Fiji 2004: non solo
spiagge
di Manuela Campanale
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Il viaggio fatto nellAgosto 2003
nella Polinesia Francese ci aveva lasciato una grande nostalgia e di conseguenza
un grande desiderio di ritornare nelle isole del Sud Pacifico, per cui,
il 15 Agosto 2004 siamo ripartiti: destinazione Fiji, ma, sia ben chiaro,
non le noiose finte Fiji, brutta copia delle isole maldiviane, le Fiji
vere, con i loro abitanti che sono la loro più grande ricchezza.
La partenza da Malpensa verso Heathrow era prevista alle ore 8 del mattino:
questo ha significato partire da Padova alle 3.30, praticamente non aver
dormito quella notte, e questo si è rivelato poi abbastanza pesante.
Due parole su Heathrow: laeroporto è piuttosto congestionato, tantè
che rimaniamo una buona mezzora in aria in prossimità di Londra
prima che ci diano la possibilità di atterrare. Lo stesso avviene
al momento del decollo, tre ore dopo. Il nostro Boeing 777 dellAmerican
Airlines diretto a Los Angeles è in coda per raggiungere la pista
di decollo. Davanti a noi cè una fila infinita di aerei ed infatti
ci stacchiamo finalmente dal suolo con ben tre quarti dora di ritardo!
Viaggiando di giorno si fa più fatica a dormire anche se come contropartita,
se il cielo è sereno, si possono vedere delle cose molto interessanti.
La veduta su Capo Farvel ad esempio,
lestrema
punta sud della Groenlandia, è veramente suggestiva: si riescono
a scorgere anche gli iceberg alla deriva. Dopo 11 ore atterriamo a Los
Angeles e la stanchezza comincia a farsi sentire: ci sembra di essere usciti
da un frullatore. Pur essendo soltanto in transito, dobbiamo comunque passare
per lo sportello del controllo passaporti, ritirare i bagagli per poi reimbarcarli
poco più in là. Inoltre bisogna uscire dallaeroporto per
cambiare terminal: infatti lAir Pacific parte dal terminal Bradtley che
si trova appena fuori, sulla sinistra. Purtroppo dobbiamo aspettare ben
7 ore e nelle sale dattesa praticamente si gela: infischiandosene delle
varie normative che raccomandano una temperatura (per il condizionamento
estivo) attorno ai 25 gradi o delle regole dettate semplicemente dal buon
senso, la temperatura raggiungerà a stento i 18 gradi e infatti
quelle 7 eterne ore al freddo sembrano non passare più. Ma appena
imbarcati, per la prima volta ci capita un bel colpo di fortuna: siamo
nelle ultime file e laereo in fondo è quasi vuoto: così
possiamo avere a nostra disposizione unintera fila di 4 posti e dormire
comodamente distesi come sul divano di casa. Una cosa impagabile, così
quando alle 6 di mattina atterriamo a Nadi, dopo altre 11 ore di volo siamo
perfettamente riposati e pronti per la nostra prima giornata alle Fiji.
E ancora notte, ma unorchestrina sta già attendendo i turisti
appena sbarcati e ci accoglie con una musica di benvenuto. Recuperiamo
le valigie, una signora ci mette al collo una collana di piccole conchiglie
e tutte, ma dico tutte, le persone dellaeroporto ci chiedono se abbiamo
bisogno di aiuto e se sappiamo già dove andare. Cè una grande
attenzione verso il turista, tutto questo è fatto con molta gentilezza,
al puro scopo di dare una mano, e non, come avviene in molte altre parti
del mondo, per avere una mancia o per catturare clienti per il proprio
albergo. Infatti in aeroporto ci sono alcune agenzie in cui si possono
liberamente sfogliare i depliant di molti alberghi per poi eventualmente
decidere dove andare. Due coppie di italiani (molto ridicoli e fuori posto,
come ahimè molto spesso allestero accade), entrano in una di queste
agenzie ed incominciano ad aprire tutte le valigie e a fare un gran caos
in mezzo allufficio solo per cambiarsi dabito!!!!!!! Siamo allibiti,
ci vergogniamo per loro, dato che tutti li guardano con gli occhi sbarrati
e facciamo finta di essere di tuttaltro paese. Noi dobbiamo aspettare
Daniel, dellOctopus Resort, che verrà a prelevarci verso le 8.
