Gioie e dolori di Antigua e Barbuda con un last minute

di Manuela Campanale [email protected]
 
Il nostro aereo decolla da Milano alle 9 del mattino del 7 Gennaio 2003 proprio mentre sta iniziando a nevicare molto fitto. Destinazione: Antigua con un viaggio last minute prenotato una settimana prima. Sulle Alpi il paesaggio è molto suggestivo perché il cielo in basso è coperto, ma le cime delle montagne completamente innevate fanno capolino dalle nuvole e brillano sotto il sole. Raggiungiamo Antigua dopo più di undici ore di volo, di cui circa un terzo in preda ad una certa turbolenza che manda in tilt molti passeggeri (Stefano compreso) e persino alcune hostess. E’ a causa del maltempo che arriviamo con circa due ore di ritardo sull’orario previsto. Ad Antigua il pulmino dell’ Hotel Pineapple ci sta aspettando per portarci a destinazione: il paesaggio è piuttosto deludente perché è un po’ brullo e ancora di più gli altri ospiti dell’Hotel che sono saliti con noi: un gruppo di zotici che probabilmente non hanno mai messo il naso fuori di casa e si sentono dei colonizzatori, cominciano subito a sbraitare in dialetto veneto perché il loro prezioso telefonino non prende…. L’atteggiamento da Bianco Colonizzatore che hanno certi all’estero è una cosa che proprio non sopporto, li prenderei a calci e li rispedirei nel loro pidocchioso paesino di provenienza! Un’altra coppia che si atteggia a supersnob si fa subito notare, raccontando a tutti che fino al giorno prima loro erano a Cortina a sciare (ma a noi che cosa ce ne….) per non parlare di Miss Silicone che probabilmente avrebbe dovuto scegliere un chirurgo plastico migliore dato che di naturale sembra non avere più neanche le dita delle mani. In cuor nostro siamo piuttosto stupiti e speriamo che i nostri compagni di viaggio non siano proprio tutti così… Ma le sorprese negative non sono ancora finite e quando ci viene assegnata la stanza rimaniamo sconcertati: qualche genio ha abbassato talmente la temperatura sul termostato dell’aria condizionata che i vetri delle finestre sono letteralmente ricoperti di condensa ma DAL DI FUORI!!!! In pratica fa talmente freddo all’interno della stanza che la superficie vetrata ha raggiunto una temperatura inferiore a quella di rugiada dell’aria esterna. Pazzesco! Prima di coronare la vacanza con una bella polmonite, spegniamo immediatamente l’aria condizionata ed apriamo la porta e le finestre finché l’aria all’interno della stanza non raggiunge una temperatura decente. L’hotel è sul mare e bisogna dire che ha un bellissimo giardino molto curato. Anche la spiaggia non è male anche se c’è di meglio. Ci sarebbe pure una piscina, ma a noi non interessa per niente. Prima di cena un simpatico complesso locale ci allieta durante un rinfresco, suonando su degli strani tamburi ricavati da dei bidoni di metallo. Che fortuna: conosciamo la prima coppia italiana di ragazzi educati e simpatici, si chiamano Antonella e Claudio e vengono dal Piemonte.
Il mattino successivo, alle 10 c’è il “briefing” (cosa che noi normalmente ignoriamo) in cui la rappresentante del tour operator dà alcune indicazioni su usi del luogo, orari ed escursioni, ma più che altro ci sembra molto più interessata a vendere escursioni che a spiegare bene le cose, per cui ci viene il sospetto che riceva una percentuale su queste che, oltretutto, sono carissime, mai trovato escursioni così care in giro per il mondo! Nonostante tutto, tentiamo di prenotare il giro in barca dell’isola per il giorno successivo, ma è già tutto pieno e allora ripieghiamo sulla visita alla capitale St. John’s. Passiamo il resto della mattinata in spiaggia fino all’ora di pranzo. Questo è veramente gestito malissimo: il servizio è di una lentezza esasperante, il buffet di verdure è praticamente inesistente ed inoltre le pochissime pietanze tra cui si può scegliere contengono nella maggior parte dei casi cipolla cruda che io proprio non sopporto. Anche il pomeriggio lo passiamo in spiaggia facendo una passeggiata. Davanti all’Hotel c’è un po’ di barriera corallina, ma non è particolarmente attraente. La cena è decisamente meglio del pranzo anche se il servizio è sempre lentissimo.
