
TUNISIA
– Magici Ksour e Deserto Bianco
24 Aprile
– 1 Maggio 2001
Una settimana di vacanza, una destinazione
vicina, voglia di un pizzico di avventura…. e di tanto caldo. In una
parola: Tunisia!
La Tunisia e’ un piccolo paese dell’
Africa del nord, molto vicino all’ Italia e ad essa legata non solo geograficamente
bensi’ anche storicamente. La visiteremo abbastanza in fretta perche’ il
tempo a nostra disposizione non e’ molto, ma scopriremo cose fantastiche,
vedremo posti incantevoli, respireremo atmosfere magiche! Uniremo storia,
natura, deserto, montagne, popoli in un puzzle multicolore che ci rimarra’
per sempre nel cuore!
Ci sposteremo con un’ automobile
a noleggio, una Uno, che ci portera’ lungo piste incredibili. Seguiremo
questo itinerario: Tunisi, Kairouan, Sbeitla, Tozeur, le oasi di montagna,
Douz, Matmata, El Jem.
Martedi’ 24 Aprile: Tunisi – Kairouan
Appena atterrati in terra africana
il caldo ci accoglie in un abbraccio morbido: un magnifico modo per passare
dall’ inverno alla primavera! C’e’ uno splendido sole e le persone dell’
agenzia di noleggio Camel Tour dentro all’ aereoporto sono molto cordiali.
Prendiamo in breve possesso della nostra Uno e, infilate le chiavi nel
quadro, diamo inizio alla nostra avventura tunisina!
Usciamo dalla capitale ed imbocchiamo
la strada asfaltata che si dirige decisamente verso sud. Nostra prima meta
e’ la citta’ di Kairouan, la quarta citta’ santa dell’ Islam dopo Mecca,
Medina e Gerusalemme. Appena vi giungiamo, l’ insistenza per cui sono famosi
un po’ tutti i nordafricani ci da’ il benvenuto! Riusciamo in tempi piuttosto
brevi a trovare una sistemazione spartana presso l’ hotel El Menema, dove
molliamo gli zaini per partire liberi all’ esplorazione della citta’.
La vita a Kairouan ruota naturalmente
intorno alla sua medina, dove ci immergiamo ora, godendo della liberta’
che dona il perdersi fra le mille viuzze e le mille botteghe. Dalla strada
principale, molto rumorosa ed affollata, partono numerose stradine secondarie,
dove regna invece un silenzio quasi irreale, fra colori tenui bianchi ed
azzurri che ci ricordano tanto la Grecia! E’ tutto bellissimo: i pavimenti
decorati su cui camminiamo, le porte colorate su muri tirati a candida
calce, le vetrine delle botteghe che espongono merci di ogni tipo.
Passo dopo passo arriviamo su una
stradina che costeggia il monumento piu’ importante: la Grande Moschea.
Quando sbuchiamo sulla piazza la vediamo in tutta la sua grandezza: sembra
piu’ una fortezza, coi suoi muri alti e privi di decorazioni, con la sua
forma essenziale…. ma l’ impatto e’ davvero notevole. Spicca soprattutto
l’ alto minareto, che vanta il primato del piu’ vecchio minareto del mondo,
essendo stato costruito nel lontano 728 d.C.
Dopo un buon te’ caldo (in Africa
e’ la bevanda piu’ comune ed e’ molto dissetante) ci accorgiamo che sta
calando la sera e cerchiamo dunque un ristorantino dove cenare. Ma le sorprese
non finiscono qui: dopo cena assistiamo infatti ad uno spettacolo all’
aperto di un gruppo di danza contemporanea tunisina, con una splendida
ballerina che indossa una semplice sottoveste… e che ci fa dunque dimenticare
momentaneamente di essere in un paese musulmano!
Mercoledi’ 25 Aprile: Kairouan
– Tozeur
Dopo una notte disturbata da frenate
e clacson, ci alziamo di buon’ ora e ci mettiamo subito in marcia. Ci dirigiamo
sempre verso sud, lungo una strada per buona parte fiancheggiata da verdi
ulivi. Arriviamo a Sbeitla alle 8 e, parcheggiata la Uno, ne visitiamo
il sito archeologico: una meraviglia, assolutamente da non perdere! Le
prime ore del mattino sono le migliori per la luce e per la solitudine
che verra’ rotta intorno alle 10 da interi pullman di turisti (soprattutto
giapponesi!).
La citta’ romano- bizantina ci sorprende
per l’ ottimo stato di conservazione di templi ed archi ed offre alcuni
dei monumenti piu’ belli che abbiamo mai visitato! Rispetto all’ ingresso,
sulla destra si trova lo spettacolare arco di Diocleziano, mentre sulla
nostra sinistra si ergono numerose rovine che risplendono nella luce dorata
del mattino. In posizione leggermente sopraelevata su di una magnifica
piazza tutta lastricata, si ergono i tre templi affiancati di Giove, Giunone
e Minerva. Osservarli da’ una gioia immensa e noi stiamo diversi minuti
ad ammirarli, cercando di immaginarci la vita frenetica delle persone che
qui abitavano, secoli e secoli fa. Poco oltre si trovano altre meraviglie,
fra cui un mosaico grande e perfetto, su cui ci dispiace camminare: e’
senz’ altro il clima secco di queste terre che ne ha reso possibile una
conservazione davvero invidiabile!


Un labirinto di muretti, stanze,
anfratti ci rapisce in un gioco che ci fa tornare bambini, mentre immaginiamo
l’ acqua zampillare da una fonte ben tenuta. Una strada lastricata si snoda
fra terreni arsi e conduce alla sommita’ settentrinale del sito, passando
attraverso un altro arco, dedicato a Settimio Severo: da qui si vedono
le rovine, attualmente non ancora sottoposte a scavi, dell’ anfiteatro.
