Dopo 36 ore di viaggio,
quattro scali negli aeroporti di Roma, Londra, Los Angeles (ormai lo potrei
girare bendata), Papeete (ore 3.00: un caldo umido allucinante), Sabato
23 Aprile 2005 raggiungiamo finalmente Rarotonga. Sono le 5.30 del mattino
ed una splendida luna piena illumina la pista di atterraggio. Come nella
tradizione polinesiana unorchestrina accoglie allegramente i visitatori
appena sbarcati, che bello, rieccoci in Polinesia!
Prima di lasciare laeroporto,
cambiamo i nostri Euro in Dollari Neozelandesi, la moneta che si utilizza
alle Cook (1€ = 1,78 NZ$). Dopodiché usciamo e cerchiamo di
rintracciare il ragazzo che ci dovrebbe portare al nostro primo alloggio:
il Shangri-La Beach Cottage (www.shangri-la.co.ck)
dove trascorreremo quattro giorni. Troviamo finalmente il tipo che è
davvero un Polinesiano atipico: un orso di poche parole che comunque, in
una ventina di minuti, ci accompagna alla nostra destinazione. Il posto
è decisamente bello ed anche se è ancora notte fonda e non
si vede bene, ci fa subito unottima impressione. Il Shangri-La si trova
sulla spiaggia più famosa di Rarotonga: Muri Beach.
La particolarità di questa
spiaggia è che si trova davanti ad una splendida piccola laguna
racchiusa tra quattro motu (motu è appunto il nome che i Polinesiani
danno agli isolotti che circondano le lagune). Il nostro bungalow si affaccia
su un grande prato inglese dove cè pure una grande piscina. Più
che un bungalow si dovrebbe definire miniappartamento perché è
circa 40 m2 con un soggiorno, una parete attrezzata a cucina (cè
anche il forno a microonde) separata da un muretto basso dalla zona notte.
Il bagno ha una doccia ed anche una vasca con lidromassaggio. Ah, dimenticavo
che cera pure la TV e laria condizionata, ma non abbiamo mai utilizzato
nessuna delle due cose. Siamo felici e frastornati e mentre attendiamo
lalba cominciamo a sistemare le nostre cose e ci cambiamo! Abbiamo intenzione
di noleggiare un auto per qualche giorno per girare tutta lisola che,
abbiamo già capito, è incantevole.
Sta ormai sorgendo il sole e
le nuvole si diradano, stentiamo veramente a crederci ma è una giornata
stupenda con un cielo blu senza nuvole. Considerando la pessima nomea di
Rarotonga dal punto di vista climatico, ci aspettavamo come minimo il cielo
nuvoloso per cui siamo fuori di noi per la gioia. Conosciamo subito i nostri
vicini di bungalow: sono una coppia californiana che è venuta alle
Cook per sposarsi ed è molto amareggiata perché, ci dicono,
quello è il primo giorno di sole dopo ben due settimane (!!!) consecutive
di pioggia e loro sono in partenza. Gulp! Ci sentiamo quasi in colpa per
essere stati così fortunati. Loro comunque non devono odiarci più
di tanto perché si offrono gentilmente di darci un passaggio con
la loro auto fino ad Avarua (la capitale). E necessario infatti, prima
di noleggiare un auto, recarsi alla Stazione di Polizia e farsi rilasciare
un permesso di guida che costa 10 NZ$. Ottenuto il permesso, ci rechiamo
al vicino autonoleggio. Un ragazzo molto simpatico e chiacchierone ci chiede
da dove veniamo, quanto ci fermiamo alle Cook e fa un paio di battutine
sul tipo di auto che ci darà e sul fatto che dobbiamo prendere lauto
per almeno tre giorni perché loro fino a martedì mattina
sono chiusi. Il costo del noleggio è piuttosto contenuto: 55 NZ$
al giorno. La nostra prima giornata a spasso per Rarotonga ha ufficialmente
inizio! La prima tappa è il Mamas Cafè dove preparano dei
mega panini con dentro un po di tutto. Sono solo le 8.30 di mattina ma
abbiamo già una gran fame. Con la pancia piena si sta decisamente
meglio: facciamo un giretto nel negozio Island Craft ma restiamo molto
delusi: solo paccottiglia che è tutto tranne che artigianale e soprattutto
prezzi alle stelle. Usciamo a mani vuote e ci dirigiamo verso il famoso
mercato Punanga. Anche questo è una mezza delusione, situato allaperto
è composto da tante piccole baracche ognuna delle quali ospita un
venditore. Ci sono soprattutto parei, statuette in legno, collane di conchiglie,
ma benché i prezzi siano più contenuti non cè nulla
che attira la nostra attenzione ed usciamo senza acquisti anche da lì.
Facciamo un salto anche allufficio postale per comperare delle cartoline
ed una scheda telefonica. Io sono attratta da dei bellissimi francobolli
che rappresentano la fauna marina e ne acquisto lintera serie. Sono esposte
anche le monete delle isole Cook. E difficile trovarle in giro ed hanno
forme particolari: la moneta da 2$ ha una forma triangolare, mentre quella
da 1$ ha i bordi ondulati. Comunque entro la fine della vacanza ce se siamo
accaparrati un po come ricordo, anche se al di fuori delle Cook non hanno
alcun valore. Facciamo poi una tappa in un supermercato dove prendiamo
acqua, birra, biscotti, spaghetti e un sugo pronto di pomodoro che non
ci ispira molto ma che alla fine si rivelerà eccellente. A questo
punto possiamo finalmente iniziare il nostro giro dellisola. Andiamo verso
laeroporto. la strada che lo costeggia è sopraelevata ed è
protetta dal mare da un muro molto alto. La onde che raggiungono quella
parte dellisola infatti sono grosse ed il reef che si trova a circa 100
m dalla strada non riesce ad attenuarle completamente, tantè che
in certi momenti arrivano gli schizzi fin sulla strada.
La spiaggia circonda lisola
in maniera pressoché continua.
Diversamente dalle isole della
Polinesia Francese in cui molto spesso le spiagge sono piccole se non del
tutto assenti, alle Cook ci sono grandi spiagge bianche ovunque. E tutte
belle, orlate da palme, come nellimmaginario collettivo. Allontanandosi
dallaeroporto e continuando a percorrere il perimetro dellisola (32 km)
si raggiunge una zona in cui la spiaggia bianca è particolarmente
bella ed anche la laguna ha dei colori fantastici. Questa è anche
la zona in cui si trovano le maggiori possibilità di alloggio. Bisogna
sottolineare come non solo il mare e la spiaggia siano stupendi, ma anche
lentroterra non è da meno. In pratica a destra si vede una spiaggia
bianca ed un mare turchese, mentre a sinistra la classica vegetazione lussureggiante
in cui compaiono mille sfumature di verde. Ci fermiamo al Rarotongan Beach
Resort che assieme allEdgewater Resort è lunica struttura dellisola
in cui non si pernotta solamente, ma si fa colazione, si pranza e si cena.
Tutti gli altri posti forniscono unicamente lalloggio con in più
però la possibilità di prepararsi da mangiare da soli in
quanto cè sempre langolo cottura. Qui al Rarotongan vogliamo prenotare
un tavolo per la cena dato che ci sarà una Island Night, vale a
dire una serata con le danze tipiche delle Cook. I ballerini delle Cook
sono considerati i migliori di tutta la Polinesia per cui non possiamo
certo perderci le loro esibizioni. La cena costa abbastanza (55NZ$ a testa),
ma ne dovrebbe valere la pena. Almeno così dicono tutti. Completiamo
con calma il giro dellisola senza perderci nemmeno uno scorcio e alle
13.00 siamo di ritorno al Shangri-La. Facciamo la conoscenza del signor
Elliot, il padrone, un tipo estremamente chiacchierone che parla mangiandosi
le parole per cui capiamo a stento quello che dice. Ci racconta un sacco
di cose sullisola, ci consegna le scarpe da utilizzare per camminare nellacqua
ed evitare di tagliarsi i piedi con i coralli e ci mostra dove sono le
canoe di libero uso. Unica avvertenza: utilizzarle per al massimo due ore
per dare a tutti lopportunità di farci un giro. Ce ne andiamo finalmente
in spiaggia a fotografare la laguna e gli isolotti approfittando di questa
splendida (e rara) giornata di sole che rende tutto ancora più incantevole.
