LA MIA SECONDA POLINESIAAgosto 2008

di Manuela Campanale  [email protected]
 
La mia seconda volta in Polinesia Francese è stato un misto di sorprese meravigliose e di delusioni. Di solito evito di tornare due volte nello stesso posto ma questa seconda volta ho deciso di ritornarci per vedere isole che l’altra volta non avevo visitato. Solo a Maupiti ero già stata ed infatti questa seconda volta è stata un po’ una delusione, anche se devo ammettere che pure Taha’a è stata ben al di sotto delle mie aspettative. Sono stata invece letteralmente ammaliata dalla bellezza della passe sud di Fakarava e della laguna mozzafiato di Raivavae che attualmente sono senza dubbio i posti di mare più belli ed emozionanti che io abbia visto finora al mondo. Le isole Australi nel complesso sono state la sorpresa più inaspettata anche perché, oltre ad offrire panorami spettacolari e spiagge bianchissime con lagune strabilianti, sono fortunatamente ancora tagliate fuori da quel turismo di massa da “luna di miele”.

Di tutto questo devo ringraziare la mia amica Irene Ulivelli di Empoli, titolare dell’agenzia viaggi MARI ESTREMI a Fucecchio ([email protected]), splendida conoscitrice della Polinesia Francese, che mi ha dato diverse dritte molto interessanti riguardanti soprattutto le isole Australi. Per chi volesse farsi organizzare un viaggio in Polinesia Francese e non è in grado di fare da solo, non rischiate di finire nelle mani di altri tour operator ciarlatani che purtroppo popolano il web, il suo indirizzo di posta elettronica è il seguente: [email protected].

Ma andiamo con ordine: il viaggio, interamente organizzato da me, inizia il 25 Agosto. Partiamo da Venezia con Alitalia: destinazione Londra con scalo intermedio a Roma. Io normalmente preferisco non volare Alitalia per evitare il rischio di restare a terra a causa dell’ennesimo sciopero improvviso (alcuni anni fa infatti ho rischiato di perdere il volo per le isole Cook da Londra), ma l’unica tariffa che mi permetteva di andare in Polinesia Francese partendo il 25 agosto e spendendo meno di 1500 Euro era quella che proponevano Air New Zealand + Air Tahiti Nui con partenza da Londra e che costava circa 1300 Euro. Il volo Venezia – Londra mi è costato invece circa 100 Euro a persona dato che ho usufruito delle miglia che avevo per ottenere un volo gratis pagando solo le tasse aeroportuali per un totale quindi di 1400 Euro, tariffa ottima per quel periodo, di gran lunga inferiore a quello che si spende volando invece con Air France via Parigi.

Il volo Londra – Los Angeles dura circa 11 ore e oltretutto, una volta arrivati, nonostante già in possesso della carta d’imbarco dobbiamo fare nuovamente il ceck in, sorbendoci una fila lunghissima. Arriviamo a Papeete alle 4.30 del mattino e, al solito, una simpatica orchestrina composta da tre elementi ci attende per darci il benvenuto. Lo sportello bancario che si trova proprio all’uscita dell’aeroporto apre sempre in concomitanza degli arrivi internazionali per cui possiamo cambiare subito 2000 Euro (1 Euro = 120 PF). Lasciamo le valigie nel solito carissimo deposito bagagli (ben 20 Euro!) e poi saliamo su un taxi e ci facciamo portare al mercato (2500 PF). Prendiamo appuntamento con il taxista perché venga a riprenderci ad una certa ora. Il mercato a quell’ora è ancora chiuso, i banchi stanno aprendo un po’ alla volta. E’ sempre bello vederlo, ma ovviamente non mi fa più la stessa impressione della prima volta. Ci sono tante bancarelle di souvenir, c’è la zona del pesce, quella della verdura. Il piano di sopra è ancora completamente chiuso. Salgo al piano superiore per cercare lo studio di Efraima, famosissimo tatuatore polinesiano, perché vorrei prendere appuntamento per farmi fare un tatuaggio il giorno della partenza. Con mio grande rammarico scopro invece che sulla porta del suo studio c’è un cartello in cui si legge che Efraima è via fino al 13 settembre, il che significa che riaprirà il giorno dopo la mia partenza. Delusissima faccio un giro per il mercato ma non c’è niente che mi ispiri, dato che di collane con conchiglie ne ho ormai a decine per non parlare dei parei. Vengo attratta invece da dei tavolini posti sul marciapiede subito fuori il mercato in cui vengono vendute perle nere, anche molto belle, ad un prezzo bassissimo. Ne acquisto una decina, mentre mio marito si compera una collana fatta da una bellissima perla infilata in un filo in caucciù.
Appena finito di fare acquisti avviene un fatto che ci dà molto da pensare e che ci fa capire come le cose siano molto cambiate, decisamente in peggio, rispetto a 5 anni prima. Mentre io e mio marito stiamo tranquillamente chiacchierando davanti all’ingresso del mercato, lui nota che alcuni ragazzi ci stanno fissando con insistenza. Dopodiché parlottano tra loro finché uno si stacca dal gruppo e si avvicina alla mia borsa. Istintivamente io mi sposto e a quel punto lui fa finta di niente e tira dritto. La netta impressione che abbiamo avuto è che stessero pensando di scipparci e questo fatto mi è stato poi confermato da più parti: a Papeete ormai avvengono parecchi furti e scippi, di giorno soprattutto nella zona del mercato, mentre di sera praticamente in tutta la città. Anche nelle auto ci hanno detto che è bene non lasciare nulla di valore in vista. Che tristezza, ma dove è finita la Polinesia tranquilla e sicura del 2003?
Finito il giro al mercato, andiamo verso la chiesa dove un gruppo di persone sta cantando all’aperto, sedute nell’erba. Ci avviciniamo e conosciamo Chantal una signora polinesiana, che parla correntemente italiano in quanto, ci racconta, è stata adottata in Italia ma poi, una volta cresciuta, ha sentito il bisogno di ritornare nel suo luogo di nascita. E’ molto gentile e simpatica, ci parla con affetto dell’Italia e della sua famiglia adottiva che vede ogni tanto.

PAPEETE (TAHITI):


E’ ormai ora di andare ad aspettare il nostro taxi, ed infatti è già lì che ci sta aspettando. Ci porta velocemente in aeroporto dove abbiamo il volo alle 10.20 per Fakarava con scalo a Rangiroa. Partiamo puntualissimi. A Rangiroa sta piovendo a dirotto e la pista è un lago tanto che l’aereo fa una bella derapata all’atterraggio. Breve sosta e poi decolliamo questa volta senza problemi. Atterriamo a Fakarava in perfetto orario, ci aspetta un ragazzo mandato dalla pensione Aito Paradise (www.fakarava.org, [email protected]) che si trova abbastanza distante, nella parte sud dell’atollo. Saliamo su un pick up e facciamo diversi giri in quanto il tipo si ferma di continuo: per comperare la verdura, per prendere il pesce, per andare all’ufficio postale. Dato che è una giornata splendida con una temperatura ideale, a noi non dispiace affatto fare un po’ di giri per il paese e ne approfittiamo per vederlo e per fotografarlo. Dopo circa una ventina di chilometri raggiungiamo un molo dove una barca ci sta aspettando. Impieghiamo circa tre quarti d’ora per raggiungere il nostro motu dall’altra parte dell’atollo ed il mare è calmo. Arriviamo finalmente all’Aito Paradise dove conosciamo Tila e Manihi i due deliziosi proprietari e anche Aito, il loro splendido cucciolo di 7 mesi, incrocio tra un pastore tedesco e un labrador. La stanza che ci assegnano è veramente caratteristica, completamente in legno ed è molto bella, il bagno di tipo maldiviano è all’aperto, ma purtroppo non c’è l’acqua calda. Disfiamo le valigie ed incominciamo a sentire la stanchezza. Facciamo il giro del motu e notiamo con una certa preoccupazione che non c’è una vera spiaggia di sabbia fine, ma una parvenza di spiaggia fatta solo di graniglia grossa di corallo. Tira anche molto vento per cui serve una felpa leggera. Ci trasciniamo a cena un po’ rimbambiti. Oltre a noi ci sono altri 6 Italiani, si cena tutti assieme con dell’ottimo pesce e con le ultime forze che ci rimangono raggiungiamo il nostro bungalow e cadiamo a letto. 

