Atterriamo a Papeete alle ore 6.30 del 23 Agosto 2003. Sarà perché siamo ormai abituati ai viaggi lunghi, sarà perché né io né Stefano siamo delle lagne, ma arriviamo rilassati e riposati, nonostante siano trascorse ormai 28 ore dal momento in cui ci siamo imbarcati a Venezia. Sconsigliatissima quindi, a parer nostro, una sosta di una notte a Los Angeles, che farebbe perdere solo tempo prezioso. Dopo aver ritirato i bagagli passiamo al banco dellAir Tahiti per prendere il Tahiti Pass acquistato via internet alcuni mesi prima, andiamo allufficio della Banca che si trova in aeroporto per cambiare una bella quantità di Euro e ci dirigiamo senza perdere altro tempo verso la casetta che funge da deposito bagagli subito fuori laeroporto. Abbiamo i minuti contati perché il nostro volo per Huahine parte alle 12.35 e prima abbiamo assolutamente intenzione di andare a visitare il mercato di Papeete. Di fronte al deposito bagagli, in una costruzione aperta e un po buia, delle signore confezionano collane meravigliose di fiori e di conchiglie e, sorpresa, si lasciano fotografare tutte con un sorriso.
Alla scoperta di un popolo che si può solo amare: i Polinesiani![]()
di Manuela Campanale [email protected]Cominciamo a percepire che in Polinesia le persone siano ben diverse che in Italia, convinzione questa che si rafforzerà ora per ora durante la nostra vacanza e che ci porterà a chiederci se effettivamente lItalia e anche il resto dellEuropa si possano davvero considerare Paesi civili. Forse solo perché tutti abbiamo il telefonino, il frigorifero la televisione e giriamo con belle auto e orologi di marca?????
La tariffa del deposito portabagagli è astronomica, ma la signora ci fa gentilmente notare che la tariffa è giornaliera per cui, sia che si abbandonino i bagagli per unora, sia per tutto il giorno, la cifra da pagare è sempre quella. Di fatto a noi costa circa 20 Euro per poche ore, ma non essendoci alternative, paghiamo rassegnati. Il taxista a cui chiediamo di accompagnarci al mercato è simpatico, ci mettiamo daccordo perché dopo tre ore venga a riprenderci, sperando che abbia capito e soprattutto, si ricordi di noi!!! Il mercato è credo, lunica cosa veramente polinesiana di Papeete che per il resto è molto occidentale, nel senso peggiore del termine, a cominciare dal traffico caotico. Ma la seconda sorpresa è in agguato: dobbiamo attraversare una strada a quattro corsie (due per parte), senza semaforo, e con un viavai incessante di auto. Abituati alla grande civiltà di Padova, in cui cè la possibilità di essere stesi anche se il semaforo per i pedoni è verdissimo e la visibilità per gli automobilisti è di qualche decina di miglia, ci domandiamo preoccupati se passeremo il resto della nostra vacanza nellospedale di Papeete con contusioni varie ed invece, miracolo, non appena ci affacciamo sulla strada le auto si bloccano immediatamente e ci lasciano attraversare persino senza guardarci con odio. Attraversiamo increduli. Il mercato, dicevamo, è davvero bello. Al piano terra ci sono bancarelle che vendono composizioni di fiori meravigliosi, bancarelle di frutta, di collane di conchiglie, di cesti o altre cose in vimini. E poi verdura, pesce, tutto disposto con ordine ed al piano sopra tanti parei, magliette, insomma tante, tantissime cose bellissime ovunque. Tutto così pulito, ordinato, senza gente che strilla o sporcizia in giro. Ovviamente non resistiamo alla tentazione di comperare una marea di collane di conchiglie, per noi e per fare dei regali, e poi magliette e tante altre cose ancora. Una signora anziana dalla quale abbiamo acquistato delle cose ci regala una conchiglia, una collana a testa e ci abbraccia. Al mercato si possono passare tranquillamente due o tre ore senza annoiarsi. E già lora dellappuntamento con il taxi che arriva puntuale con un certo sollievo da parte nostra.
Laeroporto di HUAHINE è immerso in un verde luminoso, e complice la giornata bellissima, il primo impatto con la vera Polinesia è indimenticabile. Il ragazzo della pensione Mauarii ci sta aspettando, con noi ci sono anche dei Francesi diretti alla nostra stessa pensione.
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Tutta questa vacanza, come quella dellanno scorso alle Seychelles è stata integralmente organizzata da noi. Io ho viaggiato molto fino ad alcuni anni fa per lavoro sia in Italia che in Europa, e alloggiato purtroppo quasi sempre in alberghi cinque stelle se non addirittura di lusso. Questo fatto mi ha dato almeno la consapevolezza dellassoluta inutilità dello spreco. Sia io che Stefano amiamo molto lItalia e siamo felici di essere Italiani, ma apparteniamo alla categoria di quelli che non si sognerebbero MAI di andare allestero in un villaggio italiano, e guardiamo anche con un certo divertimento quelli che invece non lasciano lamata Patria se non per trasferirsi in una dependance dellItalia in cui non manchi mai lanimazione e gli spaghetti al pomodoro con la cotoletta alla milanese. E evidente che non ci saremmo mai sognati di alloggiare in Polinesia in Hotel con infinite stelle in cui si pagano delle cifre pazzesche che quasi mai sono commisurate al servizio offerto. Indipendentemente dalle possibilità economiche di ciascuno, riteniamo che le piccole pensioni familiari, se pulite e ben gestite, siano tutta unaltra cosa. Questo è stato lo spirito con cui abbiamo scelto tutte i nostri alloggi sulle isole che abbiamo visitato e, nellultima sera della nostra permanenza a Papeete, il giorno prima di partire, abbiamo avuto una non inaspettata conferma di ciò (ne parleremo in fondo). Lunico lusso che ci siamo concessi è stato quello di soggiornare in bungalow sulla spiaggia che avessero il bagno privato e lacqua calda nelle isole dove cera la possibilità di averla (a Maupiti e a Tikeau il bagno con lacqua calda non esiste). Ammiriamo molto peraltro quelli che riescono a fare ancora meglio di noi, e cioè girare con il loro zaino in spalla e dormire nelle tende, come ad esempio una coppia che abbiamo conosciuto a Tikeau e che aveva fatto il tragitto Tahiti – Huahine addirittura in cargo. La capacità di adattamento è sicuramente una grandissima dote che porta a fare delle belle esperienze precluse a molti.
