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AUSTRALIA – Outback 4×4
30
luglio 2004- 27 agosto 2004
di Antonio
Taddia e Gloria Monaco
[email protected]
Quest’ estate abbiamo scelto come
meta un paese che assomiglia piu’ ad un continente, un’ enorme isola posta
fra due oceani, quello Indiano e quello Pacifico, grande una volta e mezzo
l’ intera Europa: l’ Australia !!
La visiteremo nel nostro solito
modo: in solitaria ed a bordo di un mezzo noleggiato; ne scopriremo soprattutto
le zone remote, tralasciando per questa volta le grandi metropoli per prediligere
le distese semi desertiche dell’ outback, ovvero l’ entroterra del paese.
Non vedremo mai il mare, sebbene sia in alcuni punti magnifico; vivremo
un’ avventura tra le piu’ selvagge che ci sia mai capitato di vivere !
Abbiamo scelto di non prendere mai
voli interni bensi’ di spostarci, per tutto il mese di permanenza in questa
terra, a bordo di un unico mezzo, un piccolo camper con quattro ruote motrici,
che ci consentira’ di muoverci senza problemi ed in assoluta autonomia
sulle numerosissime e spettacolari piste di terra e sabbia. Il “camper-bush”
della compagnia BRITZ e’ dotato di: frigorifero, cucina, un letto a due
piazze, un secondo letto singolo, un serbatoio per l’ acqua da 50 litri,
due serbatoi per il gasolio con un’ autonomia complessiva di circa 1000
km, aria condizionata. In piu’ noi abbiamo scelto di noleggiare un tavolino,
due sedie, un kit di sicurezza comprensivo di: pala, cinghia di traino,
un dispositivo radio da usare in caso di effettiva e grave necessita’.
Abbiamo scelto di visitare un’ area
non troppo vasta, a cavallo fra due “regioni”: il Northern Territory, dove
visiteremo il Top End, ovvero la parte piu’ settentrionale ed il Red Center,
e l’ Western Australia, dove ci concentreremo sul Kimberly.
L’ organizzazione del viaggio e’
stata lunga e minuziosa, tanti i contatti con agenzie di noleggio auto
per scegliere la soluzione migliore, molte ore passate sulle mappe fatte
arrivare direttamente da la’ per trascrivervi i punti gps dei luoghi scelti
(un grazie di cuore a Claudio per averci aiutato in questo senso !), molte
anche le ore passate a tradurre dall’ inglese l’ unica versione di guida
Lonely Planet sull’ Outback australiano ! Alla fine e’ tutto pronto: pagata
la caparra per il camper, pagato il biglietto aereo con la compagnia di
bandiera australiana, la Qantas, pronta tutta la documentazione cartacea
relativa alle burocrazie ed al viaggio stesso. Non ci resta che preparare
le valigie !!
Venerdi’ 30 Luglio 2004
Ci imbarchiamo sul volo Lufthansa
diretto a Francoforte: abbiamo con noi due bagagli a mano e tre bagagli
in stiva. In Germania ci imbarchiamo sull’ enorme Boeing 747 della Qantas
diretto a Singapore.
Sabato 31 Luglio
Atterriamo a Singapore e ci sgranchiamo
le gambe stanche dal lungo volo nello splendido aeroporto malesiano. Alle
22 ci imbarchiamo nuovamente su un altro aereo della Qantas diretto a Darwin,
sulla costa settentrionale dell’ Australia !
Domenica 1 Agosto
Atterriamo alle 4 del mattino nel
piccolo aeroporto ancora addormentato. I controlli cui veniamo sottoposti
sono esasperanti, lunghe code per passare tutti i bagagli sotto ai raggi
X. Per fortuna sul modulo che ci hanno fatto compilare prima dell’ atterraggio
abbiamo dichiarato di avere con noi del cibo (buste Knorr e frutta secca
sigillata), altrimenti, se non lo dichiaravamo e lo scoprivano da soli
ai raggi X, scattava una super multa !!
Finalmente superiamo la “barriera”
della dogana e ci disponiamo all’ attesa delle prime luci dell’ alba.
Quando il nuovo giorno nasce, usciamo
dall’ aeroporto e subito veniamo investiti da un’ aria fragrante di profumi
tropicali che improvvisamente ci fa dimenticare le fatiche del viaggio:
siamo arrivati !!!
Un taxi ci accompagna davanti alla
sede della Britz, ancora chiusa. Ci aggiriamo felici fra i vari mezzi parcheggiati
nel cortile ampio, in attesa di essere presi a noleggio.
Finalmente gli uffici aprono ed
inizia la burocrazia per poter diventare temporanei “proprietari” del bel
camper-bush Toyota Land Cruiser pronto per noi ! Alle 9 e 30 siamo alle
prese con le norme stradali di un paese dove si guida a sinistra; ci fermiamo
a fare spesa in un supermercato miracolosamente aperto la domenica, riempiamo
il secondo serbatoio di gasolio, scambiamo un po’ di euro in dollari australiani,
facciamo rifornimento di bottigliette di birra australiana in un negozio
che ha la licenza per vendere alcoolici (non si trovano infatti nei supermercati!)….
e siamo pronti per dare inizio alla nostra avventura australiana !!
Ci immettiamo sull’ asfaltata Stuart
Highway e ne percorriamo un pezzo in direzione Alice Spring. Dopo alcuni
km la abbandoniamo per dirigerci verso nord e verso il parco nazionale
del Kakadu.
All’ una ci fermiamo lungo la strada
per pranzare in un luogo a dir poco pazzesco: e’ pieno di omoni che bevono
molte birre, ridono paonazzi in volto e seguono una corsa di cavalli sullo
schermo di una piccola televisione. Al bancone sono appoggiati singolari
personaggi dagli enormi cappelli e dalle lunghe barbe; tu ordini, paghi,
poi ti siedi ed aspetti che una voce femminile all’ altoparlante gridi
il numero del bigliettino che ti hanno dato ! Quando Taddy si e’ presentato
con un piatto con sopra un hamburger alto 20 cm e con dentro davvero di
tutto, gli omoni di prima si sono sbellicati dalle risate notando l’ espressione
stupita del turista. muovendo un’ ilarita’ generale che ha naturalmente
conquistato subito anche noi !!! Abbiamo iniziato cosi’ a conoscere la
gente di questo paese, che si rivelera’ sempre piu’ cordiale e disponibile
nei nostri confronti !
Proseguiamo il viaggio sull’ asfalto,
fino all’ ingresso del parco del Kakadu. E’ bene ricordare che, per entrare
in questo parco, e’ necessario avere con se’ il permesso: noi l’ abbiamo
comprato in aeroporto a Darwin ed ha una durata di tre giorni.
Imbocchiamo dunque la pista di terra
chiamata Old Jim Jim Road che ci piace fin da subito. Il colore dominante
e’ il rosso tutto circondato dal verde della boscaglia ai due lati della
pista.
Sono evidenti i segni di incendi vecchi e recenti, quasi tutti gli alberini
hanno il tronco nero fino ad una certa altezza ma continuano a vivere.
Il momento piu’ drammatico e’ stato quando, lasciata la pista principale
per poche centinaia di metri in direzione di una piccola pozza acquitrinosa
con annessa area di campeggio, gli occhi ci sono caduti su di un grosso
tronco steso a terra che ancora fumava e chissa’ per quanto ancora avrebbe
fumato, un’ anima di fuoco che lo divorava inesorabilmente nel cuore ……
Abbiamo letto che gli incendi nell’
outback sono molto frequenti durante tutta la stagione secca (ovvero questa,
che va da maggio ad ottobre) ma sono generalmente di scarsa durata perche’
il fuoco non trova quasi mai troppo combustibile, poiche’ e’ gia’ bruciato
in precedenza! Cio’ non toglie che ogni anno le fiamme provochino danni
considerevoli alla fauna ed alla flora del continente. Spesso abbiamo trovato,
presso i distributori di carburante o nei paesini, dei volantini con informazioni
utili nel caso ci si trovi immischiati in un incendio. Per fortuna a noi
non capitera’ !
Lungo la pista incontriamo pochissime
auto, per il resto il mondo che ci circonda e’ di una selvaggezza unica.
Il parco si presenta come una distesa verdissima di alberini bassi dai
tronchi chiari, distese di erba secca e pozze d’ acqua dove nuotano schiamazzando
numerosi uccelli. Giungiamo al guado sul South Alligator (quante volte
a casa abbiamo letto questo nome e la nostra immaginazione correva a cercare
di indovinare com’ era questo fiume …. finalmente eccolo davanti ai nostri
occhi, piu’ bello di ogni previsione !!) e qui prendiamo, prima di attraversarlo,
una pista a sinistra diretta al “camping – bush” scelto per questa nostra
prima notte australiana.
Si chiama Alligator Billabong ed
arriviamo al bel cartello di legno, che bene si mimetizza con la vegetazione
circostante, sul far del tramonto. La luce splendida e l’ emozione di essere
qui, persi in un mondo arcaico e selvaggio, fanno di questo posto un posto
davvero magico: siamo sul bordo di una grande pozza dalle acque blu intenso
e, cenando con un risotto Knorr, osserviamo increduli l’ alba di una splendida
luna piena …..
Lunedi’ 2 Agosto
La notte e’ stata piena di zanzare
assatanate ma, al nostro risveglio, ci attende una scena meravigliosa:
una sottile nebbia bassa baciata dai primi timidi raggi di sole ricopre
ogni cosa mentre il cinguettio felice di decine di pennuti pronti ad iniziare
una nuova giornata nel bush australiano si espande tutto intorno a noi
in un crescendo favoloso! Anche noi siamo pronti …. per una buona colazione
a base di caffe’ caldo e biscotti !
Questa notte, a circa mezzo km da
noi, ha dormito una famiglia di australiani di Darwin e, prima di riprendere
il viaggio, ne facciamo la conoscenza. Hanno allestito un vero e proprio
accampamento e gli uomini di famiglia sono usciti in barca per andare a
pescare: queste sono le loro vacanze…. che meraviglia !
Partiamo lungo la pista e in un
paio d’ ore incontriamo solo tre auto e due piccoli canguri che ci hanno
attraversato saltellando velocissimi la pista. Arriviamo sull’ asfalto
e lo seguiamo in direzione Jabiru.
Giungiamo qui verso mezzogiorno,
facciamo gasolio, pranziamo in un take away gestito da cinesi e prenotiamo
la crociera sullo Yellow Water River per domani. Fa molto caldo.
Continuiamo quindi sull’ asfalto,
fino all’ imbocco della pista senza uscita diretta alle cascate Jim Jim
e Twin. Inizialmente larga e piuttosto veloce, la pista si trasforma come
per incanto in due sole tracce parallele: e’ proprio questo il tipo di
pista che preferiamo e ce la gustiamo ben bene. Sarebbe bello avere il
tempo per visitare tutte e due le cascate, ma purtroppo il pomeriggio e’
ormai inoltrato e la pista per le Twin Falls e’ troppo lunga; ci fermiamo
allora al parcheggio per le Jim Jim Falls ed iniziamo la camminata. Sono
le 16 e da queste parti il sole tramonta presto cosi’ avremo poco tempo
per goderci la bellissima ed inaspettata spiaggetta candida alla base delle
cascate, che compiono un salto di circa 200 metri ma che in questo periodo
dell’ anno sono prive d’ acqua. E’ molto bello anche tutto il sentiero
per raggiungerla; in totale siamo stati via 1 ora e quaranta minuti. Ci
resta giusto il tempo per percorrere al contrario la bella pista di prima
ed arriviamo al campeggino Garnamarr al tramonto. Qui c’e’ l’ acqua calda
nei bagni (scaldata dai pannelli solari, tutto all’ insegna dell’ ecologia
… sono forti questi australiani !!) e ne approfittiamo per fare una bella
doccia, lusso che non sempre ci permetteremo !!