Per ingannare lattesa e anche perché nel frattempo ci è
venuta fame, ci mangiamo un bel panino con una birra anche se lora non
sarebbe proprio adatta… Dimenticavo di dire che ormai è Martedì
17, dato che le Fiji si trovano oltre la linea del cambiamento di data.
Daniel arriva puntuale e scopriamo
che oltre a noi ci sono altre 5 persone che verranno nellarcipelago delle
Yasawa. Una di queste è una ragazza australiana che durante una
precedente vacanza si è fidanzata con un ragazzo del resort. Dobbiamo
raggiungere limbarco che si trova a Liftuka, a circa mezzora di auto
dallaeroporto, verso il nord dellisola. La partenza dal molo è
prevista alle ore 10.00 per cui, essendoci quasi unora di tempo, e dato
che nel frattempo è uscito il sole, ne approfittiamo per fare due
passi per raggiungere il mercato. E abbastanza buffo perché per
la strada siamo gli unici bianchi per cui attiriamo chiaramente lattenzione
(della serie tutto è relativo) e molti ci chiedono da dove veniamo.
Where are you from? sarà il leit motiv di tutta la nostra vacanza
perché la gente, nel Sud Pacifico, è molto curiosa, socievole,
portata ai contatti umani, come già avevamo avuto modo di sperimentare
lanno precedente in Polinesia Francese. Persino dei ragazzi che stanno
lavorando sul tetto di una casa ci chiedono di dove siamo…
facciamo un giretto al mercato: ce
un sacco di verdura, del pesce, spezie.
Un ragazzo ci spiega un po di cose
sul pesce esposto, sono tutti tanto gentili! Ci comperiamo un casco di
banane piccole e dolcissime. Per le 10.00 siamo di ritorno e si parte.
Il mare è un po mosso e dopo unora e mezzo di navigazione raggiungiamo
la nostra prima meta delle Fiji: lOctopus Resort (www.octopusresort.com)
sullisola di Waya nellarcipelago delle Yasawa. Il resort è composto
da una serie di bure (bungalow, in fijiano) decisamente belli, immersi
nel verde e che si affacciano su una splendida spiaggia dorata. Il posto
è davvero stupendo. Ci viene assegnato il bure 5, in mezzo al verde.
E molto bello, in puro stile fijiano,
con la struttura portante in legno e le pareti in bambù, tutto legato
assieme, non si vede neanche un chiodo. E molto ampio, il tetto è
in makuti e cè uno splendido bagno maldiviano con la doccia allaperto.
Ovunque giganteschi fiori di ibisco dai diversi colori: sul letto, sugli
asciugamani, sul lavandino. Proprio il genere di posto che piace a noi
che odiamo il lusso ostentato ed anche le cose troppo spartane però.
Pranziamo con una bella insalata greca e ci spaparanziamo al sole fino
allora di cena. Dopo cena ci sarebbe la corsa dei paguri e noi in effetti
non avremmo neanche dovuto dannarci troppo a trovare il nostro, dato che
ne sorprendiamo uno che sta attraversando con indifferenza la nostra stanza,
ma siamo stanchi morti per cui alle 21 siamo già a letto.
Il giorno successivo è una
bella giornata, il resort organizza unescursione ma bisogna camminare
molto e non siamo sicuri di farcela per cui restiamo in spiaggia. Stefano
fa il suo snorkeling mentre io vengo colpita da un attacco di pigrizia
e non mi schiodo dal lettino se non per andare a mangiare un sandwich.
Al pomeriggio però non ce la faccio più a non far niente
e trascino Stefano in una passeggiata fino in fondo alla spiaggia,
io con la macchina fotografica e lui con la videocamera, fino a raggiungere
un gruppo di massi enormi che si superano con un percorso accidentato.
