Bahamas 2004: le “Family Islands” Long Island ed Exuma

di Manuela Campanale  [email protected]

Bahamas: le “Family Islands” Long Island ed Exuma

La scelta delle Bahamas come meta del viaggio pasquale e’ stata del tutto fortuita: né io né Stefano sognavamo di vedere queste isole perché non ci attiravano per niente, dato che le consideravamo troppo americanizzate, ma, ancora molto prima di Natale avevo visto casualmente in un sito internet che il volo costava davvero poco (circa 700 Euro, tasse aeroportuali comprese) per cui, essendo indecisa su dove passare la settimana di Pasqua e volendo comunque spendere pochi soldi, ero andata in agenzia e, senza troppa convinzione, avevo prenotato due posti. Prenotare un volo non costa niente, intanto ci si assicura una tariffa aerea vantaggiosa e poi al momento dell’emissione dei biglietti (di solito circa 40 giorni prima della partenza) si può decidere cosa fare. Con ancora meno convinzione mi sono comperata poi la classica guida Lonely Planet, che esiste solo nella versione originale in inglese. Ma è stato proprio leggendo la guida che mi sono resa conto che l’idea delle Bahamas che ci eravamo fatti, sostanzialmente solo sfogliando i vari cataloghi dei tour operator, era, fortunatamente, sbagliata. Perché le Bahamas non sono solo megahotel (uno per tutti l’Atlantis con 2355 stanze) che si affacciano su spiagge costellate di lettini ed ombrelloni, non sono solo isole sfruttate dal turismo ed americanizzate. Le Bahamas, per fortuna, sono anche, o soprattutto, isole meravigliose con pochissimo turismo dove vivono solo i locali che, scopriremo lì, sono davvero belle persone gentili e disponibili e dove la natura e le spiagge sono ancora incontaminate. Così, sparita ogni perplessità, Sabato 3 Aprile partiamo.
L’inizio della vacanza è stato piuttosto fantozziano con un crescendo di contrattempi: il nostro volo Alitalia arriva a Miami con più di mezz’ora di ritardo, abbiamo solo poco più di un’ora per imbarcarci sul volo per Nassau solo che, per ovvi motivi, le formalità per chi arriva negli Stati Uniti sono interminabili. Ci stiamo già rassegnando a perdere il volo quando una gentilissima hostess dell’Alitalia ci fa chiamare e ci accompagna, correndo, verso il banco della Bahamasair, facendoci saltare la fila chilometrica del controllo passaporti (ci porta ad uno sportello aperto apposta per noi) e riuscendo a farci prendere l’aereo. Così noi raggiungiamo fortunosamente Nassau, ma ahimè, non la nostra valigia che attendiamo invano sul nastro trasportatore. E’ una sensazione piuttosto avvilente vedere gli altri andarsene con le loro belle valigie e restare invano ad aspettare la propria… Io avevo avuto un certo sentore che la valigia non sarebbe arrivata per cui avevo messo due abiti e le cose di prima necessità nel bagaglio a mano, ma non avevamo comunque molti giorni di autonomia. Al banco dei bagagli persi siamo in buona compagnia, ma questo non ci rallegra. Il ragazzo che se ne occupa è molto gentile e ci rassicura: chiaramente non hanno fatto in tempo ad imbarcarla a Miami e probabilmente arriverà con il volo successivo verso le 20. Ci dà il suo numero di telefono e ci dice di chiamarlo verso le 21: se la valigia sarà arrivata provvederà lui a farcela recapitare in albergo. Un po’ risollevati e molto leggeri dato che abbiamo solo il bagaglio a mano, ci avviamo verso il banco della Dollars per prendere a noleggio l’auto prenotata via internet. Usciamo dall’aeroporto a passo d’uomo, la guida è a sinistra, così almeno Stefano sarà costretto ad andare piano e potrò godermi il panorama. Macché, ho parlato troppo presto perché dopo pochi metri ha già preso confidenza con la strada e solo il pensiero di una multa salatissima gli fa (quasi) rispettare i limiti di velocità.
NassauL’isola di New Providence non è un gran che in quanto è la classica isola americanizzata, già al momento dell’atterraggio si notava subito come non avesse molte belle spiagge e come fosse stata deturpata da alcune costruzioni. Qualcuno mi dovrebbe spiegare con quale criterio si costruiscono edifici di molti piani su un’ isola tropicale: evidentemente il concetto di “impatto ambientale” in certe zone è del tutto sconosciuto! Per fortuna ci fermeremo solo per la prima notte perché dobbiamo ripartire il giorno successivo per Long Island. Raggiungiamo un albergo, il Coral Harbour Beach House, trovato sulla guida ma non ci piace molto, per cui, dato che anche la persona che dovrebbe assegnare le stanze è assente, ripartiamo con la scusa di andare a cena. Cerchiamo un’altro albergo, è pur vero che si tratta solo di una notte, ma vorremmo una sistemazione più carina. Mi ricordo di aver letto nella guida che vicino all’aeroporto ce ne è uno più costoso ma più bello. Lo troviamo, ma purtroppo è al completo: niente stanze libere. Sono ormai le 21, proviamo quindi a ripassare dall’aeroporto per vedere se la valigia è arrivata: un’ora di attesa ma niente da fare, è rimasta a Miami. Ormai è tardi e siamo senza alloggio, senza cena e senza valigia, sconsolati torniamo al primo albergo, mangiamo dei biscotti e passiamo la prima notte sul suolo delle Bahamas piuttosto abbacchiati in una stanza davvero squallida.