Ceniamo con un risotto Knorr dopo
aver pagato 5,40 AUD a testa al gestore del campeggio che passa a piedi
da ciascun campeggiatore.

Martedi’ 3 Agosto
Sveglia alle 7, colazione, riordino
del camper-bush. Partiamo alle 8 e 30; meta di oggi e’ il lodge Yellow
Water sul fiume omonimo, nelle acque del quale faremo una breve crociera.
Arriviamo alle 11 e 30 dopo aver percorso una strada asfaltata piuttosto
frequentata (una ventina di auto in tre ore !!). Saliamo a bordo di una
specie di grande battello e partiamo sotto un sole implacabile. Il fiume
si presenta come un magnifico habitat naturale, paradiso per decine di
diverse specie di uccelli. Purtroppo il caldo tiene nascosti la maggior
parte degli animali ma riusciamo a vedere alcune maestose aquile che ci
osservano dall’ alto scorrere lenti sotto di loro, un nido con due aquilotti,
diversi candidi trampolieri, minuscoli martin pescatori. Stesi immobili
sulle rive fangose si scorgono alcuni begli esemplari di coccodrillo. L’
escursione e’ durata circa un’ ora e mezzo.
Dopo un pranzetto a base di insalata
con pollo e scaglie di formaggio al lodge Yellow Water, riprendiamo la
strada asfaltata, abbandonandola a livello dell’ incrocio con la pista
che, in circa 37 km, conduce alle cascate Gunlom. Anche qui non c’e’ acqua
nella cascata, mentre un bel lago alla base del salto ci accoglie nelle
ultime ore di luce. Qui sono state girate alcune scene di “Mr. Crocodile
Dundee” e sempre qui c’e’ un campeggio dove ci fermiamo questa notte.
Cena con risotto Knorr davanti ad
un bel fuoco.
Mercoledi’ 4 Agosto
Torniamo sull’ asfalto e lo seguiamo
per molti km. Verso le 11 siamo a Pine Creek, un villaggio piu’ che un
paese, caratterizzato da una ampia arteria principale con basse casette
colorate ai lati. Quanto spazio hanno gli australiani….. persino nei
paesi stanno belli larghi! Facciamo rifornimento di gasolio (e’ buona norma
riempire i serbatoi ogni qual volta ne capiti l’ occasione, poiche’ spesso
le distanze da coprire sono enormi), alimentari, succhi di frutta. Scopriamo
anche una cosa interessante ed indice di una societa’ molto civile: il
caffe’ “free for drivers”, ovvero il caffe’ che viene offerto gratuitamente
a tutti coloro che sono alla guida della propria auto e si trovano a passare
da un distributore di carburante!! Sorridiamo pensando che da noi, anziche’
regalarlo, lo farebbero pagare un sacco di soldi!!
Ripartiamo e dopo un’ oretta entriamo
a Catherine, famosa per le sue gole. Noi pero’ non ci fermiamo a visitarle,
preferendo proseguire oltre. Ma approfittiamo di questo “grande” centro
urbano per cambiare altri euro presso una banca. Nell’ attraversare la
strada, ci accorgiamo di un’ altra caratteristica di civilta’ del popolo
australiano: tutti si fermano per cedere il passo ai pedoni!! E’ una cosa
incredibile e divertente: attraversiamo due o tre volte la strada senza
motivo solo per vedere le auto che immancabilmente si fermano per farci
passare….!!!
L’ atmosfera di questi centri urbani
e’ tranquilla e rilassata, niente rumori, niente musica, tutti camminano
con calma. Incrociamo molti aborigeni scalzi e ci facciamo mille domande
su di loro, ma avremo modo di approfondire piu’ avanti questo aspetto della
societa’ australiana. Per il momento torniamo a macinare km di asfalto,
fermandoci in un’ area adibita alla sosta per mettere qualcosa sotto i
denti. Grande calura e migliaia di mosche.
Nel pomeriggio arriviamo al bivio
con la pista per Bullita ed entriamo in un nuovo parco: il Gregory National
Park. Ai lati della pista ci sono splendidi esemplari di baobab, i cui
tronchi levigati si accendono di colore alla bella luce serale. Giungiamo
al campeggio sul far del buio.
Campeggio. Come si fa a definire
campeggio il posto in cui siamo appena giunti? Cerchero’ di descriverlo
bene: lungo la pista principale, ad un certo punto troviamo un cartello
di legno che cita “camp area”, con una freccina verso sinistra. Seguiamo
allora questa nuova piccola pista ed in breve arriviamo in vista di un
magnifico boschetto di baobab affusolati, alti e scuri. Qui, la pista compie
un anello che muore torcendosi su se stesso. Lungo questo anello, internamente
ed esternamente, ci sono delle aree pianeggianti delimitate da bassi tronchetti
di legno: sono le piazzole. Ogni piazzola (in questo campeggio ce ne sono
circa otto, ma possono essere anche meno!) e’ provvista di un braciere
dove poter cuocere le bistecche (gli australiani ne vanno matti e talvolta
si sentono certi odorini….). Tutto intorno c’e’ solo natura, silenzio
(rotto solo dagli uccelli che si stanno preparando per la notte) e, di
norma, una o due auto di australiani discreti e silenziosissimi.Si intravedono
anche, nella vegetazione, tre piccole strutture di metallo verde: una e’
la toilette, mai trovata sporca e sempre provvista di carta igienica (che
ci si deve portare dietro perche’ non ci sono ovviamente le fognature ma
solo un profondo buco, dove e’ meglio non lasciare carta). La seconda e’
una cisterna di raccolta dell’ acqua piovana, da cui ogni campeggiatore
puo’ attingere per riempire il proprio serbatoio. La terza struttura, molto
piu’ piccola delle altre, e’ una colonnina alta da terra solo un metro.
Sulla sommita’ di questa colonnina si trova una cassettina metallica, sul
coperchio della quale si legge il tariffario del campeggio: adulti 3 AUD,
bambini 2 AUD. Sollevando il coperchio si scopre il contenuto: una serie
di buste di carta da compilare coi propri dati, riempire coi soldi e rimettere,
chiuse, di nuovo dentro alla cassettina. Ne deduciamo che ogni tanto passeranno
le guardie del parco per ritirare i soldi che i campeggiatori hanno lasciato.
Incredibile! Sorridiamo amaramente pensando che da noi una cosa cosi’ non
potrebbe mai e poi mai funzionare……… Forza di una societa’ sana e
benestante che si puo’ permettere il lusso di mettere in cima ad ogni altro
problema la salvaguardia dell’ ambiente, basandosi sul rispetto e sulla
lealta’ di tutti i cittadini………..
Giovedi’ 5 Agosto
Questa
notte ho ingenuamente lasciato fuori dal camper il sacchetto dei rifiuti,
pensando che nessun animale si potesse aggirare nei dintorni dato il silenzio
maestoso che regnava durante la cena. Grave errore! Alla mattina, naturalmente,
il sacchetto era sparito! Che brutto pensare di aver sporcato questo posto
cosi’ lindo e selvaggio con bottiglie di birra e cartacce varie. Ho dato
la colpa ad alcuni grossi corvi neri come la pece che ci scrutavano dall’
alto dei rami, emettendo suoni tremendi dai becchi gialli. Ma ho capito
tutto quando ho scorto in mezzo all’ erba alta le orecchie di un piccolo
dingo che mi osservava immobile. A pochi metri da lui, il mio sacchetto
smembrato e ripulito da ogni particella commestibile!!! Meno male! Mentre
il dingo si allontanava trotterellando, ho recuperato tutti i rifiuti,
ancora una volta sorridendo per la mia ingenuita’!
E’ tempo di ripartire, dopo aver
pagato e fatto il pieno d’ acqua al camper.
Dopo una rapida visita alla deserta
homestead di Bullita, sede dei ranger del parco che vengono qui solo un
giorno alla settimana, imbocchiamo l’ Humbert Track, una pista che attraversa
per il lungo, da nord a sud, questo piccolo parco. C’e’ un’ altra pista
che parte da qui ed e’ piu’ famosa e frequentata; si tratta della Bullita
Stock Route, che compie un anello e torna qui. Ma noi vogliamo attraversarlo
tutto il Gregory N. P. e cosi’ partiamo lungo questa pista che si rivelera’
splendida!
Dappertutto abbiamo letto che e’
consigliabile avere con se’ due ruote di scorta, una buona quantita’ d’
acqua, di viveri, di carburante; si consiglia anche di viaggiare almeno
in coppia, di registrarsi all’ inizio del percorso e di de-registrarsi
alla fine dello stesso. Anche questa volta gli australiani ci hanno dato
esempio di grande organizzazione: registrarsi all’ inizio del percorso,
infatti, significa comporre un numero di telefono, lasciare i dati della
propria auto, dichiarare in quanti giorni si pensa di compiere l’ intera
attraversata del parco. De-registrarsi significa invece telefonare allo
stesso numero quando si e’ usciti dal parco; se entro 24 ore dalla data
supposta per la fine del percorso non viene effettuata tale de-registrazione…..
partono i soccorsi che vi vengono a cercare!!!!!
Noi, abituati all’ Africa, abbiamo
ritenuto tale scrupolo un po’ eccessivo ed abbiamo deciso di risparmiare
i 15 AUD necessari per attivare il servizio! Non abbiamo per fortuna dovuto
pentircene!!
La pista corre in pianura ed attraversa
distese di erba gialla punteggiata da termitai rossi, talvolta si incontra
qualche baobab o qualche boschetto che pare fatato per la luce bellissima;
stupendi cespugli dai rami carichi di fiori gialli si stagliano sul cielo
perfettamente blu.
Ogni tanto la nosta attenzione viene
attirata da un cartello che cita: “Attenzione: Luogo aborigeno sacro” oppure:
“Luogo aborigeno di cerimonie”e la cosa ci affascina, soprattutto perche’
questi posti paiono ai nostri occhi profani identici a quelli dei dintorni,
mentre per “la gente” (cosi’ si definisce il popolo aborigeno australiano)
assumono significati importanti e misteriosi!
La pista non e’ difficile ed in
alcuni punti si riduce a due sole tracce parallele e ci da’ maggiormente
l’ impressione di essere fuori dal mondo! La terra su cui viaggiamo muta
spesso colore per la gioia dei nostri occhi: ora e’ bianca, ora e’ arancione,
poi rossa quindi grigia e cosi’ via, in un arcobaleno indimenticabile!
Ogni tanto una freccina azzurra
ci dice che siamo sulla traccia giusta e, se segnali di questo tipo non
sono fondamentali seguendo la pista (non ci sono bivi per cui diventa praticamente
impossibile sbagliare!), diventano invece assai importanti in prossimita’
dei guadi con acqua. Se non le si segue si puo’ infatti finire in profondi
buchi nascosti dalle acque in movimento!
Quando ci fermiamo ed anche il motore
della Toyota tace, il solo rumore che sentiamo e’ quello delle mosche che
immancabilmente arrivano a “ripulirci” il viso! La calma e’ totale.
Ogni tanto si guada un fiume, talvolta
in secca e talvolta con acqua. E’ bene affrontarli tutti con una velocita’
ridotta per evitare qualsiasi danno al mezzo e possibili errori di valutazione.
Uno in particolare merita di essere
raccontato. La pista scende nel letto del fiume gradualmente ed il fondo
da terroso si fa roccioso, di una bella roccia scura e liscia. La pendenza
non e’ solo verso il basso ma anche verso la sinistra del Toyota che, essendo
piuttosto alto, potrebbe anche ribaltarsi (evenienza piuttosto remota ma
anche piuttosto impressionante!!) cosicche’ procediamo con estrema cautela.