Il mattino dopo alle 9 si parte per St. John’s. Nella capitale ci sono tanti graziosi negozi ed un mercato dove vendono tantissime cose diverse. Anche la 
Cattedrale è molto bella. Il sole splende e la temperatura è ottima: ci saranno 28 gradi e non è per niente afoso. Come al solito comperiamo un po’ di tutto: conchiglie, bamboline tipiche, pitture, e dopo tre ore ritorniamo al punto di ritrovo con due borse piene di cianfrusaglie. Fortunatamente sulla via del ritorno finiamo in auto con un’altra coppia di Bologna molto simpatica: Carla e Lelio. Ci dicono che anche loro si trasferiranno a Barbuda con noi il giorno successivo. Meno male, l’abbiamo scampata bella: sapevamo che doveva esserci un’altra coppia che doveva venire a Barbuda con noi, ma non sapevamo chi fossero i nostri compagni di viaggio ed eravamo piuttosto preoccupati vista la fauna presente in Hotel, invece c’è andata bene!!!! Dopo il solito squallido pranzo (la lista delle portate era SEMPRE la stessa) ed aver chiacchierato un po’ con Antonella e Claudio che purtroppo non sarebbero venuti a Barbuda con noi, ci risistemiamo al sole.
Dopo un po’ compare sulla spiaggia una signora del posto che si offre di farmi i capelli a treccine per la somma di 50 Dollari. E’ una bella somma, ma c’è da dire che per loro che non hanno molti mezzi il turismo è un’ancora di salvezza per cui acconsento. La signora mi racconta che ha ben otto figli da mantenere e che ha quarant’anni (io pensavo che ne avesse molti di più perché le mancavano addirittura dei denti). E’ brava e velocissima e dopo due ore mi ha riempito la testa di treccine (58) nelle quali ha infilato in fondo una pallina bianca e una nera per fare da peso e tenerle ben tese. Mentre la signora sta ultimando il lavoro accade una cosa buffissima: un tizio piuttosto bruttino con una incredibile pettinatura rasta si siede di fronte a me e mi dice, tra altre cose penose che tralascio, che vuole essere il mio “boy friend”… Nel frattempo Stefano sdraiato sul lettino a pochi metri da me si sta godendo la scena cappottandosi dalle risate (be’, se il tizio fosse stato Lenny Kravitz si sarebbe sicuramente divertito meno…). Io sulle prime resto sconcertata e poi gli rispondo che può domandarlo direttamente a mio marito se è d’accordo…al che lui sbigottito si alza velocemente e se ne va via con un certo imbarazzo. La sera a cena avviene un’altro episodio piuttosto fastidioso, Stefano indossa dei pantaloni lunghi e una maglietta girocollo: una maglietta piuttosto bella di uno stilista molto famoso che gli avevo regalato io, quindi non una t-shirt sporca o dimessa. Ma all’ingresso del ristorante all’aperto un’energumena piuttosto arrogante gli dice che con quella maglia al ristorante non può entrare perché non ha il colletto. Stefano, al contrario di me, è molto accomodante, per cui va a cambiarsi e si mette una camicia col suo bel colletto. Io, al posto suo, avrei mandato a chiamare il direttore della struttura, perché sul depliant del tour operator non c’era scritto che le magliette non erano consentite, per cui uno non è tenuto ad andare in vacanza con la valigia piena di camicie, e, del resto, lì non eravamo certo al Ritz o al Ledeyon. Oltretutto non è certo la presenza o meno del colletto che può decretare l’eleganza di un capo di abbigliamento: Stefano ha una serie di camicie, tutte con il loro bel colletto, comperate a Bali su una bancarella in spiaggia per 5 Dollari ciascuna che non si possono certo definire eleganti. Comunque quando sono tornata in Italia ho scritto una lettera feroce al tour operator, in cui ho elencato tutta una serie di cose che non mi sono andate giù, tra cui questa, e devo dire che loro sono stati molto obiettivi e ci hanno dato un rimborso.