Domenica mattina facciamo un giretto nell’isola prima di tornare in aeroporto: andiamo a Compass Point che è famoso dato che è un hotel in cui alloggiano (pare) anche alcune star hollywoodiane quando vengono in vacanza alle Bahamas. Il posto è davvero grazioso in quanto la struttura è coloratissima, i bungalow sono tutti variopinti, davvero unici, ma la spiaggia e il mare invece non sono granché belli. Lungo la strada adiacente ci sono poi moltissime ville piuttosto eleganti: evidentemente molti Americani hanno qui la casa delle loro vacanze. E’ ormai ora di tornare in aeroporto e di riconsegnare l’auto. Ritiriamo i biglietti per Long Island al banco Bahamasair e tutto sembra andare per il meglio dato che anche la nostra valigia, nel frattempo, è arrivata con il volo del mattino. Molto risollevati facciamo il check in e andiamo a fare colazione. Ma proprio mentre mi sto gustando un bel toast mi ricordo improvvisamente che ho commesso un gravissimo errore: ho scritto al padrone del King’s Bay resort di Long Island, il signor Kingsley, che saremmo arrivati all’aeroporto Stella Maris, mentre il nostro biglietto è per l’altro: il Deadman’s Cay (a Long Island ce ne sono due e lo stesso volo si ferma in entrambi). Considerando che verrà a prenderci proprio in aeroporto, non è un problema da poco. Mentre finisco di mangiare, Stefano si precipita al banco per chiedere se è possibile scendere all’aeroporto Stella Maris, ma gli dicono di no, che purtroppo non è possibile perché il volo è pieno, noi con quel biglietto dobbiamo proprio scendere all’aeroporto Deadman’s Cay. Poco male, mi ricordo di avere il numero di telefono di Kingsley, possiamo chiamarlo ed avvisarlo del cambio di aeroporto, ma c’è un piccolo problema perché il foglio col numero è nel bagaglio che abbiamo appena consegnato al check in!!! Che disastro! Semidisperati entriamo allora in un negozietto e chiediamo se per caso hanno un elenco telefonico da prestarci, spiegando la situazione. Una ragazza molto carina (una delle rare ragazza magre e belle incontrate: la quasi totalità della popolazione femminile delle Bahamas è almeno una ventina di chili in sovrappeso, mentre alcune sono decisamente obese), cerca di aiutarci a trovare il numero ma niente, il numero del resort non si trova. Sempre più abbacchiati le spieghiamo che il numero ce l’avremmo ma che è nel bagaglio. Lei va ad intercedere per noi al banco della Bahamasair e, dopo aver scomodato mezzo aeroporto, ci concedono gentilmente di entrare nell’area riservata in cui ci sono tutti i bagagli da imbarcare dove, sotto l’occhio vigile di un addetto allibito, recuperiamo finalmente il nostro prezioso numero. La ragazza del negozio è davvero molto disponibile: giustamente si è fatta l’idea che non siamo proprio granché svegli per cui si offre di chiamare lei Kingsley e, fortunatamente, riesce ad avvisarlo prima che si diriga ad aspettarci nell’aeroporto sbagliato!
Finalmente ci imbarchiamo e, tanto per non smentire quanto scritto sulla guida Lonely Planet circa l’affidabilità della Bahamasair per quanto riguarda il rispetto degli orari, l’aereo decolla la bellezza di tre quarti d’ora PRIMA dell’orario previsto, ma non solo, contrariamente a quanto prevedeva il piano di volo secondo cui prima avrebbe dovuto fare scalo a Stella Maris

per poi raggiungere Deadman’Cay, fa esattamente l’opposto per cui rischiamo quasi di non accorgercene e di non scendere dall’aereo…!!!! Finalmente siamo a Long Island: Kingsley ci sta aspettando e, benché non ci conosca, ci individua facilmente dato che siamo gli unici bianchi (forse farei meglio a dire visi pallidi dato il nostro colore smorto) a scendere dall’aereo. La giornata è bellissima per cui durante il tragitto per raggiungere il King’s Bay resort ci godiamo il paesaggio, tanto verde, niente traffico, tante insenature e il mare che in certi punti è verde, in altri azzurro, in altri turchese!
Long Island
Siamo davvero incantati, non ce l’aspettavamo davvero così bella Long Island. In mezz’ora arriviamo alla nostra destinazione: la baia compare in modo spettacolare davanti ai nostri occhi. Le stanze sono piuttosto mal tenute ad avrebbero bisogno di un rimodernamento (ma questo lo sapevamo perché era scritto nella guida, probabilmente appena costruite erano bellissime), la porta non si può chiudere a chiave, ma la cosa impagabile è che stando distesi sul letto di vedono benissimo sia il mare che la spiaggia!