Alcuni gradoni complicano ulteriormente l’ avanzata ma non c’e’ pericolo:
basta saper controllare il mezzo andando veramente piano! Quando arriviamo
all’ acqua non vediamo piu’ le freccine azzurre, cosi’ scendiamo per cercarle,
scrutando dall’ altra parte del corso d’ acqua che non e’ largo ma e’ piuttosto
pieno. La tranquillita’ che si gode qui vicino all’ acqua e’ carica di
tensione: i fiumi australiani sono infatti ricchi di coccodrilli, che possono
anche diventare pericolosi per l’ uomo. Ci soffermiamo qualche tempo in
piu’ dopo aver scorto la freccina, quasi paralizzati dall’ adrenalina che
ci sale lentamente parlando dei coccodrilli proprio qui, nel loro habitat
naturale!
Ci fermiamo a mangiare qualcosa
su una bella distesa fluviale assolutamente candida e piatta. Fa un caldo
micidiale.
Nel pomeriggio incontriamo qualche
tratto di pista un po’ piu’ impegnativo ed un altro bel guado, immerso
in un bosco dagli alberi particolarmente alti e dai tronche chiari. Superato
questo, ci si trova in poco tempo in prossimita’ di un bivio: a sinistra
l’ Humbert track esce dal parco, a destra inizia l’ Witharch track che
prosegue l’ attraversata del parco. Teniamo la destra ed in breve passiamo
accanto ad un’ area di campeggio: sono solo le tre cosi’ decidiamo di andare
avanti ancora un po’. Il panorama inizia a mutare, sollevandosi in dolci
colline addossate le une alle altre, verdissime di bassa vegetazione. I
loro nomi variano a seconda della loro forma: “tent hills” se sono a punta,
“mesa hills” se hanno la punta mozzata e dunque la sommita’ pianeggiante.
Ci troviamo ad attraversare infatti la “Mesa and Tent hills valley”.
Si avvicinano le ore serali e la
luce e’ sempre piu’ bella: sono le cinque quando risaliamo il fianco di
un piccolo altipiano che ha un nome molto azzeccato: “Jump up”! Da quassu’
la vista sulla valle appena attraversata e’ davvero mozzafiato ed una vocina
interiore ci dice…… dormite qui…….dormite qui……. Decidiamo
di darle retta e parcheggiamo il Toyota al lato della pista. In silenzio
ci godiamo questa magica solitudine ed i nostri occhi scorrono la valle
ai nostri piedi quasi non riuscissero a convincersi che non c’e’ assolutamente
nessuno a parte noi due nel raggio di chissa’ quanti chilometri…….
Vi assicuro che e’ stata un’ emozione incredibile! Dominare dall’ alto
un mondo perduto dalla bellezza struggente, dove l’ unica vera padrona
e’ la natura………
La luce cala in fretta e ben presto
ci troviamo immersi in un’ oscurita’ totale. Mille stelle brillano sulle
nostre teste. Ceniamo alla blanda luce di una torcia che penzola dall’
alto e poi ci ritiriamo nel camper.
Quando anche la torcia si spegne
sembra di essere diventati improvvisamente ciechi…………

Venerdi’ 6 Agosto
Alba sul Jump up. La vista torna
lentamente ai nostri occhi ed il colore dominante e’ il verde. Non si vede
ovviamente anima viva. Pace assoluta.
Con le mani attorno alla nostra
tazza di caffe’ ci guardiamo negli occhi: ci dispiace andar via! Ma la
voglia di scoprire cosa c’e’ oltre la curva ci rianima e ben presto siamo
nuovamente pronti a metterci in marcia.
Scendiamo dal Jump up e la pista
e’ lenta. Incontriamo due animali: un enorme toro grigio che si toglie
svogliatamente dalla pista per farci passare, ed un cammello! Questo animale
fu portato in Australia dagli europei per aiutare gli uomini di allora
nei duri lavori; quando e’ stato sostituito dai mezzi a motore, fu liberato
e lui, molto resistente ed adattabile, si e’ immediatamente trovato a suo
agio nella nuova vita allo stato brado. Ne incontreremo altri, solitari,
in giro per l’ outback.
Lentamente ci avviciniamo al confine
meridionale del parco e nel frattempo, dopo un altro bel guado, la pista
ha ancora mutato nome: Gibbie track.
Usciamo infine dal Gregory N. P.
per entrare nella piu’ vasta tenuta mai vista in vita nostra: quella di
Mt. Sanford. Enormi recinti con una quantita’ inverosimile di mucche e
cavalli, moltissimi cancelli da aprire e richiudere, nessuno per strada
ed una pista cosi’ piatta e dritta da diventare persino noiosa! Non so
quanti chilometri abbiamo percorso prima di uscire dalla tenuta, ma quando
abbiamo raggiunto il cuore della stessa, ovvero la “fattoria”, abbiamo
capito l’ isolamento in cui si trova!! Una bella casa grande e bassa, con
intorno un bel praticello verdissimo sempre bagnato da instancabili spruzzini
ruotanti, nessuno in giro come di consueto! Ad un certo punto sentiamo
un rumore avvicinarsi ed alziamo gli occhi al cielo perche’ da la’ proviene.
Sta arrivando un elicottero che atterra, un uomo scende quasi al volo,
posa poco distante un sacco marroncino, risale ed in fretta riparte. Tutto
si e’ consumato nel giro di forse due minuti! Era il postino! Qui funziona
cosi’! Le distanze sono talmente vaste che non ci sono alternative. D’altra
parte la societa’ australiana e’ ricca e si puo’ permettere un servizio
del genere, assolutamente impensabile per esempio in Africa, dove pure
si possono trovare distanze cosi’ grandi. Ma mai come qui, credo. Mai visto
posti cosi’ sperduti, disabitati, selvaggi! Anche nel Sahara e’ diverso:
ogni tanto passa un tuareg a cammello o si incontra un pozzo con qualcuno
che tira su l’ acqua……. qui niente, niente, niente per centinaia di
chilometri !!!!
Lungo l’ interminabile pista di
questo pomeriggio sfiliamo accanto ad una comunita’ aborigena, Dongaragu.
Queste comunita’ non sono visitabili, se non col possesso di uno specifico
permesso per altro da richiedere molto tempo prima di intraprendere il
viaggio e piuttosto difficile da ottenere. Solo se si conosce qualcuno
che vi lavora o vi abita si puo’ sperare di ottenere il permesso, in mancanza
del quale ci si deve limitare a guardare da lontano il villaggio o ad entrarvi
esclusivamente per fare rifornimento di carburante e viveri. In qualche
comunita’ c’e’ una “art gallery” che si puo’ visitare senza permessi.
Verso la fine della giornata mettiamo
le ruote sull’ asfalto della Buntine hwy ed arriviamo in breve a Kalkaringi;
segnato sulla nostra mappa con un bel puntone vistoso, nella realta’ si
presenta come un benzinaio con annessi minimarket e take away (che naturalmente
chiude i battenti quando arriviamo noi, ovvero alle cinque, costringendoci
a cenare con un ennesimo risotto Knorr!!!). Sul retro del benzinaio sono
adagiate le baracche in lamiera di una piccola comunita’ aborigena mentre
di lato si apre, dietro un cancello perennemente aperto, un campeggio con
corrente elettrica, bagni puliti, acqua calda e prato morbido.
Siamo stanchi morti e filiamo a
letto subito dopo cena.

Sabato 7 Agosto
Ci svegliamo e ci accorgiamo con
stupore che nella notte si e’ parcheggiata accanto a noi una jeep con a
rimorchio una barca ed una moto da enduro. Si tratta di una giovane coppia
di ragazzi australiani e non capiamo se non li abbiamo sentiti piu’ per
la nostra stanchezza o piu’ per la loro educazione!
Dopo colazione, quando il sole inizia
a scaldare le nostre membra infreddolite, siamo di nuovo seduti al volante
della Toyota; proseguiamo sulla Buntine hwy che diventa ben presto sterrata.
Larga, dritta, rossa, questa pista ci permette un’ andatura piuttosto sostenuta,
intorno ai 70 km orari.
Incontriamo alcuni piste che partono
dalla principale e si portano chissa’ dove nell’ interno: una gomma in
piedi dipinta di bianco o un cartello di legno con un cognome a segnalarle
e basta!
Con il gps capiamo ad un certo punto
di essere in prossimita’ di un bivio che, non segnalato bene, ci condurra’
ad incrociare a nord una nuova pista veloce, la Duncan hwy: si tratta insomma
di una sorta di scorciatoia che ci evitera’ numerosi monotoni chilometri
di Buntine hwy.
La scorciatoia inizia con due tracce
parallele e non troppo marcate che corrono in un boschetto simile a quelli
attraversati gli scorsi giorni. Dopo 30 chilometri, pero’, la pista scende
con decisione verso una vasta vallata che ci fermiamo ad osservare dall’
alto: e’ una meraviglia! Una morbida distesa di erba gialla punteggiata
di verde, movimentata da alcune formazioni di terra-roccia rossissime….
il tutto sotto un cielo azzurro privo di nubi! Pare di dover scorgere da
un momento all’ altro una mandria di bisonti inseguiti da indiani pellerossa
a cavallo!!!
La calma regna invece sovrana ed
anche la famiglia di asinelli che incontriamo poco dopo ci dimostra quanto
la vita da queste parti sia assolutamente tranquilla….
Pranziamo con questa spettacolare
natura sotto gli occhi, tristi solo al pensiero che l’ uomo bianco abbia
scacciato anche da qui il pacifico popolo aborigeno.
Proseguiamo la pista ed entriamo
nella tenuta di Nelson Spring: tanti cancelli da aprire e richiudere finche’
la pista si fa nuovamente monotona e si getta nella Duncan hwy, che qui
e’ piuttosto stretta ed in alcuni punti sabbiosa. Incrociamo ben cinque
vetture, fra cui un lungo road train nei pressi di un guado cementato.
La Duncan hwy termina a T sulla
Victoria hwy e noi andiamo ad ovest verso Kununurra, ma poco dopo deviamo
a nord in direzione del piccolo Keep River National Park, vicinissimo al
confine fra Northern Territory ed Western Australia.
Sono le 5 e 30 quando entriamo nel
parco e dobbiamo affrettarci ad attraversarlo tutto per arrivare con la
luce all’ area di campeggio di Jarrnarm: guidare con il buio aumenta infatti
le possibilita’ di investrire gli animali e noi non vogliamo correre tale
rischio. La pista e’ piuttosto veloce ed in mezz’ oretta copriamo i 28
km che ci separano dalla meta; e’ un peccato non fermarsi a godere degli
splendidi scorci che ci sfilano accanto, falesie dal rosso impressionante
e splendidi baobab. Avremo piu’ tempo domani!
Poiche’ oggi e’ sabato e questo
parco e’ vicino ad una citta’, Kununurra, nell’ area di campeggio ci sono
diverse auto parcheggiate ma la cosa non ci preoccupa: ormai conosciamo
la grande educazione delle famiglie australiane e siamo certi di poter
dormire sonni tranquilli !
Ed i fatti non ci smentiscono: per
tutta la notte regna un silenzio che fa quasi impressione !!!
Domenica 8 Agosto
Oggi e’ in programma un’ escursione
a piedi in questo piccolo gioiello chiamato Keep River. Per non trovare
ressa sul sentiero abbiamo preferito partire molto presto… ma ci sbagliavamo:
lungo tutto il bel percorso, durato dalle 7 e 30 alle 11 e 30, abbiamo
incontrato solo un’ altra coppia ! La scelta di partire presto, ad ogni
modo, si e’ rivelata intelligente almeno per quanto riguarda la temperatura:
alle 10 non si resisteva piu’ dal caldo e quando siamo tornati alla jeep
eravamo mezzi disidratati (non che non avessimo acqua con noi… ma l’
idea di un bel succo di ribes nero ghiacciato giu’ per il garganozzo ci
ha fatto resistere fino al camper !!!).
Il sentiero piu’ lungo del parco
parte con un sentiero in pianura, poi compie un vasto anello risalendo
un panoramico “look out”, quindi ne ridiscende chiudendosi di nuovo sul
sentiero iniziale.