Per fortuna il giorno successivo al pomeriggio è prevista la partenza per Barbuda e dopo il terzo pranzo con le stesse cose (non se ne poteva più, non avrei resistito un altro giorno) salutiamo Antonella e Claudio e ci dirigiamo con Carla e Lelio verso l’aeroporto. Barbuda è una splendida isola caraibica, molto poco frequentata e poco abitata (1200 abitanti) che si trova 40 km a nord di Antigua. Il volo dura circa una ventina di minuti e l’atterraggio sulla pista battuta non è proprio da manuale, ma il posto è meraviglioso e la visione dall’alto della lunghissima spiaggia e della laguna interna è mozzafiato. L’aeroporto di Codrington è buffissimo perché consta di un unico piccolo locale diviso in due e i “bagni” sono in una baracchetta a pochi metri di distanza.
Ci sta aspettando un signore che ci carica su una curiosa auto che ha le foderine dei sedili in tessuto leopardato. Ci dirigiamo verso il nostro albergo, l’Hotel Palmetto che è anche l’unico albergo dell’isola se si eccettuano i due club superesclusivi che si trovano a sud dell’isola: il K-Club di Krizia (dove, per intenderci, andava in vacanza anche Lady Diana) e il Coco Point Lodge. Arriviamo al Palmetto che è quasi sera, le stanze sono enormi e molto belle e dalla veranda si gode un panorama che ci lascia a bocca aperta: la spiaggia è immensa con poche piante basse ed il mare è magnifico.

L’Hotel ha solo 12 stanze ed è un vero paradiso, ben diverso dal caotico Pineapple e ci piace davvero molto. Ceniamo sul bordo piscina con Carla e Lelio e conosciamo anche una coppia deliziosa di Vercelli che ha ormai girato il mondo: lui è un medico in pensione e lei una signora simpaticissima che ha la verve di una ventenne.
Dato che è una follia non godersi un posto del genere, al mattino ci alziamo presto (molto prima di quanto io non faccia quando vado al lavoro) e alle 8.30 abbiamo già fatto colazione e siamo già nella magnifica spiaggia. Anche Carla e Lelio sono mattinieri per cui li ritroviamo pronti per la prima giornata di mare. La particolarità di Barbuda è che il mare porta sulla sabbia delle minuscole conchiglie rosa che le conferiscono appunto un caratteristico bel colore rosato, più marcato in certe zone e meno in altre in cui invece rimane bianca. Con un paesaggio del genere e con una così splendida giornata è un peccato rimanere ad oziare su un lettino per cui decidiamo di andare a fare una passeggiata e ci avviamo verso nord dove pare che la spiaggia si sviluppi ininterrottamente per decine di chilometri. La spiaggia è davvero un sogno ad occhi aperti: larga, stupenda e, soprattutto, deserta.

Camminiamo per chilometri senza stancarci, anche perché Carla ed io ci fermiamo di continuo per raccogliere conchiglie. Incontriamo soltanto i signori di Vercelli che sono partiti prima di noi e stanno tornando indietro. E’ bellissimo perché la temperatura è ottima e non si suda, la sabbia poi, essendo corallina, è quasi fredda. Torniamo appena in tempo per il pranzo: sono quasi le due del pomeriggio, siamo stanchi morti ma felici di essere approdati in questo paradiso. Al pomeriggio Carla e Lelio danno forfait mentre io e Stefano ci avventuriamo verso sud, ma da questa parte la spiaggia è molto meno bella perché il mare ha portato su un sacco di alghe e di altre porcherie: bottiglie in plastica, scarpe rotte… Infatti dopo un po’ torniamo indietro delusi anche perché siamo un po’ stanchi dopo la scarpinata mattutina. Dopo una bella cena andiamo a dormire perché ci aspetta un’altra giornata “faticosa”.
Il giorno seguente rifacciamo la passeggiata verso nord e riusciamo anche a prenderci un temporale: la pioggia cade si e no per due minuti ed il cielo è nerissimo, ma dopo un quarto d’ora le nuvole scompaiono come per incanto. Questa volta ci spingiamo ancora più in là e Lelio trova una conchiglia grandissima. Anch’io ne trovo una enorme, ma la mia è troppo pesante e, dopo averla fotografata, la lascio lì. 