Il nostro bungalow nella pensione Mauarii si chiamava Mao (squalo), ma in realtà il nome più adatto poteva essere geco (non so come si dice in polinesiano), dato che nella nostra immensa camera da letto con due letti matrimoniali entrambi con zanzariera, ne ho contati otto una sera, tutti molto impegnati a catturare moscerini. A noi i gechi non danno fastidio, anzi, direi che ci piacciono pure, per cui non è stato un problema. Il grosso scarafaggio lungo circa 8 cm che entrato un giorno è stato meno gradito anche se io, non avendone mai visti prima, non lo avevo neanche riconosciuto e pensavo fosse solo un povero insetto da non uccidere. A parte questo, il bungalow era spazioso, ma con un bagno orribile anche se con acqua calda. Le finestre non avevano chiusura per cui quando cera vento le tendine interne si alzavano in maniera abbastanza divertente. La spiaggia davanti alla pensione è bella lunga. Se pensate di andare a fare una passeggiata, (noi lo abbiamo fatto il primo giorno appena arrivati), sarete sicuramente accompagnati dal simpatico cagnone dei proprietari (un incrocio tra un rottweiler e… non si sa), che non solo vi scorterà fino al vostro ritorno, ma si fermerà ad aspettarvi qualora doveste attardarvi a fotografare il panorama o a raccogliere conchiglie. Lo snorkeling nel mare davanti è bello anche se non eccezionale. Da non perdere due grossissimi anemoni di mare gialli (diametro circa 70 cm) davanti alla parte sinistra della spiaggia.
Il giorno successivo prendiamo una piccola auto a noleggio per girare Huahine. Il tempo inizialmente è bellissimo, ma poi nel pomeriggio cambia e prendiamo lunica mezza giornata di maltempo della nostra vacanza con una pioggerellina costante. Lisola è verdissima, selvaggia, le persone cordiali, il traffico pressoché nullo. Giriamo fin sera anche se fare foto o riprese con il cielo così grigio è uno spreco. Cerchiamo di raggiungere lorto botanico che ci dicono sia bellissimo, ma dopo averlo finalmente trovato leggiamo fuori dal cancello che alla Domenica è chiuso. Peccato.
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Al Lunedì facciamo lescursione in barca di mezza la giornata, non essendo possibile, ci dicono, fare quella di tutta la giornata con il pranzo compreso. Peccato ma va bene lo stesso. Per fortuna la giornata è splendida. Un ragazzo francese, Pierre, viene a prenderci, ed assieme ad altre due coppie andiamo prima a fare snorkeling in un giardino di coralli azzurri e poi facciamo il giro di alcuni bellissimi motu (in Polinesia si chiamano motu le piccole isole che circondano la laguna). La laguna cambia continuamente colore: dal blu al turchese, al verde smeraldo… abbiamo visto tanti posti di mare bellissimi prima della Polinesia, ma non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere. Ci fermiamo in un motu su una spiaggia incantevole di fronte a cui cè una laguna con lacqua molto bassa. Pierre ci spiega che le rovine che vediamo dietro la spiaggia sono quelle di un mega albergo di lusso spazzato via da un tifone nel 1998. A tutti noi viene da pensare che non sempre tutto il male viene per nuocere…
Ci alziamo presto al mattino perché il nostro volo parte per BORA BORA alle 8.55. Dato che la partenza dalla pensione è prevista alle 7.30 siamo invitati ad anticipare la colazione (peraltro già profumatamente pagata) alle ore 7. Con rara (da queste parti) scortesia la ragazza che serve ai tavoli però non si fa vedere fino alle 7.20 per cui siamo costretti a consumare qualcosa di corsa, le chiediamo anche di riportarci un po di pane, ma questa fa finta di non capire… insomma ce ne andiamo molto scontenti del servizio anche perché in assoluto questo è stato il posto in cui abbiamo pagato di più (circa 85 Euro a testa di mezza pensione) e in cui abbiamo mangiato peggio. Non ci danno nemmeno la collana di conchiglie alla partenza. In effetti ci pare di capire che la padrona non sia una polinesiana e…si vede!
Il tempo è orribile! Piove a dirotto e il cielo è tutto coperto, ma quando arriviamo a Bora Bora si sta già rasserenando e raggiungiamo la nostra pensione Le Paradis, situata sul motu Paahi, sotto un bel sole. La laguna di Bora Bora non è umanamente descrivibile perché è ancora più bella di quella pur meravigliosa di Huahine: mentre la piccola barca ci porta verso la nostra destinazione scorgiamo nellacqua coralli, pesci balestra Picasso, e splendide razze leopardo. Dato che tutta la nostra vacanza è allinsegna del non perdiamo tempo e dato che il tempo è magnifico, dopo aver velocemente messo i bagagli nel nostro bungalow microscopico ma grazioso, chiediamo subito alla nostra gentile padrona se qualcuno ci può portare sullisola perché vorremmo noleggiare una auto. Siamo sullisola di Bora Bora in pochi minuti e una persona ci viene a prendere per portarci allautonoleggio. Qui una signora sorridente e gentilissima ci dà lauto e il nostro giro ha inizio.