Allandata va tutto bene anche se in alcuni punti si fa una certa fatica
ad arrampicarsi. La sorpresina invece ci attende al ritorno. Stefano che
è notoriamente calmissimo ad un certo punto mi grida concitato Vai
avanti veloce, non fermarti!!. E io invece, stupita dal suo tono, mi fermo,
mi giro e sto per chiedergli spiegazioni quando la spiegazione balza ai
miei occhi più nitida che mai: davanti di me, proprio a mezzo metro
dal mio piede, in una piccola pozza dacqua emerge in tutta la sua bellezza
uno splendido esemplare di serpente di mare (Laticauda colubrina)
a righe orizzontali bianche e nere. Il grazioso animale era a noi ben noto
in quanto avevamo letto che il suo veleno è tre volte più
potente di quello del cobra, e sapevamo però anche che era un animale
tranquillo, non aggressivo (ma lui lo sapeva di non esserlo?). Questo era
molto tranquillizzante a livello teorico, ma a livello pratico mi si è
gelato il sangue ed ho deciso di non testare la sua aggressività
e di rinunciare ad una foto spettacolare, ma di volare letteralmente sui
massi (credo che Messner lo avrei lasciato indietro…) nonostante mi girasse
pure la testa per lo spavento! A parte che credo che se mi avesse morso
(e molti lo confermeranno) sarebbe stato sicuramente lui ad avere la peggio,
chi ci dice che fuori dal suo habitat naturale (è un serpente marino),
vedendosi relegato in quella piccola pozzanghera, non avrebbe potuto avere
qualche reazione strana? Con le gambe ancora molli raggiungiamo il nostro
lettino e dopo esserci un po ripresi prendiamo accordi con la simpatica
Marion, una ragazza dello staff, perché ci venga a fare un massaggio
con lolio di cocco. Lintero staff del resort proviene da un villaggio
che si trova a 15 minuti di cammino. Le ragazze cercano di arrotondare
lo stipendio proponendo massaggi e vendendo lartigianato locale (collane
di conchiglie, statuette in legno). Sono tutte comunque estremamente gentili
e mai invadenti. Alle cinque del pomeriggio, come daccordo, arrivano nella
nostra bure Marion e una sua collega: è molto piacevole stare stesi
e farsi massaggiare con lolio di cocco profumatissimo. A Stefano poverino
tocca lamica di Marion: un donnone sui 100 chili, molto energica, che
lo batte come un tappeto… eh eh, buon per lui che si aspettava una bella
ventenne sinuosa. La giornata finisce con una bella cena anche se la sera
fa freschino per i miei gusti e per mangiare allaperto bisogna mettersi
un giubbino.
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Giovedì 19 Agosto è prevista
unescursione al villaggio di Viwa sullisola omonima che fa parte di un
atollo ad unora circa di navigazione dal nostro resort. Il mare è
un po mosso ed il sole va e viene, insomma il tempo non fa prevedere nulla
di buono. Quando raggiungiamo il villaggio sta già piovigginando.
Il nostro giro inizia con la cerimonia della kava: la nostra guida viene
ricevuta dal capo villaggio a cui viene donato un fascio di kava. La kava
è la radice di una pianta il cui nome è Piper methysticum,
ovvero una particolare pianta di pepe. La bevanda ottenuta dalla polvere
di questa radice mescolata con acqua è la yaqona ed è la
bevanda nazionale fijiana. Per fortuna (ma che fosse una fortuna lo avremmo
capito solo alcuni giorni dopo), la cerimonia si limita alla consegna appunto
del fascio di radici, consegna che avviene allinterno di una casa del
villaggio in cui, dopo aver lasciato le scarpe fuori dalla porta ed esserci
seduti in terra, ascoltiamo il capo villaggio che ringrazia prima nella
lingua locale e poi in inglese e che scambia una serie di convenevoli con
la nostra guida. Finita la cerimonia, usciamo e cominciamo a girare per
il piccolo villaggio in cui gran parte della popolazione vive nelle tipiche
capanne fijiane che saranno probabilmente poco funzionali, ma di sicuro
sono molto suggestive. Durante la passeggiata nel villaggio vengo particolarmente
colpita da un bambino particolarmente bello e abbastanza diverso dagli
altri. Ha unespressione dolce e fiera nello stesso tempo e quando gli
chiedo di poterlo fotografare, (i bambini fijiani imparano linglese molto
presto), mi dice di sì e si mette in posa con un certo orgoglio.