Faccio un sacco di foto perché il posto è troppo bello e mi ispira molto. Il mare è incantevole anche se l’acqua non è caldissima. Riusciamo a tornare a mala pena per il pranzo e passiamo il resto della giornata godendoci un meritato riposo stesi sul lettino in spiaggia.
E’ arrivato ormai l’ultimo giorno, purtroppo, (a Barbuda saremmo rimasti volentieri qualche giorno in più) e al mattino io, Stefano ed i signori di Vercelli andiamo in escursione alla palude di mangrovie, che si trova nella laguna interna, per poi raggiungere il luogo in cui si trovano le fregate. Infatti a Barbuda vive la più grande colonia stanziale di fregate dei Caraibi (e non, come ha scritto qualche mostro di cultura sul sito di TpC, “passano di lì tra una migrazione e l’altra”… ho riso per un mese!!!!). Ogni anno migliaia di fregate nidificano proprio nella mangrovie della laguna. La gita è, al solito, parecchio costosa ma abbiamo voglia di fare qualcosa di diverso e, soprattutto, di vedere le fregate. Raggiungiamo il paese di Codrington e con una piccola barca veloce ci inoltriamo tra le mangrovie.

Ad un certo punto ci imbattiamo in un cimitero di Conch dove i locali depositano i loro gusci dopo essersele mangiate. Infatti c’è una credenza popolare per cui i locali sono convinti di dover depositare i gusci vuoti lontano dal mare perché, se le conchiglie vive vedessero la fine che hanno fatto le altre loro compagne, poi non si farebbero più prendere! Arriviamo finalmente al punto di avvistamento delle fregate. Siamo fortunati perché ce ne sono parecchie e soprattutto perché siamo nella stagione degli amori in cui i maschi (soliti esibizionisti) gonfiano vistosamente una grossa sacca rossa situata sotto il collo e cominciano talvolta a batterci sopra con il becco. Le femmine nel frattempo volano sopra i maschi e tra tanti scelgono quello che preferiscono, è di vitale importanza per ogni maschio allora, dare il meglio di se nella speranza di essere scelto!!! Ci fermiamo con la barca, ad una certa distanza per non disturbare, per osservarli e fotografarli. La gita si conclude con una passeggiata sulla lingua di sabbia tra il mare e la laguna, giusto per riuscire a prenderci le classiche quattro gocce d’acqua di un temporale. Torniamo per l’ora di pranzo e ci viene comunicato che il nostro aereo ha sei ore di ritardo quindi partiremo da Barbuda verso sera, anziché subito dopo mangiato come previsto. Ne siamo ben felici anche perché ci vengono lasciate gentilmente e gratuitamente le stanze, così ci possiamo godere un altro pomeriggio di spiaggia. Arriviamo all’aeroporto di Codrington verso le sei di sera e, nonostante non sia la stagione umida, veniamo divorati dalle zanzare. Con nostro enorme stupore, quando è ormai buio, arriva l’aereo che ci dovrà riportare ad Antigua: è un trabiccolo da sette posti esatti, molto rumoroso, che per sfruttare al meglio la pista inizia il suo decollo dalla zona erbosa. Quando iniziamo a vedere le luci di Antigua è un gran sollievo! Ritroviamo Antonella e Claudio e ci raccontano che al Pineapple, per poter tener la stanza nel pomeriggio, hanno dovuto pagare un extra, come se fosse colpa dei clienti se l’aereo aveva un così gran ritardo! Una cosa davvero vergognosa! Un gruppo di ragazzi che aveva prenotato per due settimane ci racconta che hanno deciso di rientrare dopo una sola settimana perché non ne potevano davvero più. Si aspettavano tutta un’altra isola e sono rimasti molto delusi, in primo luogo dall’albergo. Anche noi lo eravamo, ma Barbuda da sola è valsa il viaggio. Partiamo con destinazione Giamaica perché dobbiamo caricare altri passeggeri e poi finalmente rotta su Milano: il freddo di Gennaio ci sta aspettando.