Lisola è molto verde e molto simile a Huahine, tranne la zona di Punta Matira in cui cè una certa concentrazione di alberghi e di turisti e che non ci piace per nulla. Qui la laguna è molto bassa, senza coralli, ed è costellata di quei costosissimi water-bungalow che si vedono nei depliant pubblicitari. Ci diciamo che abbiamo fatto benissimo ad alloggiare in un motu lontano da questa zona così turistica. Lungo il perimetro dellisola troviamo parecchi cantieri però non si può certo dire che Bora Bora non sia bella con tutto questo verde lucido e luminoso, anche se la popolazione si vede che è già abbastanza abituata ai turisti e ha perso parte della sua spontaneità, come ci farà notare anche una signora a Maupiti. Ritorniamo nel pomeriggio allautonoleggio sotto un cielo nerissimo che minaccia una gran pioggia. Andiamo in un mercatino artigianale, dove delle signore preparano collane di conchiglie ed altri monili. Anche qui non so resistere e compero una collana bellissima con una grande conchiglia da una anziana e sorridente signora. Dobbiamo aspettare unora per prendere il Ferry che ci porterà in aeroporto dove verranno a prenderci così comperiamo delle cartoline. La signora dellautonoleggio ci ospita nel suo stanzino così le scriviamo e chiacchieriamo a lungo con lei. I nuvoloni vanno via velocemente come erano arrivati e anche noi ce ne ripartiamo per la nostra pensione. La cena che ci aspetta è buonissima e a base di aragoste e ci addormentiamo sperando che quel sogno continui…
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Il giorno dopo vorremmo fare unescursione, quella tipica del giro dei motu, ma alla fine manca il numero minimo di partecipanti (ma la gente cosa viene a Bora Bora a fare? Per starsene in Hotel?) per cui è tutto rimandato al giorno dopo. Poco male, ne approfittiamo per passare la giornata in spiaggia con due coppie simpatiche di Bologna che alloggiano nella nostra pensione. Facciamo il giro del motu scortati anche in questo caso dai due cani della padrona (ma è unabitudine dei cani polinesiani???) poi snorkeling dato che davanti il mare è bellissimo e pieno di coralli e vediamo un po di tutto tra cui un bel pesce palla. La giornata vola e ci ritroviamo dopo cena tutti sotto le palme a parlare dei nostri viaggi passati e soprattutto dei nostri sogni per i viaggi che vorremmo fare in futuro.
Lescursione inizia verso le 9.30 da Punta Matira. Il capitano, per così dire, della piroga si chiama Popo ed ha davvero un superfisico. Siamo 12 coppie e tutti gli uomini pronti allescursione (Stefano in testa) probabilmente avrebbero dirottato volentieri le loro mogli sulla piroga a fianco dove il capitano è unanziano e grasso signore, ma purtroppo per loro la nostra escursione si fa su quella piroga e con Popo. La prima tappa è il bagno con le razze. Ci fermiamo in un punto in cui lacqua è alta circa un metro e le razze, attirate dal cibo che Popo porge loro arrivano a decine. I (due?) grossi aculei che avrebbero sotto la coda sono stati tagliati da Popo e da altri nel tempo per cui ci si può far avvicinare e toccare senza alcun timore di venire inavvertitamente punti. La seconda tappa è il pasto degli squali. Il pasto non siamo ovviamente noi, ma del pesce che viene buttato in acqua in gran quantità da Popo. Noi siamo invitati a scendere in acqua e ad aggrapparci allo stabilizzatore della piroga ma io, con la scusa di fare il filmato me ne sto sulla barca. Non si sa mai. Noi sappiamo che gli squali pinna nera non sono pericolosi e non attaccano luomo ma loro lo sanno di non esserlo? E se ci scambiassero per qualcosaltro di gustoso??? La terza tappa è il pranzo su un motu. La laguna davanti a noi ha un colore che cambia dal celeste chiaro al verde smeraldo al turchese. In pochi metri si possono davvero vedere tutte le sfumature dellazzurro, complice un sole meraviglioso. Incredibile! Il pranzo è pronto: mangiamo in piatti ricavati dalle foglie delle piante del motu e… con le mani. Il pesce crudo è eccezionale, anche quello arrosto e tutto il resto. Alla fine del pranzo Popo tiene un breve corso di apertura delle noci di cocco. Ci mostra come in una manciata di secondi sia facile (per lui) aprire una noce di cocco. Basta poter disporre di un paletto con una punta accuminata piantato nel terreno e, oplà, cosa ci vuole? Capiamo come ha fatto a farsi tutti quei muscoli. Un ragazzo prova a cimentarsi nellimpresa ma il paragone è impietoso e desiste. Ed eccoci di nuovo in piroga per la quarta ed ultima destinazione: il giardino di corallo. Il posto è incantevole, ovunque pinnacoli di corallo e pesci coloratissimi. Popo scende sottacqua per stanare con dellabbondante cibo una grossa, anzi grossissima murena. Non appena la murena fa capolino dalla tana, la afferra con forza e la fa uscire completamente. Tra i due sembra esserci un certo feeling perché la murena lo asseconda totalmente e senza resistenza esce, si fa ammirare per poi rientrare con calma quando lo spettacolino è finito. Cosa si deve fare per campare! Il tour finisce con un certo dispiacere alle 16 quando veniamo fatti sbarcare a punta Matira.
Il giorno seguente la nostra giornata inizia presto perché dobbiamo trasferirci a Maupiti. Il volo diretto non cè per cui si farà scalo a Raiatea da dove si ripartirà sette ore più tardi. Meglio così, ne approfitteremo per visitare anche Raiatea. Ci riaccompagnano in aeroporto, e riceviamo la nostra prima collana di conchiglie come arrivederci. Ci diciamo che era difficile le scegliere un nome più azzeccato di Le Paradis per un posto del genere! Consigliatissimo!
Ed eccoci a RAIATEA. In aeroporto conosciamo un gruppo di ragazzi sardi (una coppia e tre ragazze) molto simpatici. Ci raccontano la loro disavventura a Parigi dove, arrivati in ritardo dallItalia, sono stati lasciati a terra per overbooking (ma loverbooking non era proibito?). Li hanno fatti ripartire il giorno dopo con tante scuse, un indennizzo e in business class ma intanto un giorno di vacanza era andato perso. Penso a quello che avrei fatto io se fosse successo a noi. Dato che io sono notoriamente mite come un candelotto di dinamite, probabilmente avrei trascorso il resto delle mie vacanze nelle prigioni parigine. Meno male! Un consiglio quindi per evitare disguidi di questo tipo: quando si fanno voli intercontinentali in coincidenza, come in questo, caso è meglio, se possibile, viaggiare sempre con la stessa compagnia aerea in maniera tale da poter fare un unico check in allinizio. Noi a Parigi siamo andati direttamente al nostro cancello con il biglietto che ci avevano fatto a Venezia per cui anche in caso di ritardo del nostro volo non avrebbero potuto lasciarci a terra. Prendiamo le nostre auto a noleggio e ci salutiamo. Anche Raiatea non ci delude: non ci sono spiagge, ma la laguna offre degli incredibili squarci di celeste nel blu più cupo. La vegetazione copre ogni centimetro dellisola, la strada in alcuni punti non è asfaltata. Raggiungendo il sud dellisola la strada risale leggermente e ci sono dei belvedere dai quali cè la possibilità di scattare foto irripetibili. Concludiamo il nostro giro fermandoci a per un po di acquisti. Lasciamo le valigie tranquillamente in auto perché siamo sicuri che nessuno cercherà di forzarla e di rubarcele. In aeroporto ritroviamo il gruppo sardo e anche loro sono molto contenti del giretto. Prima della partenza abbiamo la possibilità di conoscere Michele, unItaliano delizioso che alcuni anni fa ha avuto il coraggio di fare quello che molti di noi vorremmo fare senza averne il coraggio: ha lasciato lItalia per trasferirsi in Polinesia. Mentre attendiamo la chiamata per limbarco parliamo un po con lui.