Un’ altra cosa bellissima: i tunisini
hanno trasformato i dintorni del sito in uno splendido giardino con migliaia
di fiori di ogni colore…… insomma: non perdetevi Sbeitla per nessun
motivo!!
Riprendiamo il viaggio e ben presto
ci ritroviamo immersi in un animato, coloratissimo mercato: ora capiamo
dove erano diretti i numerosi carretti trainati da somarelli che abbiamo
incontrato questa mattina lungo la strada!
Attraverso piccoli canyon scavati
da fiumi vecchissimi e panorami molto varii, giungiamo a Sened Gare su
di una bella pista che abbandona l’ asfalto dopo 82 km.Qui domandiamo l’
imbocco di una nuova pista che conduce a Sened e Sakket, due paesini berberi
di montagna assolutamente lontani dal turismo.
La sterrata parte larga ed in pianura,
poi si alza tranquilla fra splendidi pendii selvaggi e non incontriamo
altri veicoli a motore.Ci conduce dopo 10 km a Sened, paesino millenario
con uno splendido esempio di architettura berbera e di vita campestre e
genuina. Appena fermiamo l’ auto si avvicina a noi un’ intera famiglia
cordialissima ed affettuosa; la signora ci porta dentro una stanzina che
profuma di paglia e ci mostra alcuni suoi lavori: cestini vegetali di ogni
forma e dimensione. La rendiamo felice comprandone tre e scattiamo loro
una bella foto. Poi notiamo sulla scarpata dietro al villaggio delle caverne
e saliamo a visitarle: si tratta di vere e proprie abitazioni trogloditiche,
segno che queste montagne sono davvero abitate da migliaia di anni! Entriamo
ed usciamo da questi buchi scoprendo piccole mensole, rialzi, corridoi,
scalette, archi tutti in pietra ed ancora una volta torniamo bambini: cosa
avremmo dato per giocare in posti come questi!!
Le persone di Sened vengono ad abitare
qui ancora oggi, quando le alte temperature estive fanno di questi buchi
dei luoghi freschi e vivibili!
Da quassu’ il panorama e’ mozzafiato:
si vede tutto il villaggio, il fiume che scorre sotto, le montagne che
chiudono la valle: meraviglioso! Il silenzio e la solitudine regnano sovrani.
Ripartiamo proseguendo sulla sterrata
che lentamente ma inesorabilmente si trasforma in una pista piuttosto dissestata:
ci rendiamo conto che sarebbe stato meglio affrontarla con un fuoristrada,
ma decidiamo di andare avanti. La terra lascia il posto a pietre via via
piu’ grandi e la Uno arranca penosamente. La velocita’ e’ ridotta al minimo,
ogni sasso viene superato con un abile gioco di frizione e freno e per
fortuna siamo in discesa! Dopo altri 10 km, che risulteranno lunghissimi,
vediamo in basso il secondo villaggio, Sakket. Ci sembra di riconoscere
alcune persone che ci guardano e ridono…… e non hanno tutti i torti!
Dobbiamo essere proprio buffi. Quando infine arriviamo ci sono due donne
ad accoglierci: sono vestite di povere cose ed hanno i denti tutti malati,
ma i loro sguardi ingenui e bellissimi esprimono una gran gioia di vedere
qualcuno; ridono e ci danno la mano. E’ difficile comunicare con loro poiche’
parlano solo il berbero, ma l’ esperienza sara’ indimenticabile! Vogliamo
sapere da loro se da qui in poi la pista migliora, ma come fare? Con dei
gesti e dei disegni per terra, alla fine capiscono cosa chiediamo loro,
scoppiano a ridere e ci dicono che si’, la strada da qui e’ piu’ tranquilla
e che arriva fino all’ asfalto. Le salutiamo ed andiamo a verificare di
persona. In effetti le cose migliorano subito e la pista torna di terra:
corre fra spettacolari gole chiuse da pareti di rocce stratificate dalle
sfumature violacee, impossibili da scordare!
Sono le 4 quando mettiamo le ruote
sull’ asfalto; siamo stanchi ma felicissimi. Ci rilassiamo sorseggiando
un buon te’ verde in un locale lungo la strada e ci divertiamo pensando
che saremo nei prossimi giorni al centro delle conversazioni delle persone
incontrate oggi!
Vogliamo arrivare a Tozeur entro
sera, cosi’ attraversiamo una zona desertica di basse dune candide, punteggiate
di bassi cespugli verdi. All’ improvviso, si alza una tempesta di sabbia
che ci fa rallentare fino a farci fermare e allora ne approfittiamo per
osservare le folate bianche che corrono veloci parallele al terreno: molto
scenografiche!
Proseguiamo coprendo i 90 km che
ancora ci separano da Tozeur: ci troviamo in mezzo al Chott El Jerid, un
vastissimo lago salato assolutamente bianco, che con le temperature alte
si trasforma in un enorme acquitrino ma che ora e’ compatto e cosparso
di tante montagnette di sale candido. Peccato che non ci sia piu’ tanta
luce, perche’ abbiamo letto che il lago assume colorazioni strane, molto
belle a vedersi. La strada corre leggermente sopraelevata rispetto al lago.
Ma avremo modo di parlarne meglio fra qualche giorno, quando lo attraverseremo
per il lungo!!! Al momento stiamo entrando a Tozeur e le uniche luci rimaste
sono quelle artificiali dei lampioni. Troviamo una stanza all’ hotel Continental.