Ci prepariamo poi per la cena e alle 19.00 siamo puntuali al Rarotongan
come ci avevano raccomandato. Il posto è bello anche se ci sono
troppi tavoli per i nostri gusti ma la cena a buffet non è assolutamente
allaltezza della fama del resort né tantomeno di quello che la
fanno pagare. Solo i dolci sono ottimi, il resto lascia molto a desiderare:
cibo insipido, patate crude ecc. Tirando le somme a fine viaggio è
stato sicuramente il posto in cui si è mangiato peggio. In compenso
però, quando alle 20.00 iniziano le danze (che si concluderanno
ben un ora più tardi) il malumore lascia il posto allammirazione.
Decisamente la fama di ballerini migliori della Polinesia è meritata.
La ragazze, giovanissime e sottili, ballano in maniera sinuosa muovendo
i fianchi con grazia tutta femminile mentre i ragazzi, tutti con dei bei
fisici (palestrati?) si muovono sulla stessa musica, ma in modo molto virile,
direi quasi aggressivo. Nellinsieme è un gran bel vedere. Bisogna
ammettere che è stato questo il miglior spettacolo di danze che
abbiamo visto alle Cook (ne abbiamo visti poi altri tre). Alle 22.00 siamo
già a letto: la giornata è stata troppo piena di emozioni
e siamo stecchiti!
Il mattino successivo è
Domenica e ci svegliamo sotto un cielo nuvoloso. Ci beviamo un po di the
con i biscotti e poi senza perdere un solo prezioso secondo di tempo via
di nuovo verso Avarua anche se sappiamo che è Domenica e probabilmente
tutti i negozi saranno chiusi. Infatti è proprio così, ma
fortunatamente i bar sono aperti per cui ci fermiamo a mangiare al Blue
Noon Cafè. Ci vuole davvero la pazienza di Giobbe nei bar di Avarua
perché il servizio è stralento; dopo ben 35 minuti arriva
il mio bel croissant caldo ripieno di formaggio e prosciutto, mentre Stefano
si mangia una bella omelette con contorno di frutta tropicale tra cui una
splendida carambola dolcissima. E pensare che io ero convinta che fosse
un frutto acido e che non sapesse di nulla. Evidentemente è molto
diverso mangiarla a 20.000 km dal posto di produzione dato che verrà
raccolta e spedita ancora acerbissima! Non è facile questanno trovare
la frutta alle Cook. Ci hanno spiegato in molti (è uno dei loro
argomenti di conversazione preferiti) che questanno frutta se ne trova
poca per via dei cicloni. Dai primi giorni di Febbraio alla metà
di Marzo ben quattro, (sì, proprio quattro!!) cicloni hanno attraversato
le isole Cook, alcuni di intensità massima, pari a 5. Mina, Nancy,
Olaf e Percy hanno spazzato via la frutta che stava completando la maturazione
sugli alberi, quando addirittura non sono stati sradicati gli alberi stessi!
Erano anni che sulle Cook non si abbatteva un ciclone di così forte
intensità, figuriamoci quattro, uno dopo laltro poi! Fortunatamente
non ci sono stati né morti né troppi danni alle strutture
(solo lisola di Puka Puka, a nord, è stata devastata), il raccolto
di frutta però è stato irrimediabilmente compromesso. Dopo
questa megacolazione raggiungiamo la Perfume Factory. E chiusa, ovviamente,
ma ci fermiamo lo stesso ad ammirare la grande fontana che si trova davanti
allingresso ed è piena di ninfee fiorite, rosa e viola. Cè
anche una scimmietta chiusa in una grande gabbia. Un cartello appeso alla
gabbia dice che è lì dal 1985 (poverina!!!) e di non introdurre
le dita perché morde. Perché, voi cosa fareste se foste chiusi
in una gabbia da ventanni?
Superato il fiumiciattolo
Avatiu ci inoltriamo per alcuni chilometri sulla sinistra, in mezzo ad
una splendida e fitta vegetazione. Ad un certo punto un cartello invita
a parcheggiare lauto e a proseguire a piedi. Ci inoltriamo lungo un sentiero
largo e pianeggiante, fiancheggiato dalle più comuni (da noi) piante…dappartamento
che lì crescono spontanee e bel rigogliose. Inizialmente si cammina
agevolmente in quanto la salita è minima, mentre dopo una decina
di minuti si svolta a destra ed il sentiero comincia ad inerpicarsi verso
la cima chiamata Rua Manga (413 m).
Questa cima è detta lago per la sua forma appuntita e la si vede
bene stagliarsi in lontananza. Dopo un po diventa impossibile proseguire
perché il sentiero sparisce letteralmente in mezzo alla fitta boscaglia,
per cui, per evitare di passare il resto del viaggio alla ricerca della
via duscita, preferiamo desistere e, seppur a malincuore, ritorniamo indietro.
Nel frattempo è uscito anche il sole e dato che sono ormai le 13.00
ce ne ritorniamo al Shangri-La. Ci facciamo fuori un po di pacchetti di
crackers con il formaggio e la maionese e ci sistemiamo al sole in veranda.
Due ore dopo siamo ormai stufi di non fare nulla e risaliamo in auto. Questa
volta ci dirigiamo verso sud e dopo una decina di chilometri abbandoniamo
la strada principale che costeggia il mare per percorrere quella parallela
che sta un po più allinterno. La strada si snoda in mezzo ad una
vegetazione verdissima dove le palme la fanno da padrone. Veniamo attratti
da un cartello con la scritta wood handmade proprio davanti ad una bancarella
lungo la strada. Scendiamo a dare unocchiata: un signore sta intagliando
delle statuine ed infatti sulla bancarella sono esposte delle belle cose
fatte a mano e completamente diverse da quella paccottiglia fatta in serie
che si trova nei negozi per i turisti. Comperiamo una statuetta di Tangaroa,
il dio della fertilità, ed un grazioso ukulele tutto dipinto a mano,
la cui cassa è ricavata da mezza noce di cocco. Ci congediamo da
due robuste signore regalando delle caramelle ad un bambino bellissimo
e sorridente. Il viaggio prosegue fino al completamento del giro dellisola.
A cena, decidiamo di provare il sugo comperato al supermercato e ci facciamo
un bel piatto di spaghetti. Una curiosità: gli spaghetti hanno un
solco longitudinale che fa prendere meglio il sugo, non credo di averli
mai visti da noi.
Il giorno successivo è
lAnzac Day una festività che commemora i caduti di tutte le guerre.
Quando ci alziamo sta piovendo, prendiamo lauto ed andiamo ad Avarua come
al solito. I negozi sono chiusi come alla Domenica perché gli abitanti
delle Cook sono molto religiosi e santificano le feste nel vero senso della
parola, nessuno si sognerebbe mai di lavorare in un giorno festivo. Peccato,
perché speravamo di poter fare un po di acquisti. Questa volta
andiamo a mangiare al Salsa: colazione molto leggera a base di uova, prosciutto
ed omelettes. Il servizio anche qui è esageratamente lento: alle
Cook è consigliabile non aspettare mai di avere veramente fame per
sedersi al tavolo di un bar o di un ristorante perché sarebbe una
vera e propria agonia. Dato che è tutto chiuso torniamo indietro
e finalmente, verso le 11.00 esce inaspettatamente uno splendido sole.
Ci stendiamo sulle sdraio nel prato davanti fino a mezzogiorno, quando
decidiamo di fare un salto fino alla spiaggia che si trova esattamente
di fronte al bar Fruits of Rarotonga. Questo posto è famoso per
lo snorkeling perché pare che sia il migliore dellisola. In effetti
pesci ce ne sono moltissimi, ma di coralli se ne vedono decisamente pochi.
Ritorniamo al Shangri-La e decidiamo di approfittare della splendida giornata
per uscire con la canoa a due posti. Pagaiare in mezzo ad una laguna il
cui colore va dal verde al turchese e la cui acqua ha una incredibile trasparenza
è unemozione difficile da descrivere. Facciamo il giro dellisola
di Koromiri e raggiungiamo quella di Oneroa.
E troppo bello! In alcuni punti
la laguna è talmente bassa che si fa persino fatica a pagaiare.