Lo stretto sentiero di terra e sabbia
attraversa inizialmente una distesa di erba gialla e secca, guada una zona
paludosa e poi si avvicina alle formazioni rocciose che rendono famoso
il parco, donandogli anche il curioso nomignolo di “mini Purnululu”. Si
tratta di arenaria stratificata che forma curiosi pinnacoli, grandi cupole
di roccia rossa, interi complessi che assomigliano sorprendentemente a
quelli del piu’ famoso parco del Purnululu, meglio conosciuto come Bungle
Bungle.
Ci troviamo quindi sotto questa
bellissima roccia e guardiamo in alto le fronde delle longilinee palme
che colorano di esotico questa zona dell’ Australia. Ed e’ paragonabile
proprio ad un grande giardino esotico questo piccolo parco, con fiori di
ogni colore e forma, palme alte e basse, cespugli gialli arrampicati sulle
pendici rocciose rosse. Un arcobaleno di colori in un’ atmosfera tranquilla
piena solo di canti di uccelli invisibili.
Lentamente ci allontaniamo dalle
rocce ed attraversiamo una piana di eucalipti in leggera salita; quindi,
la salita si fa improvvisamente piu’ decisa e risale un picco roccioso
sulla cui sommita’ ospita il maestoso “look out”, ovvero il punto piu’
panoramico dell’ intero sentiero. Appena arriviamo in cima una sorpresa
ci attende: un canguro e’ li’ che ci guarda stupito, resta fermo un po’,
poi inizia a saltellare giu’ dalle rocce fermandosi ogni tanto a guardarsi
indietro! Da quassu’ il panorama e’ stupendo e possiamo vedere tutto il
giro che abbiamo fatto, le rocce rosse sotto cui siamo passati col naso
per aria, le palme, i fiori, gli eucalipti. Pace e tranquillita’ regnano
sovrane. Coroniamo il momento con un bell’ autoscatto.
Arriva dopo poco un’ affannata coppia
di australiani con un gps identico al nostro. E’ il preteso per iniziare
una piacevole conversazione, dalla quale capiamo per altro che si tratta
di una coppia in pensione in giro per l’ Australia da qualche mese….
!!! Incontreremo molte altre coppie come questa e capiremo che qui e’ una
cosa del tutto normale, una volta raggiunta l’ agognata pensione, prendere
il proprio camper o la propria tenda e viaggiare l’ Australia in lungo
e in largo !
Tornati al camper siamo pronti per
seguire al contrario la pista fatta di corsa ieri sera: questa volta ci
fermiamo ad osservare meglio ogni cosa e ne approfittiamo anche per andare
a scoprire le pitture rupestri del sito archeologico del parco. Fra la
folta vegetazione si innalza davanti a noi una roccia non molto alta che
corre come un serpentone nel bush. Sotto uno splendido arco di roccia che
si apre a finestra sul bosco circostante, vediamo due emozionanti rappresentazioni
umane della dea madre aborigena: sono situate ad un’ altezza tale che fanno
presupporre l’ utilizzo da parte dell’ artista di una sorta di sgabello
per avvicinarsi alla roccia. Ci sono anche diverse manine dipinte di nero
ed un lungo serpente arcobaleno rossiccio.
Dopo questa piccola puntata nella
storia, lentamente usciamo dal parco e procediamo sull’ asfaltata Victoria
hwy fino a Kununurra, sonnolenta cittadina pulita e silenziosa. Qui facciamo
il solito rifornimento di carburante, cibo, bevande e ci concediamo il
lusso di un piatto asiatico sotto un bel portichetto arieggiato.
Nel pomeriggio riprendiamo la strada
che ci portera’ in breve a superare la “quarantena” ovvero la dogana fra
Northern Territory ed Western Australia. E’ da sapere infatti che alcuni
prodotti non possono entrare nell’ Western Australia se provenienti dal
Northern Territory: frutta e verdura, formaggi, piante o parti di esse,
terra non sono ammessi per motivi di sicurezza, al fine di evitare che
eventuali parassiti presenti sul terreno del Northern Territory entrino
nell’ altro stato con conseguenze gravissime sull’ agricoltura di quest’
ultimo.Altra cosa importante da sapere: l’ orario qui e’ spostato di un’
ora e mezzo indietro rispetto al Northern Territory e cio’ significa che
il sole nasce prima – alle 6 – e tramonta prima – alle 17 e 30 -.
Procediamo decisamente verso la
mitica Gibb River Road, la principale arteria sterrata della zona in cui
ci troviamo ora, il Kimberly. Non incontriamo molte auto neppure qui e
verso sera arriviamo alla deviazione per El Questro. Ancora qualche km
ed entriamo in questo complesso turistico davvero magnifico. Una fermata
“obbligata” per ogni turista che si trova a passare da queste parti ! C’e’
tutto qui: una vera citta’ in mezzo all’ outback… ma ogni cosa e’ fatta
per restare in perfetto equilibrio con la natura circostante e per tale
motivo ci e’ piaciuta tanto! Le costruzioni che accolgono la reception,
il ristorante, i bagni, il bar sono basse e di legno; tutto e’ ordinato
e pulito. Ci sono tre possibilita’ per passare la notte: i bungalow, alcuni
dei quali di gran lusso e per tasche ben gonfie, un campeggio di gruppo
con servizi igienici e docce ed un campeggio lungo il fiume – il Pentecost
river – con piazzole separate e senza servizi. Noi abbiamo optato per quest’
ultimo e cosi’, dopo aver assolto alle pratiche presso la reception, ci
dirigiamo verso l’ unica strada sterrata che percorre El Questro, in direzione
delle piazzole lungo il fiume. La velocita’ e’ bassa sia per il fondo della
pista – necessario un mezzo con 4 ruote motrici – sia per evitare di investire
gli animali – e’ infatti quasi buio – sia ancora per poter controllare
sulla mappa che ci hanno dato alla reception dove siamo esattamente. Dalla
pista partono sulla destra diverse piccole piste che, avvicinandosi al
greto del fiume, conducono alle diverse piazzole, 25 in tutto, ognuna delle
quali e’ identificata da un numero e da un nome. Superata la numero 16,
chiamata EMU, si segue la pista che guada il Pentecost river e ci si porta
cosi’ sulla sponda opposta, dove si segue una pista che, correndo parallela
al fiume, torna indietro verso il cuore di El Questro, senza pero’ raggiungerlo
perche’ e’ senza uscita. Da questa pista scegliamo la prima a destra e
seguiamo le freccine di legno fino alla nostra piazzola, la numero 22,
KITE. In tutto abbiamo impiegato circa 15 minuti per arrivare a destinazione.
E’ bellissimo qui! Il fiume scorre
largo e tranquillo ad un metro e mezzo sotto i nostri piedi, alti alberoni
e baobab disegnano i muri di questa nostra stupenda “stanza”. Due amache
vengono subito tirate per concedere ai nostri corpi stanchi un po’ di riposo
!
Dopo una bella doccia-bush (abbiamo
con noi nel camper una sacca per la doccia che si appende ai rami e da
un comodo rubinetto fa uscire l’ acqua sufficiente per una doccia per entrambi!)
siamo pronti per una seratina romantica. Torniamo molto lentamente verso
la reception ed al bar beviamo un bicchiere di buon vino australiano, alla
bellissima luce di un enorme falo’ alimentato da grandi ciocchi di legno
scoppiettanti. Poi ci spostiamo nel ristorantino: una bella terrazza di
legno che si affaccia sulla riva erbosa del fiume, illuminata da alcuni
faretti. Ci divertiamo ad immaginare questa zona nel periodo delle grandi
piogge: senza dubbio l’ acqua deve arrivare a lambire la struttura portante
che ci sorregge. Ottimo il barramundi, il pesce che in queste acque si
pesca in quantita’.

Lunedi’ 9 Agosto
Alle 6 e 30 c’e’ gia’ un gran sole
e noi abbiamo gia’ fatto colazione. Siamo pronti per partire all’ esplorazione
dell’ area intorno a El Questro. Battezziamo una pista in particolare,
si chiama King River road e compie un anello intorno al massiccio roccioso
di Cockburn Range.
Torniamo verso la Gibb River road,
abbandonata ieri sera per entrare a El Questro, quindi ne seguiamo un pezzo
in direzione est. Dopo circa 11 km troviamo l’ imbocco della King River
road e deviamo cosi’ decisamente verso nord. La pista e’ un “4wd track”,
talvolta piuttosto lento, che corre parallelo al fiume omonimo anche se
noi non lo vediamo mai (forse e’ privo d’ acqua!). Inizialmente si attraversa
una distesa piatta di alberini, poi il panorama si apre e i nostri sguardi
spaziano su una vastissima area sulla nostra sinistra fino a posarsi sul
magnifico complesso roccioso detto Cockburn Range: da una angolazione in
particolare, sembra di essere di fronte ad un immenso castello, coi due
torrioni orlati di infuocate rocce e lunghe mura che corrono da uno all’
altro!! Peccato solo che la pista in realta’ corra piuttosto lontano dalle
rocce e che non ci sia la possibilita’ di avvicinarsi. Sarebbe bello fare
un trekking qui, ma ci rendiamo conto che le distanze sono davvero enormi.
Inoltre… il caldo e’ micidiale!!!
Prima che la pista cambi nome e
direzione, ci imbattiamo in un vero e proprio monumento storico: il “baobab
prigione”. Un imponente esemplare dalla grande apertura nel tronco grigio
a scoprirne il grande ventre vuoto: i baobab, infatti, sono grosse cisterne
piene d’ acqua e qui dentro, nella fattispecie, venivano tenute prigioniere
le persone che, all’ epoca dei pionieri, si comportavano male. Ho provato
ad entrare e mi sono ritrovata in una grotta vegetale delle dimensioni
di uno sgabuzzino, con alcuni piccoli buchi verso il cielo. Non sono pero’
riuscita ad immaginare come dovevano sentirsi le persone rinchiuse a forza
qua dentro!
Continuiamo la pista che poco oltre
cambia nome diventando la Karunjie road e che torna lentamente verso sud.
Attraversiamo un vasto lago salato dove facciamo attenzione a non abbandonare
la pista per non rischiare di rimanere impantanati, dopo di che la sabbia
prende piano piano il sopravvento, fino a costituire il fondo principale
del tracciato.
La pista termina sulla Gibb Rver
road, 25 km dopo l’ incrocio per El Questro. Visto che dormiremo un’ altra
notte nello splendido campeggio lungo il fiume, torniamo indietro per circa
un’ ora ed imbocchiamo nuovamente la pista per El Questro. La gita di oggi
ci ha impegnato tutta la giornata!

Martedi’ 10 Agosto
Alle 7 siamo pronti a salutare questo
bel posto; torniamo alla Gibb River road e la seguiamo verso ovest. E’
piuttosto frequentata ed in taluni punti piuttosto malmessa, ma abbiamo
il sole alle spalle e procediamo ad una velocita’ media di 60 km orari.
Evitiamo i sorpassi, molto pericolosi per la polvere che si solleva e che
rende temporaneamente ciechi. Se qualcuno invece decide di superarci, noi
rallentiamo fino quasi a fermarci, proprio perche’ per un po’ non vediamo
assolutamente nulla e rischieremmo di finire fuori strada!
Il panorama e’ monotono e ci annoia
un po’ ma, come per incanto, ad un certo punto un incontro ci anima! Un
grosso lucertolone, lungo circa un metro, ci attraversa pigramente la strada
e noi scendiamo per seguirlo un poco nell’ erba alta. Si muove lento sollevando
le robuste zampe ed assomiglia ad un piccolo varano. I colori giallo verdognoli
della sua pelle si mimetizzano bene con l’ erba e ben presto lo perdiamo
di vista, ma l’ emozione dell’ incontro restera’ a lungo.