E talmente solare e disponibile che dopo pochi minuti ci sembra di conoscerlo da sempre. Ci lascia abbracciandoci e dicendoci che Maupiti non ci deluderà perché è lisola più vera della Polinesia.
Atterriamo puntuali a MAUPITI e mentre aspettiamo i nostri bagagli cerco tra le persone in attesa se cè qualcuno della pensione Chez Janine. E una signora allegra e robusta che ci sta aspettando con una collana di fiori di tiarè. Trasciniamo le nostre pesantissime valigie sul pavimento fatto di corallo frantumato e salutiamo il gruppo sardo. Ci ritroveremo tra quattro giorni alla partenza per Papeete, così potremo confrontare le nostre esperienze a Maupiti. Il motu Paeao su cui alloggeremo è spettacolare ed il nostro bungalow è nuovo, grande e bello con unampia veranda. Janine ci spiega che si cena verso le 18.30 e quando sarà pronto ci chiamerà. Dopo una cena a base di pesce fantastico e dopo una fetta di squisita torta al cioccolato sistemiamo i nostri bagagli e prendiamo accordi per la mattina successiva. Vogliamo visitare Maupiti ed abbiamo bisogno di essere portati sullisola.
Il giro di Maupiti è sicuramente lesperienza umana più emozionante di tutta la nostra vacanza in Polinesia e ci fa ben comprendere le parole di Michele. Tea, il fratello di Janine, ci scarica sullisola alle 9 di mattina e promette che verrà a riprenderci nello stesso posto verso le 16. Il perimetro dellisola è circa 12 km e ce li facciamo tutti a piedi in una giornata di sole stupendo e con un cielo blu indescrivibile. La strada è quasi tutta sterrata, è lastricata soltanto nella zona del villaggio. E difficile descrivere i colori dei giardini, la bellezza dei fiori di ibisco: grandissimi, gialli, rossi, rosa, e poi i fiori di frangipane e le siepi di bouganville, tante, tantissime siepi, con colori diversi. Tutte le casette, anche le più modeste, hanno un giardino curatissimo. Ancora oggi, se non ci fossero le decine di foto a testimoniarlo ci chiederemmo se era tutto vero o se stavamo sognando. Solo la bellezza esteriore ma soprattutto quella interiore delle persone di Maupiti è confrontabile con la bellezza del posto.
Ovunque uomini e donne sorridenti e bambini bellissimi. Facciamo tantissime foto ai bambini e soprattutto alle bambine, dai sorrisi così dolci e dagli occhi che parlano. Da molti ci facciamo dare gli indirizzi per poter poi mandar loro la foto. Durante il nostro giro incontriamo un gruppo di ragazzi che stanno fumando…diciamo non proprio sigarette, e che stanno bevendo una specie di whisky locale lungo il ciglio della strada. Li salutiamo e ci fanno segno di fermarci. Ci avviciniamo ed uno di loro incomincia a parlarci in un perfetto italiano con accento calabrese, talmente perfetto che quando ci dice che è un Polinesiano che ha lavorato sei anni in Italia pensiamo che sia in realtà unItaliano e che ci stia prendendo in giro anche perché i tratti somatici ed il colore della pelle sono più simili ai nostri che a quelli dei Polinesiani. Gli crediamo solo quando, dopo aver fatto le foto e il filmato di rito, ci scrive il suo nome e indirizzo su un foglio di carta. Ci racconta che il padre vorrebbe che lui tornasse in Italia, ma lui invece vuole rimanere lì. Lo comprendiamo benissimo, anzi ci domandiamo come abbia potuto resistere tutto quel tempo lontano da un posto del genere! Dopo pochi metri incrociamo una coppia di turisti svizzeri, Alice e Renè, in bicicletta con i quali scambiano alcune parole. Non sappiamo se è il sole, se è laria della Polinesia, ma qui tutti, turisti e locali sono allegri disponibili e sorridenti. Abituati alla scarsa simpatia dei nostri concittadini ci sembra di essere stati catapultati su unaltro pianeta. Entriamo nel centro del villaggio (ma forse chiamarlo centro fa un po ridere) ed entriamo in un piccolo negozio in cui vendono collane, bracciali e anelli di conchiglie. Decido di comperare un po di cose e mentre sto scegliendo una signora ci racconta di come a Bora Bora il turismo abbia inaridito la popolazione che prima era così cordiale. Ci dice che a Maupiti non vogliono il turismo di Bora Bora perché non vogliono cambiare. In effetti lisola è al di fuori dei circuiti turistici dato che, non esistendo dei veri e propri Hotel ma solo piccole pensioni a gestione familiare, i tour operator, per fortuna, non la propongono. Le auguriamo e ci auguriamo che continui così e ce ne andiamo dopo averla abbracciata. Dopo unaltra ora di camminata e di foto ai bambini, ai fiori, alla laguna, raggiungiamo la parte dellisola in cui cè lunica spiaggia di Maupiti, quella di Tereia. Sbagliamo anche strada per cui lultimo centinaio di metri lo facciamo con i piedi nel mare. La spiaggia è bianchissima e lacqua della laguna è calda e bassa. Con la bassa marea a piedi si potrebbe raggiungere il motu di fronte che si trova a poche centinaia di metri. Lasciamo soldi, videocamera e macchina fotografica sulla spiaggia ed entriamo in questa laguna meravigliosa. E bello sapere che in questi posti non cè il solito gruppo di ladruncoli che aspetta dietro le piante il turista ignaro per derubarlo di tutto!!! Queste cose avvengono in gran parte del resto del mondo (Italia compresa), ma non a Maupiti. Ormai il tempo sta scadendo: dobbiamo ritornare in orario per lappuntamento, peccato perché saremmo rimasti volentieri unaltra oretta. Sulla via del ritorno ci ritroviamo senza volerlo allinterno di una proprietà privata in cui un grosso cane comincia ad abbaiarci non troppo benevolmente. La proprietaria arriva a calmarlo e ci mostra con orgoglio la serra gestita dalla figlia con decine di varietà di splendide bouganvillee, ci indica la strada e ci lasciamo dopo unabbraccio e la foto di rito. Si deve essere ormai sparsa la voce che ci sono due fotografi sullisola perché altri tre bambini ci chiedono una foto e si mettono in posa sorridendo. Prima di ritornare al luogo dellappuntamento incontriamo, ormai per la quarta volta, Alice e Renè che evidentemente hanno fatto il giro dellisola quattro volte mentre noi lo stiamo ancora completando.