Lingrandimento di questa foto adesso è appeso davanti a me nel
mio studio ed ha ricevuto molti complimenti da tutti. Proseguiamo la nostra
visita attraverso il villaggio e ci fermiamo davanti ad un piccolissimo
mercato improvvisato in cui alcune signore espongono conchiglie ed altri
piccoli oggetti artigianali. Comperiamo tutti qualcosa, io prendo una conchiglia
Tritone. Il giro del villaggio comprende anche la visita della scuola dove
, ci dicono, ritorneremo dopo il pranzo per assistere ad una rappresentazione
che i bambini faranno apposta per noi. Nel frattempo è uscito il
sole, risaliamo in barca e ci dirigiamo in un posto ideale per lo snorkeling.
la cosa incredibile è che sale
in barca con noi un uomo che, armato solo di un bastone con una punta acuminata
si fa lasciare tranquillamente in mezzo alla laguna per poter pescare.
Dopo mezzora di snorkeling, in cui si vedono coralli e pesci molto belli,
splendide cipree, ma soprattutto enormi stelle marine azzurre, torniamo
indietro e riprendiamo a bordo il pescatore che ha già la rete piena
di pesci. Che umiliazione per Stefano che anni fa, quando si immergeva
con muta, maschera, pinne e fucile non riusciva a catturare neanche un
misero pesciolino! Sulla spiaggia davanti al villaggio, allombra di alcuni
alberi ci stanno aspettando delle signore che hanno sistemato su dei vassoi
il pranzo portato dalla nostra guida e ci hanno preparato frutta fresca
e verdura. Il pranzo, buonissimo, lo consumiamo seduti sullerba. Finito
di mangiare, torniamo alla scuola perché i bambini ci stanno aspettando
per esibirsi in canti e scenette molto simpatiche. Sono molto teneri e
grintosi al tempo stesso: credo sia questa una prerogativa di tutti i Fijiani,
bisogna vedere questi bambini con quale spirito competitivo giocano a rugby
e con quali sorrisi si mettono in posta non appena spunta una macchina
fotografica.
Il
bellissimo pomeriggio sullisola si conclude con il canto della loro tipica
canzone di commiato: Isa Lei una
struggente addio di un innamorato alla sua donna. Sarà questa la
prima volta di una lunga serie in cui la sentiremo, ma ogni volta, limpegno
e lo spirito con cui viene cantata, la fa apprezzare sempre di più,
direi che è quasi commovente. La navigazione al ritorno è
più tranquilla, ad eccezione del tratto in cui cè il passaggio
tra la laguna ed il mare aperto, in cui le onde sono altissime.
Il giorno successivo, purtroppo,
la visita prevista al villaggio Waya Levu salta a causa delle cattive condizioni
del mare: la direzione del vento è cambiata per cui il mare davanti
al villaggio è calmo, ma dallaltra parte dellisola, dove dovremmo
andare noi, ci dicono che è troppo mosso. Fortunatamente ci viene
proposta unescursione alternativa molto allettante: una visita la vicino
villaggio Yalobi in cui si svolgerà la fase finale del torneo di
rugby tra le varie squadre delle Yasawa. Accettiamo con entusiasmo, non
volevamo certo passare unaltra giornata in spiaggia, e alle 10.00, in
una decina, salpiamo. Il villaggio si raggiunge dopo solo circa mezzora
di navigazione anche perché il mare è calmo. La giornata
è molto bella e splende un gran sole. Appena arriviamo, ci sistemiamo
ai margini del campo da gioco, in mezzo alla gente del posto che fa un
tifo scatenato.
Ovviamente,
siamo noi bianchi questa volta ad essere guardati con una certa curiosità,
soprattutto dai bambini. Il tifo ai bordi del campo è incredibile,
man mano che le partite vanno avanti gli animi si infiammano, sembra di
essere in Italia ad una partita di calcio. Tutte le donne indossano abiti
coloratissimi, solo un gruppo di signore è tutto vestito di nero:
è morto da poco il loro capo, ci dicono, per cui sono obbligate
a portare il lutto. E ormai mezzogiorno e si comincia a sentir fame: ci
mettiamo in fila anche noi e prendiamo il nostro bel piatto con agnello
ai ferri (favoloso), patate e verdura mista condita con una strana salsina.