Il giorno successivo siamo ben ritemprati e andiamo a fare colazione abbastanza presto. Per la verità è un po’ scarsa dato che c’è solo del pan cake da dividere tra tutti noi con the o caffè. La giornata prende tutta un’altra piega quando ci viene proposta da Tila la gita alla passe sud. Ci viene prospettato di tornare per il pranzo, ma preferiamo goderci un’intera giornata di mare per cui chiediamo a Tila se ci può dare dei panini in modo da restare a mangiare lì. Lei, gentilissima, in un attimo cucina per noi un vero pranzo e ci prepara tutto in una borsa termica. Saliamo tutti in barca, compreso Aito, e in circa 15 minuti raggiungiamo la passe. Lo scenario che ci si presenta è un qualcosa di indescrivibile, direi che da solo vale un viaggio in Polinesia Francese. Una laguna favolosa dalla quale emergono isolotti di sabbia rosa e tante altre isole un po’ più grandi coperte da palme. Alcuni ragazzi in barca con noi vanno a fare diving mentre noi ci facciamo portare su un isolotto da sembrare finto tanto è bello, dove si vedono 6 palme che crescono dalla stessa base. Siamo storditi da tanto splendore e facciamo decine di fotografie. Dopo mezz’ora rientrano i ragazzi del diving che passano a prenderci e verso le 11 ci trasferiamo su un vicino isolotto dove c’è già una coppia italiana in viaggio di nozze, tanto simpatica lei quanto invece lui è scontroso. Ci mangiamo le cose squisite che ci ha preparato Tila: pesce impanato e fritto, uova, verdure, ananas. Diamo gli avanzi ad Aito che è educatamente seduto di fronte a noi ma che poverino sta sbavando senza ritegno. Davanti ai nostri occhi c’è uno scenario incredibile, solo la laguna di Aitutaki alle isole Cook fornisce uno spettacolo paragonabile. Passeggiamo un bel po’ scattando un sacco di fotografie e poi ci sdraiamo a prendere il sole mentre Aito è molto occupato con la caccia al topo. Ce ne presenta, con orgoglio, uno morto stecchito, ma non riscuote molto successo perché quel povero topo ci fa davvero pena per cui lo sgridiamo. Verso le 17.30 ci vengono a prendere. Fare una doccia fredda non è proprio il massimo, ma in un posto del genere ci si potrebbe lavare anche in mare… Ceniamo al solito tutti assieme, si sono aggiunti anche dei Tedeschi e dei Francesi. Dopo cena parliamo con Manihi di tatuaggi e scopriamo così che i suoi due figli hanno uno studio a Papeete. Gli spieghiamo che vorrei farmi fare un tatuaggio per cui ci accordiamo per farmelo fare da uno dei suoi figli il giorno della partenza.

Il giorno successivo la colazione è molto più ricca perché c’è anche dell’abbondante pane con burro e marmellata oltre al pan cake. Gli italiani sono tutti in partenza, per molti di loro questa a Fakarava era l’ultima tappa. La coppia in viaggio di nozze ci dice che, di tutte le isole, Fakarava è quella che a loro è piaciuta di più e lo possiamo ben capire. Alle 9 saliamo tutti in barca e partiamo. Noi due fortunati, su nostra richiesta, veniamo lasciati sull’isola più grande, quella in cui abbiamo pranzato il giorno prima, anzi per l’esattezza noi tre perché c’è anche Aito. La marea è molto bassa per cui camminando tranquillamente con l’acqua alle ginocchia arriviamo fino a due isole di sabbia rosa che si trovano in mezzo alla laguna. Aito ci segue come un’ombra, tanto che per riuscire a farci delle foto senza di lui lo dobbiamo distrarre lanciando dei coralli che lui poi da bravo cane da riporto va diligentemente a prendere. Dopo un po’ di lanci però Aito giustamente si stanca e decide di riposarsi. Manifestando un’intelligenza che ci sorprende, si accuccia accanto ai nostri sandali lasciati su un isolotto lungo il percorso. Evidentemente ha capito che, per tornare indietro, dovremo per forza passare di lì a recuperarli. La giornata è davvero splendida. Nell’acqua bassa, vicino a riva, ci sono delle sogliole, pesci balestra Picasso e tanti pesciolini bianchi dalla coda gialla.
Alle 12 viene a prenderci Manea, un ragazzo che lavora al motu Aito, per portarci poco lontano, alla passe, per fare snorkeling. Passiamo davanti al Tetamanu Village che è chiuso, in ristrutturazione. Io ho troppa fame e sono fiacca per cui me ne sto seduta sulla riva mentre mio marito va in acqua con maschera e pinne. Torna dopo mezz’ora, esaltatissimo mi dice che ha visto un sacco di cose stupende, che ci dobbiamo tornare assieme. Finalmente mangiamo e poi ci facciamo un giretto per l’isola, con Aito che non ci abbandona un istante. Trova anche degli amichetti per cui è molto elettrizzato ed impegnatissimo a giocare con loro. La cosa che ci stupisce è che se qualche altro cane cerca di avvicinarsi a noi, lui lo tiene alla larga spingendolo via. Passiamo davanti alla chiesetta del villaggio e notiamo che nel vecchio paese ora ci abiteranno al massimo 10 persone. Andiamo oltre, camminando sui dei vecchi coralli frantumati e ormai grigi che formano un paesaggio quasi lunare. Facendo tutto il giro dell’isola arriviamo in un punto in cui si vede il reef e le onde del mare che si frangono su di esso. Torniamo indietro che sono ormai le 15.00 e decidiamo di fare snorkeling. E’ troppo bello, ci sono coralli ovunque anche se quasi tutti di colore giallo. C’è anche un pesce Napoleone enorme che sarà più di un metro di lunghezza. E poi pesci chirurgo neri e gialli e tanti squali pinna nera. Ritorniamo fuori e ci asciughiamo al sole, abbiamo appuntamento con Manea alle 16.15. Dato che è pieno di tatuaggi faccio una foto al suo e a quello di Federik, un altro ragazzo che lavora al motu Aito. Dopo la doccia parliamo con Manihi che si stupisce un po’ in quanto siamo gli unici Italiani che non hanno prenotato tramite agenzia. Ci dice che loro alle agenzie devono dare il 10% e che l’agenzia prende poi una percentuale anche dai clienti in quanto questi non sanno cosa verrebbe a costare se si prenotasse direttamente come abbiamo invece fatto noi. Ci prepariamo per la cena ed ho una gran fame. Si cena con un megapesce che dividiamo tutti assieme e tante altre cose. Restiamo poi a chiacchierare con Tila. Ci racconta aneddoti sull’isola e si rammarica perché dice che il più delle volte i nostri connazionali non sanno nessuna lingua al di fuori dell’italiano per cui è difficile se non impossibile comunicare con loro.

Siamo rimasti noi due soli perché gli altri clienti arriveranno nel pomeriggio e, dopo colazione chiediamo di andare ancora alle passe sud. Tila, gentilissima come sempre, ci prepara il pranzo e alle 9 partiamo. Anche Aito viene con noi, ovviamente. Ci facciamo lasciare all’isola con le sei palme contando sul fatto che non arrivino le barche che portano gli escursionisti dalle pensioni che si trovano a nord dell’atollo a guastarci la giornata, dato che c’erano il giorno prima. La marea è bassissima e nella laguna ci sono distese di coralli emersi. Anche la nostra isola è quasi completamente in secca. Ne approfittiamo per raggiungere a piedi un’isola vicina. Si può camminare all’asciutto ma andiamo via mare. Coralli, tridacne blu, verdi e viola. Aito è sempre con noi. Ci fa molto piacere averlo vicino perché è tanto simpatico ed affettuoso… tranne quando sto per fotografare un grosso e bellissimo anemone che si chiude non appena Aito ci passa a fianco. Dopo un giro di un’oretta torniamo e ci distendiamo su un piccolo isolotto di sabbia rosa che affiora dalla laguna. Man mano la marea aumenta l’isola si restringe, ma rimane sempre circondata da una bella spiaggia. A mezzogiorno mangiamo le nostre uova, il pesce fritto, i pomodori con olive, riso, ananas. Al solito il buon Aito si mette educatamente in parte e si prende gli avanzi. Stiamo stesi al sole fino alle 3 del pomeriggio, ci alziamo solo per scattare qualche splendida fotografia. Fortunatamente come previsto nessuno è arrivato a turbare la nostra pace. Manea ci viene a prendere puntuale e ritorniamo in hotel. Mio marito va a fare snorkeling vicino al motu mentre io e Aito lo aspettiamo pazienti sul molo. Purtroppo dobbiamo fare le valigie e siamo piuttosto tristi, Prima di cena io mostro a Tila alcuni siti internet italiani in cui si parla di Polinesia (tra cui questo di Steve) e chiacchieriamo un po’. A cena conosciamo due nuovi ospiti francesi molto simpatici. Hanno fatto diverse tappe in Polinesia e questa è l’ultima. Sono due persone che in fatto di viaggi hanno i nostri stessi gusti per cui ci scambiamo volentieri opinioni e consigli. Tra le varie cose ci raccontano di un loro viaggio nello Yemen e di come ne siano rimasti affascinati. Ceniamo e alle 9 siamo già a dormire dato che la sveglia è la mattina seguente alle 4! In realtà noi inizialmente avremmo avuto un volo per Raiatea alle 10.55, ma Manihi deve partire con il volo delle 8.00 per cui, dovendoci accompagnare in aeroporto, è stato necessario cambiare ed anticipare la nostra partenza per prendere il suo stesso volo.