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Il giorno successivo lo trascorriamo sul nostro motu. Facciamo snorkeling perché anche qui il fondale è notevole, un bel giro in canoa (le canoe sono messe gratis a disposizione dei turisti) nonché il solito giro del motu. Troviamo molti cocchi caduti e Stefano prova a mettere in pratica gli insegnamenti di Popo provando a romperne uno. Lo filmo anche se rido troppo per cui il filmato riuscirà un po ballerino. Portiamo i cocchi aperti a Janine che ci mostra come, con un ferro opportunamente sagomato si riesca a grattare il cocco che in questo modo si può utilizzare anche per fare dolci. Oltre a noi sul motu cè una coppia francese con due bambini belli ed educati e unaltra coppia sempre francese molto taciturna. Janine è davvero una brava cuoca e le cene sono davvero squisite ed abbondanti, a base di pesce, sia crudo che cotto o di aragoste. Ci ha fatto anche una zuppa di tridacne che era la fine del mondo. Ovviamente dopo cena non cè nulla da fare. Ci prendiamo le sdraio e ci mettiamo seduti sul molo ad aspettare gli squali pinna nera che dopo una certa ora arrivano per la cena. Tea è un pescatore e ogni sera dopo cena entra in acqua con la pila per pescare il pesce che mangeremo il giorno dopo. Ci racconta come due giorni prima sia andato a fare pesca daltura fuori dal reef e di come abbia lottato unora con un grosso pesce spada che alla fine è riuscito a liberarsi.
E già arrivato il nostro ultimo giorno a Maupiti e Tea che sta uscendo per andare a pescare ci accompagna sul motu Tiapaa dallaltra parte dellisola rispetto a noi. Dato che è praticamente impossibile per noi stare sdraiati tutto il giorno su una spiaggia a non fare nulla, facciamo il giro del motu. Arriviamo davanti al Kururi Village (il primo albergo in cui avevamo deciso di alloggiare ma in cui non avevamo trovato posto) e che troviamo mollemente sdraiati tra i cuscini? Alice e Renè che alloggiano lì. Ci invitano simpaticamente a fermarci e restiamo unora a chiacchierare. Loro girano il mondo da circa trentanni: hanno visto praticamente tutto ma secondo loro non esiste un posto bello come la Polinesia e con una popolazione altrettanto amabile. Ci raccontano anche di come siano venuti in Polinesia ventanni fa e di come ora abbiano trovato molto cambiati (in peggio) gli abitanti di Bora Bora. Alice mi fa vedere il bungalow e mi rendo conto che siamo stati fortunati a non trovare posto lì perché oltre ad essere moto più costosi (quasi il doppio), i bungalow sono notevolmente più brutti dei nostri. Ci lasciamo promettendoci di risentirci via e-mail e di mandarci le foto. Terminiamo a fatica il giro (in alcuni punti non cè spiaggia e anche il sentiero è interrotto) e finalmente ci sdraiamo in spiaggia sorseggiando un cocco non ancora maturo ed aspettando Tea. Ci preleva verso le 16 e ci mostra con orgoglio due tonni appena pescati. Prima di riportarci alla pensione si ferma a fare rifornimento. Un suo amico gli chiede come va e lui racconta concitato come alcuni giorni prima abbia lottato con un grossissimo pesce spada per due ore per poi perderlo. Ma non era durato unora il combattimento? Morale: i pescatori sono uguali in tutto il mondo!!!
Janine ci saluta al mattino presto mettendoci le collane di rito. Ci dispiace molto lasciare Janine e Maupiti, ma ci aspetta Rangiroa dopo un transito per Tahiti. In aeroporto ritroviamo Alice e Rene e il gruppo sardo, nessuno di loro ha ricevuto la collana di rito. I ragazzi sardi ci dicono di essere strati scontentissimi della loro sistemazione nella pensione Auira: noi siamo stati davvero più fortunati nello scegliere Chez Janine e la consiglieremo a tutti. A Tahiti abbiamo poche ore a disposizione per cui noleggiamo unauto.
Facciamo una puntatina verso sud e poi ci dirigiamo verso la spiaggia nera a nord. Io colleziono sabbie con le quali riempio dei vasetti (uno per ogni vacanza) su cui poi posiziono qualche piccola conchiglia o qualche frammento di corallo e la sabbia nera non può assolutamente mancare nella mia collezione! Ne prelevo una piccola quantità e ritorniamo precipitosamente in aeroporto perché siamo già in ritardo.