Torniamo indietro dopo più di unora e, depositata canoa e pagaie,
ci spostiamo verso la parte nord di Muri beach perché la spiaggia
davanti al Shangri-La sta andando in ombra. Troviamo un posto che ci piace
e stendiamo i nostri asciugamani poco distante da una ragazza giovane,
con tanti capelli ricci che ha una carrozzina vicino a sè. Dopo
un po di tempo la ragazza si alza e si avvicina a noi: ha sentito che
parliamo in italiano ed è Italiana anche lei. Si chiama Roberta
e, assieme al marito Stefano gestisce un piccolo ristorante italiano, il
Thats Pasta (ora ha cambiato nome in STEFANO’s italian cuisine
http://www.stefanos-restaurant-rarotonga.com/
) in cui preparano bruschette, pasta e ravioli fatti in casa. Hanno due
bambini: quello nella carrozzina, Alex, ed una bambina un po più
grande, Ambra, che ha degli splendidi occhi dello stesso colore della laguna.
Ci raccontano che vengono da Milano e sono a Rarotonga dal 1999. Parliamo
anche con loro dei quattro cicloni e ci raccontano di come per fortuna
i danni alle cose siano stati contenuti, mentre siano state maggiormente
danneggiate le piante. Lisola di Oneroa, ad esempio, era molto più
bella prima, con una vegetazione ben più fitta. Ci congediamo promettendo
che la sera successiva saremmo passati a trovarli nel loro ristorante.
Concludiamo la giornata con una cena al Flame Tree bellissimo ristorante
che prende il nome dallenorme pianta che sovrasta il giardino ma che purtroppo
è ormai sfiorita. Ceniamo allaperto, si mangia divinamente, cose
molto diverse. Ci prendiamo un tempura ed un secondo piatto a base di pesce,
sin troppo abbondante. La spesa è comunque contenuta (40 NZ$ a testa).
Martedì 26 Aprile
ci svegliamo prestissimo ed unalba meravigliosa tinge il cielo di rosso.
Ci vestiamo precipitosamente e in un attimo siamo in spiaggia a fotografare
il sorgere del sole.
Unalba così sfolgorante
è difficile da vedere! Riesco a fotografare lisola di Taokoka con
uno sfondo rosa e celeste e con una botta di fortuna riesco a riprendere
anche un pescatore che sta tirando la sua rete in acqua. Alle 8.00 siamo
già diretti verso il centro, dato che entro le 10.00 dobbiamo riconsegnare
lauto e prima vogliamo fare ancora un sacco di cose. Entriamo in un grande
negozio e comperiamo due magliette azzurre di Rarotonga, due magliette
della squadra di rugby del Sud Pacifico e un cappellino del Rarotongan
Fisherman Club. Ritorniamo alla Perfume Factory che finalmente è
aperta ed acquistiamo una bottiglietta di profumo di tiarè. Puntuali
riconsegniamo lauto ed una ragazza ci accompagna al Shangri-La. La giornata
è soleggiata per cui ci sdraiamo al sole. A mezzogiorno una bella
spaghettata al pomodoro (non abbiamo fatto la nostra solita super colazione
per cui abbiamo fame) finché nel primo pomeriggio il cielo comincia
a coprirsi di nuvole e piove. Pazienza, purtroppo siamo senzauto e non
ci possiamo muovere quindi passiamo il tempo con la Settimana Enigmistica
che abbiamo in valigia (di solito ci portiamo in vacanza gli ultimi tre
numeri). Appena smette di piovere però andiamo in spiaggia ed io
raccolgo il mio solito sacchettino di sabbia che, essendo umida, metto
nel microonde ad asciugare… Ceniamo da Roberta e Stefano al Thats Pasta.
Noi di solito allestero non andiamo a mangiare nei ristoranti italiani,
ma questa volta è diverso perché i due ragazzi sono molto
simpatici per cui ci fa piacere scambiare finalmente qualche parola in
italiano. La bruschetta ed i ravioli che mangiamo sono squisiti ed anche
il tiramisù è speciale. Mi secca molto dirlo perché
Stefano è un uomo e pure un po rompi, ma cucina molto bene. Torniamo
al nostro bungalow e facciamo le valigie dato il mattino successiva si
parte: destinazione Aitutaki, uno degli atolli più belli del mondo,
dove passeremo ben sei giorni.Piove tutta la notte e al mattino sta ancora
piovendo quando, alle 7.00, viene a prenderci il solito taxista musone.
Alle 7.15 siamo già in aeroporto, che però è ancora
completamente deserto: siamo noi i primi ad arrivare. Dopo 10 minuti si
presenta un ragazzo che dal banco dellAir Rarotonga ci fa cenno di avvicinarci.
Gli porgo il biglietto elettronico fatto attraverso il sito (www.airrarotonga.com)
e, senza chiederci alcun documento, ci dà le carte dimbarco. Ovviamente,
di metal detector e raggi x per le valigie non se ne parla proprio. Del
resto, a chi verrebbe in mente di fare un attentato alle isole Cook? E
a quale scopo, poi? Laereo parte alle 8.10 ed il volo dura circa 45 minuti.
Quando siamo in dirittura darrivo, il cielo è quasi sgombro da
nuvole e la veduta sulla splendida laguna di Aitutaki è indescrivibile.
La sua forma assomiglia vagamente a quella di un triangolo equilatero i
cui lati siano lunghi circa 12 km ed è tutta circondata da motu.
Ad Aitutaki splende il sole. Assieme a noi, sullaereo cè il un
gruppo organizzato che visita latollo in giornata. Secondo noi è
una vera follia fare solo unescursione giornaliera da Rarotonga (peraltro
molto costosa) e non trascorrervi invece un po di giorni, e questa convinzione
si rafforzerà dopo la nostra permanenza in questangolo di paradiso.
A proposito di paradiso: fuori dallaeroporto ci sta aspettando il pullmino
che ci porterà alla nostra prima sistemazione dove trascorreremo
tre giorni: il Paradise Cove appunto! (www.ck/aitutaki/paradisecove).
Il posto è molto bello: i bungalow sono situati su palafitte in
mezzo alle palme
e si affacciano su una lunghissima
spiaggia bianca. Il nostro bungalow si chiama Are Tipani e la terrazza
che dà sul mare è costruita attorno ad una palma. Allinterno
per la verità i bungalow non sono un gran che anche se hanno TV,
frigorifero ed angolo cottura. In proporzione alla stanza invece i bagni
sono grandi e nuovi. Dato che la giornata è splendida, ci precipitiamo
in spiaggia. Il mare è bellissimo, anche se la laguna vera e propria,
che si trova dallaltra parte dellisola, è sicuramente migliore.
Il fatto è che solo su questo lato dellisola cè una splendida
spiaggia, mentre il lato che si affaccia sulla laguna non ne ha. Da qui
la scelta (o la necessità) di costruire tutte le strutture turistiche
sulla parte sinistra di Aitutaki. La sabbia è talmente fine che
si appiccica ovunque. Entriamo in mare per fare snorkeling: lacqua è
decisamente calda, molto più che a Rarotonga. Ci sono anche qui
molti pesci, ma pochi coralli, in mezzo ai quali spicca una enorme stella
di mare azzurra. Più tardi andiamo a fare una lunga passeggiata
verso il sud dellisola fino a raggiungere una zona in cui si trovano delle
rocce scure sul mare e poi ancora verso nord, fino a raggiungere la pista
dellaeroporto.
Il cielo è di un blu
intenso, come da noi lo si vede solo in montagna, quando torna il sereno
dopo un temporale. La spiaggia è ovunque piena di coralli (è
necessario indossare della scarpette di gomma per evitare di tagliarsi
i piedi) e le palme sono ovunque: un posto da favola. Terminiamo il pomeriggio
spaparanzati al sole, non prima però di esserci recati alla reception
per farci prenotare un tavolo al Blue Noon Cafè, dato che quella
è la serata in cui ci sono le danze. Chiediamo pure di noleggiare
uno scooter che ci viene recapitato dopo pochi minuti. Dopo una bella doccia
calda inizia il nostro giro in scooter: bighellonare senza meta in un posto
simile ci dà un senso di appagamento e di libertà che è
impagabile ed indescrivibile. Aitutaki è incantevole. Ormai abbiamo
una certa esperienza di isole e questa ci colpisce molto perché,
oltre ad essere meravigliosa, piena di verde, di fiori, di prati con lerba
ben tagliata, è anche pulita ed ordinata come non ci saremmo mai
aspettati.