Deviamo per Kalumburu e, dopo circa
60 km, sostiamo all’ homestead Drysdale, all’ ombra di grandi alberi e
su un bel manto di verdissima erbetta. Pranziamo, ci riposiamo, facciamo
gasolio e poi riprendiamo la pista, la Kalumburu road, molto ondulata da
qui in avanti. Incontriamo pochissime auto.
Siamo molto stanchi quando finalmente
arriviamo alla deviazione per King Edward River. Sulle rive di questo bellissimo
fiume dalle acque prive di coccodrilli c’e’ una splendida area per il campeggio.
La luce della sera illumina il panorama di riflessi blu e viola incredibili:
restiamo incantati ad osservare a lungo il riflesso degli alberi nello
specchio d’acqua perfettamente liscio di un’ansa del fiume. Taddy si fa
anche tentare da un bagnetto, l’acqua e’ molto fredda ma e’ difficile resistere.
Mercoledi’ 11 Agosto
Verso le 7 e 30 ci immettiamo sulla
pista deserta per Mitchell Falls. Incontriamo solo degli uccellini.
La pista termina al camp site; fa
molto caldo ma decidiamo di incamminarci subito sul sentiero che porta
alle cascate che danno il nome alla zona. Ci sarebbe un’altro modo per
andare a scoprire le cascate ma noi preferiamo camminare. Cosi’, mentre
tre elicotteri vanno e vengono sulle nostre teste e disturbano la quiete
di questo posto arcaico di rocce e vegetazione antichissime, i nostri piedi
accarezzano il suolo per un’ora e mezzo fino a fermarsi sull’orlo di un
abisso. Davanti a noi sprofonda il terreno in un canyon che scava una gola
fantastica: sotto i nostri piedi scorre solo un sottile filo d’acqua cristallina,
che nella stagione delle piogge si trasforma in un fiume portentoso che
compie un salto altissimo fra mille spruzzi !
Il sentiero continua e noi seguiamo
ancora le freccine azzurre che indicano la giusta direzione. Ancora mezz’ora
e ci trovaimo sulle rive del fiume che forma la parte piu’ spettacolare
delle cascate Mitchell Falls. Sulla nostra sinistra il fiume con una portata
d’acqua discreta si perde fra la vegetazione bassa mentre sulla nostra
destra un fragore ci indica che e’ vicino il primo salto delle cascate.
Noi possiamo da qui vedere solo il primo salto e la preparazione al secondo,
mentre almeno un’altro piu’ a valle completa il quadro a chi vola lassu’
in alto. Restiamo comunque senza parole ad osservare per lunghi momenti
questa meraviglia della natura. I nostri corpi lentamente si riposano dalla
fatica della camminata e riacquistano l’energia per il ritorno.
Lungo il sentiero per tornare
al
campo, Taddy scorge un lungo serpente verde fra le rocce e l’erba: una
volta arrivati al campo chiederemo a delle persone cordiali notizie di
questo animale c questi ci rispondono tranquillamente: ” very poisonous
” ovvero…. molto velenoso !!
Scende la sera ed il campo e’ tranquillo.
Mentre ceniamo si avvicina a noi un ranger gentile che ci invita ad assistere
allo spettacolo che ha preparato per tutti gli ospiti del campo: proiezione
di diapositive scattate in questa zona nelle diverse stagioni. incuriositi
e felici per questa iniziativa, ci sediamo attorno ad un bel falo’ scoppiettante
e quando ci siamo tutti il ranger inizia a raccontare la storia geologica,
la presenza dell’ uomo preistorico e poi degli aborigeni in questa parte
di Australia. Il suo inglese e’ un po’ troppo veloce o forse siamo noi
ad essere un po’ stanchi per le fatiche della giornata, fatto sta che e’
con un certo sollievo che vediamo accendersi finalmente il proiettore e
ci lasciamo cosi’ scivolare in un mondo di colori, luci ed immagini davvero
spettacolare ! E’ impressionante la portata del fiume durante la stagione
delle piogge, quando l’elicottero diventa realmente il solo mezzo possibile
per vedere le cascate !

Giovedi’ 12 Agosto
Seguiamo a ritroso la pista di ieri
e lentamente torniamo sulla Gibb River Road. La seguiamo per un bel tratto,
dopo di che ci fermiamo a pranzare alla roadhouse di Mt. Barnett. Qui acquistiamo
anche il permesso per passare la notte nel campeggio situato a circa 7
km, in fondo alla pista che parte proprio da dietro alla stazione dove
siamo ora. Apriamo dunque il cancello e ci immettiamo su questa piccola
pista: il campeggio e’ bellissimo, in mezzo a splendidi baobab di cui alcuni
sono veramente grossi. C’e’ un laghetto dalle fredde acque prive di coccodrilli
ed un buffo isolotto nel centro: diversi turisti stanno gia’ rinfrescandosi.
Anche noi decidiamo di toglierci di dosso un po’ di polvere e ci immergiamo:
fantastico !!!
Volendo, da qui parte un sentiero
di un’ora e mezzo che conduce alle cascate di Manning Gorge…. ma noi
preferiamo, per questa volta, lasciarci prendere dalla pigrizia e finire
la giornata in relax !!
Venerdi’ 13 Agosto
torniamo sulla Gibb River Road per
abbandonarla solo in prossimita’ dell’ intersezione con la pista che conduce
al Mornington Wilderness camp site. Ci aspettano 88 km di pista piuttosto
malmessa verso la fine ma che attraversa distese a nostro giudizio davvero
belle, con diversi boschetti di baobab meravigliosi. Infine si arriva alla
reception di questo campo piuttosto “lussuoso”, con piazzole lungo il corso
del fiume. Ci sono due gole sul territorio del campo e chiediamo consiglio
alla simpatica ragazza tutte lentiggini che ci accoglie. Sono infatti gia’
le due di pomeriggio e non riusciremmo a vederle entrambe per via del fatto
che alle cinque e mezzo viene buio. Optiamo per la visita al Sir John Gorge
e saliamo cosi’ in camper: una mezz’ora di pista esclusivamente 4wd quindi
si parcheggia. Un cartello di legno ci indica dove bisogna dirigersi per
arrivare sulle rive del fiume e qui…. ha inizio il “gioco”. Alla reception
ci hanno infatti consegnato un foglio sul quale c’e’ una mappa della zona:
interpretando cio’ che c’e’ scritto ed i disegni dobbiamo capire, visto
che non c’e’ un sentiero, se stiamo andando nel posto giusto, dove ci attende
una canoa ! Abbiamo con noi due paia di pagaie. Ci avviciniamo allora alla
riva del fiume, senza pero’ raggiungerla perche’, superato un grosso baobab,
si devia a sinistra. Si prosegue per circa mezz’ora su di un bellissimo
terreno di rocce rosse levigate e del fiume non si vede alcuna traccia.
Trascorsa mezz’ora, si inizia a scendere verso la riva finche’ non si vede
l’ acqua. Sulla nostra sinistra dobbiamo arrivare a scorgere un “corridoio”
di pietre rosse che attraversa per intero il fiume: li’ nell’ angolino
formato da questo corridoio con la riva che stiamo ora calpestando, all’
ombra di alcuni alberini frondosi… dovrebbe esserci la prima canoa: trovata
!!
Ci saliamo e remiamo fino a raggiungere,
dopo circa cinque minuti di “navigazione”, un secondo corridoio di rocce:
qui tiriamo in secca la canoa e proseguiamo a piedi. Il caldo non lascia
tregua e questi dieci minuti di cammino fra alti pietroni ci distruggono!
Per fortuna arriviamo nuovamente all’acqua ed alla seconda canoa: e’ con
grande sollievo che vi saliamo a bordo ed iniziamo ad assaporare la fresca
brezza sui corpi sudati ! Risaliamo il fiume per un bel po’ senza pero’
riuscire a raggiungere la gola: ci accontentiamo di vederla da lontano.
Nel frattempo, le rocce che accolgono il letto del fiume si tingono lentamente
di riflessi sanguigni e l’ acqua calmissima che scorre sotto la canoa,
come uno specchio, rende doppio questo mondo meraviglioso! Prendiamo il
sole e ci rilassiamo lasciandoci andare e remando ogni tanto, ma purtroppo
il tempo e’ tiranno e, dato che sono gia’ le quattro, dobbiamo iniziare
a percorrere a ritroso il tragitto fatto. Corridoio di rocce, lasciamo
la canoa, a piedi 10 minuti, seconda canoa, altro corridoio, si lascia
la seconda canoa, mezz’ora a piedi: camper. Un’ altra mezz’ora e siamo
nuovamente alla reception. Ancora pochi minuti ed il buio avrebbe inghiottito
ogni cosa. La ragazza ci aveva detto che se al calar del sole ancora non
eravamo di ritorno, ci sarebbero venuti a cercare !
Giusto il tempo per farci una doccia
e poi cenetta a lume di candela con un bel piatto di barramundi ed un magnifico
porridge al cucchiaio !
Sabato 14 Agosto
Torniamo alla Gibb River Road e
la abbandoniamo definitivamente per la pista che porta a due localita’
famose:Tunnel Creek e Windjana Gorge. Dal momento che non avremmo il tempo
per visitarle entrambe, optiamo per quest’ ultima.
Parcheggiamo il camper e ci incamminiamo
verso le alte e nerissime pareti della gola: uno scenario decisamente nuovo
! Giunti alla base della parete destra della gola, attraversiamo un tunnel
naturale lungo una decina di metri e sbuchiamo su uno stretto corridoio
di sabbia morbida: sulla nostra destra s’ innalza la roccia nera a picco
della gola, sopra di noi le fronde di tanti alberini ci prottegono dai
raggi diretti del sole che splende come sempre magnifico, sulla nostra
sinistra scorre placido e verdastro il fiume antichissimo che ha dato vita
alla gola stessa. Pensate che questa gola, protetta da queste alte pareti,
e’ stata risparmiata da qualsiasi cambiamento, tanto che gli scienziati
dicono “che e’ rimasta invariata dall’era del Devoniano”……. ha un certo
fascino questa affermazione !
Continuiamo a camminare finche’
la vegetazione come per incanto si apre: il fiume in questo punto compie
un’ ansa e le sue sinuosita’ sono riempite da vaste dune sabbiose. E’ bello
camminarvi sopra, ammirando dal basso questo splendido mondo preistorico.
Dagli alberi dall’ altra parte del fiume partono stormi di decine di pappagallini
candidi che si chiamano con acuti gridolini; le pareti levigate sembrano
voler davvero proteggere questa valle incantata. Nelle acque torbide del
fiume nuotano o prendono il sole decine di piccoli coccodrilli d’acqua
dolce. Riusciamo ad avvicinarci parecchio: questi animali non sono pericolosi
e non sembrano temere l’ uomo. Creature preistoriche perfette per questo
posto ! Solo noi uomini, coi nostri colorati vestiti e le nostre buffe
macchine fotografiche, sembriamo non centrare proprio nulla qui ! Ci sdraiamo
sulla sabbia calda e lasciamo liberi i nostri sensi: vediamo il blu del
cielo puntellato del bianco dei pappagalli, sentiamo le eco dei loro richiami,
avvertiamo l’ odore del fango mosso dalle zampe dei coccodrilli.
E’ bello sapere che esistono ancora
posti come questo……….
Torniamo a malincuore al parcheggio:
ci aspetta ancora tanta strada. Proseguiamo sulla stessa pista di prima,
superiamo Tunnel Creek e poco dopo siamo sull’ asfaltata Great Northern
Hwy. La seguiamo in direzione Fitzroy Crossing che raggiungiamo all’ imbrunire.
Qui c’e’ un lodge con annessa una vasta area per campeggiare: ci sono molti
turisti ma il silenzio e’ assoluto.