La visuale sullatollo di RANGIROA, in fase di atterraggio, è mozzafiato e scatto un sacco di foto (con alcune ho fatto degli ingrandimenti che ho davanti a me nel mio studio). In aeroporto ci sta aspettando il proprietario della Pensione Tuanake, montiamo sul cassone di un pick up e inizia così il nostro soggiorno a Rangiroa. Il nostro bungalow, immerso tra i cocchi è bello ed ha un bagno spazioso. Ormai è buio e suona la campanella che avverte che è lora di cena. Al nostro tavolo cè una coppia di Perugia in viaggio di nozze: Lara e Giulio, e li conosciamo. Siamo fortunati perché anche loro, oltre ad appartenere a quei pochissimi che hanno capito che il viaggio di nozze non significa necessariamente farsi spennare nei grandi alberghi, sono simpatici per cui il soggiorno si annuncia piacevole. Rangiroa è unatollo per cui è completamente diverso dalle altre isole visitate finora, assomiglia molto di più alle Maldive La laguna interna allatollo in realtà è un vero e proprio mare perché misura circa 60 km per altrettanti 40 km. Lisola su cui alloggiamo noi è stretta lunga circa 10 km e la si percorre in poco tempo in motorino per cui sullisola cè ben poco da fare anche perché di stare in spiaggia a prendere il sole non se ne parla proprio. Ci sono invece ben tre tipi diversi di escursioni organizzati dai locali che si possono scegliere: Lagon bleu, Les Sables Rose e lIle aux Recifs. Ci confrontiamo con Lara e Giulio e prenotiamo tutti e quattro per andare il giorno dopo alla Lagon bleu, a sud, dallaltra parte dellatollo.
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Unaltra bellissima giornata piena di sole: ma qui in Polinesia è sempre bel tempo? Partiamo in due barche dal molo di Avatoru. Il viaggio dura circa tre quarti dora, il mare è leggermente mosso e le onde arrivano di traverso per cui si viene sballottati ed è anche un po noioso perché si naviga in mare aperto e non si vede niente. Quando arriviamo però il panorama che si presenta ai nostri occhi ci ripaga degli sballottamenti subiti: una laguna nella laguna, bassa, con mille sfumature di azzurro e a coronare il tutto dei piccoli squaletti pinna nera che gironzolano indisturbati. E tutto stupendo e anche se alla bellezza dei posti ci siamo ormai abituati, non possiamo fare a meno di fermarci e ammirare estasiati quellEden. Giriamo per la laguna costellata di coralli, alcuni ahimè spezzati che affiorano fuori dallacqua e tridacne coloratissime. Faccio circa due rullini di diapo ma ne vale la pena. Il pranzo è già pronto: come al solito pesce crudo e cotto alla brace buonissimo e altre cose ancora. Sarà la fame, sarà lambiente, ma mi sembra di non aver mai mangiato del pesce migliore. Oggi cè anche un dolce: un soffice pan di Spagna alto almeno 10 cm e dal gusto di ananas. Io e Lara ci chiediamo come abbiano potuto fare un dolce così soffice e buono, a noi non è mai riuscito niente di simile! Saranno le uova delle galline polinesiane a fare la differenza? Ci consoliamo pensando che sia così. Dopo il consueto rito di dar da mangiare agli squaletti, ritorniamo indietro. Il mare è sempre un po mosso ma le onde non le prendiamo più di traverso per cui va un po meglio. Sulla via del ritorno scorgiamo in mezzo al mare una barchina i cui occupanti si stanno sbracciando. Sono una coppia con un bambino piccolo e il motore della loro ha deciso di smettere di funzionare. Prendiamo a bordo la signora con il bambino, mentre laltra barca che ci sta seguendo si occupa del recupero della barchina e del marito. Ma la giornata non è ancora finita perché arriviamo verso le 15.30 e cè ancora un bel po di tempo prima di cena. Decidiamo di noleggiare un motorino e di fare il giro dellisola. Dato che possiamo consegnarlo il mattino dopo, ci servirà anche dopo cena per andare nellhotel più costoso dellisola, il Kia Ora Village, per assistere ad uno spettacolo di danze polinesiane. Verso la fine di giugno avevamo assistito ad una puntata di Velisti Per Caso in cui Syusy era a Rangiroa (a proposito: abbiamo conosciuto anche il famoso Bruno, che Syusy aveva intervistato) e, non so come, ci eravamo fatti lidea che Rangiroa fosse piena di case e di gente.
In realtà non si incontra praticamente nessuno e le case sono veramente rade! Scorazziamo un po su e giù e ci fermiamo in un negozietto lungo la strada gestito da una ragazza giapponese a comperare delle perle. Ne prendiamo due a 12 Euro ciascuna. Danno sul verde, sono molto luminose e hanno solo dei difetti localizzati che verranno coperti dalla montatura. Nel tornare ci fermiamo in un negozietto lungo la strada e comperiamo un pareo e tre magliette. Torniamo per cena. Bisogna organizzare lescursione del giorno dopo: Lara e Giulio vorrebbero andare a lIle aux Recifs però non ce posto per 4 e a Les Sables Rose non possiamo andare solo noi due perché non si raggiunge il numero sufficiente perché lescursione venga organizzata. Alla fine Lara e Giulio si sacrificano e vengono anche loro a Les Sables Rose permettendoci di fare lescursione. Qui a Rangiroa non è sempre facile riuscire a fare le escursioni perché dipende dal numero di partecipanti e dipende soprattutto dalle condizioni del mare. Nelle stagioni in cui soffia il maraamu, che è un vento forte da sud-est, le escursioni saltano spesso. Rinunciamo al dolce per arrivare in tempo allo spettacolo. La strada è buia senza illuminazione, ma siamo fortunati perché la luna piena ci permette di vedere la strada senza problemi. Arriviamo al Kia Ora Village, paghiamo lingresso ed un cameriere ci accompagna su una terrazza in cui stanno facendo lo spettacolo. Noi poveri che non facciamo parte delleletta schiera di gente che ha pagato la cena, vediamo lo spettacolo di lato e non di fronte e questa discriminazione tutto sommato è abbastanza ridicola e divertente, da un certo punto di vista, comunque lo spettacolo non è male anche se Stefano (eh, eh) rimane molto deluso in quanto solo due ballerine hanno un bel fisico mentre altre sono decisamente sovrappeso per i suoi canoni. La più vicina a noi poi supererà i cento chili anche se si muove con molta grazia e agilità.