Raggiungiamo la parte sud dellisola,
ci inoltriamo verso linterno ed è tutto un susseguirsi di sorrisi
e di ciao con la mano da parte della gente del posto.
Prima di tornare al Paradise
Cove ci fermiamo al Maina Traders Superstore, nel villaggio di Arutanga,
per comperare Coca Cola, crackers, biscotti, e la seconda maglietta per
Stefano, questa volta rossa. Alle 20.00 siamo al Blue Noon Cafè
che dista solo pochi minuti, in scooter, dal Paradise Cove. Qui la cena
(cè lIsland Night) costa solo 25NZ$ ed è a buffet. Ci sono
molte meno cose che al buffet del Rarotongan, ma in compenso sono tutte
squisite, a cominciare dal pesce crudo marinato e dalle patate pasticciate.
Le danze invece non sono allaltezza di quelle viste a Rarotonga perché
i ballerini sono meno professionali ed i costumi meno curati. Nel complesso
comunque una serata molto piacevole. Torniamo alle 21.30 sotto una pioggerellina
sottile.
Ed eccoci ormai a Giovedì.
Alle 8.30 una signora gentile ci porta la colazione in camera. In teoria
avremmo dovuto avere un piatto di frutta tropicale, ma dato il problema
della scarsità di frutta, viene sostituito con del pane, burro,
marmellata e succo di frutta che a noi va anche meglio. Alle 9.30 passano
a prenderci per lescursione nella laguna che avevamo prenotato il giorno
prima con Teking (costo 65 NZ$). Il cielo purtroppo è coperto e
alle 10.00 si parte. La laguna sarebbe una favola se ci fosse il sole,
ma col cielo coperto tutti i colori sbiadiscono per cui non vale neppure
la pena fare foto. La barca è lunga circa 7 m e siamo in 10, più
il capitano Ricky, molto simpatico e spiritoso. La prima tappa è
lisola di Akaiami
in cui sorge il Ginas Beach
Lodge. Ci fermiamo circa 20 minuti: il tempo di fare due passi e comperare
un pareo in vendita su una bancarella. Risaliamo in barca e ci dirigiamo
verso lisola Tapuaetai chiamata semplicemente One Foot Island in seguito
ad una leggenda che Richy ci racconta. Si narra infatti che molti anni
addietro, un padre, fuggendo con il figlio dallisola principale in cui
erano arrivati dei guerrieri sanguinari, si rifugiò qui arrivando
via mare con una canoa. Una volta raggiunta lisola ed attraccato la canoa,
il padre prese sulle spalle il figlio, attraversò la spiaggia e
lo nascose allinterno, tra gli alberi. Poco dopo purtroppo i guerrieri
raggiunsero lisola ed uccisero il padre, ma avendo visto sono un paio
di orme sulla sabbia non si avvidero della presenza del figlio che così
si salvò. Da qui il nome di one foot island, che significa appunto
un solo piede.
Su questisola cè un
ufficio postale molto particolare, ad uno esclusivo dei visitatori, in
cui, a richiesta, viene posto gratuitamente uno speciale timbro sul passaporto.
Cè anche un bar ed anche qui si possono acquistare dei bei parei.
Lultima tappa del nostro giro in laguna è lisola di Maina, allestremità
inferiore sinistra della laguna. Prima però ci fermiamo nelle vicinanze
per fare snorkeling. Ci sono i soliti pesci, coralli, ma ci colpisce una
tridacne gigante, ma veramente enorme, avrà avuto il diametro di
un metro!!! Sembrava che ci potesse inghiottire! Raggiungiamo Maina: è
lora di pranzo e si mangia seduti su sedie in plastica poste nellacqua
caldissima della laguna. Il pranzo è squisito: tonno cotto al momento
sulle braci (mai mangiato un tonno migliore) e tanti piatti a base di verdura.
Dopo aver mangiato, mentre stiamo passeggiando in spiaggia scorgiamo un
piccolo paguro rimasto non si sa come senza casa e ci diamo da fare per
trovargliene una. Finalmente gli proponiamo una conchiglia di suo gradimento
e ci si insedia. Alle 15.30 si riparte per tornare indietro e dopo circa
mezzora siamo al Paradise Cove. Ci laviamo e poi usciamo per fare il solito
giro dellisola con lo scooter dato che non labbiamo ancora esplorata
tutta. Per finire il pomeriggio ci godiamo un bel tramonto sul mare
dalla terrazza del nostro bungalow.
Per la cena abbiamo prenotato al Coconut Crusher Bar, vicinissimo a noi,
dove ci sarà lennesima Island Night. Facciamo la conoscenza di
un ragazzo tedesco (di Francoforte) che sta girando (BEATO LUI) tutto il
Sud Pacifico e ritroviamo pure una coppia di Americani conosciuti al Shangri-La.
La cena a buffet è ottima anche qui ed anche le danze sono belle.
Vengo coinvolta pure io da un bel Polinesiano e Stefano si diverte molto
a riprendermi con la videocamera minacciando di divulgare il filmato…
Alle 20.00 ci trasciniamo a letto stanchi morti.
Venerdì la giornata
inizia nuvolosa. Alle 9.30 ci attende il transfer per la seconda escursione
sulla laguna, questa volta abbiamo scelto di andare con Kia Orana Cruise.
Il capitano Andrew è simpatico anche lui e anche stavolta siamo
in 10. La barca è molto simile a quella di Teking ma si sta più
comodi. La prima tappa questa volta è lisola di Motorakau, che,
ci dice Andrew, è di origine vulcanica. Pare sia famosa in quanto
nel 2000 vi è stato girato il reality show Survivor edizione inglese.
Lisola è, manco a dirlo,
bellissima, con spiaggia bianca da una parte e una zona rocciosa dallaltra.
Non deve essere stato tanto difficile fare i sopravvissuti in un posto
del genere! La seconda tappa è One Foot Island, un classico che
non manca mai nei giri in laguna, ma lufficio postale è chiuso.
Forse solo Teking ha una convenzione per fare timbrare i passaporti? Boh!
Andrew ci porta poi a fare snorkeling in mezzo alla laguna in un punto
in cui lacqua è particolarmente bassa e si tocca. Nel frattempo
è uscito il sole e finalmente la laguna appare ai nostri occhi in
tutto il suo splendore. Lacqua è calda e trasparente, pinniamo
un po e vediamo i soliti pesci, i coralli, ma ogni volta è un emozione.
Se si tiene tra le mani un po di pane in men che non si dica si è
circondati. Facciamo tappa a Maina island dove ritroviamo Ricky che sta
pranzando in acqua con sei persone. Andiamo a salutarlo e gentilmente ci
invita a mangiare con loro, ma gli spieghiamo che purtroppo non possiamo
fermarci ed abbandonare il nostro gruppo, per cui rinunciamo a malincuore
a tutte quelle cose buone che avevamo mangiato il giorno prima. Risaliamo
in barca ed approdiamo sulla vicinissima Honeymoon Island, tappa finale
per il pranzo.
Andrew ci racconta che quellisola
è di nuova formazione, infatti sulle foto più vecchie della
laguna lisola non è presente. Ha cominciato a formarsi recentemente:
allinizio era solo un banco di sabbia stretto e lungo che è andato
via via estendendosi finché sono arrivate dalle isole vicine le
prime noci di cocco che hanno cominciato ad attecchire. Un po alla volta
lisola ha cominciato a rinverdirsi, oltre che continuare ad espandersi.
Ora è sicuramente una delle più belle, con una spiaggia bianca
immensa che si estende anche in profondità per centinaia di metri.