Domenica 15 Agosto
Mentre in tante localita’ turistiche
oggi si lotta con il sovraffollamento ed il tutto esaurito, noi siamo immersi
in un mondo di tranquillita’ e silenzi spettacolari. Di primo mattino ci
mettiamo sulla strada ed arriviamo ad una deserta Halls Creek. Facciamo
rifornimento di carburante, viveri, birre e visitiamo il centro visitatori.
Cerchiamo informazioni su quali comunita’ aborigene site lungo la pista
che ci apprestiamo ad imboccare abbiano da offrire bei lavori di arte aborigena.
Prendiamo dunque la mitica Tanami
Road, quasi 1000 km di pista larga che conducono nel cuore dell’ Australia,
ovvero ad Alice Spring. Non la eseguiremo fino in fondo pero’, anche se
la nostra destinazione finale e’ proprio Alice Spring, poiche’ compiremo
alcune deviazioni interessanti che ci porteranno a scoprire posti indimenticabili
!
Immediatamente dopo l’ imbocco della
Tanami Road, incontriamo un road train parcheggiato e ne approfittiamo
per scambiare due parole con l’ autista: un corpulento australiano dalla
fluente chioma bionda ! Sono sempre cordiali questi personaggi ed hanno
molta voglia di parlare. Partiamo decisi su questa pista praticamente deserta
che rappresenta una scorciatoia per chi deve raggiungere il Kimberly dal
centro dell’ isola. Esiste infatti una strada asfaltata molto piu ‘ frequentata,
che si dirige a nord, ed e’ la Stuart Hwy… ma noi l’ abbiamo volutamente
scartata dal nostro itinerario !
Non incontriamo nessuno o quasi,
il panorama e’ sempre piu’ tendente al rosso ed e’ tutto molto piatto.
La giornata si conclude alla base
del cratere meteorico chiamato Wolfe. Per raggiungerlo occorre lasciare
la Tanami Road appena 16 km dopo Halls Creek e proseguire per altri 130
km in direzione sud.
Mentre allestiamo il campo, arrivano
due moto da enduro: i piloti scendono un attimo, si guardano attorno, risalgono
sulle moto e fanno dietro front. Ci domandiamo dove vadano a qust’ora:
ormai e’ buio… e qui intorno non c’e’ assolutamente nulla. Escludendo
l’ ipotesi che viaggino durante la notte (troppo pericoloso, non si vedono
gli animali che attraversano la strada e poi….. che gusto c’e’ ???) resta
la possibilita’ che vadano a dormire lontano da altri esseri umani, nella
solitudine dell’ outback.
Decidiamo di risalire le pendici
del cratere per godere del tramonto. Un sole giallissimo si spegne velocemente
su di un orizzonte assolutamente piatto, non interrotto da alcuna altura.
L’ aria e’ tersa ed incredibilmente fresca. Sotto un cielo ancora luminoso,
la terra si fa sempre piu’ scura; unica nota chiara la nuvoletta di polvere
alzata dalle due moto, laggiu’ in fondo, sempre piu’ lontana…….

Lunedi’ 16 Agosto
Nasce
il nuovo giorno e la luce illumina il mondo che ci circonda. Saliamo le
pendici del cratere ed osserviamo il suo cuore: e’ profondo 50 metri ed
ha un diametro di circa 850 metri. Si e’ formato 300 mila anni fa quando
un’ enorme meteorite fini’ il suo viaggio proprio qui, ma fu scoperto solo
nel 1947 durante una ricognizione aerea. Gli aborigeni, che invece lo conoscono
da sempre, credono che crateri come questi si formavano laddove enormi
serpenti fuoriuscivano dalla terra.
E ‘ il secondo al mondo per dimensioni,
superato solo da quello che si trova in Arizona. Al centro si vede un boschetto
verde che nasce su una crosta biancastra di sale, cio’ che resta dei sali
minerali dell’ acqua piovana.
Proviamo a cimentarci nella camminata
lungo il periplo…. ma dopo un’ ora non siamo neanche a un terzo…. abbandoniamo
l’ idea e torniamo indietro !
Giunti al camper, percorriamo al
contrario la deviazione di 130 km di ieri e ci immettiamo nuovamente sulla
Tanami Road. La seguiamo per diverse ore senza praticamente incontrare
anima viva, finche’ giungiamo al Rabbit Flat, una stazione di servizio
letteralmente persa nel nulla ! Un signore cordiale dalla barba bianca
ci riempie i serbatoi di diesel, ci scalda al microonde un paio di schifezze
surgelate e si ferma volentieri a fare due chiacchiere con noi. Abbiamo
imparato molte cose da questo incontro e gliene saremo sempre grati !
Riprendiamo la pista ed arriviamo
all’ area di sosta e campeggio verso le 18 e 30, quando il sole si sta
preparando a tramontare. Siamo infatti rientrati nel Northern Territory
e l’ orario e’ dunque tornato quello di inizio vacanza.
Non c’e’ assolutamente nulla qui
dove ci siamo fermati, fatta eccezione per una grossa cisterna di raccolta
dell’ acqua piovana.
In lontananza, si staglia sul cielo
rosa la struttura in metallo di un pozzo a vento, segno, forse, che c’e’
laggiu’ una comunita’ aborigena. Subito dopo cena ci ritiriamo nel camper
e, prima di addormentarci, assistiamo al passaggio di un road train. Il
suo arrivo e’ stato annunciato diversi minuti prima di vederlo: la terra
sembrava fremere, l’ aria si riempiva pian piano di un rombo sordo, i nostri
sensi erano completamente catturati da questo arrivo imminente…. ed infine
eccolo, per pochissimi istanti, questo mostro pieno di lucine colorate,
un’ astronave che solca l’ abisso nero privo di tempo e di spazio. Dopo…….
il nulla attorno a noi. Noi, immersi in un abisso nero privo di tempo e
di spazio…………
Martedi’ 17 Agosto
Alle 6 siamo gia’ in piedi e pronti
a metterci in marcia: abbiamo deciso di percorrere la Tanami Road in due
giorni anziche’ in tre, cosi’ da poter vedere piu’ cose.
Ci regaliamo una sosta alla comunita’
aborigena di Yuendemu: facciamo rifornimento di carburante e viveri e visitiamo
la galleria d’ arte. Quasi ogni comunita’ ha la sua galleria d’ arte, gestita
normalmente da persone bianche ma dove lavorano esclusivamente artisti
aborigeni, uomini e donne. Alcuni di questi artisti sono diventati famosi
a livello mondiale ed i loro lavori sono molto ben pagati. Gli stessi che
abbiamo potuto vedere noi avevano prezzi molto elevati e, comprandoli qui
nelle comunita’ anziche’ in anonimi negozi per turisti delle citta’, e’
certo che la maggior parte dei frutti siano devoluti agli artisti. La via
della pittura e’ molto importante per questo popolo che rischia di perdersi
per sempre nell’ oblio dell’ alcool e della noia: lo stato, infatti, stanzia
ogni anno fondi considerevoli per gli aborigeni che cosi’ si ritrovano
con uno stipendio fisso senza fare assolutamente nulla. E’ facile per loro
perdere in questo modo il senso della realta’ ed abbandonarsi all’ oblio
dell’ alcool, per esempio. Da diversi anni, la comunita’ aborigena si e’
auto-vietata la vendita di alcoolici ed anche ai turisti che visitano le
varie comunita’ viene esplicitamente raccomandato di non avere alcool con
se’.
L’ insegnamento della pittura e
dell’ arte aborigena in generale, puo’ aiutare a dare un futuro a questa
gente.
Noi abbiamo potuto ammirare tele
superbe, coloratissime, allegre, con un simbolismo tutto da studiare: non
facciamo fatica a credere che alcuni critici ne siano rimasti ammaliati
!
Nel pomeriggio torniamo sulla Tanami
che nel frattempo si e’ fatta asfaltata e la abbandoniamo per una pista
che si dirige verso ovest, alla comunita’ di Papunya, e che si rivelera’
meravigliosa ! Prima di giungere a Papunya, comunque, deviamo verso sud,
poi verso est fino quasi a Glen Helen, che pero’ non raggiungeremo quest’
oggi. La luce serale dipinge scenari da favola: montagne variopinte si
alzano finalmente sull’ orizzonte, praticelli puntellati di teneri fiori
gialli, centinaia di piccole zucchette ai bordi della pista e tante, tante
mucche. La pista e’ sottile ed incontriamo spesso della sabbia. Siamo entrati
in un nuovo parco: l’ Western MacDonnell N.P.
Risaliamo le pendici rocciose dei
bastioni occidentali di questa lunga catena montuosa dei MacDonnell che
si estende fino ad Alice Spring. Arriviamo in fondo alla stretta pista
ed entriamo in un’ area di campeggio bellissima con una bella vista sui
monti che accolgono la gola che visiteremo a piedi domani.
Durante la notte soffriremo un freddo
micidiale !!!!
Mercoledi’ 18 Agosto
Ci scaldiamo le membra infreddolite
sul fuoco finche’ non sentiamo nuovamente il sangue fluire liberamente
nelle vene. Solo allora ci mettiamo in cammino. In 25 minuti si raggiunge
un bel laghetto chiuso fra le rocce all’ ombra: dalla parte opposta a dove
siamo noi il lago s’ incunea e si perde in una strettissima gola. Volendo,
ci sono delle camere d’ aria gonfie con le quali tuffarsi ed esplorare
la gola…. ma il ricordo del freddo di questa notte ci fa ben guardare
dal provare quest’ esperienza !! Aspettiamo che il sole venga ad illuminarci
rimanendo sdraiati sulle rocce piatte.
Torniamo al camper e con questo
torniamo a valle, dove la pista, che si chiama Namatjira Drive, prosegue
e giunge a Glen Helen. Qui si trova un lodge dove pranziamo: sulle pareti
ci sono foto spettacolari delle montagne dei dintorni nella stagione delle
piogge: fiumi carichi d’ acqua e rocce stratificate fanno di questa zona
una delle piu’ belle e visitate nei pressi di Alice Spring.
Riprendiamo la Namatjira road in
senso opposto a questa mattina e, dopo 37 km, ecco il trivio con la pista
che ieri sera ci ha portato qui ed una terza pista diretta verso sud: la
imbocchiamo e ben presto ci troviamo sul passo chiamato Tylers Pass. Da
qui si gode una spettacolare vista sulla pianura circostante e sul massiccio
del Gosse Bluff, ovvero cio’ che resta dell’ impatto di un meteorite.
Proseguiamo e dopo una ventina di
km si arriva a T sulla Larapinta Drive: noi la seguiamo verso est. 43 km
piuttosto monotoni portano ad Herrmannsburg, famosa per ospitare un’ antica
missione luterana tedesca, risalente alla meta’ del 1800.
Rimandiamo la visita a domani perche’
la meta di oggi e’ ancora un po’ lontana e vogliamo arrivare prima di buio.
Acquistiamo pero’ il permesso per poter transitare domani sulle piste del
Mereenie Loop.
Torniamo quindi un po’ indietro
sull’ asfalto fino ad imboccare la pista per il Finke Gorge N.P. e la Palm
Valley, pista che si sviluppa in parte nel letto asciutto di un fiume e
che risulta splendida con la luce della sera. 18 km percorsi in circa un’
ora, diversi cavallini che si avvicinano finche’ i vapori delle narici
non appannano il nostro specchietto ed arriviamo nell’ area di campeggio
che imbrunisce. Molta gente, molto silenzio.

Giovedi’ 19 Agosto
Questa notte ha fatto un po’ meno
freddo di ieri, ad ogni modo alzarsi al mattino ed uscire dai sacchi a
pelo caldi richiede sacrificio ! Ci mettiamo in moto e continuiamo la pista
di ieri sera, direzione: Palm Valley.
Quando il sole inizia a scaldare
noi siamo gia’ in cammino: stiamo seguendo il Katarranga Loop, sentiero
di circa 3 ore che si sviluppa prima in una bella valle fluviale, la Palm
Valley appunto, e poi si alza e prosegue sulla cresta rocciosa con splendide
vedute in basso. In questa valle crescono palme endemiche alte fino a 25
metri e dal tipico fusto color cioccolato.