Il giorno seguente è il momento dellescursione a Les Sables Rose. Inizialmente eravamo un po perplessi nel sceglierla perché la guida Lonely Planet riporta una durata del viaggio da un ora e mezza a due ore. In realtà si va con una barca veloce e ci si impiega unoretta, non ci si annoia perché si naviga sempre a vista, vicino ai motu. Bisogna anche dire che il mare era una tavola, probabilmente con condizioni di mare peggiore i tempi si allungano un po. Nella barca, oltre a noi e la coppia di Perugia, cè anche una coppia molto bella di Parigi, Stefano e Sylvie che sono in viaggio di nozze ed alloggiano al Kia Ora Village. Di per se Le Sables Rose è solo una striscia di sabbia rosa immersa nella laguna: bella ma non eccezionale. Dopo un po si risale in barca per spostarsi su un motu in cui pranzeremo. Nellattesa si può fare snorkeling: il mare davanti al motu offre una barriera che a noi sembra molto bella. Vediamo anche due pesci colorati e strani che viaggiano in coppia e che non avevamo mai visto prima né alle Maldive né nel Mar Rosso né sui libri. Dopo il pranzo a base di pesce e buonissimo come sempre, ci dicono che dobbiamo spostarci su un altro motu dove pare che ci sia una barriera più bella. A dire il vero con la pancia piena abbiamo poca voglia di tornare in acqua, al limite, ci diciamo, staremo stesi in spiaggia. Ma quando arriviamo nella nuova destinazione restiamo davvero senza parole: si tratta di una laguna immensa nella quale si trova un reef incredibile: delle rocce enormi letteralmente tappezzate di coralli: tuttintorno e sopra, appena sotto il pelo dellacqua. Nonostante la digestione ci immergiamo e cominciamo a fare il giro del reef: siamo incantati da tanta bellezza che non vorremmo più uscire dallacqua. Solo il Mar Rosso, credo possa offrire una simile visione. Risalire in barca non ci fa per niente piacere, ma bisogna tornare. La moglie del capitano della nave ci viene a prelevare non appena tocchiamo terra. E una signora incinta giovane e graziosa. Restiamo allibiti quando vediamo salire sul cassone tre bambine di età compresa tra i tre e i sei anni e ci dice che sono le sue figlie. Non osiamo chiederle se aspetta un maschio o una quarta femmina, ma probabilmente in Polinesia non hanno la curiosità di saperlo prima come da noi. La signora ci porta alla Passe (il passaggio abbastanza stretto tra due motu successivi), e dato che manifestiamo la curiosità di vedere saltare i delfini, si ferma con lauto in una posizione favorevole e rimaniamo in attesa. Non passa molto tempo che vediamo saltare il primo delfino, poi ne arriva unaltro e si mettono assieme a saltare attorno ad una barca. Ma giocano? Sembrerebbe di sì. Dopo mezzora ringraziamo la signora per la gentilezza e ci facciamo riportare nella nostra pensione. A cena conosciamo altri due nuovi ospiti parigini: Xavier ed un suo amico. Xavier è eccezionalmente divertente ed ha unironia sottile ed intelligente: ci fa davvero sganasciare, quando pensiamo a lui ridiamo ancora adesso.
E ormai Venerdì, lultimo giorno qui a Rangiroa. Il cielo non ha una nuvola, ma purtroppo non possiamo andare in escursione con Lara e Giulio a lIle aux Recifs perché abbiamo laereo per Tikeau alle 14.40. Sabato Lara e Giulio ci raggiungeranno a Tikeau, al Tikeau Village e così ci faremo raccontare come è stata lescursione. Abbiamo tutta la mattina a disposizione e ci incamminiamo verso il negozio di perle dove abbiamo fatto i primi acquisti. Avevano sottovalutato la distanza perché dopo più di mezzora non siamo ancora arrivati. Finalmente lo troviamo e comperiamo altre quattro perle, sempre a 12 Euro ciascuna. Ci stiamo incamminando per tornare indietro quando troviamo un ragazzo che ci offre un passaggio sul cassone del suo pick up. Che bellezza, i piedi mi facevano male al solo pensiero di tornare. Ci fermiamo subito prima della pensione perché alla Farm Perlier Gaugain alle 10.30 inizia una visita guidata per turisti. Siamo fortunati perché proprio quel giorno inizia la raccolta delle perle nere. Una ragazza ci accompagna e ci spiega come nasce una perla nera. Ne stanno estraendo un sacco dalle ostriche ed i colori variano dal nero al color champagne. Bellissime! Prima di andarcene ne comperiamo una perfetta di color melanzana nel negozio interno. Ci fermiamo un po a parlare con Xavier che incontriamo davanti ad un piatto di pesce crudo in un ristorantino grazioso appena inaugurato e lo salutiamo per rientrare alla pensione. In pochissimo raggiungiamo laeroporto, saluti e collana di rito e ci imbarchiamo per Tikeau. Bisogna dire che nonostante ci sia scritto ovunque negli aeroporti che il massimo peso tollerato per il bagaglio è di 20 kg a testa (compreso quello a mano), non abbiamo avuto mai problemi anche se tutte le nostre borse e valigie in totale pesavano 50 kg.
TIKEAU è unaltro atollo, più piccolo di Rangiroa. In aeroporto ci aspetta Caroline, con una collana di ibischi e fiori di tiarè. Alloggiamo al Tikeau Village, anche questa una piccola e graziosa pensione a gestione familiare. La spiaggia è di sabbia fine, bianca e rosa, il mare davanti è bello ma non offre un gran reef. Incominciamo la nostra giornata a Tikeau andando a visitare il paese di Thuerahera. La strada che lo collega allaeroporto è un lungo viale alberato, solo che gli alberi non sono pioppi o platani, ma altissime palme da cocco. Ci saranno in tutto meno di un centinaio di case poste a lato di due strade parallele. I giardini sono bellissimi anche qui e la gente ci guarda con curiosità anche se dovrebbero essere abbastanza abituati ai turisti. Torniamo che ormai si sta facendo buio. Ottima cena e poi veloci a disfare i bagagli.