Kings BayKings Bay
Kings Bay
Non vediamo l’ora di scendere al mare, non disfiamo nemmeno i bagagli ci infiliamo solo il costume e siamo già stesi al sole con i nostri teli sulla sabbia bianca e fine. Siccome sono ormai quasi le due del pomeriggio Kingsley si offre gentilmente di prepararci qualcosa: pesce e patatine fritte, quando sarà pronto ci chiamerà lui! Mangiamo tutto con un certo appetito data l’ora e cominciamo a conoscere Kingsley. E’ abbastanza stupito di averci come ospiti (siamo gli unici in quel periodo) dato che il posto non e’ per niente pubblicizzato all’estero e normalmente ci vengono solo Americani. Ci chiede come abbiamo fatto a trovarlo, gli unici clienti italiani gli aveva avuti ancora nel lontano 2001! Gli spiego che comperiamo sempre la guida Lonely Planet e che scegliamo in base alle indicazioni che troviamo lì. In realtà a Long Island non c’erano molte alternative in quanto essendo l’isola, come dice il nome, molto lunga, (circa 120 chilometri) avevamo la necessità di alloggiare circa a metà in maniera tale da poterla visitare senza fretta con un’auto a noleggio: un giorno, ad esempio, la parte nord e il giorno successivo la parte sud, come abbiamo poi effettivamente fatto. Finito il pranzo ci accordiamo per la cena, ci farà dell’insalata mista e del pesce. Passiamo alcune ore stesi in spiaggia e verso il tardo pomeriggio andiamo a fare una passeggiata lungo la spiaggia infinita, fino al tramonto. Incontriamo due signori del posto molto cordiali che si fermano, ci salutano, ci chiedono da dove veniamo.
Al Lunedì, al risveglio, abbiamo una spiacevole sorpresa: il cielo è nuvoloso, proprio coperto, e sconsolati andiamo a fare colazione. Kingsley vorrebbe farci uova al bacon, o una frittata, o altre cose pesantissime, rimane stupito quando gli diciamo che vogliamo solo del the e del pane tostato con il burro. Ci lamentiamo del tempo ma lui esce sulla terrazza, guarda la direzione del vento e ci dice di non preoccuparci perché nel giro di pochissimo sarebbe uscito il sole. Mangiamo un po’ perplessi, ma lui sembra davvero convinto. E’ incredibile, ma nel giro di un quarto d’ora le nuvole spariscono tutte (ma dove sono finite?) ed inizia una giornata meravigliosa in cui non se ne vedrà più una! Anche questo secondo giorno lo passiamo in spiaggia (ci siamo solo noi) facendo snorkeling (ci sono bei coralli, sia duri che molli e pesciolini coloratissimi) e prendendo il sole perché, così bianchi, cominciamo a sentirci a disagio in mezzo a tanti neri. Per il pranzo abbiamo concordato un’insalata mista mentre per la cena Kingsley ci preparerà l’aragosta. Ormai stiamo diventando “di casa”: sparecchiamo noi, ci prendiamo da soli le cose da bere e tutto quello che ci serve dal frigorifero e, per finire, Kingsley cena assieme a noi, al nostro tavolo. Questo credo, dia l’idea di quale atmosfera si respiri a Long Island o, almeno, al King’s Bay resort.
Il giorno successivo ci alziamo alle 7 perché ci vengono a portare l’auto che abbiamo noleggiato per due giorni e non vediamo l’ora di metterci in viaggio. La giornata è stupenda, neanche a dirlo. Salutiamo Kingsley, gli diciamo che torneremo verso le 20 e concordiamo pesce fritto per la cena. Usciamo dalla stradina sterrata e piena di buche che raggiunge la nostra baia (il paesaggio è un po’ strano, con dei cactus)
Cactus
e giriamo a destra dirigendoci verso nord. A Long Island c’è un’unica strada che attraversa l’isola per il lungo per cui è impossibile perdersi o sbagliare strada. Ci sono talmente poche automobili che tutti quelli che si incrociano o che si superano ti salutano, o con la mano, o con un colpetto di clacson. Sono tutti così felici e rilassati che è impossibile non rimanere contagiati. Lungo la strada è tutto un susseguirsi di graziose casette dipinte con colori pastello: verdi, rosa, azzurre, anche bicolore, ad un solo piano e quasi tutte con un bel giardino.