Il torneo intanto prosegue e siamo ormai giunti allo scontro finale: proprio
il team dellOctopus Resort contro quello di unaltro villaggio. Purtroppo
gli sfidanti sovrastano la nostra squadra, sia dal punto di vista fisico
che tecnico per cui stravincono! Grossa delusione delle mogli dei giocatori,
ma si sa, limportante è partecipare… Prima del ritorno passeggiamo
lungo la spiaggia a scattare foto. La gente, i bambini soprattutto, anche
qui è molto curiosa e ci chiede sempre da dove veniamo, che lavoro
facciamo in Italia, se ci piacciono le Fiji, ecc. La cordialità
e laffetto della gente fijiana è la cosa che forse ci ha colpito
di più, e pensare che tante persone vengono alle Fiji per chiudersi
in uno di quei resort nellarcipelago delle Mamanuca per far vita da spiaggia.
Ma cè bisogno di venire fin qui allora?
Bah! Girando, ci siamo resi conto già da un pezzo di una cosa e
cioè che le persone che viaggiano si possono dividere grossolanamente
in due categorie. quelli che girano il mondo perché sono curiosi
e amano davvero vedere cose nuove e imparare, e quelli a cui non gliene
può fregare di meno né degli usi e costumi del popolo, né
di dove sono, né di quello che si potrebbe vedere, ma a cui interessa
solo poter dire ad amici e conoscenti: ho fatto il viaggio di nozze a…,
oppure sono stato in vacanza a… e non mettono mai il naso fuori dal
loro villaggio perché sono convinti che ci siano milioni di pericoli.
Una coppia-tipo del secondo genere labbiamo incontrata proprio alle Tonga
durante questo viaggio, ma, per cristiana pietà, nel resoconto di
viaggio delle Tonga non ne parlerò proprio. Erano quasi commoventi
nella loro ignoranza, sembrava che stessero facendo una gag a Zelig, ma
purtroppo invece era tutto vero. Ci sbellichiamo ancora oggi dalle risate!
Alle 17.00, ahimè, si riparte per il nostro resort. Ma la serata
ci riserva ancora un sacco di sorprese: in camera troviamo un grosso granchio
che la sta tranquillamente attraversando, mentre sulla parete un grosso
grillo sta saltellando allegramente. Naturalmente agevoliamo ad entrambi
luscita… Ma la vera bella sorpresa è che cè la serata
fijiana con danze tipiche ed, in chiusura, limmancabile Isa Lei cantata
anche questa volta con struggente malinconia. Al pomeriggio avevamo conosciuto
una coppia di ragazzi irlandesi (a dire il vero lei era Irlandese mente
lui della Tasmania), una famiglia australiana ed una ragazza di Los Angeles,
così dopo le danze parliamo un po con loro. Quello che si deduce,
conoscendo persone delle più svariate nazionalità, colore
della pelle e religione è che in fondo, al di là di ogni
retorica, siamo veramente e profondamente tutti uguali e fa sorridere il
fatto che ci siano in giro ancora tanti luoghi comuni.
E già Sabato, purtroppo,
ed è ora di fare il check out. Che peccato, non me ne sarei più
andata via dallOctopus. Prepariamo le valigie e siamo costretti a passare
la mattinata in spiaggia perché si parte alle 14.00. La giornata
è nuvolosa e afosa. Saliamo sulla barca che ci riporterà
a Viti Levu, Marion ci viene a salutare e ci augura di ritornare un giorno
(e anche noi!) e tutti insieme ci cantano Isa Lei (siamo ormai a quota
tre). Il mare è piuttosto grosso ed il trasferimento dura la solita
ora e mezza. Al porto, unauto ci sta aspettando e lautista ci porta sotto
una pioggia battente fino alla nostra destinazione: il Club Fiji Resort
di Nadi. E un posto carino, con molti bungalow in legno, immersi nel verde
e affacciati su una spiaggia di sabbia grigia piuttosto brutta, ma lisola
si sa è di origine vulcanica e non ci sono belle spiagge tranne
che a sud dove ce nè una abbastanza famosa. Si cena allaperto
in una sala molto bella, al lume di candela e in quelloccasione conosciamo
Oscar, un omone alto e massiccio, dolcissimo, a dispetto del suo aspetto
imponente. E il capo dei camerieri ed è una persona a dir poco
deliziosa. Lasciamo chiuse le valigie, anzi una la lasciamo in deposito
perché il giorno successivo partiremo per le Kadavu (un isola a
sud di Viti Levu). Ritorneremo al Club Fiji dopo tre giorni, per poi ripartire
per le Tonga.