Il pranzo questa volta non è un gran che: niente pesce fresco cotto
al momento, ma solo panini con il tonno (in scatola), verdura e frutta,
un po deludente insomma. Comunque lisola è davvero incantevole
e vale la pena fare lescursione ed inoltre ha una particolarità:
è abitata da degli uccelli bianchi chiamati redtailed per via della
loro sottilissima coda rossa. Ce ne sono molti che stanno covando e riusciamo
a fotografare anche un pulcino. Un signore australiano, peraltro molto
simpatico, che evidentemente si era avvicinato troppo, viene allontanato
in malo modo da una femmina che sta covando e che lo rincorre per qualche
metro. Prima di tornare indietro ci fermiamo ancora a fare snorkeling:
anche se abbiamo appena mangiato, lacqua è talmente calda che non
cè pericolo di fare una congestione. Anche stavolta, alle 16.00
siamo già di ritorno. Anche noi, durante il consueto giro pomeridiano
in scooter, rischiamo una aggressione. Stiamo percorrendo una stradina
sterrata, quando in lontananza vediamo che proprio in mezzo alla strada
cè una gallina con sei pulcini. Questa, non appena ci vede, prima
porta tutti i pulcini oltre il ciglio della strada e poi, incavolatissima,
si mette a rincorrerci starnazzando. Una bella acceleratina e voilà,
quella stupida gallina è seminata! Non glielo abbiamo mica detto
noi di mettersi in mezzo alla strada con la prole!! Ormai stiamo veramente
scoprendo ogni angolo più nascosto dellisola ed è veramente
tutta bella, non ci sono zone abbandonate o degradate, è tutto un
fiorire di ibischi, frangipane, ed è tutto ben curato. Torniamo
indietro per il tramonto che però non offre nulla di speciale e
ceniamo in un locale che si trova a 30 metri dal Paradise Cove: il Puffys,
dove assisteremo alla quarta serata tipica con le danze. Al nostro tavolo
si siede anche una coppia di signori anziani originari delle Cook che,
ci raccontano, hanno abitato per molti anni in Nuova Zelanda ed ora hanno
deciso di rientrare definitivamente ad Aitutaki. Il buffet è molto
buono anche qui, in particolare cè del pesce crudo fatto a cubetti
e marinato che è la fine del mondo! Le danze sono di un buon livello
e scopriamo che i ballerini sono gli stessi che si esibivano il giorno
prima al Coconut Crusher.
E ormai Sabato, e ci svegliamo
presto. Al solito facciamo colazione in terrazza e riceviamo la visita
di un gattone rosso e di alcuni uccellini che vengono a beccare le briciole.
Al gatto diamo il latte che ci hanno portato e che noi non beviamo mai.
Saliamo in scooter e via verso il centro per fare il pieno e per comperare
una Kia Ora Card e dei sigari per Stefano. Alle 10.00 arriva una ragazza,
Melanie, che ci porterà al Ranginuis Retreat (www.pacific-resorts.com/ranginui/)
dove trascorreremo altri tre giorni. Questo posto si trova in fondo alla
pista dellaeroporto e si affaccia sulla laguna. Salutiamo la ragazza alla
reception che ci infila al collo due splendide collane di fiori, poi Stefano
carica la valigia sullauto di Melanie e noi la seguiamo in scooter. Arrivati
a destinazione conosciamo subito il padrone, Steve, un simpatico Neozelandese
che ha sposato una ragazza del posto e che ha quattro figli, tutti splendidi,
ovviamente, è difficilissimo infatti che una persona nata da un
incrocio di razze diverse non sia più che bella. O, perlomeno, tutti
quelli che abbiamo conosciuto noi lo erano. I bungalow sono semplici ma
spaziosi, con angolo cottura, divano, forno a microonde, frigorifero e
ventilatore a soffitto. Trascorriamo la giornata in spiaggia, sdraiati
sui lettini in dotazione.
Un sottile tratto di mare ci
separa dal motu di fronte, Akitua, su cui sorge il costoso Aitutaki Pearl
Beach Resort. Dopo un po di ozio prendiamo la canoa (anche qui messa gratuitamente
a disposizione dei clienti) e decidiamo di attraversare il sottile canale
per andare su quellisola e fare un po di foto alla laguna da una prospettiva
migliore. Stando ben attenti a non bagnare macchina fotografica e videocamera,
pagaiamo velocemente ed in tre minuti di orologio siamo già arrivati.
Effettivamente il Pearl Beach si trova in una posizione privilegiata perché
da quella parte la laguna è un gran bel vedere! Una distesa di acqua
verde-azzurra si perde davanti a noi per chilometri ed allorizzonte si
scorge lisola di Rapota che la delimita verso sud.
Non si finirebbe mai di fotografare!
Alle 17.00, tornati indietro, riprendiamo il nostro adorato scooter e,
superata la pista dellaeroporto, ci dirigiamo proprio di fronte al Paradise
Cove. Una coppia conosciuta la sera prima ci ha spiegato infatti che, salendo
verso la collina proprio da una strada che si trova di fronte al Paradise
Cove, si arriva sulla cima Maungapu (124 m) da cui si gode di una splendida
veduta dellisola e della laguna. Si sale per un centinaio di metri, dopodiché
si deve parcheggiare lo scooter proprio di fronte ad una casa e si deve
proseguire a piedi. Si impiegano solo quindici minuti per raggiungere la
cima, ma nellultima parte del percorso la salita è MOLTO impegnativa.
Bisogna indossare scarpe o sandali ben fissi al piede e antiscivolo perché
la strada è ripidissima, la pendenza sarà del 70%. Se è
bagnato, ovviamente, neanche provare a salire, anche perché il vero
problema è la discesa, non la salita che in qualche modo si fa.
Dallalto il panorama non tradisce le aspettative, ma sono ormai le 18.00
e cè poca luce per cui ci proponiamo di ritornare il giorno successivo
con più calma. La discesa è proprio dura: rischiamo di scivolare
n volte e farla con il fondoschiena non sarebbe proprio piacevolissimo.
Scendendo molto lentamente ne usciamo indenni e raggiungiamo lo scooter.
Torniamo indietro e ci prepariamo per la cena. La scelta stavolta cade
sul Samade, locale che si trova al di là della strada. Ordiniamo
un piatto a base di pesce ed io prendo anche una crema di frutti di mare
che è la fine del mondo, persino Stefano che normalmente odia le
minestre, la trova divina, tanto che me ne mangia la metà. Troviamo
lì anche Dennis e Mark, una coppia Californiana che abbiamo conosciuto
in escursione il giorno prima. Loro alloggiano al Samade. Parlando con
loro, scopriamo che in fatto di vacanze abbiamo esattamente gli stessi
gusti. anche loro sono entusiasti della loro esperienza alle Cook, vorrei
vedere come potrebbero non esserlo!
Il giorno successivo si
parte alle 10.00 per il terzo giro sulla laguna. Stavolta lescursione
è organizzata da Quentin, il biondissimo figlio di Steve ed è
compresa nel nostro pacchetto-vacanza, assieme al noleggio dello scooter.
Mentre aspettiamo lora della partenza, facciamo un giretto sulla spiaggia
e raccogliamo conchiglie. Questa volta tocca a me trovare casa ad un pagurino
sfrattato! La barca di Quentin è molto bella e grande. Siamo solo
in tre coppie più Melanie, la sua fidanzata ed unaltro ragazzo
suo amico che sfoggia una lunghissima chioma di capelli neri. La giornata,
dal punto di vista meteorologico, è tanto bella quanto brutta era
stata invece quella della prima escursione. Le foto alla laguna ed ai motu
si sprecano. Torniamo allisola di Akaiami che era stata la prima tappa
dellescursione con Teking. Certo che, vista con il sole e il cielo blu,
era proprio tutta unaltra cosa! Ci fermiamo una ventina di minuti, spesi
a passeggiare e fotografare. Facciamo poi rotta su Motorakau (quella di
Survivor) ed anche questisola sotto il sole assume tutto unaltro aspetto.
Come al solito lo snorkeling si fa vicino a Maina Island, in una zona diversa
dalle altre volte. Lacqua non raggiunge i due metri, ma la corrente è
molto forte ed è faticoso non farsi trascinare via. Abbondano i
balestra Picasso ed i pesci luna. Finalmente è lora del pranzo
e ci fermiamo allisola di Tekopua,
a fianco di One Foot Island.