I giardini sono meno curati di quelli che abbiamo visto in altri posti del mondo, ma le casette sono decisamente più belle, evidentemente il tenore di vita alle Bahamas è più alto. In effetti mi pare che persone vivano piuttosto bene. Ci sono anche tantissime chiesette, la popolazione è molto religiosa indipendentemente dalla religione, sia che seguano la Chiesa Battista, sia che siano Anglicani, Cattolici o Metodisti. Lungo la strada ci fermiamo in continuazione: a fotografare una casetta, o una chiesa, o una baia particolarmente bella, c’è davvero solo l’imbarazzo della scelta, è tutto così solare è bello che si potrebbe restare ore ammirati a guardare. Anche tutte le persone che si vedono lungo la strada salutano con la mano, una cosa simile ci era accaduta finora solo in alcune isole polinesiane, non ci saremmo davvero mai aspettati che anche qui la popolazione fosse così cordiale! La nostra meta finale è Capo Santa Maria dove pare che esista una delle più belle spiagge delle Bahamas sulla quale si affaccia uno dei resort più costosi. Si arriva alla spiaggia attraverso una strada bianca e polverosa e quando scendiamo dall’auto il panorama che ci si presenta ci lascia a bocca aperta. Capo S.MariaQuando si sono visti troppi posti belli è difficile che qualcosa riesca ancora a stupirti ed emozionarti, ma quest’angolo di Long Island ci riesce benissimo. Abbiamo davanti a noi delle piccole dune di sabbia talmente bianca da accecare e, tra le dune, si comincia a scorgere un mare di un azzurro incredibile! Restiamo fermi ad ammirare il paesaggio senza parole, quando ci riprendiamo io mi limito a scattare delle foto mentre Stefano fa una ripresa con la videocamera. Kingsley ci aveva ben detto che tutti gli Americani suoi ospiti avevano commentato con un “never seen” la bellezza di Capo Santa Maria, ma noi, con un po’ di sciocca sufficienza, pensavamo che ci volesse ben altro per stupirci ed invece… Ci sistemiamo in spiaggia con i nostri asciugamani e le provviste di acqua e cracker per il pranzo. Non c’è nessuno, ma proprio nessuno, su questa spiaggia immensa e bianchissima lambita da un mare caldo e cristallino. Non riesco a stare seduta ad oziare, mi sembra di sprecare il tempo per cui inizio una passeggiata lungo la spiaggia verso il resort per scattare delle foto. Non lo raggiungo perché è piuttosto lontano e anche perché mi sembra di vedere in lontananza che la spiaggia che ha davanti non è così bella e larga come in altri punti.
Capo S.MariaCapo S.MariaCapo S.Maria
Dopo il “lauto” pranzo a base di patatine, cracker ed acqua, convinco Stefano a seguirmi verso l’altra parte della baia per fare altre foto ma lui è davvero un gran pigro e dopo un po’ torna indietro. Io invece continuo il mio giro passando davanti a delle belle villette in cui dei fortunatissimi proprietari probabilmente passano le loro vacanze, che invidia! La giornata non è ancora finita perché non abbiamo ancora raggiunto l’estremità nord dell’isola per cui, dopo alcune ore di ozio, ci rimettiamo in auto ed andiamo ancora un po’ verso nord. Ci infiliamo in una stradina, ma si può proseguire solo a piedi e dopo un centinaio di metri arriviamo in un’altra baia con una bella spiaggia ma, ahimè coperta di alghe e purtroppo in alcuni punti anche di bottiglie in vetro e in plastica portate dal mare. Non ci sono impronte sulla sabbia, evidentemente anche qui non ci viene proprio nessuno. E’ ormai tardi e siamo costretti a rientrare, lungo la strada vediamo un tramonto magnifico ed usciamo dall’auto per fotografarlo, ma stiamo per essere letteralmente divorati da zanzare e mosquitos incuranti dello spray che ci siamo appena dati e che avrebbe dovuto tenerli lontani. tramonto...Scattiamo qualche foto e ripariamo velocemente in auto. Kingsley ci sta aspettando, la cena è buona come sempre. Il nostro grado di confidenza con lui sta aumentando e su mia richiesta mi fa vedere le foto della sua famiglia: le foto dei due figli maschi e quelle delle tre femmine tra cui c’è Valderine, la sua preferita, che io avevo contattato via e-mail per la prenotazione.
Siamo ormai a Mercoledì e la nostra meta è il sud dell’isola. Prima di partire chiediamo come al solito a Kingsley quali sono i posti più belli da vedere e ci indica la spiaggia che si trova nel punto più a sud dell’isola, sul lato ovest. Secondo lui è in assoluto una delle spiagge più belle. E’ strano, perché la guida non ne parla proprio, anzi dice che in quella zona non c’è niente che meriti di essere segnalato, ma chi meglio di Kingsley può conoscere Long Island? Anche questo giro verso sud è tutto un susseguirsi di fermate per scattare foto ed ammirare chiesette o baie. La guida riporta con esattezza una stradina impervia in fondo alla quale pare che ci siano delle rocce a strapiombo sul mare, molto suggestive.