Al mattino abbiamo una sorpresa, nonostante sia prestissimo, Aito ci viene a prendere davanti al nostro bungalow e ci accompagna al molo. E’ incredibile, ma evidentemente ha capito che partiamo ed è dispiaciuto perché per la prima volta guaisce ed ha le orecchie bassissime. E’ veramente toccante vederlo in quello stato, vorremmo portarlo via con noi, tanto ci siamo affezionati a lui. Abbracciamo Tila che ci mette al collo una collana di conchiglie e promettiamo di sentirci via e-mail (cosa che in realtà ora facciamo). Siamo proprio molto avviliti di dover partire perché Tila e Manihi sono due splendide persone e ci dispiace tantissimo lasciare questo posto incantevole. Salpiamo che è ancora buio, ma per fortuna il mare è calmissimo. In un ora raggiungiamo il molo dove prendiamo il pick up. Lungo la strada raccogliamo anche una famigliola con 2 bambini che sta andando in aeroporto. Abbiamo fame e prima di imbarcarci ci prendiamo due terribili panini all’aglio, praticamente quasi immangiabili.

FAKARAVA




Decolliamo in orario, facciamo scalo a Rangiroa dove, tanto per cambiare, sta piovendo anche questa volta e poi via verso Papeete. Lì in aeroporto incontriamo uno dei due figli di Manihi e ci mettiamo d’accordo per tatuaggio che farò il 12 settembre. Salutiamo tutti e dopo aver al solito depositato il bagaglio decidiamo di andare a prendere il truck che costa 130 PF a testa. Saliamo e chiediamo al conducente se è quello il bus che va al mercato e questi ci dice di si. Invece il tizio evidentemente non aveva capito niente, perché invece è quello che va nella direzione sbagliata, verso il Carrefour. Al capolinea abbiamo una discussione con quell’autista, un francese rozzo e bifolco, la peggior persona mai incontrata in Polinesia, che ci tratta come dei deficienti. Solo mio marito riesce a trattenermi dall’insultarlo pesantemente. Dobbiamo tornare indietro! Sull’autobus non possiamo fare a meno di notare che tra le persone che salgono il numero delle persone grasse. anzi obese. è altissimo soprattutto tra le ragazze. E’ praticamente impossibile vedere per strada una donna con più di 25 anni non dico con un bel fisico, ma almeno con un fisico discreto. Sembra incredibile, ma 5 anni fa le persone erano decisamente più magre, evidentemente le cose sono cambiate anche in questo campo.
Raggiunto finalmente il mercato, affamatissimi ci comperiamo e ci mangiamo una megabaguette farcita e una pastina. Acquisto un’altra bella scorta di perle da due bancarelle diverse, alcune sono davvero bellissime, grosse e luminose, alcune danno sull’azzurro, altre sul verde e altre sul color melanzana. Ne trovo anche una color champagne. Il segreto è cercare con pazienza in mezzo a quei mucchi di perle a pochi soldi, alcune sono orribili, con colori spenti o piene di imperfezioni, mentre altre sono stupende, luminose e con difetti impercettibili. Passeggiando di fronte al porto ci infiliamo nel negozio Blue Glue dove mi compero una bella canottierina nera. La ragazza che ci serve ha uno splendido tatuaggio sulla caviglia e così mi informo sui prezzi e sulle modalità per farlo. Andiamo a cercare la fermata del bus per tornare in aeroporto, ma evidentemente non è la nostra giornata fortunata: aspettiamo come dei polli nel posto sbagliato (dove altri babbei stanno aspettando da prima di noi) prima di capire che non è quella la fermata. Troviamo quella giusta appena in tempo dato che dopo nemmeno un’ora parte il nostro volo per Raiatea. Non appena fatto il ceck in ci comperiamo una splendida mega baguette al prosciutto e formaggio, ma non facciamo nemmeno in tempo ad addentarla che annunciano il nostro volo per cui mio marito si deve infilare sotto il metal detector brandendo la baguette sotto gli occhi increduli e divertiti di una simpaticissima signora addetta ai controlli che, per fortuna, anziché arrabbiarsi scoppia a ridere. Scopriamo che il nostro volo non andrà direttamente a Raiatea ma farà scalo a Huahine. E così alle 16.30 finalmente raggiungiamo Raiatea dove ci aspetta un tipo piuttosto robusto che ci accompagna direttamente alla barca per raggiungere La Pirogue, il nostro hotel che si trova su un motu a Taha’a, l’isola situata di fronte a Raiatea (www.hotel-la-pirogue.com, [email protected]). Dopo due tappe sull’isola principale in poco più di mezz’ora raggiungiamo il motu. Ci aspetta Giuliano, il simpatico proprietario del resort che ci offre subito da bere, e prendiamo possesso del nostro bungalow sulla spiaggia. E’ molto carino ed è molto meglio di come me lo aspettavo. Le foto sul sito internet non gli rendono giustizia. E’ tutto in legno e foglie di palma e ha una bella veranda con due poltrone-lettino. La cena è alla carta ed è davvero squisita anche se c’è una nota dolente: il locale in cui si serve la cena è molto bello, ma troppo aperto da tutti i lati per cui c’è un sacco d’aria che disturba un po’. Siamo talmente sfiniti che ci addormentiamo in un secondo.

Ci svegliamo alle 6.30 per la luce che filtra dalle finestre. La colazione è abbondantissima e molto varia, c’è veramente un’infinità di cose. Facciamo il giro del motu scattando diverse fotografie all’isola di Taha’a e poi andiamo fino dalla parte opposta, dove l’oceano raggiunge il reef. E’ una bellissima giornata e le foto si sprecano. Dopodiché abbiamo la brillante idea di prender su una piroga tutta in legno a due posti, dotata di stabilizzatore. Ci dirigiamo verso il motu su cui si trova il Vahine Island Resort. Per un po’ va tutto bene e in 25 minuti siamo nei pressi del Vahine ma poi il mare improvvisamente si ingrossa e arriva anche un gran vento, per cui decidiamo di tornare indietro. Ma il vento e la corrente ci girano e ci spingono al largo, verso Taha’a rendendo la nostra piroga ingovernabile, in un attimo ci troviamo al largo. Momento di panico, dopodiché proviamo e girare su noi stessi restando nel posto in cui siamo seduti e ci mettiamo a remare dalla parte opposta. Finalmente riusciamo a imporre noi la direzione alla piroga e, faticosamente, in mezz’ora raggiungiamo il nostro resort. Depositiamo la piroga e cerchiamo di darci una calmata per cui ci mettiamo sul lettino a prendere il sole. Tutto quel movimento ci ha messo fame per cui ci prendiamo una megabaguette per il pranzo. Ma la lezione della mattina non ci è bastata e dopo un’altra oretta di sole, irrequieti come sempre, prendiamo su le canoe in vetroresina. Stavolta però restiamo confinati nella zona davanti al motu in cui il mare è calmissimo per evitare di rimetterci nei guai. La sera ci regala un tramonto rossissimo ma anche tante zanzare. La cena è come sempre da ricordare.