Giovedi’ 26 Aprile: Tozeur – Tamerza
Dopo colazione partiamo alla scoperta
di Tozeur, che e’ una delle oasi tunisine famose per i loro datteri. A
soli 500 metri dall’ oasi, infatti, si estende un’ immensa palmeraia lussureggiante.
La cosa piu’ bella a Tozeur e’ girare
per le viuzze del quartiere vecchio, chiamato Ouled el-Hadef , ed assaporare
le meraviglie dell’ architettura locale: i muri delle case, infatti, sono
costruiti lasciando ogni tanto sporgere un mattone sugli altri, dando vita
a motivi geometrici veramente suggestivi! Questa tecnica si ritrova solo
qui per cui non perdetevela!
In seguito a questa visita, procediamo
sulla strada che lentamente si alza sulle pendici della catena del Jebel
en-Negeb, situata sul confine con l’ Algeria. Su queste belle montagne
si trovano tre piccoli gioielli che ogni turista sogna di visitare. Si
tratta dei tre villaggi berberi chiamati piu’ comunemente “oasi di montagna”
ed i cui veri nomi sono: Chebika, Mides e Tamerza . Le visiteremo in quest’
ordine.
La strada asfaltata attraversa un
panorama bellissimo, essenziale e semi desertico; dopo una sessantina di
km il colpo d’ occhio sulla verdissima palmeraia di Chebika, che risalta
sullo sfondo delle montagne brulle, rallegra il cuore. Arrivati qui, si
lascia l’ auto e si percorrono a piedi i bellissimi sentierini all’ ombra
fresca, passando attraverso una piccola gola molto suggestiva e seguendo
un corso d’ acqua cristallina fino alla sua sorgente incastonata nella
roccia. A sinistra del parcheggio, poi, si snoda un altro sentiero poco
battuto che si affaccia sulla pianura desertica e che porta a scoprire
un anfiteatro roccioso selvaggissimo.
Riprendiamo la strada spingendoci
fin sul confine algerino, dove nasce Mides. Il villaggio si trova in posizione
davvero spettacolare, costruito su di un lembo di roccia che si alza a
dividere due profondi canyon, sul fondo dei quali sono nate alcune palme
……… e da dove si sentono gracidare le rane! Seguiamo a piedi il sentiero
che si snoda lungo il margine del canyon meridionale, fino a raggiungere
un piccolo bar all’ aperto dove ci rilassiamo con due belle bibite fresche:
il caldo e’ incredibile!
Alcune bancarelle vendono begli
esemplari di rose del deserto a prezzi interessanti.
Torniamo ora verso sud fino a giungere
a Tamerza, il maggiore dei tre villaggi. La parte nuova non e’ particolarmente
bella, mentre e’ bella la parte antica del villaggio, oggi completamente
abbandonata a causa di una violenta alluvione nel 1969. Fra le vecchie
case color della terra spicca il biancore di una costruzione che potrebbe
essere una piccola moschea. A Tamerza ci sono due belle cascate, ed una
di esse si trova poco distante dall’ hotel Les Cascades dove restiamo a
dormire: le stanze sono delle belle casettine col pavimento di cemento
ed il tetto di paglia.
Durante la cena si avvicina al nostro
tavolo un ragazzo che ci fa diverse proposte: fra queste scegliamo di farci
accompagnare l’ indomani mattina sul tratto di pista intitolata al generale
tedesco Rommel, costruita prima del secondo conflitto mondiale, che corre
qua vicino.
Venerdi’ 27 Aprile: Tamerza –
Douz
Sveglia presto, colazione e poi
si parte con la guida in auto. Giunti a Redeyef, giriamo attorno ad un
trenino, monumento a quello vero che trasporta il fosfato che qui si produce
e che serve per la produzione del cemento. Procediamo lungo l’ asfalto,
fino a che questo lascia il posto ad una strada costituita di tanti spezzoni
di cemento: e’ la via Rommel, costruita per permettere ai corpi corazzati
di transitare attraverso il paese per raggiungere la Libia e proseguire
oltre. Il panorama e’ suggestivo, belle gole, bellissimo il colore della
roccia; ad un certo punto la guida ci fa scendere a piedi lungo il pendio
per entrare nella grotta ampia e dal panorama ai suoi piedi veramente sorprendente,
in cui girarono una scena importante del film Il paziente inglese.
La pista e’ lunga una decina di
km, poi si tuffa nello chott, il lago salato attraversato l’altro ieri.
Riportiamo dunque la guida a Tamerza e, a questo punto, siamo pronti per
riprendere la nostra strada, ovvero quella studiata da Taddy su cartina
e guida Lonely Planet. Ripercorriamo la strada panoramica verso Tozeur,
dove non ci fermiamo se non per aquistare dell’ acqua e per fare rifornimento
di carburante, quindi ci lanciamo decisamente verso sud ovest, sull’ unica
strada che si porta verso il confine algerino. Dopo una trentina di km
e dopo aver superato il paese di Nefta, avvistiamo sulla nostra sinistra
una sterrata che sembra proprio perdersi nell’ immensita’ dello chott:
e’ la nostra pista! Non ci spaventa il fatto di non avere un fuoristrada
(che in Tunisia all’ epoca della nostra visita non si poteva noleggiare
se non con autista!) e siamo eccitati per questa nuova avventura! Ci aspettano
ben 90 km di nulla!!