Quello che contraddistingue Long Island è che esiste un lato est dell’isola caratterizzato da una costa alta e frastagliata su cui le onde oceaniche frangono talvolta con violenza e con delle insenature protette dalla barriera corallina
(come quella cui è stato costruito il King’s Bay resort), mentre lungo il lato ovest il mare è molto più calmo, caldo, e la costa è bassa, con lunghissime spiagge bianche o lagune interne con mangrovie.Mangrovie Raggiungiamo a piedi la zona sotto un sole che ci sta letteralmente arrostendo: effettivamente il paesaggio è molto bello, la sabbia della piccola baia tra le due scogliere è rosa ma non è possibile raccoglierne un po’ per la mia collezione perché la roccia è davvero a strapiombo. Tornando verso l’auto e proseguendo nell’altra direzione si raggiunge una bella spiaggia con la sabbia rosata e con il mare piuttosto impetuoso. Continuando il nostro giro verso sud raggiungiamo un’altra splendida spiaggia protetta dalla barriera corallina, una bellissima laguna interna verde con le mangrovie e tanti altri posti spettacolari fino a raggiungere il paesino (ci saranno una trentina di case) di Clarence Town. Decidiamo di fermarci a mangiare in un piccolo ristorante nei pressi del porto e finalmente assaggiamo la Conch, ovvero il piatto tipico delle Bahamas. La Conch è una grossa conchiglia che può raggiungere i 30 cm, il cui mollusco pare che sia ottimo sia impanato e fritto, sia in insalata. La conchiglia priva di mollusco viene poi di solito abbandonata in appositi “cimiteri” di conchiglie che si possono trovare o lungo le spiagge, o in posti isolati. Consiglio di non portarsi a casa nessuna Conch recuperata in qualche “cimitero” per almeno due motivi: il primo è che per estrarre il mollusco viene praticato un foro nella parte alta della stessa che viene così rovinata, il secondo, e molto più importante, è che la Conch, così come la Tridacne è tra le pochissime conchiglie la cui importazione è vietata in Italia ed altrove dalla Convenzione di Washington. Farsi beccare in aeroporto dalla Guardia di Finanza con una Conch anche piccola significherebbe il sicuro sequestro della stessa più una multa salatissima che nei migliori dei casi sarà di 1000 Euro. Meglio dunque non rischiare, anche perché una Conch grande pesa parecchio e potrebbe anche farci sforare il peso limite di 20 kg previsto per il bagaglio. La Conch è comunque davvero una piacevole sorpresa, assomiglia come gusto al calamaro ma è più tenera e gustosa. Peccato che in Italia non si trovino. Finito il pranzo, ripartiamo e raggiungiamo una spiaggia in cui secondo la guida c’è un “blu hole”, ossia la profondità del mare aumenta improvvisamente in modo da creare un repentino cambiamento del colore dell’acqua (se guardate le foto capirete meglio). Effettivamente è proprio così: anche in questo caso si tratta di una spiaggia bianca meravigliosa in cui però il colore del mare cambia improvvisamente e l’acqua da trasparente diventa scurissima. E’ bello da vedere, ma fa un certo senso all’idea di caderci dentro.
Blu HoleBlu Hole
Questi buchi blu piacciono molto ai subacquei perché vi si trovano molti pesci, ma noi lo guardiamo solo dal di fuori. Troviamo un ragazzo che sta pescando, ma pare che non abbia grande fortuna dato che se ne va via quasi subito. Rimontiamo in macchina, ci attende l’ultima meta, la spiaggia più a sud di cui ci parlava Kingsley. E’ impossibile non trovarla perché è proprio nel punto esatto in cui la strada finisce, nella località Gordons. Lasciata la macchina si raggiunge dopo pochi passi: è una spiaggia a semicerchio lunghissima (sarà circa 2 km) con una sabbia bianca e fine come talco: wonderful! L’acqua è bassa e trasparente, vediamo anche una stella di mare appoggiata sul fondo ma, soprattutto, è calda, ha una temperatura davvero alta, mai trovata un’acqua a questa temperatura al di fuori delle Maldive, è stupendo farci il bagno e rimanerci in ammollo, non si uscirebbe più. E poi grosse conchiglie ovunque! Non riusciamo a capire come mai un posto così sensazionale sia stato del tutto omesso dalla Lonely Planet! Davvero un mistero.
Capo Verde
Capo VerdeCapo Verde
Presi dall’entusiasmo ci attardiamo un po’ anche perché stiamo aspettando il tramonto, tanto che quando arriviamo Kingsley ci dice che cominciava un po’ a preoccuparsi per noi. Bisogna però dire che sull’isola non esistono pericoli, non c’è nessun tipo di criminalità, non ci sono nemmeno furti, noi abbiamo sempre lasciato le nostre cose sulla spiaggia, l’auto aperta con le chiavi su, il bungalow come dicevo non si poteva neanche chiudere e non ci è mai mancato niente, ma non perché siamo stati fortunati, lì è la norma. Che bello se fosse così anche in Italia! Su altre isole delle Bahamas, quelle turistiche, ci hanno detto che invece i furti esistono e che alcuni ragazzi locali hanno assimilato dagli Americani e dagli Europei anche queste brutte abitudini, purtroppo. Il giorno successivo lo passiamo in spiaggia, mentre l’ultimo giorno della nostra permanenza a Long Island prendiamo ancora l’auto a noleggio e torniamo a sud in quella fantastica spiaggia. Trascorriamo tutta la giornata dentro e fuori dall’acqua e camminiamo fino in fondo, fin proprio all’estremità più a sud dell’isola Stefano a Capo Verdeche si chiama Capo Verde, facendo anche un simpatico incontro con un fenicottero che non gradisce farsi fotografare perché nel momento del “clic” si leva in volo lasciandomi a bocca asciutta. Peccato, la foto del fenicottero è rimandata a tempi migliori. L’ultima sera, davanti ad un altro bel piatto di aragosta, Kingsley ci racconta che probabilmente a Luglio inizieranno i lavori di ristrutturazione e di ampliamento del resort. Ha trovato un socio ed hanno intenzione di costruire degli appartamenti di lusso i cui bagni avranno anche la vasca per l’idromassaggio! Anche la baia cambierà nome e diventerà Crystal Bay.