Il giorno successivo dopo colazione abbiamo in programma un escursione a Taha’a ma Giuliano ci dice che purtroppo sarà solo di mezza giornata in quanto, a causa del mare troppo mosso, non si può andare a fare snorkeling al giardino dei coralli. Con noi partecipano al tour una coppia di parigini e Laura, una ragazza di Barcellona. In 5 minuti raggiungiamo la terraferma dove un pick up 4×4 ci preleva. Passiamo a prendere una coppia di americani che alloggiano al Taha’a Private Resort. Entrambi sono sulla quarantina e molto belli, alti, biondi e con gli occhi verdi. Attraversiamo l’isola, la nostra guida ci spiega parecchie cose e ci mostra piante di pompelmo, papaia, mango. Poi ancora il pandano ed anche una particolare pianta di ibisco selvatico i cui fiori al mattino appena sbocciati sono di colore giallo per poi diventare arancione nel pomeriggio mentre alla sera, quando cadono, sono ormai di colore rosso. Vediamo parecchi bellissimi fiori di frangipane e ci viene mostrato anche l’albero del pane e apprendiamo che il suo frutto in realtà assomiglia come sapore ad una patata. Ci sono poi anche diverse piante di carambola il cui frutto è molto decorativo in quanto una volta affettato ha l’aspetto di una stella. La nostra guida ci fa notare che ha nel giardino di ogni casa, verso la strada si trova una casetta di legno messa su un palo che a prima vista potrebbe sembrare quella della posta. In realtà queste casette sono molto lunghe e strette e servono invece a contenere la baguette che il panettiere passa a portare ogni mattina. La strada che attraversa la montagna è abbastanza dissestata, è indispensabile un fuoristrada per percorrerla. Ci fermiamo ad una farm perlier dove ci viene spiegato come “nascono” le perle. Come prima cosa è necessario che l’ostrica abbia almeno due anni di età. Viene aperta leggermente e innestata un pallina ricavata dal guscio di un’altra ostrica ormai morta. Il diametro di tale sferetta condizionerà la grandezza della futura perla. Dopo 18 mesi esatti le ostriche vengono aperte e ne viene estratta la perla che non frattempo si è formata. Questo si ripete per quattro volte, dopodiché l’ostrica non è più in grado di lavorare in quanto troppo vecchia. Se anziché aspettare 18 mesi l’ostrica viene aperta prima, facilmente la perla non sarà finita mentre se si aspetta troppo tempo la perla diventa brutta ed irregolare. La perla assumerà il colore del manto della conchiglia dell’ostrica, vale a dire sul nero, sul verde, color champagne ecc. Se la pallina inserita venisse rigettata fuori si formerebbe una struttura irregolare di forma pseudo cilindrica di scarso valore per cui a quell’ostrica si darà solo una seconda possibilità, se la sferetta verrà rigettata di nuovo significa che quell’ostrica non è idonea alla produzione di perle per cui la sua conchiglia verrà utilizzata per produrre sfere o verrà incollato sul suo guscio interno una pallina di plastica. Questa si ricoprirà di madreperla e quella conchiglia verrà utilizzata per fare dei souvenirs. Mediamente le perle hanno 12-13 mm di diametro. Facciamo una visita nel negozio di perle a fianco e scopro che le perle esposte costano 10 volte in più di quelle che ho preso al mercato, pur avendo apparentemente la stessa qualità delle mie. 
Come seconda tappa andiamo a vedere dove le tartarughe marine vengono curate ed allevate e per finire ci rechiamo alla piantagione di vaniglia, dato che Taha’a è famosa appunto per questa. La proprietaria ci accoglie gentilmente e ci spiega come si ricavano i baccelli di vaniglia. La pianta, che è della famiglia delle orchidacee, fiorisce da giugno a settembre. Durante questo periodo i fiori vanno impollinati manualmente perché gli insetti non sono in grado di farlo. Ogni giorno lei lo fa mediamente per 1500 fiori. Dopodiché, se tutto va bene, comincia a crescere un baccello che nel giro di alcuni mesi raggiunge i 15 cm. Dopo circa 9 mesi dall’impollinazione, quando il baccello è ancora verde, lo si raccoglie e lo si mette ad essiccare. Questo processo dura altri 8 mesi durante il quale il baccello deve anche venir massaggiato con regolarità. E per finire deve poi essere messo al sole ma solo nelle giornate calde e senza vento, per evitare che possa marcire. In pratica da 3 kg di baccelli verdi ne rimane solo uno di baccelli pronti per la vendita e da qui si può capire perché il loro costo sia così elevato. Alla fine del giro ci viene offerto dell’ottimo succo di pompelmo ed abbiamo l’opportunità di acquistare dei prodotti a base di vaniglia. Comperiamo un flaconcino di essenza di vaniglia per dolci a 1000 PF.
Finito il tour torniamo al motu e ci sdraiamo al sole, ma verso le 4 del pomeriggio il cielo si copre per cui decidiamo di andare a fare le nostre valigie ma, prima di cena, ci prendiamo un cocktail. Incontriamo Laura e ci fermiamo a chiacchierare con lei. Ci racconta che sta viaggiando da sola e che l’anno prima, ad Ottobre era già stata in Polinesia Francese con un gruppo di amici, ma aveva avuto un’esperienza disastrosa in quanto avevano preso tre giorni consecutivi di pioggia torrenziale a Moorea, dopodiché, a causa del maltempo, il loro volo per Bora Bora era stato annullato e quando finalmente due giorni dopo erano riusciti a raggiungere Bora Bora avevano preso nuovamente pioggia! La invitiamo a cenare al nostro tavolo e chiacchieriamo con lei. Ci apprestiamo a lasciare Taha’a che a dire il vero ci ha delusi. Ci aspettavamo una spiaggia molto più bella ed una laguna con una splendida barriera corallina, invece è tutto al di sotto delle nostre aspettative. Anche l’isola principale non ha nulla di veramente speciale. Taha’a non è nemmeno lontanamente paragonabile alla selvaggia Fakarava. La Pirogue è certamente un bel resort, ma non vale assolutamente i soldi che costa (200 Euro a testa al giorno per la mezza pensione). Se la gente che il più delle volte non ha mai messo il naso fuori di casa in vita sua non fosse disposta a spendere qualsiasi cifra pur di fare il proprio viaggio di nozze in Polinesia Francese, ci sarebbe sicuramente un miglior rapporto qualità/prezzo, come si trova invece in tanti altri posti splendidi del mondo ma che sono meno pubblicizzati.

La sveglia suona alle 5 di mattina perché alle 5.30 è prevista la partenza per raggiungere l’aeroporto di Raiatea dato che alle 7.00 abbiamo il volo per Maupiti.

TAHAA


La moglie di Giuliano ci ha già gentilmente preparato un vassoio in alluminio con la nostra colazione e ci congeda con le classiche collane di conchiglie. Saliamo in barca e per i primi 10 minuti sembra che vada tutto bene, ma non appena ci allontaniamo un po’ di più dal motu il mare si ingrossa in maniera inverosimile soprattutto in considerazione del fatto che ci troviamo in una laguna. La barca continua a saltare e a cadere pesantemente sull’acqua, veniamo sballottati in modo incredibile e ci vengono incontro onde di circa tre metri. Proseguiamo in queste condizioni terribili ma la cosa gravissima è che quando chiediamo al ragazzo che pilota la barca di indossare almeno i giubbini di salvataggio dato che temiamo il peggio, lui ci risponde che non ci sono. E’ ancora buio, le onde sono altissime e noi siamo ammutoliti per la paura oltre che notevolmente arrabbiati. Dopo circa 20 minuti di questo calvario (in assoluto la peggior esperienza della nostra vita per quanto riguarda gli spostamenti in barca) il ragazzo dice che la barca non ce la fa ad andare avanti perché è pericoloso e decide di rientrare al resort. Da una parte ci sentiamo sollevati perché proprio non ce la facciamo più, dall’altra pensiamo preoccupati al nostro volo perso per Maupiti. Il ragazzo chiama il resort per comunicare che stiamo rientrando ma dall’altra parte gli suggeriscono di spostarsi a sinistra verso i motu e di provare un altro percorso alternativo. Per fortuna pare che in questa altra zona il mare sia un po’ più calmo e così dopo un’altra mezz’ora finalmente riusciamo a raggiungere Raiatea, ma non l’aeroporto, bensì una zona in cui ci sono dei taxi con cui almeno potremo arrivare in aeroporto. Quando finalmente riusciamo a mettere piede sulla terraferma devo dire che avrei baciato il suolo. Il volo è puntuale e siamo ancora sotto choc quando saliamo, il vento è fortissimo e si balla parecchio anche in aria. Atterriamo a Maupiti dopo meno di mezz’ora. Ci aspetta Janine che era sul nostro volo di ritorno da Papeete, il figlio Nelson ed una tizia bassa, tonda, altezzosa (la compagna del figlio, scopriremo poi) che si rivelerà poi di una antipatia smisurata. E’ bello rivedere Janine dopo 5 anni, ma scopriamo che, a causa di una non ben precisata malattia, non è più lei ad occuparsi della gestione del resort Chez Janine (www.maupitilodge.com, [email protected]) purtroppo, ma il figlio assieme a quell’insopportabile compagna. Anche a Maupiti la laguna è un po’ mossa, ma non è neanche lontanamente paragonabile alle onde che c’erano a Raiatea. Fuori dal reef l’oceano è spaventosamente agitato tant’è che, ci dicono, il servizio del Maupiti Express che ogni giorno fa la spola da Bora Bora è sospeso da alcuni giorni. Sul motu Pae’ao oltre a noi c’è una coppia di mezza età ed una coppia francese con una bambina. Ci sistemiamo nel nostro fare (bungalow in polinesiano) e andiamo subito a fare il giro del motu. Il vento è sempre molto forte ed il mare mosso con un’alternanza di sole e nuvole. Attraversiamo tutta l’isola, facciamo tante fotografie e poi ci mettiamo in spiaggia a prendere il sole. Volendo, ci sarebbero da prender su le piroghe per fare un giretto e raggiungere il motu di fronte, ma purtroppo il mare è troppo mosso per cui non si può muovere perché si rischierebbe di essere capovolti o sbattuti sul reef, oltretutto noi con le piroghe abbiamo dimostrato di non avere molta dimestichezza… Si cena alle 19.00, si sente che manca Janine perché il livello della cucina non è neanche paragonabile a quello di 5 anni prima purtroppo. Alle 9 di sera siamo già a letto, sfiniti.