Inizialmente la direzione e’ decisamente
sud, poi sud sud est, infine sud est: consultiamo spesso bussola e cartina
per capire se siamo o no sulla pista giusta: ci sono infatti diverse diramazioni
ma paiono tutte secondarie a quella che seguiamo noi. I colori dello chott
sono tenui, tendono al bianco, al giallo ed al nocciola e molti miraggi
movimentano l’ orizzonte. Il sole e’ fortissimo e pure il caldo: e’ come
essere nel deserto! In effetti, incontriamo diversi punti dove la sabbia
la fa da padrona ed avvistiamo alcune famiglie di cammelli selvativi che
brucano tranquillamente spinosissimi cespugli.
La nostra attenzione aumenta ogni
volta che si presenta un bivio, poiche’ puo’ risultare molto pericoloso
abbandonare la pista principale: se infatti ci trovassimo ad attraversare
punti non sicuri dello chott, la crosta di terra e sale superficiale potrebbe
risultare troppo sottile per sostenere il peso della Uno!
A circa due terzi della pista, e’
segnato sulla cartina un nome: Bir Hadj Amor, un paese? Ci ritroviamo a
cercarlo con lo sguardo poiche’ deve essere pazzesco incontrare un paese
in mezzo a questa nulla, ma per quanto i nostri occhi si impegnino, non
avvistiamo altro che terra e miraggi. Iniziamo allora a provare un poco
di preoccupazione: non siamo dunque sulla pista giusta? La direzione e’
quella corretta, ma potremmo correre paralleli a quella giusta, ad ogni
modo ci tranquillizza la cartina. Se infatti avessimo sbagliato, procedendo
verso sud prima o poi si deve incontrare la strada asfaltata che corre
lungo il confine algerino e che porta a Douz. Ma mentre facciamo queste
considerazioni …… ecco che qualcosa di diverso dal solito panorama
cattura la nostra attenzione: un grande cartello giace inanimato a terra
a lato della pista. Scendiamo e lo raggingiamo, scoprendo ad un metro e
mezzo circa di distanza un pozzo. Indovinate cosa c’era scritto sul cartello?
Bir Hadj Amor!! Non un paese dunque, bensi’ un pozzo, importante molto
piu’ di un paese in mezzo a queste terre arse!!
Rincuorati riprendiamo la pista,
sorridendo a questa scoperta e dopo altri 15 km il dubbio ci lascia definitivamente
davanti al cartello, questa volta in piedi, che indica la direzione per
Douz, in prossimita’ di un incrocio di piste che ci pare uno svincolo autostradale!
Da questo punto in poi, la pista
si trasforma in un susseguirsi interminabile di cunette di sabbia e relativi
dossi e si snoda dritta dritta nel panorama desertico tanto da assomigliare
ad un lungo serpentone. La Uno si comporta piu’ che bene e scivola leggera
sulla sabbia resa soffice dal caldo della giornata.
Sonon trascorse quasi 3 ore e noi
siamo piuttosto stanchi …. quando vediamo finalmente in lontananza il
nastro scuro dell’ asfalto: ce l’ abbiamo fatta!! Abbiamo attraversato
le propaggini meridionali del lago salato piu’ vasto della Tunisia con
una Uno!!
L’ asfalto ora ci portera’ a Douz,
piccolo paesino ai piedi del deserto con una palmeraia tanto vasta da essere
considerata la maggiore oasi tunisina. Tutto lo chott e’ circondato, ad
eccezione del margine settentrinale, dal Grande Erg Orientale, uno dei
mari di sabbia del Sahara che si estende per circa 500 km verso sud ovest
in territorio algerino. Lentamente il panorama si fa dunque sempre piu’
sabbioso e dopo aver percorso altri 100 km di asfalto entriamo a Douz.
Molti turisti arrivano con fuoristrada e pullman: Douz rappresenta una
delle mete imperdibili di questo viaggio per il colore incredibile delle
sue dune!
Mangiamo qualcosa in un bel localino
lungo la strada e poi cerchiamo una sistemazione per la notte: l’ hotel
Mehari e’ perfetto e si trova molto vicino alle famose dune.
Il giorno sta scemando e la luce
si fa via via piu’ accettabile: ci togliamo gli occhiali da sole e osserviamo
finalmente i veri colori di questo mondo bellissimo. Ne approfittiamo per
fare un giro a piedi e ci incamminiamo verso le dune; siamo soli, i soli
turisti che vediamo sono appollaiati sulla groppa di alcuni cammelli che,
in fila indiana, procedono lenti ed ondeggianti verso il cuore del deserto.
Andranno a passare la notte nelle tende berbere e questo ci ricorda tanto
il viaggio che abbiamo fatto solo 4 mesi fa, quando abbiamo attraversato
a piedi il deserto libico dell’ Akakus, dormendo sempre in tenda. Che spettacolo!
Il colore delle dune qui e’ davvero
particolare, rosa chiaro, e non l’ abbiamo mai piu’ ritrovato uguale. Il
nostro ricordo di queste ore crepuscolari e’ carico di tenerezza proprio
per il colore dolce della sabbia
Si sta alzando un venticello fresco
che alza i granelli finissimi e li fa scivolare paralleli al suolo: sembra
di osservare un sottilissimo velo che si muove leggiadro verso luoghi ignoti
e, alzando lo sguardo eccolo la’, lo spazio ignoto, il grande e misterioso
Sahara, con i suoi immensi e solo apparenti vuoti. Il luogo del nostro
pianeta che piu’ affascina o terrorizza l’ animo umano!!
Ci incamminiamo lasciando per un
momento alle spalle la civilta’ degli alberghi e dei turisti e ci ritroviamo
immediatamente avvolti dalla solitudine e dal silenzio; ci sediamo sulla
sottile cresta di una duna rosa e da qui lasciamo che i nostri sguardi
si perdano nell’ immensita’, rimanendo in silenzio per non rovinare l’
atmosfera. Solo il vento che gioca con i granelli ci fa compagnia e la
sensazione e’ stupenda!