E’ arrivato sabato 10 aprile, il momento di lasciare Long Island, purtroppo, e ci dispiace molto. Di solito, quando arriviamo in qualche posto, la prima ora ci sentiamo un po’ spaesati, il secondo giorno siamo già perfettamente a nostro agio e il terzo ci sembra di essere nati lì, per cui ogni volta è dura ripartire anche se la curiosità di vedere cose nuove ci spinge sempre a non rimanere mai troppo tempo nello stesso posto. Salutiamo e ringraziamo Kingsley per la sua ospitalità e riportiamo indietro la macchina noleggiata, siamo già d’accordo che il proprietario dell’autonoleggio ci porterà lui stesso in aeroporto, questa volta allo Stella Maris. Kingsley ci ha prenotato un volo charter (in pratica solo per noi, con un aereo privato) che ci porterà sull’isola di Exuma che dista una sessantina di km da Long Island. Una delle poche cose negative delle Bahamas è l’organizzazione dei voli della Bahamasair, se si vogliono visitare più isole bisogna ritornare ogni volta a Nassau perché i voli per le varie destinazioni partono tutti da lì. In pratica uno si sentirebbe come uno jo-jo, con grande dispendio di denaro e, soprattutto, di tempo. Per questo motivo abbiamo scelto di raggiungere Exuma con un volo privato. Costa un po’ più che fare Long Island-Nassau e Nassau-Exuma ma almeno non si perdono due giorni (bisognava pernottare a Nassau), ma solo pochi minuti. Arriviamo in aeroporto con largo anticipo, dato che Kingsley ci aveva detto di aver concordato la partenza per le 8. Sono le 7.30 e non c’è anima viva, O meglio, ci sono delle zanzare vivissime che tentano di ridurci ad un colabrodo, solo il tempestivo utilizzo del nostro Autan ci salva dall’assalto. Arrivano le 8 e non si vede ancora nessuno, finché verso le 8.30 arriva una signora alta e bionda che apre l’unico ufficio. Le spieghiamo che abbiamo un volo prenotato, ma che ancora non si è visto nessuno. Subito lei chiama a casa il pilota del nostro charter e si scopre così che Kingsley si era dimenticato di dare la conferma che saremmo partiti. Tiriamo un sospiro di sollievo quando viene fissato un nuovo orario: il pilota arriverà alle 10. Abbiamo un’ora e mezza di tempo e lì non c’e’ niente da fare dato che l’aeroporto è formato da quell’ufficio e da un microscopico negozio ancora chiuso. La signora ci suggerisce allora di raggiungere lo Stella Maris resort e di fare colazione lì. Ci accompagna un suo collega gentilissimo, poi torneremo indietro con un taxi. Abbiamo quindi la possibilità di vedere anche quel resort: la struttura è bella, il servizio (almeno per quanto riguarda la colazione) è ottimo, solo che la spiaggia è davvero brutta, è molto piccola ed inoltre l’accesso al mare è reso difficoltoso da delle rocce basse che affiorano già con l’alta marea. Torniamo in aeroporto e, alle 10 in punto, arriva il nostro pilota: un ragazzo sui venticinque anni, sorridente, con un’aria molto sveglia. Considerando che è il pilota dell’aereo su cui saliremo, il fatto che ispirasse fiducia direi che era fondamentale. L’aereo è quasi nuovo ed ha 4 posti, il nostro pilota ci dice che il volo durerà 18 minuti e che non ci sarà turbolenza. Il volo è in effetti molto piacevole, peccato che nel frattempo il cielo si sia rannuvolato. Sorvolando Exuma abbiamo un’ottima opportunità, vedere dall’alto quali sono le zone migliori per poter scegliere di conseguenza l’albergo. Notiamo subito una spiaggia lunghissima e bella e decidiamo di cercare alloggio proprio su quella spiaggia. Dopo 18 minuti esatti atterriamo.