Il giorno successivo ci alziamo alle 7, c’è un sole stupendo ma sempre un gran vento. Noi vorremmo andare sull’isola principale, ma temiamo che non si possa fare a causa del mare mosso. Inaspettatamente Janine ci raggiunge mentre facciamo colazione, è fantastica come sempre e ci spiega molto cose interessanti su Maupiti. Ci dice inoltre che, se vogliamo, possiamo andarci; suo figlio ci accompagnerà. Siamo tutti d’accordo e alle 9.30 partiamo. L’odiosa compagna di Nelson si dimostra abbastanza seccata, dato che la sera prima ci aveva detto che non il vento non ci saremmo andati, ma fino a prova contraria è ancora Janine la padrona per cui Nelson ci accompagna senza fare problemi. Appena sbarcati nel villaggio di Vaiea, proprio di fronte al motu in cui c’è l’aeroporto, noi due decidiamo di percorrere tutto il perimetro dell’isola a piedi (circa 10 km) mentre gli altri decidono di noleggiare delle biciclette. La giornata è davvero stupenda, senza una nuvola. Ci incamminiamo verso destra, al solito ci sono fiori bellissimi ovunque: ibischi di ogni colore, buganvillee… Ci fermiamo per comperare dei dolcetti ripieni e fritti, da mangiare lungo la strada quando ci verrà fame. Poco più avanti una signora ci chiama e ci saluta: si chiama Terese ci dice e, scopriremo poi, ha sposato uno dei fratelli di Janine e ce lo presenta. Ci fermiamo un po’ a parlare con loro e poi riprendiamo il nostro giro fermandoci di continuo a scattare fotografie. Si incrociano pochissime auto ed anche pochissimi scooters, da questo punto di vista l’isola non è cambiata rispetto a 5 anni prima. Ci sono cani ovunque, ma nessuno di loro si è mai messo ad inseguirci o abbaiarci. Dopo circa due ore raggiungiamo la spiaggia di Tereira, l’unica dell’isola, e ritroviamo anche i nostri compagni. Ci fermiamo per un’oretta perché è un posto splendido. Il mare è di colore turchese, l’acqua è bassa e trasparente, insomma è la classica immagine da cartolina, con la sabbia bianca, finissima come borotalco. Nel tornare indietro inizialmente sbagliamo strada ma alla fine riusciamo ad attraversare l’isola e ad arrivare dalla parte opposta, quella da cui siamo partiti. Incontriamo dei bambini e abbiamo la sgradita sorpresa di constatare che, mentre 5 anni prima erano ben felici di farsi fotografare ed anzi ci rincorrevano per chiedercelo, ora fanno i preziosi ed addirittura chiedono soldi. Che delusione! Lasciamo perdere ed andiamo oltre. Comperiamo un grossissimo pompelmo da una bancarella. A differenza dei pompelmi che si trovano da noi e sono amarognoli, questi sono dolcissimi. Sulla strada c’è un piccolo negozio in cui vendono braccialetti, collane, anelli fatti di conchiglie, tutto molto bello. Ovviamente anche se ne ho già un sacco non resisto dall’entrare e comperare un po’ di cose: una collana fatta con gli aculei del riccio matita, un’altra fatta invece di conchiglie e persino un baccello di vaniglia. La signora che le vende è carinissima e mi regala un anello con una splendida conchiglia. E’ ormai arrivato il momento di tornare: Ci troviamo tutti al molo dove arriva Nelson a prenderci. Arrivati sul nostro motu io mi stendo al sole mentre mio marito va a fare un po’ di snorkeling. La sera, dopo cena, Nelson e la sua compagna organizzano un karaoke in cui ci esibiamo facendo la nostra pessima figura… il canto non fa decisamente al caso nostro e probabilmente quando ci avrà sentiti cantare My Way, il povero Frank Sinatra si sarà rivoltato nella tomba.

Il giorno seguente, a colazione arriva Janine a salutarci e a raccontarci ancora un po’ di cose interessanti sull’isola. E’ sempre molto simpatica e gentile ed è un piacere vederla. Dopo colazione invece, un ragazzo ci fa una piccola dimostrazione sulle noci di cocco e ci spiega un po’ di cose. Ci sono tre stadi: nel primo la noce è verde ed è buona solo da bere, nel secondo stadio la noce è ormai matura ed è buona sia da bere che da mangiare, mentre se dalla noce esce un germoglio significa che siamo al terzo stadio e ciò significa che all’interno, al posto del succo, si è formata una palla bianca, spugnosa. Il ragazzo si diverte poi a mostrarci come in pochi secondi si riesca ad aprire una noce di cocco. Finita questa dimostrazione arriva l’insopportabile compagna di Nelson che invita noi tre donne a dipingere dei parei. Con la maleducazione che l’ha sempre contraddistinta mi ignora da subito, rivolgendosi solo alle altre due signore in francese, nonostante lei parli anche inglese. Io ci metto un secondo a girare i tacchi e ad andarmene e finisco la mattinata sul lettino prendendo il sole. Mio marito e il ragazzo francese più giovane decidono di andare a fare snorkeling ma tornano poco dopo dicendo che l’acqua è torbida a causa del mare ancora mosso. Pranziamo con uno splendido carpaccio di tonno e passiamo il resto della giornata in spiaggia, con il sole che va e viene intervallato da degli acquazzoni. Verso sera Elsa, la bambina della coppia francese, da’ da mangiare ai pesci ed ecco che arriva una splendida razza. Facciamo appena in tempo a rientrare nei bungalow per la doccia che si scatena il diluvio universale. Ceniamo e paghiamo. Anche qui sorgono dei problemi con la solita tizia che non vuole accettare Euro come invece era scritto nella mail che mi aveva mandato. No comment, siamo talmente felici di toglierla dalla nostra visuale che non ci mettiamo nemmeno a discutere. Andiamo a fare le valigie: la mattina dopo si parte finalmente per Rurutu, la prima delle isole Australi!

Ci alziamo alle 5.30. Alle 6 c’è la colazione e subito dopo si parte, sia noi che le altre due coppie. Il tempo è ancora pessimo per cui Nelson ci dà delle cerate da indossare. Infatti mentre siamo in barca piove di nuovo.