Domenica 22 Agosto ci svegliamo
ancora sotto una pioggia battente (ma non eravamo nella stagione secca?)
e dopo colazione raggiungiamo laeroporto. Siamo in forte anticipo, così
ne approfittiamo per comperare e scrivere le cartoline. Abbiamo poi lopportunità
di comprendere appieno il significato del termine Fiji time: il nostro
volo della Sun Air per le Kadavu previsto in partenza alle 12.00 parte
con una bella ora di ritardo ma non solo, quando finalmente, dopo aver
passato il nostro bagaglio a mano ai raggi x, stiamo per raggiungere laereo
pronto sulla pista, noi ed altre tre coppie veniamo gentilmente rispediti
indietro perché… non ci stiamo tutti sullaereo, in particolare
con i bagagli superiamo il peso massimo consentito. Il nostro volo partirà
dopo due minuti, ci viene detto, il che tradotto in Fiji time significa
una buona mezzora. Infatti dopo 35 minuti veniamo imbarcati su due piccoli
aerei (6 posti ciascuno), pure piuttosto vecchi (per non dire delle baracche).
Io non ho paura di volare, ma cè una bella differenza tra il non
aver paura e lessere totalmente incoscienti: laereo aveva il sedile sfondato,
la guarnizione del portellone tutta rotta e stava piovendo a dirotto. Per
alcuni secondi ho pensato seriamente di scendere perché volare su
un simile trabiccolo con quelle condizioni meteorologiche mi pareva una
cosa folle anche perché, se tanto mi dà tanto, è facile
immaginare in che condizioni potessero essere i motori, ma poi ha prevalso
linerzia e sono rimasta su. Devo confessare che durante quegli interminabili
45 minuti di volo in mezzo alla nebbia e ai vuoti daria ho pensato spesso
a quale lapide avrebbero potuto scegliere i miei familiari per me. Evidentemente
non era ancora arrivata la mia ora perché, strano ma vero, siamo
atterrati senza problemi. Il ragazzo che ci deve portare alla nostra pensione,
il Waisalima Beach Resort, ci sta già aspettando, ma, tanto per
non perdere labitudine, ci dice che dobbiamo aspettare delle persone in
arrivo con un volo da Suva previsto alle 14.30, Fiji time, ovviamente,
ed infatti laereo atterrerà puntualissimo alle 16.00! Approfittiamo
di questa attesa per intrattenerci con un po di gente del posto. Io faccio
la conoscenza di due simpatiche signore molto intraprendenti che mi danno
il loro indirizzo affinché possa inviare loro una cartolina da Venezia,
mentre Stefano si intrattiene con un signore molto loquace. Per un popolo
che non molti decenni fa era cannibale, direi che è stato un bel
passo in avanti! Purtroppo allarrivo dellaereo non scendono le persone
che stavamo aspettando, pazienza, abbiamo aspettato per niente, ma se non
altro abbiamo fatto amicizia con gente simpatica. Il trasferimento in barca
dura unora: si tratta di una piccola barca scoperta, cè solo da
sperare che non piova altrimenti si arriva lavati. Si costeggia lisola
che è interamente ricoperta da una foresta pluviale. Strade interne
praticamente non ce ne sono, per cui lunica possibilità di spostamento
è via mare. Il reef è meraviglioso e così pure la
vegetazione, peccato che manchi il sole e i colori siano di conseguenza
così smorti. Appena raggiungiamo il Waisalima restiamo profondamente
delusi: è la struttura che alle Fiji abbiamo pagato di più
ed è alquanto brutta: il nostro bure è fatiscente, veramente
maltenuto e anche la sala da pranzo è molto squallida. Che orrore!