Scendiamo al parcheggio dove abbiamo
lasciato in precedenza il camper e percorriamo a ritroso la pista, piuttosto
sconnessa, fatta questa mattina. Raggiungiamo una localita’ chiamata “l’
anfiteatro” ed anche qui facciamo a piedi un giro ad anello. Ci sono picchi
di roccia rossissima persi in una ampia valle coperta di fitta vegetazione:
molto bello !
Dopo un pranzetto frugale scendiamo
nuovamente ad Hermannsburg, dove visitiamo la storica missione. E’ bello
camminare fra gli edifici abbandonati ma che ancora parlano di una vita
dura ed essenziale: la scuola, la chiesetta, la mensa, il dormitorio degli
uomini e quello delle donne. Alcune macchine agricole tutte arrugginite
completano il monumento storico. Nella vecchia casa padronale c’e’ un piccolo
museo di oggetti usati allora per lavorare la pelle, il legno o per curare
i denti alle persone. I gestori di oggi offrono ai turisti fette di strudel:
un pizzico di Germania in Australia !
Di nuovo in camper: torniamo un
po’ indietro sulla Larapinta Drive fino al bivio con il Mereenie Loop.
Ci stiamo lentamente avvicinando al massiccio dell’ Wattarka N.P., meglio
conosciuto col nome di Kings Kanyon.
Quando arriviamo in vista delle
pendici del massiccio il pomeriggio e’ al culmine e quando varchiamo il
cancello del King Kanyon Resort e’ quasi buio.
Venerdi’ 20 Agosto
Sveglia presto, colazione, poi ci
si porta in camper fino al parcheggio poco distante; ci sono gia’ un paio
di auto ed un pullman. Nelle prossime ore ci sara’ gran affollamento. Siamo
fra i primi a partire a piedi ma quando iniziamo la ripida salita che segna
l’ inizio del Kings Kanyon Walk veniamo prontamente superati da orde di
ragazzini che sembrano in gita scolastica. Che bello sarebbe stato se i
nostri insegnanti ci avessero portato in posti come questi ai nostri tempi……….
Questa camminata sara’ infatti quella
che in assoluto ricorderemo come la piu’ bella in Australia: la consiglio
a tutti, a parte forse a quelli che soffrono di vertigini.
Dunque, dopo la ripida salita ci
si trova su un’ altopiano roccioso dal colore rosso intenso: un mondo fatto
di rocce a forma di cupole, antiche dune fossilizzate ! In alcuni punti
sono cosi’ numerose che sembra di osservare un villaggio di capanne, tanto
che viene loro dato il nome di “lost city”, citta’ perduta ! Stiamo procedendo
su una delle due alte pareti rocciose che formano il canyon principale
e quando un cartello indica “look out” ci affrettiamo in quella direzione.
Che spettacolo ! Quale meraviglia di fronte ai nostri occhi increduli !
Sotto ai nostri piedi si apre una gigantesca spaccatura, laggiu’ in fondo
un boschetto cela un sottile rivolo d’ acqua, tradito solo dalla soave
eco del suo continuo fluire; di fronte a noi sta impettita ed altezzosa
la parete opposta del canyon, levigatissima, a picco, scavata da buchi
che sembrano porte e finestre oppure bocche ed occhi: meraviglioso !!
La maggior parte della gente, giunta
qui, torna indietro. Noi no: troppo catturati da questo posto per riuscire
a voltarci e tornare sui nostri passi, andiamo avanti . Camminiamo come
in trance fra le cupole rocciose, superiamo piccoli ponti e scalette di
legno, saliamo, scendiamo, poi ancora saliamo in labirinti di roccia fantastici.
Quasi senza accorgercene passiamo sulla parte opposta del canyon ed ora
stiamo immobili sullo strapiombo ad osservare il punto dove ci trovavamo
prima. Ci sono alcune persone la’ e sembrano solo puntini colorati in un
mondo quasi esclusivamente rosso !
Stiamo lentamente tornando verso
il parcheggio ma un incontro ancora ci sorprende: si tratta di un’ esemplare
di Cycade, una palma endemica priva di fusto che arriva ad avere 400 anni
e che si trova, oltre che qui, solo nella Palm Valley !
L’ ultima parte del percorso e’
in discesa, su gradoni rocciosi. Infine, ecco di nuovo il parcheggio. In
tutto siamo stati fuori poco piu’ di tre ore.
Riprendiamo la strada che ci porta
lentamente verso est quindi verso sud per poi piegare decisamente verso
ovest. Siamo sulla lunga arteria asfaltata che conduce al vero centro dell’
Australia, al suo simbolo per eccellenza, al luogo in assoluto piu’ sacro
a tutto il popolo aborigeno.
ULURU.
E’ bellissimo arrivarci piano piano,
aspettare di vederselo spuntare davanti dopo decine e decine di km piatti,
scrutare l’ orizzonte per capire dov’e’….. e non vederlo mai ! Lo si
vede solo alla fine, quando si deve deviare per andare a prenotare un posto
nel campeggio dell’ Ayers Rock Resort, il posto piu’ turistico di tutta
l’ Australia.
Trovata finalmente la nostra piazzola,
decidiamo di andare a vedere il tramonto: uno spettacolo a detta di tutti
imperdibile ! Restiamo impressionati nello scoprire la disciplina che vige
nel parcheggio…. ed il silenzio che vi regna ! Il tramonto e’ veramente
un momento magico per ogni australiano e pare che anche i turisti stranieri
rispettino volentieri questa estrema espressione della natura. Il cielo
si scurisce lentamente ed il massiccio rosso di Uluru dapprima s’ infuoca
e sembra ingigantire, poi pare invece rimpicciolire fino a tornare cio’
che realmente e’: un semplice massiccio roccioso. Ma quando al mattino
si torna ad osservarlo, allora ci si chiede: ma e’ veramente solo un semplice
massiccio roccioso ??

Sabato 21 Agosto
Oggi ci aspettano due diversi giri
a piedi, entrambi nel parco dove ci troviamo.
Il primo si sviluppa alla base di
Uluru e ci impegnera’ ben 4 ore ! Visto da sotto e da tutte le angolazioni
possibili, Uluru e’ veramente emozionante e muove nel nostro intimo un
miscuglio di sacralita’ e mistero ! Bello camminarci accanto, bello scoprire
che ci sono molti punti dove non ci si puo’ avvicinare e neppure fotografare
perche’ sono zone particolarmente sacre agli “ananga”, uomini e donne aborigene.
Bello pensare ai tempi in cui “la gente” si riuniva qui per momenti spirituali
ad altissimo potenziale, bello immaginare cosa questa gente provasse qui
sotto al monumento naturale per loro piu’ sacro…….
Brutto invece scoprire quante “formiche”
risalgano ancora oggi le pendici di Uluru, nonostante il grande cartello
scritto in tutte le lingue dai piu’ alti esponenti del popolo aborigeno
che chiede “per favore non salite su questa montagna a noi cosi’ sacra,
perche’ se uno di voi muore sulla nostra terra noi saremo molto dispiaciuti
e penseremo con dolore ai vostri parenti che vi piangeranno perche’ sarete
morti sulle nostre terre. Non possiamo impedirvi di salire ma ve lo chiediamo
per favore: non salite !”. Ogni anno qualcuno muore nel tentare la scalata
perche’ il caldo puo’ uccidere, la fatica puo’ stroncare un cuore non piu’
forte e la superficie di Uluru e’ molto scivolosa. Tuttavia, noi ci siamo
astenuti per tutt’ altra ragione: e’ il rispetto per una tradizione antichissima
che ci ha frenato, il bisogno di sapere che c’e’ qualcos’ altro oltre alla
ricerca del puro piacere o della propria soddisfazione personale a muovere
il mondo, la speranza che il rispetto per cio’ che e’ diverso possa prevalere
sulla prepotenza e l’ arroganza per cui oggi purtroppo l’ uomo “civilizzato”
e’ noto.
E’ stato molto bello conoscerti
da vicino senza ferirti, Uluru………..
Consumiamo un pranzetto frugale
con negli occhi l’ immagine gigantesca di Uluru, poi ci spostiamo verso
l’ altro famoso massiccio del parco: Kata Tyuta. Qui faremo la nostra seconda
escursione della giornata !
Kata Tyuta, noto anche col nome
di The Olgas, in lingua aborigena significa “mille teste”. Da lontano infatti
si vede bene che questo massiccio e’ formato da una serie di teste di roccia
rossa, panciute e levigate. A differenza di Uluru, sulla roccia di Kata
Tyuta notiamo crescere della vegetazione: e’ bellissimo da lontano ma ci
donera’ emozioni anche maggiori nel suo interno !
Parcheggiamo il camper e, alla bellezza
delle tre, quando il sole e’ veramente al massimo del calore, ci incamminiamo
verso la base della roccia. Nostra meta e’ la Valle dei Venti, sita proprio
nel cuore segreto di Kata Tyuta, invisibile dall’ esterno. Si sale faticosamente
ma per fortuna si alza alle nostre spalle una gradevole brezza. La vista
sulle mille teste e’ impressionante ! Ora si scende, non prima di aver
riempito le borracce ad una cisterna di acqua piovana. Ci si tuffa in una
gola fra pareti costituite da un conglomerato di rocce; il sentiero inizia
a salire sempre dentro la gola ed infine si giunge ad una sella: vista
mozzafiato sul cuore dei monti. Verdi praticelli, rosse rocce che spuntano
qua e la’ e qualche alberino. Nulla piu’. Fantastica selvaggezza ! Il tempo
non e’ molto cosi’ scendiamo in fretta in questa magica valle e la percorriamo
tutta su di un piccolo sentiero. Ci sentiamo come dentro una favola, questo
posto sembra irreale.
In breve torniamo al camper e con
questo al campeggio: questa giornata ci ha donato grandi emozioni !!

Domenica 22 Agosto
Durante la colazione abbiamo conosciuto
i due ragazzi che hanno dormito al nostro fianco questa notte: Fabio e
Stefania di Milano. Abbiamo chiacchierato un sacco e, fra le altre cose,
abbiamo scoperto che hanno conosciuto proprio ieri Claudio, il ragazzo
che ci ha inviato i punti gps del percorso che stavamo studiando !
Arrivano cosi’ in fretta le 10 e
30: non possiamo trattenerci oltre. Partiamo dunque e raggiungiamo la Stuart
Hwy che seguiamo per un bel tratto in direzione nord.
Ad un certo punto, alcuni aborigeni
si sbracciano a lato della strada: ci fermiamo e notiamo che dal cofano
aperto della loro vecchia auto esce copioso del fumo. Diamo loro due bottiglie
d’ acqua per il radiatore e ci rimettiamo in moto. Dopo pochi km incontriamo
una stazione di servizio: i nostri amici sono salvi !
Lasciamo l’ asfalto per una sottile
pista che si porta decisamente verso est e che conduce in 22 km alla Rainbow
Valley. I ragazzi di Milano ci superano mentre noi sostiamo per il pranzo
e ci incontriamo alla fine della giornata nella piccola area di campeggio
della riserva naturale. La Rainbow Valley prende questo nome dal fatto
che il massiccio di arenaria che nasce oltre il lago salato prosciugato
e rosato che si stende sotto i nostri occhi, assume una colorazione pazzesca
che unisce il giallo all’ arancio ed al rosso in un vero arcobaleno naturale,
specialmente al tramonto. Superbo !
Il buio della notte ci vedra’ coi
nostri nuovi amici intorno ad un bellissimo fuoco con un buon piatto di
pasta ed alcuni buonissimi bicchieri di vino, a raccontarci emozionanti
storie di viaggi passati e futuri…….