MAUPITI



Arrivati in aeroporto salutiamo Nelson che ci mette al collo delle belle collane mentre miss simpatia non si degna nemmeno di salutare nessuno di noi. L’aereo atterra sotto il diluvio. Mentre aspettiamo di salire incrociamo i nuovi arrivati e notiamo una scena che ha dell’incredibile: vediamo che Nelson li saluta calorosamente accogliendoli con la classica collana di fiori, mentre nel frattempo la sua deliziosa compagna se ne sta seduta e seccata a giocare col telefonino. Alcune persone ci hanno poi detto che da quando Janine non sta bene ci sono state numerose lamentele da parte dei clienti, ma alla luce di quanto abbiamo visto, se Janine non riprenderà in mano la situazione non prevedo un futuro roseo per la sua pensione e mi dispiace molto per lei che invece è una persona splendida. Se la gestione resterà nelle mani della compagna di Nelson vi sconsiglio caldamente di metterci piede.
Decolliamo quando ha ormai smesso di piovere. Andremo a Papeete, facendo scalo a Raiatea. Sedendosi nella parte sinistra dell’aereo si ha una bella veduta su Bora Bora, bella si fa per dire, in quanto la costruzione selvaggia di megaresort ha letteralmente massacrato quella che sarebbe stata una laguna fantastica. Bisogna dire per la verità che a noi Raiatea non porta molta fortuna. L’atterraggio è pressoché indimenticabile in quanto, a causa del forte vento l’aereo oscilla paurosamente fino a pochi metri dal suolo e finalmente atterriamo!!!! Dopo un quarto d’ora si riparte per Tahiti dove sta splendendo il sole. Abbiamo da aspettare 4 ore prima di ripartire per Rurutu per cui depositiamo per l’ennesima volta le nostre valigie e, ormai esperti, prendiamo il truck per il centro di Papeete. Andiamo in una banca per cambiare degli Euro e finalmente ci riusciamo dopo 20 minuti di coda. Solita tappa al mercato (ormai mio marito lo odiava) per prenderci qualche cosa da mangiare tra cui un casco con 14 bananine. Ci comperiamo una maglietta ciascuno e a mezzogiorno riprendiamo il truck per l’aeroporto. Ogni volta rimaniamo sempre più impressionati dall’obesità di certe ragazze, alcune anche giovanissime, che salgono, ma dove sono le tanto decantate belle ragazze polinesiane? Noi non ne abbiamo visto nemmeno l’ombra!
Arriviamo appena in tempo per il ceck in dato che abbiamo perso tempo a guardare i negozi tant’è che al momento dell’imbarco ci troviamo con ancora le nostre bananine. Non è consentito portarle a bordo per cui alcune ce le mangiamo in fretta e furia mentre altre le dobbiamo abbandonare a malincuore. Il nostro volo per Rurutu non è diretto, ma fa scalo a Raivavae e a Tubuai. Ci impieghiamo un ora e tre quarti a raggiungerla. Rimaniamo senza fiato perché vediamo sotto di noi una laguna indescrivibile, una delle cose più belle che si possano immaginare! Splendida ed immacolata, senza l’ombra di resort a contaminarla. Speriamo solo, ci diciamo tra noi, che resti sempre così. Scalo di 15 minuti e poi dopo 40 minuti altro scalo a Tubuai. E finalmente, dopo altri 40 minuti atterriamo a Rurutu. Incrociamo la gente che prenderà il nostro posto in aereo e ci stupiamo nel vedere che hanno al collo parecchie collane ciascuno, tutte coloratissime e profumate. C’è un forte vento anche qui però. Ives, il proprietario della pensione Le Manotel (www.lemanotel.com, [email protected]) ci sta aspettando e ci mette subito al collo una collana di fiori e bacche rosse molto profumata. Il mare, vediamo, è parecchio agitato a causa del vento. Raggiungiamo l’hotel che è proprio molto carino, si trova a ridosso della montagna con il mare a pochi metri. Il bungalow, di struttura identica a quello che avevamo da Chez Janine, è bello e ben arredato ed immerso nei fiori. Hai ragione Irene quando nel tuo racconto di viaggio dici che è questo il VERO lusso!! Notiamo che fa freschino, ci vuole una felpa per la sera. Le Australi si trovano infatti ad una latitudine più bassa di quella delle isole della società. In effetti il periodo migliore per visitarle sarebbe Ottobre – Novembre quando fa più caldo, e non si è ancora entrati nella stagione dei cicloni. Per cena c’è del pesce alla vaniglia, indimenticabile, e persino un buon trancio di pizza come antipasto. Ives è molto gentile e fa di tutto per mettere a proprio agio le persone.

Il giorno dopo, fatta un’abbondante colazione, si parte verso le 9.00 per un tour dell’isola guidato da Ives. Assieme a noi c’è una coppia di Bordeaux e la loro bellissima figlia di 20 anni, altissima e sottile che, mi dice, sta facendo un corso per diventare stilista e fa anche la modella. Al mattino ci dirigiamo verso la parte nord dell’isola mentre al pomeriggio vedremo la parte sud. Ives, di origini francesi, è veramente innamorato della sua Rurutu e questo trapela in ogni istante da come ne descrive ogni angolo. Ci spiega ogni particolare dell’isola, le piante che vediamo, i frutti che crescono ovunque. Ci sono piante di caffè, di banane, si trovano manghi, papaie, pompelmi, arance selvatiche che però hanno un sapore amaro, ci dice. E poi tante piante di lime: quanti bei mojito si potrebbero fare!!! E poi ci sono tante grotte, ciascuna accompagnata da una leggenda. Una di queste grotte, vista dal di fuori ricorda stranamente la facciata di casa Battlò a Barcellona. Ci fermiamo in un belvedere che dà sul mare e vediamo delle onde impressionanti. Ives raccoglie uno splendido fiore di passiflora e ce lo mostra entusiasta. Ci racconta inoltre che il taro è una delle più importanti coltivazioni: è una radice che ha un sapore simile a quello della patata anche se molto meno buona, secondo me. Ives ci dice che Rurutu ha circa 2000 abitanti. Quest’isola ha una conformazione molto particolare che ricorda quella di Atiu, alle isole Cook: a pochi metri dalla costa c’è la barriera corallina, infatti come Atiu anche Rurutu è nata da un improvviso sollevamento del fondo dell’oceano. Quello che in origine era barriera corallina è poi emerso formando delle rocce grigie all’interno delle quali si scorgono ancora le forme dei coralli. A mezzogiorno torniamo per mangiare un insalata con del pesce crudo.
Alle due del pomeriggio si riparte, verso sud questa volta. Vediamo alcune belle spiagge una delle quale è molto suggestiva con dei bellissimi massi e poi ancora piantagioni di caffè, di ananas, di manioca da cui si ricava la famosa tapioca che si usa per fare minestre. Percorriamo una strada ripidissima che ci porta nel punto più alto da cui c’è una bellissima veduta. Ci porta poi da un tipo di origine italiana, anzi umbra per la precisione, che alleva capre e produce formaggio, poi Ives ci mostra il forno all’aperto in cui si cuoce il corallo per ottenerne una polvere bianca utilizzata per dipingere le case. Rientriamo che è ormai tardi, giusto in tempo per farci una doccia e andare a goderci una gustosissima cena preparata dalla moglie di Ives, Helene.

E’ domenica e c’è sempre un gran vento. Al mattino decidiamo di prendere su le biciclette per andare al paese. In giro non c’è quasi nessuno, andiamo a vedere la chiesa e ci fermiamo a fare un po’ di fotografie. C’è un vento talmente forte che nell’affrontare una discesa con una bella pendenza non riusciamo a muoverci perché il vento ci spinge indietro. Torniamo in tempo per il pranzo e ci mettiamo in strada di fronte alla spiaggia in quanto alle 2 del pomeriggio dovrebbe venire a prenderci un tipo col quale Ives ha prenotato la nostra escursione per andare a vedere le balene. Rurutu è famosa infatti in quanto nei mesi da Luglio ad Ottobre ci sono gli avvistamenti delle balene. Il tipo arriva puntuale e ci chiede cosa vogliamo fare perchè secondo lui c’è troppo vento. Nell’escursione del mattino balene non se ne sono viste ci dice, per cui rimandiamo l’escursione alla mattina successiva: passerà a prenderci il giorno dopo alle 9. Cambiamo così i nostri programmi ed andiamo a camminare dirigendoci verso sud. Dopo un paio d’ore rientriamo, ma mio marito decide di andare a correre invece. Viene colto da un acquazzone per cui rientra fradicio quasi subito. A cena arriva gente nuova: altre due coppie di Francesi, tra questi una coppia che, (beati loro), vive a Noumea in Nuova Caledonia.