Il menù è vario e gustoso: parrot fish alla griglia, patate
con carote e maionese ed un sacco di altre cosine sfiziose. Dopo il pranzo
andiamo ad One Foot Island dove trascorriamo il resto del pomeriggio fino
alle 17.30. Nel frattempo Quentin porta una coppia a fare sci dacqua,
anche questo è compreso nel prezzo dellescursione (70NZ$). Finalmente
un tour nella laguna che non termina alle 15.30! Alle 18.00 siamo in camera,
appena in tempo per fare la doccia ed andare a cena di nuovo al Samade
dove ritroviamo Dennis e Mark. E buffo scoprire che anche loro, nel 2004
sono stati alle Fiji e in particolare sono stati alle Jasawa ed hanno alloggiato
allOctopus Resort come noi. Solo che loro ci sono stati ad Aprile ed hanno
trovato tempo bellissimo sempre. La cena, a base di un piatto unico con
carne e pesce cotti al barbecue è squisita, abbondante ed economica.
Solo 18 NZ$ a testa, compreso birra e gelato.
La mattina successiva decidiamo
di andare a far colazione dove ci ha consigliato Steve, a pochi passi dal
Ranginuis Retreat. Non si tratta di un vero e proprio bar, ma di una casa
privata nella quale preparano panini ed omelettes per chiunque. Se avete
almeno 40 minuti di tempo per aspettare che ve li preparino, mangerete
unottima omelette o un toast con prosciutto, formaggio e pomodori. Dimenticavo,
sono molto gentili e servono anche della frutta omaggio per ingannare lattesa…
Dopo aver oziato sotto il sole fino al primo pomeriggio, torniamo verso
la cima Maungapu. questa volta cè ancora una bella luce per cui
la visione sulla laguna è migliore. Al solito, il problema più
grosso è la discesa e Stefano, proprio subito dopo avermi tenuto
una breve conferenza su come si deve fare a scendere per non scivolare,
cade rovinosamente senza farsi nulla per fortuna, mentre io scendo tranquillamente
sbellicandomi dalle risate. Prima di rientrare, solito giretto dellisola.
Ormai abbiamo percorso anche la stradina più remota e comunque è
tutto un salutare e un fermarsi di continuo a fare foto. Abbiamo fatto
il conto che con lo scooter ad Aitutaki avremmo fatto più di 200
km. La cena è al Puffys: bistecca, patatine ed insalata. Dobbiamo
anche fare le valigie perché il giorno successivo si parte per Atiu,
terza ed ultima tappa del nostro viaggio. Inoltre Stefano alle 6.00 ha
in programma unuscita di pesca daltura con Quentin. alle 6.00 piove e
tira vento, ma gli impavidi pescatori escono lo stesso. Rientrano alle
10.00, sotto un bel sole con un bel bottino composto da un tonno pinne
gialle, un barracuda ed un bonito. Li hanno pescati al di fuori del reef,
ovviamente, a poche miglia dalla laguna. La cosa incredibile è che
il mare, subito fuori dalla laguna ha una profondità enorme, sui
500 metri ci dice Quentin, tantè che lecoscandaglio non riesce
a vedere il fondo. Alle 12.30 arriva il transfer per laeroporto dove abbiamo
una sgradita sorpresa: ci fanno pagare 40 NZ$ per 20 kg di eccedenza bagaglio!
Laereo è da 15 posti, visto dallesterno sembra bello ma dentro
è tenuto malissimo. Il volo dura circa 45 minuti e ad un certo punto
si sorvola un atollo mozzafiato: Manuae. E disabitato ed è una
visione che lascia senza parole: è un atollo in miniatura che racchiude
al suo interno una splendida laguna. Sorvoliamo anche unaltra splendida
isola disabitata: Takutea. Atterriamo ad Atiu sotto un sole sfavillante
alle 13.00.
Roger, il padrone di Atiu
Villas (www.atiu.info/atiuvillas)
ci sta aspettando. Ci accoglie con delle splendide collane di fiori ma
non siamo soli, assieme a noi cè unaltra coppia e due ragazzi
australiani che si fermeranno solo due giorni. Nel portarci al resort,
Roger fa diverse tappe ed ogni tanto si ferma, scende dallauto e ci spiega
molte cose del posto. Ci racconta come Atiu sia completamente diversa dalle
altre isole in quanto è nata da un sollevamento della crosta terrestre.
La roccia grigia che abbonda sullisola è in realtà il reef
emerso, ed infatti se si guarda la roccia attentamente si vedono coralli
o madrepore ormai fossilizzati. Raggiunto lAtiu Villas prendiamo possesso
del nostro bungalow (in tutto ce ne sono quattro): si chiama Aretai ed
è in legno, molto spazioso e carino, con una grande veranda che
dà su un giardino pieno di fiori e molto curato. Il bungalow ha
langolo cottura mentre il frigorifero e la dispensa sono pieni di cibarie:
si utilizza quello che serve e si paga tutto alla fine. I prezzi sono molto
onesti tanto che alcune cose costano addirittura meno che al supermercato.
Appena il tempo di disfare le valigie che siamo sullo scooter che, a pagamento,
è a disposizione dei clienti.
Usciamo dal resort e giriamo
a sinistra per raggiungere il mare. Arrivati in fondo, andiamo verso destra.
La strada litoranea che circonda lisola è di fatto una stradina
con due corsie in terra battuta e lerba in mezzo, proprio come i nostri
sentieri di campagna. Con lo scooter non ci sono problemi perché
si viaggi nella corsia di sinistra, ma se si vuole girare in auto è
necessario un fuoristrada o un pick up. La strada si snoda tra degli arbusti
bassi simili alle mangrovie, di un bellissimo verde brillante. Il sole
splende per cui tutto assume un colore ancora più luminoso. Ogni
tanto si aprono sulla sinistra dei minuscoli sentieri che portano verso
una spiaggetta racchiusa tra delle ruvide rocce grigie (completamente diverse
dai massi granitici delle Seychelles).
Questa roccia grigia onnipresente
si chiama Makatea ed è il vecchio reef di cui parlavo allinizio,
emerso undici milioni di anni fa con un eruzione vulcanica e che poi ha
avuto un successivo innalzamento centomila anni fa, o perlomeno questo
è quello che ci dicono, dato che nessuno di noi cera… Lacqua
del mare è trasparente, ma non si riesce a fare il bagno perché
è troppo bassa. Il reef che ferma le maestose onde oceaniche si
trova a soli cinquanta metri dalla riva. Nel complesso il paesaggio è
inaspettatamente completamente diverso da quello visto sinora in qualsiasi
isola del mondo e forse proprio per questo è così affascinante.
Ah, ovviamente in giro non cè proprio nessuno. Dopo pochi chilometri
la strada si addentra in una fitta foresta di palme, felci, ibischi e una
miriade di altre piante. Girare lisola in questo modo è entusiasmante,
sarà per il sole che rende tutto scintillante, sarà che dallalto
lisola non pareva un gran che per cui è tutto una sorpresa, ma
siamo gasatissimi.
Superiamo Orovaru Beach dove
un cartello informa che fu proprio qui che Cook approdò nel 1777
e poi arriviamo fino al porto. Proseguiamo addentrandoci nellisola girando
verso destra. Case ce ne sono proprio poche e anche qui la gente è
cordiale e saluta con un sorriso o con la mano. Durante tutto il giro sulla
strada incrociamo solo i due ragazzi australiani che alloggiano con noi
allAtiu Villas e che stanno facendo il nostro stesso giro, ma nellaltra
direzione. Quando sta ormai imbrunendo, rientriamo finalmente per la cena.
Non essendoci ristoranti sullisola, lunica possibilità (a parte
quella di farsi da mangiare da soli) è di prenotare la cena presso
il ristorante dellAtiu Villas: Kuras Kitchen (la signora Kura è
la moglie di Roger). Si mangia bene: viene servito un piatto unico con
due cosce di pollo, del purè di patate e tutta una serie di altri
contorni e poi cè una fetta enorme di dolce al cioccolato con la
crema pasticcera. Roger mangia con tutti gli ospiti del resort e ci intrattiene
piacevolmente anche se è decisamente un tipo simpatico ma burbero.