Sabato 28 Aprile: Douz – Ksar
Haddada
Anche oggi ci aspettano un sacco
di avventure. Il progetto e’ quello di arrivare a Ksar Ghilane, oasi persa
in mezzo alle dune e situata a circa 120 km da Douz. Partiamo presto, dunque,
seguendo inizialmente la strada asfaltata in direzione di Matmata ed abbandonandola
dopo circa 50 km in direzione sud est. Inizia qui una pista che attraversa
un panorama un po’ monotono e molto piatto e che si unisce dopo circa 30
km alla piu’ frequentata pista dell’ oleodotto (pipeline). Questa si dirige
decisamente verso sud ed e’ piuttosto sconnessa, sopprattutto per via delle
numerose e ravvicinate cunette di terra dura che rallentano l’ andatura.
Alternate a queste, poi, alcune insidiose lingue di sabbia delle dune che
si stanno lentamente materializzando ai lati della pista, non lasciano
margini di errore: se si vuole superarle indenni, infatti, bisogna affrontarle
a velocita’ sostenuta …. specialmente noi che non abbiamo un mezzo con
4 ruote motrici! Ed ecco iniziare l’ avventura: dopo una nuova serie di
cunette udiamo un rumore sospetto provenire dalla parte inferiore della
Uno. Ad una sommaria ispezione ci accorgiamo che la marmitta si e’ un po’
piegata e quindi adesso, ad ogni vibrazione, picchia contro la scocca.
Niente di preoccupante, comunque, e si ritorna alla guida! Dopo 12 km,
in prossimita’ di una lingua di sabbia un po’ piu’ lunga delle precedenti,
la Uno si lancia, ruggisce, scivola ….. ma poi urta contro due pietroni
nascosti dalla sabbia ….. e finisce miseramente insabbiata! Scendiamo
a constatare il danno, ma mentre parliamo fra noi, ecco arrivare due jeep
cariche di italiani! La solidarieta’ in questi casi e’ d’ obbligo ed e’
cosi’ che i 4 ragazzi si sistemano dietro e spingono, mentre Taddy e’ alla
guida ed il pilota di una delle due jeep, un omaccione gigantesco, di forza
solleva la Uno portando le ruote anteriori sulla sabbia piu’ alta, liberandola!!
Fantastico! Salutando e ringraziando tutti saltiamo sulla Uno e ci rimettiamo
in marcia. Da qui in poi i tratti di sabbia sono piu’ numerosi, e lo capiamo
dagli sguardi increduli che ci lanciano i turisti che vengono in senso
a noi opposto. Ma noi proseguiamo imperterriti.
Passati alcuni minuti, Taddy scende
a controllare per scrupolo il fondo della Uno ….. e fa una scoperta pazzesca!
Una centralina sta penzolando minacciosa: perderla in mezzo alla sabbia
significa perderla per sempre, siamo stati davvero fortunati! La fissiamo
piu’ in alto che riusciamo usando fascette e nastro isolante, poi ripartiamo.
Ormai la meta e’ vicina e di li’ a pochi minuti arrivaremo a scorgerla
fra le dune: un’ estesa palmeraia e qualche capanna di legno a formare
un minuscolo villaggio.
Parcheggiamo la Uno in uno spiazzo
battuto e ci addentriamo a piedi fra le palme. Solo i fuoristrada possono
proseguire da qui e ne vediamo diversi sfrecciare mentre noi ci tiriamo
da parte. Fra le palme si nascondono ben tre campeggi ed in uno di questi
ci sediamo all’ ombra per riposarci e per sgranocchiare qualcosa: il caldo
e’ davvero potente. Tutto intorni a noi c’e un gran silenzio e stiamo divinamente
…… finche’ non arriva un gruppo rumoroso ed allora decidiamo di ripartire
alla scoperta dell’ oasi. Poco distante, il secondo campeggio ci regala
una bella sorpresa: un laghetto limpido e freschissimo sotto le fronde!
Dietro all’ ultima fila di palme, poi, si scorgono le dune chiare del Sahara
e noi non resistiamo al loro richiamo: un altra breve passeggiata sotto
il sol leone e siamo proprio cotti a puntino! Mentre un solitario airone
si aggira fra le dune, noi facciamo lentamente dietro front in direzione
della Uno.
Al primo campeggio abbiamo chiesto
informazioni sulla pista che da qui porta a Ksar Hadada, dove vorremmo
arrivare per la notte. Le condizioni dovrebbero essere buone, cosi’ partiamo
tranquilli. Ci aspettano altri 40 km di pista! Il panorama gradualmente
si solleva e le dune sabbiose cedono il posto a colline morbide, gialle
e rosa, che assumono una luminosita’ magica nelle ore crepuscolari che
si avvicinano. Queste colline si trasformano via via in montagne, quelle
stesse montagne che accolgono i favolosi ksour tunisini, ovvero i villaggi
berberi fortificati che andremo a visitare nei prossimi giorni.
Lungo la pista incontriamo parecchia
sabbia ed in prossimita’ di un tratto in curva restiamo nuovamente insabbiati!
Purtroppo sulla Uno non ci sono gli scivoli e i pezzi di legno che ci siamo
portati dall’ Italia sono in questo caso inservibili: le ruote sono quasi
interamente sepolte! Tentiamo in ogni modo di uscire, proviamo di tutto,
scaviamo, cerchiamo pietre ma tutto inutilmente! Il problema e’ che questa
pista non e’ affatto frequentata, cosi’ decidiamo di tirare fuori la tenda
dal baule e sistemarci qui per la notte: abbiamo cibo e acqua e non moriremo
di certo! Domani passera’ qualcuno, forse.