Siamo abbastanza incavolati, soprattutto per quanto riguarda il rapporto
qualità-prezzo, decisamente il peggiore mai trovato in tutti i nostri
viaggi. Anche la guida Lonely Planet, che per la verità parla del
Resort mentre è ancora in costruzione, toppa miseramente e clamorosamente,
descrivendolo come una buona sistemazione.
Per
fortuna si tratta solo di passarci due giorni perché altrimenti
ce ne saremmo andati. Stiamo guardando sconsolati i rattoppi fatti con
il nastro adesivo blu sulla nostra zanzariera quando veniamo invitati da
un ragazzo ad andare nella sala da pranzo (se così si può
chiamare) perché stanno facendo la cerimonia della kava. Il ragazzo
è il figlio della padrona, una signora neozelandese, e dato che
il giorno successivo sarebbe ripartito per la Nuova Zelanda, stanno facendo
una cerimonia di addio. La kava è una bevanda che come dicevo allinizio
viene ottenuta mescolando con acqua la polvere di una particolare pianta
di pepe. Viene preparata in un recipiente simile ad un braciere che si
chiama tanoa: la polvere viene posta allinterno di un sacchetto di garza
che viene poi ripetutamente immerso nellacqua fin quando lintruglio non
assume la giusta consistenza e colore. Dopodiché con delle apposite
scodelline viene servita ad ogni commensale che la deve bere tutta dun
sorso battendo le mani prima e dopo per dimostrare il suo apprezzamento.
Stefano lassaggia ed anchio mi faccio forza vincendo la naturale repulsione
verso quella mistura fangosa. Sorpresa! Non solo laspetto è quello
del fango, ma pure il sapore. I Fijiani mi perdonino, ma la kava è
unautentica porcheria! Puah! Se ci penso il mio stomaco ha un sussulto
persino ora! Riesco fortunosamente a saltare il bis di kava, ma le
delusioni non sono finite: la cena è una vera miseria: solo salsicce,
una specie di radice bianca tipo patata, ma che non sa di niente, e verdura
cotta, il tutto né abbondante né buono. Che giornata! Speriamo
in un domani migliore!
Il giorno successivo, dopo unintera
nottata di pioggia… piove! Volevamo fare unescursione alle cascate che
ci sono allinterno dellisola, ma piove troppo. A colazione (abbastanza
abbondante e buona per fortuna) conosciamo una simpaticissima coppia neozelandese:
June and Jim. Dato che la giornataccia non offre molte alternative, la
signora June mi insegna a giocare a Scrubble (il nostro Scarabeo, scoprirò
poi). Aiutata dalla solita fortuna del principiante e un po anche da Jim,
vinco pure.
Anche il pranzo è di una
povertà disarmante: polpette, verdura cruda e la solita insulsa
radice. Considerando che la pensione completa qui costa ben 80 € a
testa, è chiaro che siamo stati imbrogliati. Anche June e il marito
sono molto seccati. Una volta tornata in Italia io comunque ho scritto
alla Lonely Planet e mi auguro che nella nuova edizione ci sia una valutazione
ben diversa di quel posto. Al pomeriggio, dato il maltempo persistente,
ci sediamo in veranda a fare un po di parole crociate e chiacchieriamo
un po con la coppia neozelandese. Scopriamo così che noi Italiani
siamo tra i lavoratori più fortunati del mondo per quanto riguarda
le ferie. In Nuova Zelanda hanno solo tre settimane allanno, mentre negli
USA addirittura solo due! Verso metà pomeriggio la pioggia ci da
un po di tregua e ci consente di fare una passeggiata nella foresta pluviale
e
vedere finalmente il bellissimo e variopinto pappagallo Kakà che
abita questisola, ma non di fotografarlo, perché se ne sta sempre
in alto sugli alberi, ben lontano da noi. Che rabbia! Stefano, per ingannare
il tempo, decide di aprire una noce di cocco, come ha imparato in Polinesia
Francese un anno prima. Scopriremo poi molto più tardi che non solo
a noi piace il cocco… Dopo lennesima deludentissima cena si va a dormire,
ma durante la notte un rumore ci sveglia di colpo. Accendo la pila (linterruttore
della luce si trova a 4 metri dal letto!!!) e cosa vedo? Un topolino, si,
un piccolo topo che sta cercando di rosicchiare la borsina di plastica
allinterno della quale ci sono dei pezzi di cocco. Siamo sbalorditi, ma
fortunatamente abbiamo entrambi un certo senso dellumorismo: lesperienza
del topo in camera nella nostra vita proprio ci mancava! Evviva! Il topolino,
spaventato dalla luce se ne va sul tetto e noi tentiamo di riaddormentarci,
ma dopo un po torna ancora alla carica per poi andarsene di nuovo, questa
volta definitivamente.