Per prima cosa andiamo a noleggiare un’auto per la giornata, però ci dimentichiamo completamente di prenotare il volo con la Bahamasair per tornare a Nassau tre giorni dopo. Andiamo invece subito a cercare alloggio. Scopriamo che c’è un albergo segnalato dalla guida Lonely Planet: Palms at Three Sisters Hotelche è proprio sulla spiaggia vista dall’alto, andiamo lì subito dato che dista pochi km dall’aeroporto. La struttura è graziosa e per fortuna c’è posto: ci fermeremo lì per tre giorni. Proseguiamo il nostro giro: l’isola principale chiamata Great Exuma è collegata con un ponte ad un’isola più piccola, Little Exuma. In tutto queste due isole assieme sono lunghe circa 80 km ed hanno molte caratteristiche simili a Long Island. Raggiungiamo la capitale George Town (saranno un centinaio di case) e notiamo un minuscolo mercato che attira la nostra attenzione. Ci fermiamo sperando di trovare qualche souvenir da acquistare. In realtà cose belle non ce ne sono molte, ma Stefano vuole comperarsi una camicia colorata con le palme e ne prova un paio. Dato che è già bello di suo ed abbronzato fa ancora più figura, viene adocchiato immediatamente da una simpatica signora che, dopo avergli venduto una camicia, lo riempie di complimenti e mi chiede pure se le faccio una foto assieme a lui. Stefano è sfortunato perché la signora in questione ha almeno 30 anni e 40 kg in più rispetto al suo ideale di donna, per cui non mi dispiace per niente fotografarli, anzi! E’ chiaro che se fosse stata una tipo Naomi, la foto se la sarebbe sognata!!! Ci chiede poi da dove veniamo, se ci sono piaciute le Bahamas, e dopo una serie di “beautiful places”, “beautiful people” ecc. ci ringrazia, ci abbraccia e ci bacia commossa congedandoci con un “God bless you”. Davvero gentile e simpatica, non la dimenticheremo. Il nostro giro prosegue, notiamo che qui le persone, gli uomini in particolare, hanno un abbigliamento ed un look più caraibico, (anzi forse sarebbe meglio dire giamaicano) rispetto a Long Island. I capelli di alcuni poi sono di tipo rasta ed anche la musica che si sente suonare a tutto volume è per lo più reggae. Entriamo in un grande supermercato per comperare qualcosa da mangiare e dell’acqua e constatiamo che, a parte i locali, ci sono solo Americani, di Europei nemmeno l’ombra. Ci rimettiamo in marcia, il cielo è ancora coperto ma le nuvole cominciano a diradarsi, meno male perché se non c’è il sole le foto vengono male! Continuiamo verso sud. Il paesaggio è molto simile a quello di Long Island: casette colorate, baie, mare turchese. Ad un certo punto notiamo uno scorcio meraviglioso in cui il mare sembra finto!Exuma Per riuscire a fotografare però bisogna entrare in una proprietà privata e, anche se la zona non è recintata chiediamo comunque il permesso ad un signore che abita lì a fianco. Raggiunta poi l’estremità meridionale torniamo indietro e finalmente ci ricordiamo di andare in aeroporto per prenotare il nostro volo per Nassau, dato che, piccolo particolare insignificante, martedì mattina abbiamo il volo di rientro. Provate ad immaginare la nostra faccia quando al banco Bahamasair ci dicono che il primo volo di martedì mattina è pieno ed anche TUTTI i voli di lunedì sono già al completo! In pratica la ragazza ci comunica che solo nei voli di domenica ci sono posti liberi! Credo che si aspettasse di vederci stramazzare al suolo! Per evitare questa penosa scena ci dice subito che però c’è un’ultima possibilità perché esiste anche un’altra compagnia aerea che collega Exuma a Nassau e che ha un volo il martedì mattina: l’Exuma Travel Service i cui uffici sono dall’altra parte della strada. Ci invita ad andarci subito perché gli uffici stanno chiudendo. E infatti appena arriviamo l’ufficio è già chiuso. Fortunatamente un signore ci vede e ci indica la ragazza che ne è appena uscita. La raggiungiamo e quando ci dice che sul loro volo ci sono ancora dei posti la vorremmo abbracciare. Annota i nostri nomi e rimaniamo d’accordo che ripasseremo il mattino successivo a pagare i biglietti ed a completare la prenotazione. L’abbiamo davvero scampata bella! Con un certo sollievo riprendiamo il nostro giro, questa volta in direzione nord. La strada, diritta, attraversa piccoli centri abitati in cui le case sono sempre basse e coloratissime. Prima di raggiungere l’estremità settentrionale arriviamo nei pressi dell’hotel Four Season: è molto deludente vedere come un hotel così rinomato abbia costruito delle piccole palazzine anziché dei bungalow sulla spiaggia. Intorno all’hotel c’e’ un campo da golf, davvero suggestivo e molto curato, con diversi laghetti, il più bel campo da golf che abbiamo mai visto. Proseguendo ancora verso nord si raggiunge la parte più povera dell’isola. Ad un certo punto arriviamo al mare e notiamo un gigantesco cimitero di conchiglie: due vere e proprie montagne di Conch vuote che saranno state alte circa 4 metri e con una base di 3 metri di diametro, praticamente migliaia di “scheletri”! Ci fermiamo solo pochi secondi ad osservare perché ci sono decine di mosche e zanzare e comunque non è un gran bel vedere! Nel ritornare indietro Stefano si intestardisce a voler fotografare a tutti i costi il tramonto dal mare e, dopo aver sbagliato strada diverse volte, ci infiliamo in una stradina sterrata che si insinua per chilometri (12, li conteremo al ritorno!) all’interno di una fitta vegetazione. Riusciamo ad arrivare sulla costa ovest proprio mentre il sole sta tramontando, ma dopo tanta fatica non riusciamo nemmeno a fare una foto perché il tramonto è davvero deludente, con delle nuvole che coprono l’orizzonte! Siamo stati informati che il sabato sera la cucina dell’albergo è chiusa e, dopo aver consultato la nostra preziosa guida scopriamo che a circa 3 km dal nostro albergo c’è un ristorante, l’Iva Bowe’s Inn, che viene segnalato per la bontà dei piatti. L’interno è piuttosto spartano per non dire brutto, e l’aria condizionata è talmente forte da farci sentire più al Polo Nord che alle Bahamas, ordiniamo dei tagliolini con l’aragosta, buoni, ma con quello che costavano speravamo in qualcosa di meglio!
