; popoli la
cui cultura la si può cercare di capire anche attraverso uno dei suoi più
antichi proverbi: "se vuoi conoscere
molte persone puoi vivere nelle città, ma se vuoi conoscere te stesso vivi nel
deserto".
Qui nel Sahara la gente muore, la vita continua e a volte fa
bene rammentare che il massimo che possiamo aspettarci è un po’ di acqua e un
po’ di ombra; al di là di questo, tutto è nelle mani di forze più grandi di
noi. … Inshallah …
Il deserto ci cambia, non può non
cambiarci, quei luoghi, quelle scene di vita quotidiana le porteremo per sempre
nel nostro cuore e rimarranno dentro di noi fino a che avremo memoria.
Note particolari
Tutte le mattine dopo la colazione, Andrea ci riuniva
attorno alla cartina geografica per illustrarci l’itinerario e le eventuali
difficoltà della giornata e per rispondere ai nostri numerosi quesiti.
Alla sera poi, dopo cena, ci si ritrovava a chiaccherare e
diverse volte Andrea ci ha edotto sulla storia del paese, gli aspetti
naturalistici, la situazione oggettiva e reale del lavoro nello stesso.
Ciò ci ha permesso di soddisfare le nostre numerose domande
alle quali non potevamo dare risposte causa le scarsissime informazioni e la
totale mancanza di guide su questo splendido paese. Tutto ciò ha ulteriormente
arricchito e reso ancora più prezioso il viaggio con questa organizzazione,
creando così tra noi un legame di fiducia e rispetto che raramente si riesce ad
instaurare in altre situazioni simili.
Da notare inoltre che i pasti
serviti al mattino, mezzogiorno e sera erano sempre molto equilibrati sia come
qualità che varietà; ciò non per mettere in evidenza il nostro amore innato per
il cibo in quanto siamo italiani, ma per mettere in risalto che
un’alimentazione adeguata e varia in un ambiente così ostile, ha permesso a
tutti di trascorrere in salute e senza nessun problema fisico neppure
piccolissimo, tutta la vacanza, cosa assai rara quando si cambia anche per un
breve periodo cibo e clima.
Ringraziamenti
Un grazie di cuore va ad Andrea Bonomo ed il suo staff, per
la sua (e loro) professionalità e competenza, per averci fatto conoscere in
modo approfondito questo paese e le genti che lo abitano, e per la sua completa
disponibilità nei nostri confronti per tutta la durata di questo lungo ed
emozionante viaggio nell’ENNEDI.