All’ improvviso, ci pare di udire
un rumore di motori in lontananza, ma crediamo piu’ ad un’ allucinazione
che alla possibilita’ che stiano arrivando dei mezzi: il silenzio gioca
spesso scherzi come questo! Ma nel caso specifico, no! E’ proprio un rombo
di motori quello che sentiamo! Veloci si materializzano ben sei jeep, ancora
una volta cariche di italiani: gli sforzi prolungati ma convinti di tutti
i ragazzi danno i loro frutti dopo qualche minuto ….. e la Uno e’ ancora
una volta pronta a ripartire!
Peccato, e’ sfumata la notte nel
deserto, ma dormire in un morbido letto questa notte dopo tutte le fatiche
di oggi non e’ poi cosi’ male!
I restanti 25 km di pista ci regalano
belle emozioni: il panorama e’ sempre piu’ bello, specialmente verso la
fine, quando entriamo in una valle magica, selvaggia e pennellata di tutte
le sfumature del blu, visto che il sole ormai e’ sparito. Incontriamo alcuni
accampamenti berberi, dalle tipiche tendone di lana marron. Dopo una curva
scopriamo un numeroso gruppo di cagnolini, all’ apparenza selvatici, tutti
bianchi ed identici fra loro, che sprizzano gioia da tutti i pori!
Siamo sfiniti quando mettiamo le
ruote sull’ asfalto. Il primo hotel che troviamo si trova a 15 km da Ksar
Haddada: e’ un luogo piuttosto triste e buio ma siamo felici di essere
arrivati: una bella dormita non ce la toglie nessuno!!
Domenica 29 Aprile: Ksar Haddada
– Matmata
Al risveglio, troviamo ad accoglierci
un cielo coperto e piovoso. Tutto lascia presagire un intero giorno buio
ed incolore, ma come spesso capita in Africa, non sara’ cosi’. Il pomeriggio
sara’ infatti solare e limpidissimo!
Ripercorriamo la strada di ieri
sera in direzione delle montagne, ovvero verso sud. Oggi scopriremo alcuni
fra gli ksour piu’ belli della Tunisia!
Gli ksour rappresentano a mio avviso
il piu’ spettacolare elemento strutturale della societa’ berbera. Concepiti
in origine solo per conservare i cereali, divennero in concomitanza dell’
invasione da parte degli arabi, vere e proprie roccaforti per il popolo
berbero che cerco’ disperatamente di opporsi alla dominazione. Fu intorno
al settimo secolo dopo Cristo, dunque, che la gente inizio’ ad abitare
questi singolari villaggi; oggi sono quasi tutti abbandonati ed in rovina,
in alcuni casi sono stati avviati lavori di restauro, in altri sono avvenute
conversioni in hotel. In ogni modo, non si possono assolutamente perdere
queste meraviglie dell’ architettura antica, immerse in panorami spettacolari!
Gli ksour sono sparsi lungo le pendici
della catena montuosa chiamata Jebel Dahar, e proprio qui siamo diretti
ora noi. Il primo ksour che decidiamo di visitare e’ Chenini, ma quando
vi arriviamo piove talmente forte che optiamo per dirigerci ancor piu’
verso sud, dove in cielo compaiono ampie zone di sereno.
Giungiamo a Douriet che, in effetti,
il maltempo ha lasciato solo qualche pittoresca nuvolona bianca. Camminiamo
a lungo per la stradina che corre a cengia sul fianco di una dolce collina
e sulla quale si affacciano in una o massimo due file, le casette basse
e bianche. Da lontano, lo spettacolo su questo villaggio e’ incantevole!
Non incontriamo nessuno per strada e cio’ concorre a rendere questa visita
decisamente mistica! Vicino a dove si lascia l’ auto, il villaggio si sviluppa
su alcune terrazze ricavate sempre sul fianco della collina e si puo’ passare
dalle une alle altre tramite bei sentierini. Ci divertiamo ad entrare ed
uscire dalle abitazioni diroccate, in silenzio ma col sorriso stampato
in volto.

Seconda meta: Ksar Ouled Soltane,
il piu’ meridionale di quelli che vedremo, oltre ad essere il piu’ bello
ed il meglio conservato! Quando arriviamo al parcheggio, ci sono diversi
pullman, ma non ci lasciamo scoraggiare. Ci avviamo a piedi verso il centro
del paese moderno; passiamo attraverso uno stretto corridoio fra due case
….. e ci ritroviamo all’ improvviso di fronte ad uno spettacolo unico!
Una piazzetta chiusa fra costruzioni addossate le une strettissime alle
altre a formare un unico corpo, sulla cui facciata si aprono numerose porte
e finestre! Il colore principe e’ il giallo, seguito dal bianco e dal nero
degli interni, privi di altre aperture che non siano quelle che affacciano
qui, sulla piazzetta, per rispondere al meglio agli ovvii motivi difensivi.
Alcune scalette “aeree” formano begli archi sotto cui si passa quasi in
piedi e conducono ai piani superiori. Ma le sorprese non finiscono qui:
in fondo alla piazzetta c’e’ una bella porta di legno lavorato, e oltre
ad essa: una seconda piazzetta, un poco piu’ grande, a base quadrata. Un
mondo completamente chiuso, a se’ stante, talmente grazioso ed in miniatura
da fare tenerezza! Ci troviamo miracolosamente soli a goderci questo gioiello
e, rimanendo fermi nel centro, ruotiamo su noi stessi memorizzando ogni
angolo, ogni scaletta, ogni finestrella ed il cielo blu sopra di noi completa
il quadretto!