Siamo ormai arrivati a Mercoledì
4 Maggio. Che giornata stupenda! Non si vede una nuvola! Dopo esserci preparati
unabbondante colazione a base di the, biscotti, pere e pesche sciroppate,
riprendiamo il nostro scooter e raggiungiamo Matai Landing. Questa volta
giriamo a sinistra, ci fermiamo a vedere Tauraroa Beach e poi via a nord,
verso Oneroa Beach, famosa per le conchiglie. La spiaggia si raggiunge
dopo aver lasciato lo scooter ed essersi avventurati in una breve discesa
tra le rocce. Attenzione a non scivolare! Il mare davanti alla spiaggia
è incredibilmente cristallino. Lacqua arriva al polpaccio, difficilmente
raggiunge le ginocchia. Si possono vedere coralli, cipree, splendidi ricci
matita rossicci, ed anche dei pesci scatola. Passiamo la mattinata esplorando
quellangolo meraviglioso anche perché lacqua è calda, non
da nessun fastidio stare in ammollo per ore.
Alle 12.00 risaliamo le rocce
e, ripreso lo scooter, ci dirigiamo verso la bella spiaggia di Matai Landing
per stenderci al sole sul nostro asciugamano e pranzare con…gallette
(che in realtà qui spacciano per crackers), formaggio e Coca Cola.
Data la povertà del pranzo, ci proponiamo di andare a cercare il
forno che ci dovrebbe essere sullisola e che, secondo la guida Lonely
Planet, sforna pane croccante ogni mattina. Facciamo una passeggiata verso
sud camminando sulle rocce, dopodiché andiamo fino al Coral Garden
per vedere se ci si può immergere, ma lacqua è troppo alta
ed il mare troppo impetuoso, per cui desistiamo. In serata torniamo allAtiu
Villas: doccia e cena a base di un pesce fantastico e di un sublime creme
caramel come dessert. Roger ci parla anche lui dei quattro uragani e di
come, a Febbraio, poco prima dellarrivo di Mina, fossero arrivati ad Atiu
dei turisti testardi, che pure erano stati avvisati in tempo dallagenzia
viaggi che aveva inutilmente tentato di far cambiar loro destinazione.
Ovviamente non si poteva assolutamente uscire dal bungalow, per cui Roger
aveva fornito loro anche una torcia elettrica e…una cerata da indossare
nel caso fosse volato via il tetto!!!! Per fortuna il tetto ha retto e
dopo tre giorni di pioggia i due stolti turisti erano riusciti a rientrare
a Rarotonga… giusto in tempo per richiudersi in un altro resort ad aspettare
il transito di Nancy!!!! Non si sa se poi abbiano deciso di godersi anche
Olaf o se se ne siano finalmente tornati a casa! Ma si può essere
più cocciuti di così?
Prima di congedarci chiediamo
a Roger di prenotarci unescursione alla cava Anatakitaki per il giorno
successivo. Atiu è famosa per avere molte cave, alcune delle quali
sono state utilizzate in passate come tombe per cui vi si trovano i resti
di molti scheletri. Noi però abbiamo optato per visitare una cava
che non è mai stata usata per seppellire i morti, ma che è
famosa per la sua bellezza e per essere la dimora delluccello Kopeka,
dato che lidea di vedere cataste di teschi e femori mi dava il voltastomaco.
Anche il mattino successivo
splende il sole. Mentre facciamo colazione viene a farci visita Einstein,
il gatto di Roger. E ormai anzianotto (15 anni) e pieno di acciacchi anche
per via dei combattimenti con gli altri gatti perché ha fama di
essere un attaccabrighe. Con noi è molto dolce, fa le fusa e si
lascia accarezzare ben volentieri. Andiamo verso il centro del paese per
cercare appunto il famoso panificio.
Dopo aver girato invano, chiediamo
informazioni nellunico negozio di generi alimentari presente sullisola
e ci viene tranquillamente risposto che il panificio è chiuso perché
sullisola non cè farina. Lultima volta che è arrivato
il cargo con i generi alimentari, ci spiegano, non ha portato la farina
per cui, esaurite le scorte, il panificio ora è chiuso fino a quando
non arriverà di nuovo il cargo (e non si sa quando…), sperando
che porti anche la farina. Pane croccante addio: si mangeranno gallette
anche nei prossimi giorni! Riprendiamo il nostro giro: le strade sono innumerevoli,
alcune impercorribili mentre alcune invece sono a fondo chiuso e bisogna
tornare indietro. Raggiungiamo la pista dellaeroporto e resistiamo alla
tentazione di percorrerla in scooter, poi prendiamo la strada costiera,
scopriamo ancora qualche piccola spiaggia e torniamo ad Oneroa Beach che
ci è piaciuta troppo il giorno prima. Ci fermiamo lì a mangiare
le solite quattro cose e raccogliamo un sacco di conchiglie molto belle.
Non cè traccia di altri essere umani, anzi, abbiamo saputo da Roger
che, essendo partiti tutti quelli che erano allAtiu Villas siamo
rimasti noi gli unici stranieri sullisola. Alle 14.30 purtroppo siamo
costretti a tornare per fare lescursione, ma non appena arriviamo Roger
ci dice di essersi sbagliato e che il giorno in cui cè quellescursione
è il Venerdì. Poco male, ritorniamo in sella e riprendiamo
il nostro giro. Stavolta andiamo a Taunganui Harbour dove ci sono i resti
della nave Edna che si incagliò nel 1990 per via delle condizioni
del mare proibitive e di una manovra sbagliata. Poi ci fermiamo sulla piccola
Orovaru Beach (quella di Cook). A cena, Roger ci racconta del naufragio,
ci mostra le foto e ci spiega quali difficoltà abbiano le navi ad
attraccare ad Atiu per via del reef così vicino a riva.
Ci svegliamo, neanche a
dirlo, sotto un sole abbagliante. Abbiamo deciso di andare a vedere il
lago Teroto e lo cerchiamo con la cartina sottomano per non sbagliare strada.
Dopo circa 2 km si arriva in una splendida piccola vallata, piena di coltivazioni,
e al lago che, attraverso un canale sotterraneo, cede lacqua al mare o
la riceve se il mare è in burrasca. Ci fermiamo ad ammirare il paesaggio:
ci sono anche molte caprette e dei porcellini. Proseguiamo fino al mare
e procedendo verso sinistra arriviamo al punto più a sud dellisola
Te Tau, fermandoci sulla spiaggia omonima. Questa è collegata ad
altre belle spiagge da una serie di rocce ed il paesaggio appare quasi
lunare.
Stefano ha la brillante idea
di rompere una noce di cocco e si arrabatta in ogni maniera senza riuscirci.
Per sua fortuna però, proprio in quel momento passa un pick up con
dei ragazzi a bordo che, dopo essersi fatti qualche risatina composta sullo
sprovveduto turista, prendono il machete ed in pochi secondi la noce è
aperta. Credo che stiano ancora ridendo…
Cè molto vento proveniente
da est, ma la spiaggia è riparata per cui si sta benissimo. Il mare
invece è molto grosso e le onde raggiungeranno i due metri prima
di frangersi sul reef. Il nostro breve pomeriggio di ozio termina alle
14.30 quando rientriamo per lescursione alle grotte. Alle 15.00, puntualissimo,
passa a prenderci James, un bellissimo ragazzo figlio di un inglese e di
una signora delle Cook. Ci dice di essere nato a Londra, ma che i suoi
genitori si sono trasferiti ad Atiu quando lui aveva pochi mesi. Il suo
lavoro, se così lo si può chiamare, ed anche quello di tutta
la sua famiglia, è quello di organizzare le varie escursioni sullisola.
Saliamo sul suo pick up: un primo breve tratto di strada viene percorso
in auto, dopodiché si continua a piedi. Il percorso è abbastanza
impegnativo, James ci fornisce un bastone da usare come appoggio. Il sentiero
è molto stretto ed in alcuni punti si cammina sulla Makatea appuntita.
E necessario avere degli scarponcini ed è assolutamente sconsigliato
cercare di fare questo giro da soli senza guida. Finalmente ecco la cava.