Il giorno successivo, dopo aver riportato indietro l’auto in aeroporto, lo passiamo oziando sulla bella spiaggia bianca davanti ad un mare turchese. Al pomeriggio decidiamo di andare a camminare lungo la lunghissima spiaggia.Exuma Facciamo alcuni chilometri, ma la spiaggia sembra non finire mai, ed in effetti avremmo potuto proseguire ancora se non fossimo stati ormai stanchi. Al ritorno ci aspetta una brutta sorpresa: mentre stiamo passeggiando tranquillamente sulla riva del mare, un orrendo cagnaccio esce dal cortile di una casa lontana e si mette a seguirci abbaiando furiosamente in modo tutt’altro che amichevole e, soprattutto, ringhiandoci contro.
Essere in costume da bagno senza difese di fronte ad un brutto cane ringhioso non è mai stato in cima ai miei sogni, tant’è che mi sono sentita davvero le gambe molli quando ho visto che anche Stefano, che di solito è molto compassato, mostrava evidenti segni di nervosismo. Con una pelle d’oca alta ormai qualche centimetro e facendo finta di niente, continuiamo a camminare, ma il cane torna indietro, per fortuna senza azzannarci, solo dopo qualche centinaio di metri. Arrivati illesi davanti al nostro albergo decidiamo quindi di non muoverci più e di restare a prendere il sole fino all’ora di cena. Cena che si rivela davvero economica, squisita e superabbondante con Conch, insalata mista e…uno sformato di penne che avrebbe potuto far concorrenza a quello di un ristorante italiano!
Siamo arrivati all’ultimo giorno: l’esperienza del giorno precedente col cagnaccio ha fiaccato la nostra volontà di muoverci, anche se la giornata è bella ma troppo ventosa e non si sta molto bene stesi in spiaggia. Verso mezzogiorno inizia un raduno di ragazzi a pochi metri dal nostro albergo: hanno portato musica e bibite e un po’ alla volta cominciano ad arrivare un bel po’ di automobili! In breve la nostra spiaggia deserta si riempie di persone e di bambini che giocano in mare. Un ragazzo ci si avvicina e ci chiede da dove veniamo. Ci dice di averci notati due giorni prima quando eravamo in giro con l’auto. Si stupisce un po’ perché secondo lui non siamo proprio “bianchi”, dato che, fortunatamente, siamo ormai abbronzati, e questa cosa ci lusinga molto! All’ora di cena ci aspetta una sorpresa: la cucina è chiusa ma questa volta nessuno ci ha avvisato in tempo e, soprattutto, siamo senza auto! La nostra delusione mista a disperazione per la fame deve essere palpabile perché l’anziana signora che ce lo comunica, cortese anche lei come tutti i Bahamiani, si offre, comunque, di prepararci un panino e, superando anche le nostre più rosee aspettative si presenta con un bel club sandwich a testa con patatine fritte!
La partenza avviene per fortuna senza disguidi: solo da Miami il nostro aereo parte con un’ora e mezza di ritardo a causa di un forte nubifragio che ha bloccato per due ore l’aeroporto. Bye bye fantastiche Bahamas, speriamo di rivederci un giorno non troppo lontano…
Una curiosità: durante tutta la vacanza non abbiamo incontrato nessun Italiano.Exuma
 

COSA CI E’ PIACIUTO:

1. Il paesaggio: bellissimo e selvaggio ed il mare incantevole.
2. La popolazione: persone TUTTE gentilissime, ti aiutano in ogni modo, non cercano di appiopparti niente e ti senti considerato uno di loro, non un turista. Non si può non trovarsi bene, eravamo stati colpiti dai Polinesiani ma loro sono forse ancora migliori.
3. Il clima: tempo sempre meraviglioso e niente umidità. Ovviamente questo è il tempo che abbiamo trovato noi durante il periodo della nostra vacanza, nella stagione umida credo che le cose cambino molto. Kingsley ci ha detto che la stagione umida inizia a Maggio, finisce a Novembre e di solito piove spesso, ma non tutta la giornata, ci sono degli acquazzoni ma poi esce sempre il sole. Ricordiamo però che stagione umida non significa solamente pioggia, significa anche maggiore umidità e quindi afa, zanzare e mosquitos, inoltre, i mesi da Agosto a Novembre sono considerati a rischio di cicloni.

COSA NON CI E’ PIACIUTO:

1. L’organizzazione dei voli interni: non si riesce a visitare molte isole se non spendendo una fortuna in voli charter o buttando via un sacco di tempo per tornare ogni volta a Nassau.E’ davvero un peccato!
2. Lo scarso rispetto per l’ambiente in alcuni posti: su alcune spiagge si trovano bottiglie sia in vetro che in plastica. Chi ce le ha lasciate? E, se sono state portate dal mare, chi ce le ha buttate in mare?
3. L’isola principale con l’annessa terribile Paradise Island, non capiamo proprio come si fa a trovarla bella e ad andarci in vacanza! Evidentemente “de gustibus…”.