Al mattino alle 9 si parte per andare, si spera, a vedere le balene. Attraversiamo gran parte dell’isola per andare dalla parte opposta in cui il mare non è troppo mosso in quanto è riparato dalla montagna. Ci troviamo con parecchie altre persone, sono quasi tutti sub ed infatti loro indossano già la muta. Io invece sono piuttosto freddolosa e non sono molto intenzionata a buttarmi in acqua. L’organizzatore ci dice che il giorno prima balene non se ne sono viste né al mattino né alla sera. Considerando che costa parecchio ci scoccerebbe non poco entrare a fare parte della schiera di quei poveretti che hanno pagato la bellezza di 85 Euro per prendere solo un po’ d’aria in mare… Alle 9.30 finalmente usciamo dalla baia e ci mettiamo in marcia nel tratto di mare antistante. Siamo in tutto tre barche. Dopo circa 20 minuti ecco finalmente il primo spruzzo fuori dall’acqua e poi una grossa coda: la prima balena!! La inseguiamo per un po’ tutti eccitati e poi la rivediamo ancora. Ad un certo punto si immerge, un ragazzo della barca si butta in acqua e ci dice che la balena si trova proprio sotto di lui. Dopo un attimo invece si sposta e sembra sparire nel nulla. Ed invece eccola riemergere, enorme, ad una decina di metri da noi. In realtà vediamo che le balene sono due, le vediamo a lungo, ma poi si immergono e vanno sul fondo. Aspettiamo ancora un po’ per vedere se per caso riemergono ma niente da fare, le vediamo allontanarsi definitivamente. Dopo 2 ore si rientra, torniamo al Le Manotel, ci facciamo la doccia e poi le valigie. Alle 13 Ives ci accompagna in aeroporto, è arrivato il momento di lasciare anche Rurutu. Helene prima di partire ci mette al collo un’altra bellissima collana di fiori. In aeroporto troviamo un gruppetto di suonatori con alcune ragazze e 2 ballerini che attende i turisti. Ci imbarchiamo solo mezz’ora dopo l’orario previsto in quanto la pompa del cherosene è rotta, pare, per cui devono fare rifornimento con delle taniche… 

RURUTU




Dopo mezz’ora siamo già a Tubuai. Sta piovendo! Dopo una sosta di un quarto d’ora ripartiamo alla volta di Raivavae dove invece per fortuna splende il sole. L’aeroporto c’è da pochissimi anni e non essendoci abbastanza posto sull’isola è stato in parte costruito nella laguna.
Ci aspetta una bella ragazza con il cartello “Chez Linda & Nelson” (www.pensionlindaraivavae.pf, [email protected]). E’ Linda, che scopriremo poi, gestisce ormai la pensione da sola dato che Nelson, l’ex marito, è in realtà il figlio di Janine che è tornato da sua madre e che sta con quella tipa insopportabile. Linda invece è una bella ragazza ed è anche molto gentile, ci infila una collana di fiori e ci porta in auto alla pensione che si trova a pochi passi dall’aeroporto. Il nostro bungalow è semplice ma molto grande, con due stanze da letto e persino un soggiorno con divano. Linda ci offre un bicchiere di spremuta di frutta e ci invita ad andare con lei in auto a fare il giro del villaggio. Viene anche suo figlioletto che è una piccola peste, ma che per fortuna si addormenta subito in auto. Raivavae è un’isola davvero molto bella, con montagne verdissime, bei paesini e tanti fiori ovunque. Ma è la laguna il suo punto forte in quanto meravigliosamente colorata, e soprattutto non è ancora infestata dai lussuosi water bungalow che anno dopo anno hanno devastato la splendida laguna di Bora Bora. Secondo alcuni è l’isola più bella del Pacifico, una Bora Bora di 30 anni fa. In tutto il giro dell’isola non incrociamo nessuna auto, il che la dice lunga sul traffico. A cena mangiamo tutti ad un unico tavolo all’aperto: noi, Linda e due tipi simpatici che sono lì per motivi di lavoro. Sono entrambi di origine francese: uno vive a Papeete mentre l’altro a Tubuai e sono degli habitué di Chez Linda. Fa piuttosto freddino ed infatti una felpa pesante è d’obbligo. 

Il mattino dopo la colazione è superabbondante: Linda ci ha preparato delle omelette, inoltre c’è pane, burro, marmellata, formaggio, un dolce, vari tipi di frutta, the, succhi di frutta. Siamo strafortunati perché è una bellissima giornata per cui possiamo andare in escursione su uno dei 28 motu che racchiudono la laguna.
Alle 8.45 Daniel, un amico di Linda, ci viene a prendere con la sua barca direttamente davanti alla pensione. Raggiungiamo il motu di fronte in una decina di minuti. Già da lontano sembra bellissimo, ma quando lo raggiungiamo rimaniamo estasiati. Poco dopo arriva un’altra barca che scarica 2 coppie francesi ed una bambina, in pratica scopriamo che siamo noi 7 gli unici turisti presenti a Raivavae. Daniel scarica una cassa frigorifero in cui ipotizziamo ci sia il nostro pranzo. Restiamo in costume da bagno perché al sole fa davvero caldo e dopo aver depositato le nostre cose andiamo dall’altra parte dell’isola. Rimaniamo senza parole perché davanti a noi abbiamo uno degli scenari più spettacolari che si possano immaginare. Devo dire che questo posto, assieme alla passe sud di Fakarava è il più bello che abbia mai visto nella mia vita e difficilmente, credo troverò mai qualche posto in grado di eguagliarlo. Di fronte a noi c’è una laguna con colori dal verde chiaro al turchese, dal blu all’azzurro cielo, ed in mezzo tanti isolotti fatti solo di sabbia bianca, isole più grandi ricoperte di palme, con un alternarsi di colori sorprendente. Ci godiamo quella meraviglia e fotografiamo ogni scorcio. Quando torniamo indietro, Daniel invita tutti ad andare con lui a cercare le tridacne. Facciamo una passeggiata fino in fondo al motu. Lui va in acqua e ne prende alcune. Le apre con un coltello e ci invita a mangiarle crude. A me fanno decisamente schifo per cui declino gentilmente l’invito. Vedo sulla sabbia molti aculei di ricci matita color verde chiaro e vado in mare sperando di vederne alcuni ma niente, nemmeno l’ombra. Daniel, finite le tridacne, prende anche un polpo bello grosso. Torniamo indietro continuando a scattare foto e ci stendiamo al sole mentre Daniel ha allestito un barbecue e sta cucinando del tonno precedentemente marinato nelle spezie e del taro. Mangiamo tutti insieme prendendoci direttamente il pesce dal barbecue. E’ veramente squisito, il taro invece non è molto saporito. Concludiamo con del pompelmo dolcissimo. Ci ristendiamo al sole e poi continuiamo il giro del motu. La laguna davanti, verso Raivavae è bassissima per un centinaio di metri per cui, essendoci una sabbia bianca l’acqua è di una trasparenza mai vista, appena cambia la profondità cambia anche colore. Purtroppo alle 16 si torna indietro. Linda ci sta aspettando sulla terraferma  fronte al motu e ci riporta in hotel.
Ci cambiamo ed usciamo per una camminata. Ci sono pochissime case, è tutto molto selvaggio, ci sono ovunque piante di banane, di cocco e tanti maialini sulla strada. Appena scende il sole, al solito la temperatura si abbassa non poco. La cena è superba: Linda ci ha preparato un carpaccio di pesce, verdure gratinate, carne di maiale. Dopo cena vengono due amiche di Linda molto chiacchierone e simpatiche. Una di loro suona la chitarra mentre l’altra canta. Linda si esibisce per noi in una danza polinesiana. E’ davvero aggraziata e balla molto bene. Ci racconta che ogni tanto lei ed il suo gruppo si esibiscono nei locali in cui c’è la serata delle danze. Ci racconta che in Polinesia le bambine iniziano a ballare a 3 anni. Chiacchieriamo un po’ con lei e le sue amiche, ma purtroppo è già ora di fare le valigie un’altra volta perché il giorno successivo partiamo per Tubuai, la nostra ultima tappa.

RAIVAVAE






E’ una brutta giornata da tutti i punti di vista: ci dispiace abbandonare un posto così incantevole e Linda che è davvero deliziosa, inoltre sta piovigginando. L’aereo ha 40 minuti di ritardo. In aeroporto incontriamo una delle amiche di Linda che con il marito gestisce appunto il piccolo bar. Salutiamo tutti, riceviamo una collana anche dall’amica di Linda e ci imbarchiamo. Atterriamo a Tubuai dopo 35 minuti. Anche qui il tempo è brutto. Sul nostro aereo viaggia anche la fidanzata del capitano dell’esercito francese che è a Tubuai e quando arriviamo lei viene letteralmente ricoperta da collane di fiori e conchiglie dai commilitoni del suo fidanzato. La fanno salire anche su un carrettino e la portano fuori dall’aeroporto con una buffa cerimonia. La proprietaria del Vaitea Nui (www.vateanui.com, [email protected]) che lo gestisce assieme al marito Boris ci sta aspettando, ma senza collane questa volta. Con noi c’è anche Christian, uno dei clienti della pensione Chez Linda. I bagagli tardano ad arrivare: li aspettiamo per 20 minuti. In 10 minuti raggiungiamo comunque il Vaitea Nui che è un po’ in collina. Ci viene assegnata la stanza 3 che è di colore verde, ogni stanza è diversa dall’altra. Usciamo per cercare un ristorante, dato che è ormai mezzogiorno, ma pioviggina ad intermittenza. Raggiungiamo un ristorante sulla strada principale e lì conosciamo una coppia francese che ha dei parenti a Moorea per cui ogni anno, ci dicono, sono qui in visita e trascorrono qualche giorno su qualche isola. Sono estremamente gentili: li incontriamo poi nuovamente lungo la strada, sotto un acquazzone, e ci accompagnano in albergo anche se abbiamo addosso i nostri impermeabili. Vorremmo noleggiare un auto, ma non si sa a chi rivolgersi. Usciamo più tardi per fare una passeggiata verso la montagna ma rientriamo presto perché sta già facendo buio. Alle 7 si cena tutti assieme intorno allo stesso tavolo: noi, Boris, Christian. Parliamo della sicurezza a Tahiti e ci confermano che la situazione negli ultimi anni è andata via via peggiorando. Ci sono delle vie nel centro in cui è meglio stare attenti in quanto ci sono stati scippi e furti, soprattutto la sera. Anche in auto ci confermano che è bene non lasciare niente di allettante in vista. Andiamo a letto alle 9 di sera, stanchissimi.