E Sabato mattina e stiamo aspettando Lara e Giulio. Vediamo il loro aereo atterrare (qui laeroporto è completamente aperto, volendo uno potrebbe sdraiarsi in mezzo alla pista di atterraggio). Dopo poco arrivano nel pick up scortati da uno dei due cani di Caroline. Chiediamo a Caroline se ci può organizzare unescursione. Ci dice che purtroppo è possibile solo per il giorno seguente, ma noi abbiamo il volo per Papeete alle 12. Come fare? Caroline ci propone di provare a cambiare il volo. E davvero gentile e disponibile e si adopera lei presso lAir Tahiti per farlo. In breve il problema è risolto: partiremo alle 16.30 anziché a mezzogiorno. Trascorriamo il Sabato accompagnando per prima cosa Lara e Giulio in paese dato che loro vogliono fare un po di spesa e noi abbiamo voglia di camminare. Il pomeriggio lo passiamo oziando in spiaggia. Caroline ha tre bambini bellissimi: due bambine e un maschietto di quattro anni che si chiama Manu e che non appena mi sdraio viene a portarmi un fiore. Stefano e Giulio vanno a fare un giro in canoa e unoretta di snorkeling mentre io e Lara non ci muoviamo dai nostri lettini.
Viene subito sera e lora di cena. Dato che al Tikeau Village quella sera siamo ben in 6 Italiani, Caroline fa, in nostro onore anche degli spaghetti al pomodoro. Deve aver imparato a farli da unItaliana perché le riescono particolarmente bene e li gradiamo molto.
E ormai il giorno della partenza ed anche lultimo in Polinesia, dato che il giorno seguente abbiamo il volo per il rientro in Italia. Ci alziamo presto per fare le valigie prima dellescursione. la barca che ci viene a prendere è davvero piccolina e vecchia, in legno e dà poco affidamento anche perché il mare è anche un po mosso. Quando raggiungiamo lIle aux Oiseaux, dove nidificano gli uccelli, tiriamo un sospiro di sollievo. Il panorama che ci appare è molto particolare perché in certi punti ci sono delle zone rocciose quasi lunari. Sui rami degli alberi ci sono centinaia di nidi e in molti cè ancora un uccellino implume e bianco (gli adulti sono neri). Ripartiamo per un motu dove pranzeremo. Il nostro motu è piccolo ed è circondato da una serie di motu ancora più piccoli. la laguna che li divide ha lacqua talmente bassa da sembrare rosa come la sabbia del fondo. Anche qui i paesaggi sono (perdonate la banalità) da cartolina. Il pranzo è piuttosto misero: pesce cotto alla brace, patate e riso bollito, ma a Tikeau la gente non ha molti mezzi per cui non si può pretendere di più. Al ritorno passiamo vicino allunico grande albergo della zona: il Pearl Beach che si trova su un motu. Sembra quasi disabitato, in spiaggia ci saranno 4 persone. E immaginabile, dato che ci hanno detto che il prezzo minimo solo per pernottare è di 300 Euro a testa.
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Che avvilimento, dobbiamo lasciare anche Tikeau. Un abbraccio a tutti e la solita ma gradita collana di arrivederci. Siamo veramente tristi. A Papeete dormiremo allAirport Lodge, pensioncina anonima attaccata allaeroporto, va bene solo per dormirci una notte prima della partenza. In aeroporto nessuno ci viene a prendere e siamo costretti a prendere un taxi! Non apriamo nemmeno i bagagli, ci sistemiamo ed usciamo per la cena. Andiamo in un self-service a pochi passi dallaeroporto. E davvero una sorpresa riincontare Stefano e Sylvie. Sono in partenza per Parigi e stanno cenando. Ci sediamo a mangiare con loro, così chiediamo anche come si sono trovati al Kia Ora Village di Rangiroa. La risposta è categorica: il voto è zero! Stefano ci spiega che loro sono in viaggio di nozze e questo viaggio è stato un regalo dei loro genitori, ma se un giorno (come si augurano) ritorneranno in Polinesia, lo faranno per conto loro, alloggiando in piccole pensioni. Stefano è molto deluso dagli alberghi costosissimi in cui hanno alloggiato, in particolare ci racconta molto seccato (e non abbiamo motivo per dubitare delle sue parole) che addirittura al Kia Ora Village hanno impedito ai clienti di fare le escursioni che non erano direttamente organizzate dallHotel. Loro, ci dice, hanno tentato varie volte di fare lescursione a lIle aux Recifs e alla Lagon bleu, ma la risposta che ricevevano era sempre la stessa: Domani. E così, di domani in domani, sono stati boicottati ed hanno passato la vacanza sulla spiaggia neanche particolarmente bella dellHotel. Lunica escursione che tutti lì riescono a fare è quella a Les Sables rose perché è lunica organizzata dal Kia Ora Village. Salutiamo Stefano e Sylvie che si dirigono verso laeroporto e passiamo lultima notte sul suolo polinesiano.
Al mattino, per fortuna, veniamo accompagnati in aeroporto dal proprietario della pensione. Al controllo passaporti chiediamo, questa volta, che ci venga apposto il timbro della Polinesia (siamo stati stolti a non chiederlo allarrivo).
Laereo decolla, puntuale, alle 8.30. Il nostro sogno termina qui.
INFORMAZIONI PRATICHE:Siamo partiti il 22 Agosto e siamo ritornati il 10 Settembre.
Volo Air France con scalo tecnico a Los Angeles prenotato circa 9 mesi prima dato che per Agosto è difficile trovare le tariffe più basse se non si prenota molto in anticipo.
Voli interni Air Tahiti (prenotare almeno qualche mese prima via internet, si risparmia il 10% rispetto al prezzo praticato in agenzia). Noi abbiamo speso 440 Euro a testa per il Tahiti Pass Bora Bora – Tuamotu;http://www.airtahiti.aero/home.php
3 giorni a Huahine: pensione Mauarii, né consigliata, né sconsigliata, circa 85 Euro a testa, mezza pensione;
3 giorni a Bora Bora pensione Le Paradis, consigliatissima, circa 75 Euro a testa, mezza pensione;
4 giorni a Maupiti, pensione Chez Janine, consigliatissima, circa 72 Euro a testa, mezza pensione;
3 giorni a Rangiroa, pensione Tuanake, consigliata, circa 62 Euro a testa, mezza pensione;
3 giorni a Tikeau, pensione Tikeau Village, consigliata, circa 55 Euro a testa, mezza pensione;
1 notte a Tahiti allAirport Lodge, consigliata SOLO per dormire la notte prima della partenza. Non danno la colazione!SPESA TOTALE A TESTA (SOUVENIR COMPRESI) 4000 Euro.
Le pensioni sono state prenotate via internet alltraverso il sito:
http://www.haere-mai.pf/