Saliamo una delle scalette; le scale
sono tutte rigorosamente esterne, vale a dire che nessuna delle stanze
e’ comunicante con le altre. Alcune sono molto ripide e dai gradini malmessi,
prive di protezioni, insomma: si puo’ anche rischiare di soffrire le vertigini!!
Dentro, le stanze sono squadrate e buie ed alcune hanno ancora la porta.
Cerchiamo di immaginare una giornata
di vita berbera dentro questo ksar, con donne che vanno e vengono, bimbi
che giocano ed uomini sui gradini a chiacchierare … ma al loro posto
si materializzano tanti cinesini, cosi’ lasciamo loro il posto e torniamo
alla Uno.
Ci dirigiamo ora ad Ezzahra, poco
piu’ a nord. Anche qui c’e’ uno ksar molto bello, cui si accede tramite
un corridoio ad arco e che ci dona un’ altra bella sorpresa. La piazzetta
e’ del tutto simile alla precedente, ma alcune case, quelle a pian terreno,
sono tuttora abitate! E mentre in una scorgiamo una persona che dorme,
ci rendiamo conto che quegli 8 o 9 uomini chiusi nei loro mantelli di lana,
seduti o sdraiati a terra a chiacchierare placidamente, sono venuti a trovare
uno di loro che vive qui.
Pranziamo appollaiati su una scaletta
con pane e olive, assaporando la frescura dell’ ombra e rilassandoci alle
dolci note di una lingua cosi’ diversa dalla nostra.
Poco prima di seguire gli altri
uomini fuori dalla piazza, uno di loro si tira dietro la piccola porta
di legno, per chiudere il suo piccolo, misero ma importante mondo.
Lasciamo anche Ezzahra e ci dirigiamo
alla volta di Guermessa. Arriviamo, dopo circa un’ ora, sotto le alture
di questo nuovo ksar, che rappresenta la parte vecchia di un villaggio
che si estende nella vallata e in cui vivono molti abitanti. Guermessa
vecchia e’ abbandonata da tempo e sovrasta come un arcano spirito protettore
la magnifica valle selvaggia ai suoi piedi. Giunti in auto alla fine della
strada ci guardiamo attorno: il sole leggermente velato dona un’ atmosfera
dolce al panorama ed il silenzio regna sovrano. In prossimita’ di una bella
moschea candida, parte una mulattiera veramente incantevole che corre sul
crinale fra due colline fino a raggiungere un villaggetto bianco disposto
a coprire la sommita’ di una piccola collina. Il colpo d’ occhio e’ incredibile
e decidiamo di godercelo il piu’ a lungo possibile sorseggiando un buon
te’ alla menta. Abbiamo infatti trovato un minuscolo locale scavato nella
roccia, con il soffitto a volta e con un bancone su cui sono esposti magnifici
oggetti di artigianato. Veniamo attratti da alcune ciotole di ceramica
colorate e da un bel bracciale d’ argento lavorato: il ragazzo sorride
contento, ha fatto giornata! Ci sediamo fuori col nostro te’ ed osserviamo
il mondo che ci sta attorno, immutato da moltissimi anni, pura e cristallina
l’ aria che respiriamo.
Ritorniamo alla Uno e ci allontaniamo
lentamente; dopo poca strada incontriamo l’ incrocio con la pista che ieri
sera abbaimo seguito per arrivare qui, quindi ripercorriamo il resto della
strada asfaltata che ieri sera non abbiamo visto bene per via della luce
scarsissima. A Ksar Haddada c’e’ un albergo da favola: e’ lo stesso cuore
dello ksar, trasformato ed adattato per ospitare i turisti. Quando siamo
andati noi, non era ancora iniziata la stagione turistica estiva e dunque
l’ hotel era chiuso, ma era comunque possibile visitarlo… e ne e’ valsa
davvero la pena poiche’ e’ qualcosa di pazzesco! Dietro una bella porta
di legno di palma si nasconde un dedalo di viuzze, corridoi, gallerie e
scalette, tutto in miniatura ed assolutamente bianco per assicurare al
massimo la frescura durante le calde giornate tunisine! Perdetevi fra le
mille piazzette sovrastate da ponticelli e scalette, visitate le camere
dai tavolini di pietra che verranno occupate dai turisti fra qualche mese:
e’ tutto bellissimo!
Si riparte, dopo aver preso un poco
di sole su un muretto dell’ hotel, alla volta di Matmata, verso nord.
Matmata e’ un piccolo villaggio
berbero pieno di turisti: durante il giorno brulicano i passeggeri dei
pullman che arrivano dal nord per una gita spesso di un solo giorno mentre
nel tardo pomeriggio, partiti i pullman, arrivano le numerose jeep dei
tour organizzati. Insieme ad esse, questa sera arriviamo anche noi, a bordo
della nostra piccola Uno, che ancora una volta si e’ comportata con onore
sulla lunga pista che abbiamo deciso di seguire per arrivare fino a qui!
Una notizia carina: nel bel mezzo della pista, subito dopo una curva, ecco
venire verso di noi un’ altra Uno: sono due ragazzi italiani, “avventurieri”
come noi che hanno fatto tante piste e che si sono come noi insabbiati
due volte! Abbiamo scambiato qualche parola e ci siamo domandati a vicenda
la direzione giusta e la condizione della pista davanti a noi!
La visita a Matmata, per chi viene
in Tunisia, e’ assolutamente da non perdere. Infatti, i berberi di queste
terre abitano da piu’ di mille anni in particolarissime case, costruite
sottoterra per fuggire al caldo insopportabile della lunga estate africana!