E’ arrivata ormai la fine del nostro viaggio: questa è l’ultima giornata a Tubuai e domani si torma a casa. Ci svegliamo con il sole e decidiamo per un picnic sul motu. La partenza è prevista alle ore 9.00 sperando che il sole “tenga” ed il costo è di 7000 PF a testa. Invece, dopo colazione, Boris ci chiama per comunicarci che Nelson, il tipo che ci doveva portare, non può venire perché sta organizzando l’arrivo di una nave da crociera che dovrebbe fermarsi a Tubuai. Ci propone un giro sul motu alle 13 del pomeriggio ed accettiamo. A questo punto prendiamo due mountain bike messe gentilmente a disposizione da Boris e ci facciamo un giro. Attraversiamo l’isola: c’è una bella serie di salite e discese che mi impegnano non poco, data la mia scarsissima propensione a pedalare. Dopo un po’ incrociamo di nuovo la simpaticissima coppia francese che si ferma a salutarci. Invidio tantissimo la loro bella auto comoda… e via a pedalare. Quando abbiamo ormai raggiunto la costa dall’altra parte dell’isola, inizia a piovigginare. Troviamo riparo in una cabina telefonica ma dopo 5 minuti per fortuna smette. In un baracchino che vende snack poco vicino ci prendiamo una bella fetta di torta fatta in casa: pan di spagna con crema e pesce sciroppate, divina a dir poco! Decidiamo di tornare costeggiano il mare, in tutto saranno 25 km. E’ bello perché le macchine sono rarissime. Dopo circa 3 ore, verso le 13 arriviamo in albergo. Nelson ci sta aspettando e decidiamo, date le condizioni del mare piuttosto mosso a causa del vento, di andare solo al motu chiamato One. Raggiungiamo con l’auto di Nelson la barca che è ormeggiata proprio vicino al nostro hotel e raggiungiamo il motu in 5 minuti, in mezzo alle onde. L’isola è fatta di sabbia bianchissima e ci sono pochissime piante, il che significa che si è formata da poco tempo. Nelson ci racconta un sacco di cose sull’isola e sulla sua vita: è simpaticissimo e parla inglese molto bene. Ci racconta anche che le piante sono state spazzate via da uno tzunami nel 1998 per cui l’isolotto non è recente come si pensava. Ci dice che è arrivata un’onda alta ben 6 metri che ha distrutto anche la strada. Restiamo sul motu per due ore e mezza a parlare di Tubuai, di come si stanno evolvendo le cose in Polinesia e nell’Europa. Nelson è una persona molto intelligente che non dice mai cose banali o scontate, ma fa sempre un’analisi sensata di ogni cosa. Alle quattro e mezza torniamo indietro ed arriviamo a riva bagnati a causa delle onde ancora alte. Paghiamo un prezzo di favore: 6000 PF in due. Ci facciamo un doccia mentre fuori scoppia il diluvio universale, pensare che sul motu c’era un bellissimo sole invece. 
A cena conosciamo anche Cyril, capitano francese e la sua ragazza, quella che era arrivata assieme a noi e che aveva dovuto “subire” tutti quei festeggiamenti. Lui è un tipo spassosissimo, è a Tubuai da un anno mentre lei si fermerà lì per 10 mesi. La cena è buona e la compagnia veramente molto divertente.

Si parte subito dopo la colazione. Boris ci accompagna in aeroporto dove incontriamo anche Cyril e ritroviamo per l’ennesima volta anche la simpaticissima coppia francese che sta mangiando uno snack nel bar dell’aeroporto. Ci salutano mentre stiamo salendo sulla scaletta dell’aereo e persino quando siamo seduti li salutiamo attraverso il finestrino… 

TUBUAI


Dopo un’ora e quaranta minuti siamo a Papeete. Per la quarta ed ultima volta depositiamo i bagagli e prendiamo il bus per raggiungere il centro. Ci fermiamo davanti allo studio dei fratelli Salmon dove ho appuntamento alle due del pomeriggio per il tatuaggio. Mentre aspettiamo che arrivino andiamo al bar a mangiarci un panino con una birra. Alle due andiamo a suonare allo studio ma non risponde nessuno. Riproviamo dopo un quarto d’ora, poi dopo mezz’ora ma niente, non arriva proprio nessuno. Non abbiamo nemmeno con noi il numero di telefono , chiediamo notizie alla barista ma lei ci dice che a quanto ne sa i due fratelli non ci sono, sono in vacanza. A quel punto decidiamo di andarcene a fare un giro al mercato anche perché ci sembra inutile aspettare ancora. Raggiungiamo il secondo piano in cui c’è lo studio di un certo Simeon, fratello di Efraima, anch’esso tatuatore e scopriamo che Efraima, che ha lo studio a fianco c’è: è tornato in anticipo! Entriamo mentre sta tatuando sulla caviglia e sul piede un bellissimo geko fatto di segni tribali ad una ragazza grassissima. Gli chiediamo se mi può fare il tatuaggio e ci dice di si, possiamo tornare dopo un’ora. Evidentemente avendo previsto di rientrare più tardi non ha preso appuntamenti per quel giorno. Che fortuna incredibile!!!! Facciamo l’ennesimo giro per il mercato dove compero un’altra quantità di perle nere e torniamo dopo un’oretta. Sta ancora finendo il tatuaggio alla ragazza che mi pare non stia soffrendo molto e questo mi rassicura. Nel frattempo ne approfitto per sfogliare i diversi cataloghi e scegliere, o almeno farmi un’idea del tatuaggio che vorrei sul polpaccio. Opto alla fine per un tatuaggio con un fiore di tiarè e dei simboli tribali, molto bello e soprattutto molto diverso dai tatuaggi che si vedono in giro un po’ dappertutto. Non appena la ragazza ha finito vedo con mia grande sollievo che c’è una grandissima pulizia: non solo ovviamente cambia l’arnese per bucare la pelle, ma anche tutto il resto, persino il cellophane che copre la lampada che usa per vedere bene le parti da tatuare. 
E’ il mio turno e tutto si risolve in poco più di un’ora, in maniera pressoché indolore. Pago 10000 PF. Alle cinque siamo fuori, andiamo verso il porto per fotografare l’ultimo tramonto polinesiano e poi prendiamo il bus che ci porterà in aeroporto. All’apertura del ceck in siamo in fila contornati dal classico branco di buzzurri italiani che ci fanno venire i brividi: ne sentiamo di tutti i colori tra cui una tizia lamentarsi dato che ritiene di aver diritto al posto largo in prossimità delle uscite di emergenza perché è indolenzita da un tatuaggio che ha appena fatto e mi fermo qui con i commenti…
Ci imbarchiamo sul volo Air Tahiti Nui. Il fiore di tiarè che ci viene porto non appena saliamo è l’ultimo simbolo della Polinesia che ci accompagnerà fino a Los Angeles. Mentre mi imbarco mi chiedo se ci sarà una terza volta in Polinesia…

Maururu.

INFORMAZIONI PRATICHE:

Costo TOTALE dell’intero viaggio di 21 giorni (17 notti) 4150 Euro a persona.

Costo volo da Venezia 1390 Euro
Costo voli interni (2 pass) 430 + 225 Euro
Costo hotel Fakarava Motu Aito: 124 Euro al giorno mezza pensione
Costo hotel Taha’a La Pirogue: 226 Euro al giorno mezza pensione
Costo hotel Maupiti Chez Janine: 94 Euro al giorno mezza pensione
Costo hotel Rurutu La Manotel: 65 Euro al giorno mezza pensione
Costo hotel Raivavae Chez Linda: 52 Euro al giorno mezza pensione
Costo hotel Tubuai Vaitea Nui: 62 Euro al giorno mezza pensione