Si scende per circa tre metri con una scala a pioli, poi James ci dà
una fascia con una piccola torcia elettrica da infilare sulla testa. E
tremendamente facile scivolare perché in alcuni punti la roccia,
levigatissima, è pure bagnata. Andiamo a vedere se in fondo alla
grotta cè luccello Kopeka, ma purtroppo non ce nè nemmeno
uno. Evidentemente sono tutti fuori a caccia. James ci racconta una leggenda
da cui ha preso il nome la cava Anatakitaki. Il giro allinterno della
cava dura circa unora: è molto bella, ovviamente piena di grosse
stalattiti e stalagmiti. Volendo (ma noi ce ne siamo ben guardati) si può
fare anche il bagno in un laghetto interno in cui lacqua però pare
sia gelida. Al ritorno, James ci porta in un posto in cui si sta svolgendo
il rito del tumunu: da Aretou. Il tumunu fa parte della cultura di Atiu
ed ha le sue origini nella cerimonia della kava (di cui ho ampiamente parlato
nel resoconto sulle Fiji) e nella visita dei balenieri inglesi 200 anni
fa. A loro, la kava che avevano bevuto in questa zona del Pacifico, non
era piaciuta per niente (cosa che condivido pienamente) per cui si adoperarono
a pensare come fabbricarsi una bevanda diversa e con un buon sapore. Scoprirono
così che distillando le arance si poteva ottenere una bevanda leggermente
alcolica e dal sapore simile a quello della birra, che venne chiamata appunto
tumunu. Una volta la produzione era illegale, mentre dal 1987 la produzione
del tumunu è stata legalizzata. Da Aretou troviamo un gruppo di
uomini che, seduti attorno ad un mastellino, la sta già bevendo.
La procedura è analoga a quella della kava: con una piccola ciotola
viene prelevata la bevanda e, a turno, viene bevuta da tutti i commensali.
Il sapore è buono, non è neanche confrontabile con quello
fangoso della kava. Dopo alcuni giri di tumunu, un po di chiacchiere con
i nostri commensali e dopo aver lasciato il nostro nome ed un breve pensiero
su un grosso quaderno ce ne andiamo lasciando, come da tradizione, una
piccola mancia (5 NZ$). James ci riporta allAtiu Villas. Il piatto forte
della cena è uno squisito cosciotto dagnello. In via del tutto
eccezionale anche Kura mangia con noi. E una signora molto dolce e riservata
che vorrebbe viaggiare e visitare lEuropa ed il mondo, ma pare che Roger
da quellorecchio non ci senta… E ormai ora di fare le valigie: il nostro
soggiorno alle Cook ha ormai le ore contate dato che il giorno successivo,
alle 23.00 il nostro aereo decollerà tristemente per riportarci
in Italia.
Sabato 7 Maggio però,
prima di lasciare Atiu, abbiamo unescursione mattutina dato che il volo
per Rarotonga è alle 12.00. Andremo con Jürgen, di chiare origini
germaniche, a fare il tour del caffè. E un uomo simpatico e socievole
che parla inglese con un forte accento tedesco. E il proprietario dellAtiu
Island Coffee (www.islandcraft.com/coffee.htm) ed ha iniziato lui per primo
a coltivare il caffè sullisola nel 1983. Jürgen ci porta prima
di tutto alle sue piantagioni di caffè. Ci spiega che ad Atiu è
difficile produrre per lesportazione beni deperibili in quanto non si
può mai sapere quando arriverà esattamente il cargo e nel
frattempo la merce potrebbe marcire. Più di 20 anni fa decise lui,
per primo, di coltivare le piante del caffè. Dopo averci mostrato
le piante, coperte di bacche rosse che contengono appunto i semi che poi
verranno trattati e tostati, ci porta nella sua fabbrica (un piccolo
capannone) e ci mostra tutte le fasi della lavorazione del seme. Questo,
una volta estratto dalla bacca, viene inizialmente fatto asciugare al sole
affinché perda parte dellacqua contenuta, dopodiché viene
tolta ancora la sottile pellicola che lo ricopre fino ad arrivare alla
fase più delicata che è la tostatura. Il giro si conclude
nel negozio della moglie, lArt Fibre Studio, dove ci viene fatto assaggiare
il caffè ed in cui si possono comperare bellissime tivaevae (sono
stoffe particolari, tipiche delle Cook, ottenute cucendo varie applicazioni
in tessuti diversi su un tessuto di base). Le tivaevae sono belle ma costose
per cui io mi limito a comperare due parei dipinti a mano. Jürgen,
nel congedarci, ci dice che lui in Germania non tornerà proprio
più perché ormai la vita caotica delloccidente non riesce
a reggerla e ci riaccompagna allAtiu Villas dove Roger è pronto
per portarci in aeroporto. Riceviamo unaltra splendida collana, stranissima,
non più di fiori questa volta, ma ottenuta intagliando ed infilando
foglie ed una pianta arancione. Ha un profumo forte e speziato particolarissimo.
Vediamo per lultima volta Atiu dallaereo ed in meno di unora siamo
di nuovo a Rarotonga. Dato che ci dobbiamo trascorrere lintera giornata,
decidiamo di noleggiare un auto, impresa non facile dato che di Sabato
pomeriggio è tutto chiuso! Prima però, ci sbarazziamo dei
bagagli, lasciandoli in custodia nello stanzino dei Vigili del fuoco dellaeroporto
che offrono gentilmente questo servizio (dato che il deposito bagagli non
è operativo). Ci dirigiamo verso lautonoleggio di fronte allaeroporto,
ma è chiuso. Per fortuna un signore di poche parole che sta lavorando
lì vicino ci carica sulla propria auto e ci porta in un altro autonoleggio
in centro, lunico aperto! Finalmente mezzora dopo abbiamo la nostra auto!
Nel frattempo il cielo si è fatto grigio e questo ancora a dimostrazione
di come il tempo a Rarotonga sia peggiore che nelle altre isole. Per prima
cosa andiamo a trovare Roberta e Stefano al Thats Pasta perché
vogliamo prenotare un tavolo per la cena. Cè solo Stefano perché
Roberta, ci dice, è andata al matrimonio di due Italiani che, dopo
un lungo giro in Australia, sono venuti a sposarsi su una spiaggia delle
Cook. E una bella idea perché così si evitano tutte le seccature
di un matrimonio tradizionale. Stefano ci suggerisce di salire sulla collina
di fronte perché dallalto pare ci sia una bella vista su quello
spicchio di laguna e sui motu. Lo facciamo anche se, mancando il sole,
la bellezza della visuale è molto ridimensionata. Proseguiamo in
auto andando un po a zonzo senza meta. Alle 19.00 arriviamo puntuali al
Thats Pasta e ci facciamo preparare un bel piatto di maccheroni al sugo.
Dopo poco arrivano anche i neosposi: sono due toscani molto simpatici ed
assieme a loro cè un ragazzo di Milano che vorrebbe trasferirsi
da qualche e lasciare lItalia per sempre. Alle 21.00 salutiamo tutti e
torniamo in aeroporto, restituiamo lauto, cambiamo i soldi avanzati, recuperiamo
le valigie e chi ritroviamo? Dennis e Mark che stanno rientrando con il
nostro stesso volo. Un bacio ed un abbraccio ed è subito lora dellimbarco.
Il pilota deve aver avuto un po di fretta perché partiamo mezzora
prima dellorario previsto. Di nuovo Papeete, Los Angeles, Londra, Milano…
Nella tratta Papeete Los Angeles è seduta vicino a noi una fantastica
signora inglese: Ann. E già nonna ma ha la vitalità di una
teenager: ha fatto il giro del mondo con diverse tappe tra cui Johannesburg
e Rarotonga e sta rientrando a Londra. Parla benissimo litaliano perché
uno dei suoi figli vive in Italia in quanto ha sposato unItaliana. E
invidiabile lo spirito con cui ha affrontato il viaggio. Ci racconta che
ha persino attraversato Rarotonga da una parte allaltra, da sola, attraverso
il sentiero. Noi che ci siamo ben guardati dal farlo, perché troppo
impegnativo, ci sentiamo dei vecchi ruderi. Nellaeroporto di Londra faccio
unaltro incontro curioso e simpatico: Sara, una ragazza di Singapore che
sta provando degli occhiali da sole e mi chiede un consiglio. E molto
sveglia e mi fermo un po a parlare con lei: vive in Svizzera, ma ha il
fidanzato a Londra e la famiglia a Singapore. Prova n paia di occhiali
finché alla fine, dopo circa mezzora di prove, ne trova uno che
le piace… Stefano seduto su un divanetto fuori dal negozio ci guarda
con gli occhi sbarrati. Ormai stanno chiamando il nostro volo, tra poco
saremo a Milano, poi a Venezia e di tutto questi giorni come al solito
non resteranno che delle foto e dei ricordi indelebili.
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