Prima scavano una sorta di pozzo, profondo circa sei metri, poi ricavano
nelle pareti di questo alcune nicchie che diventeranno stanze, imbiancano
tutti i muri dentro e fuori per tenere ancor piu’ lontano il calore, quindi
scavano una galleria che lentamente sale verso la superficie e che servira’
per entrare ed uscire di casa! Un’ idea geniale, oltre che molto pittoresca.
Purtroppo, gli abitanti di Matmata non sopportano piu’ di essere guardati
dall’ alto dai turisti … si sentono come animali allo zoo e non fanno
nulla per nascondere la loro insofferenza! Sono da capire … ma anche
noi non abbiamo resistito a dare un’ occhiatina in una di queste singolari
case … dopo esserci assicurati che nessuno fosse in casa!
Il modo migliore per poter capire
l’ architettura berbera di Matmata, comunque, e’ quello di dormire una
notte in uno degli hotel ricavati proprio da case berbere particolarmente
grandi. Noi abbiamo trovato una camera all’ hotel Sidi Driss, reso famoso
dal film Guerre Stellari, poiche’ proprio al suo interno e’ stata girata
la scena della discoteca. La spesa ci sorprende, per essere in un posto
cosi’ turistico: solo 45000 lire per la camera doppia, la cena e la colazione!
Alla reception ci consegnano le chiavi, poi ci accompagnano alla nostra
stanza. Appoggiamo gli zaini e andiamo subito in giro a scoprire questo
strano posto. L’ hotel si compone di quattro pozzi, collegati fra loro
mediante strette gallerie umide e freschissime, dai muri candidi; in tre
dei pozzi sono ricavate le camere, nel quarto ci sono un bar ed un ristorante
e sulle pareti sono ancora presenti pezzi della sceneggiatura ed alcune
foto. E’ ormai scesa la sera ed il cielo che sovrasta i pozzi si fa sempre
piu’ scuro, finche’ non si vedono che i puntini luminosi delle stelle.
E’ questo il momento piu’ magico all’ interno dell’ hotel, quando, aggirandoci
soli nelle gallerie scarsamente illuminate, si prova la netta sensazione
di passeggiare in un’ astronave e di vedere sbucare da dietro ad ogni angolo
un alieno! Ci divertiamo un mondo a provare queste emozioni e cerchiamo
di prolungarle fino a che arriva il momento della cena!
Siamo solo in dieci a dormire qui
questa notte, cosi’ nella saletta dal soffitto basso a volta adibita a
ristorante, trascorriamo una serata tranquilla e piacevole, gustando un
ottimo cus cus, buonissimi biscottini ai datteri ed il piu’ favoloso “briq
a l’ aeuf” mai mangiato in Tunisia! Si tratta di una specie di grosso raviolo
dalla pasta sottile e croccantissima, fritto e con dentro un uovo ……
meraviglioso!!
Dopo cena ci ritiriamo nella nostra
stanzetta, non prima, pero’, di aver provato un nuovo brivido dietro alla
schiena nell’ attraversare le gallerie buie! La camera e’ essenziale, piccola,
bianca e pulita: dormiremo divinamente! E’ stata una giornata piena di
emozioni e di scoperte e siamo veramente felici.
Lunedi’ 30 Aprile: Matmata – Mahdia
Dopo colazione andiamo a fare un
giro a piedi per Matmata, cercando un punto elevato per avere una visione
d’ insieme sul villaggio. Camminiamo per le strade asfaltate incontrando
diverse persone e, quando arriviamo nel punto piu’ alto, saliamo ancora
su una piccola altura rocciosa e ci sediamo qui in solitudine ad osservare
verso valle. Oltre le case moderne che si stendono subito sotto i nostri
piedi, lo sguardo si spinge verso la zona che ospita il nostro hotel: sembra
costellata di crateri! Ecco come appaiono le case trogloditiche dall’ alto:
tanti piccoli crateri!
Tornando verso la Uno, passiamo
attraverso un pittoresco piccolo mercato e ridiamo divertiti quando un
vecchietto ci offre la sua mercanzia: una collinetta di pesci secchi stesi
al sole!
E’ arrivata purtroppo l’ ora di
partire. Lentamente ci sposteremo verso la costa, abbandonando il deserto,
le montagne, i berberi e le loro belle usanze. In soli 27 km il mondo si
trasforma e restiamo sbalorditi da tanta diversita’! Si torna alla vita
“civile”, alle grandi arterie stradali, alla confusione dei grandi paesi
e delle citta’; le genti si fanno piu’ “aggressive”, piu’ stressanti. Diciamo
addio ai luoghi stupendi che abbiamo avuto la fortuna di vivere in questa
manciata di giorni, ma solo materialmente, perche’ i ricordi resteranno
per sempre impressi nelle nostre menti!
Dormiremo a Mahdia, sulla costa,
dopo una puntatina veloce a El Jem per vedere il suo bellissimo anfiteatro,
grande quasi quanto il Colosseo di Roma.
Martedi’ 1 Maggio: Mahdia – Tunisi
Arriviamo a Tunisi e ci viene subito
mal di testa per lo smog! Eravamo troppo abituati all’ aria pura delle
montagne! Sbrighiamo le pratiche per la restituzione della Uno e ci prepariamo
a lasciare la Tunisia.
Arrivederci Africa: ancora una volta
ci hai donato momenti magici e meravigliosi ricordi!!
Ndr: Le Foto di questo ed
altri meravigliosi viaggi si trovano nel sito dell’autore:
http://www.iviaggiditaddyegloria.it/