Lunedi’ 23 Agosto
Brutta sorpresa questa mattina:
abbiamo una gomma a terra ! Fabio e Taddy la sostituiscono. Facciamo colazione
e ci rimettiamo in moto. Dopo un tentativo fallito di percorrere una pista
che secondo le nostre mappe doveva collegare questa valle ad un’ altra
ma che in realta’ e’ stata chiusa per permettere alla vegetazione di rigenerarsi,
torniamo sull’ asfalto ed alla stazione di servizio avvistata ieri sera.
Dato che con noi avevamo una sola gomma di scorta, Fabio e Stefania sono
stati davvero gentili a scortarci fino alla salvezza !! Qui li salutiamo
perche’ le nostre strade si dividono: buon proseguimento, regaz !!!
Aspettiamo mezz’ ora perche’ il
meccanico e’ andato a soccorrere un’ auto rimasta in panne non si sa bene
dove; quando ritorna sembra arrabbiato, o forse e’ cosi’ serio di carattere,
comunque ci aggiusta la gomma in breve tempo senza trovare l’ oggetto che
ha provocato il foro.
Siamo pronti a ripartire: meta di
oggi la riserva storica del Chambers Pillar. La pista e’ lunga e bella
e sale sulla cima di una collina rocciosa da cui si gode uno spettacolo
mozzafiato sulla vastita’ infinita del centro Australia. Se avete una buona
vista ed una bussola potrete anche localizzare il Chambers Pillar !
Sul finire della pista si attraversano
alcune dunette di sabbia arancione ricoperte di cespugli e fiori. Qui capiamo
il significato di quelle bandierine portate su lunghe aste che abbiamo
visto svettare sul tetto di alcuni fuoristrada: quando si supera una duna,
dato che la pista e’ sottile e non si puo’ dunque tenere la sinistra, e’
impossibile vedere se dall’ altra parte sta arrivando un’ altra auto. Solo
con questa bandierina si potrebbe sapere…. noi non ce l’ abbiamo per
cui speriamo ogni volta che non venga nessuno dalla parte opposta !!
Tutto va liscio e cosi’ arriviamo
sotto al Chambers Pillar che e’ quasi ora del tramonto. Si tratta di una
curiosa formazione rocciosa a forma di dente che si eleva di diversi metri
su di una piccola altura: la sua roccia e’ colorata di bianco, giallo,
arancio e rosso e la sua formazione e’ riconducibile all’ azione erosiva
di un fiume che qui scorreva 350 milioni di anni fa. Secondo gli aborigeni,
invece, sarebbe l’ oggetto della pietrificazione del “geco primordiale”,
figura mitologica della loro tradizione.
Durante le prime traversate dell’
Australia, nella seconda meta’ del 1800, il Chambers Pillar era fondamentale
come punto di riferimento ed alcuni esploratori incisero i loro nomi sulla
sua roccia: ecco perche’ si tratta di una riserva storica. Piu’ tardi,
servi’ anche come riferimento per la costruzione della prima via ferrata
che attraversava il paese.
Facciamo il giro alla base della
collinetta di rocce che accoglie il “dente” quindi risaliamo fino alla
sua base: il panorama intorno e’ splendido e lo ammiriamo a lungo. Poi
scendiamo per assistere al cambiamento dei colori della sua roccia mentre
il sole lentamente scompare all’ orizzonte. Indimenticabile !!
C’e’ una piccola area di campeggio
a pochi metri dal “dente” e noi passeremo qui la notte.
Martedi’ 24 Agosto
Questa notte non e’ stato freddo:
ha infatti soffiato un forte vento caldo che ha alzato la temperatura.
Salutiamo il Chambers Pillar e torniamo
a ricavalcare le dunette di ieri. Giunti a Maryvale prendiamo la sottile,
sabbiosa e bella pista per Finke. Ad un certo punto incrociamo la vecchia
linea ferrovia (oggi smantellata) e poi la costeggiamo per un lungo tratto:
a fianco della pista si incontrano spesso traversine abbandonate. Sopra
di noi ci sono ancora molti paletti con in cima i cappucci ceramici e fra
alcuni di essi c’e’ ancora il filo elettrico !
Pranziamo su una duna rossissima
appena fuori dalla pista e mentre riposiamo vediamo passare ben due automobili.
Proseguiamo fino a Finke, dove facciamo rifornimento. Ancora avanti fino
ad Andado, dove c’e’ solo una fattoria. Meta finale della giornata: Old
Andado.
Superiamo due file di belle dune
arancioni puntellate di vegetazione ed arriviamo infine in vista della
fattoria di Molly, la vecchia proprietaria di Old Andado. Abbiamo letto
sulla Lonely Planet che Molly vive qui da sola dopo la morte del figlio
e del marito e che da sola porta avanti con grande energia la fattoria.
Abbiamo letto anche che prepara volentieri un pasto caldo per i turisti
che si fermano a dormire qui, cosi’ ci affrettiamo a coprire i km che ancora
ci separano dalla fattoria. Ma c’e’ qualcosa di strano. Mentre ci avviciniamo
notiamo che la situazione non e’ normale: non un cane che abbaia, non una
persona che esce incuriosita, non un’ automobile parcheggiata, nulla. Fermiamo
il camper, spegnamo il motore ed il silenzio scende su di noi. Solo un
numero spropositato di piccole mosche pestifere inizia a ronzarci attorno
a bocca ed occhi.
La fattoria e’ deserta. Molly non
c’e’.
Proviamo a fare il giro della casa
alla ricerca di qualche segno di vita, invano. Anzi, alcuni vecchi oggetti
appesi, una vecchia culla arrugginita, alcuni materassi con le molle di
fuori ed uno strano gnomo ficcato in un pentolino ci fanno pensare di essere
sul cast di un improbabile film dell’ orrore………..brrrrrrrrrrrrrrr
!!!!
Cuciniamo il nostro solito risotto
Knorr, finalmente sollevati dal fatto che le mosche si sono ritirate, quindi
ci ritiriamo anche noi. Sopra di noi miliardi di stelle.
Mercoledi’ 25 Agosto
Ci siamo sentiti di lasciare i soldi
per la notte trascorsa qui anche se non abbiamo avuto alcun contatto umano.
Magari Molly tornera’ a breve e allora sara’ felice di trovare questi soldi
! Su di un tavolino sotto una tettoia di legno abbiamo infatti trovato
un cartello con le tariffe: Molly affitta anche le stanze della sua casa.
Salutiamo questo strano posto dimenticato
da Dio che alla cristallina luce del giorno non ci incute piu’ timore e
cerchiamo l’ imbocco della pista per Alice Spring, l’ Old Andado Track,
utilizzando il gps ed un po’ di intuito. Questa pista, infatti, non e’
segnalata e questa e’ una vera novita’ qui in Australia !
Corriamo a velocita’ abbastanza
sostenuta su di una pista in pianura fra due file di dune parallele, basse,
ben distanziate e coperte di cespugli.
Il panorama e’ piatto e sassoso,
l’ orizzonte sembra non avere fine. Non incontriamo animali ne’ piante;
solo una sdozza auto con a bordo tre aborigeni nerissimi ci supera mentre
noi siamo fermi per fotografare un raro esemplare di cespuglio carico di
minuscoli fiorellini gialli.
Dopo 38 km si incontra un bivio:
a sinistra si va verso Alice Spring, a destra si va alla Mac Clark Conservation
Reserve. Decidiamo di fare questa deviazione e dopo 10 km vediamo stagliarsi
sul cielo alcune forme scure ed allungate, raccolte su di una superficie
circoscritta da una rete. E’ la riserva di Mac Clark che accoglie alcuni
esemplari di una rarissima acacia molto resistente, che sopravvive a scarsissime
precipitazioni e ad alte temperature. Un’ acacia che puo’ vivere fino a
500 anni, raggiungere i 17 metri d’ altezza e che si trova solo qui e in
due zone del Queensland australiano. Lasciamo il nostro nome sul registro
delle presenze ed e’ grazie a questo gesto che scopriremo, una volta in
Italia, che Claudio e la sua ragazza sono passati di qua esattamente un
giorno dopo di noi !!!! Salutiamo i due simpatici gechi che hanno fatto
della cassetta del registro la loro dimora e torniamo in camper.
Seguiamo la stessa pista fino al
bivio di poco prima e questa volta prendiamo decisamente la direzione per
Alice Spring. Fra 285 km arriveremo in questa cittadina e allora sara’
finita la nostra avventura nell’ outback australiano. Il panorama e’ piuttosto
monotono, cosi’ ne approfittiamo per ricordare i mille momenti che questa
terra incredibile ha saputo regalarci. Ci fermiamo una volta sola per finire
crackers e formaggio, per il resto filiamo lisci verso il centro dell’
Australia. Verso la fine la pista peggiora notevolmente per via del fondo
duro e corrugato che ha l’ effetto di una specie di “grattugia” sul battistrada
delle gomme !
Un aborigeno cammina nel bush sterminato
sulla nostra destra: indossa un chiaro mantello che lo avvolge fino ai
piedi. Una visione fugace che rimarra’ a lungo impressa nelle nostre retine.
L’ Australia, infatti, non ci ha abituato a scene del genere, scene invece
normali in Africa, la nostra amata Africa. Ecco, una cosa qui manca: il
contatto con le popolazioni indigene nel loro ambiente naturale… ma sappiamo
bene tutti, purtroppo, il motivo di cio’. Fantastichiamo su come sarebbe
bello se gli aborigeni potessero ancor oggi condurre la loro vita nel bush,
misurando le distanze coi loro canti e nascondendo nel terreno le uova
piene d’acqua per ritrovarle in seguito.
Pomeriggio inoltrato. Caldo. Davanti
a noi si alza una costruzione moderna, poi un’ altra e un’ altra ancora,
infine tante costruzioni. Siamo ad Alice Spring. E’ finito il nostro outback,
ovvero l’ outback come l’ abbiamo vissuto noi, coi suoi silenzi, le sue
distese immense, i suoi cieli infiniti, i suoi fantastici monumenti rocciosi.
Ora e’ tutto dentro di noi e ce
lo teniamo ben stretto !
Questa notte dormiremo in un grande
campeggio alle porte della cittadina: ultima notte in camper.
Verso sera usciamo dal campeggio
e ci dirigiamo verso il centro. Parcheggiamo nei pressi del Todd Mall,
la via pedonale, quindi ci regaliamo una bella serata: aperitivo a base
di birra nel locale piu’ tipico di Alice Spring, il Saloon, quindi cenetta
romantica in un ristorantino che propone piatti greci ed australiani.
Giovedi’ 26 Agosto
Riordiniamo e puliamo l’ interno
del camper, lo laviamo esternamente con cura e prepariamo i nostri zaini.
Raggiungiamo la sede di Alice Spring
della Britz: pratiche per la restituzione del fedele camper: si e’ comportato
egregiamente ! Taxi per tornare in centro. Ci diamo allo shopping nel Todd
Mall fino ad ora di pranzo.
Questa notte dormiremo in un ostello,
il Melenka. Non prima di un’ altra buona birra al Saloon !

Venerdi’ 27 Agosto
Taxi fino all’ aeroporto. Pratiche
per l’ imbarco. Primo scalo: Perth.
Mentre con l’ aereo sorvoliamo il
Great Victoria Desert, una sottilissima traccia che corre dritta dritta
in una distesa rossa che sembra non finire mai cattura la nostra attenzione.
E’ incredibile: stiamo gia’ sognando di essere li’ a percorrere quella
pista …… un altro itinerario sta prendendo forma nelle nostri menti,
un altro viaggio per scoprire altre realta’ ed altre meraviglie di questa
isola – continente che ci ha catturato il cuore ………… Torneremo
Australia, torneremo……….
Ndr: Le foto di questo
ed altri meravigliosi viaggi si trovano nel sito dell’autore all’indirizzo:
http://www.iviaggiditaddyegloria.it/ |
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