La mattina dopo, parlando a colazione
con gli altri commensali, veniamo a sapere che lesperienza del topo non
è poi la peggiore che si possa fare al Waisalima. Infatti, ci raccontano
che il giorno prima che arrivassimo noi, allora di cena si era affacciato
alluscio un simpatico serpente di mare. Panico generale e poi il serpente
se ne era tornato verso il mare… Evidentemente i due gatti presenti nel
resort non erano molto attivi, o forse erano troppo occupati a prendersi
cura della loro prole, (4 splendidi gattini), per occuparsi anche di topi
e serpenti! Chiacchierando con gli altri ospiti scopriamo anche che, su
9 persone presenti nel resort (più 2 ragazze giapponesi che praticamente
non parlano), 5, compresi noi, sono ingegneri. Incredibile, se ne deducono
due cose: agli ingegneri piacciono le Fiji e anche le fregature! Uno è
Andrew, un ragazzo di Perth molto carino che ha capito tutto della vita
ed ha trovato il modo migliore di vivere: lavora per alcuni mesi con contratti
a termine, dopodiché gira il mondo per altri 5 o 6 mesi e nel frattempo
si cerca un nuovo lavoro a termine e così via! Beato lui! Il tempo
come al solito è brutto: non ci resta altro che fare un giro a piedi
allinterno della foresta pluviale con i nostri impermeabili. Incontriamo
un ragazzo del Resort e gli spieghiamo che sto cercando disperatamente
di fotografare il pappagallo e lui, molto gentilmente, dopo però
averci fatto stragiurare che non lo avremmo detto a nessuno, ci porta a
vedere un nido. Ci arrampichiamo su un albero e, in una cavità allinterno
di un grosso ramo spezzato, scorgiamo un pappagallo adulto con due pulcini
di età diverse, uno un po più grande e uno completamente
implume. In un angolo del nido cè pure un uovo. Che bellezza! Immortalo
il tutto con un paio di foto. Continuiamo il nostro giro tra il verde della
foresta: in alcuni punti è fittissima e si fa fatica a passare.
La foresta è magnifica, certo che se ci fosse il sole…
E finalmente arrivato il giorno
della partenza da questo infame Resort. Ah, stavo dimenticando di dire
che, durante la notte, eravamo stati svegliati dal volo e dal richiamo
di un pipistrello che evidentemente alloggiava a sbafo nel nostro bure.
Fortunatamente eravamo sotto la zanzariera ben protetti. Partiamo con Andrew
e ci facciamo una bella ora di barca sotto un cielo plumbeo, ma per fortuna
la pioggia ci grazia e ci fa raggiungere laeroporto asciutti. Poco prima
di arrivare, incontriamo anche due branchi di delfini che ci accompagnano
per un po, nuotando vicino alla nostra barca. Laereo arriva con solo
mezzora di ritardo e per fortuna non è la baracca con la quale
eravamo arrivati. Ritornando a Viti Levu scorgiamo lisola di Vatulele
su cui sorge un meraviglioso e costosissimo resort, in effetti dallalto
lisola è molto bella, ma sotto le nuvole pure lei. Atterrati a
Viti Levu prendiamo un taxi e ci facciamo accompagnare al Club Fiji Resort
(www.clubfiji-resort.com). Il taxista è un ragazzo indiano e la
cosa che ci colpisce molto è che la sua mano destra ha 6 dita. Dato
che siamo solo a metà pomeriggio, facciamo velocemente una doccia
e ci cambiamo per andare in centro a Nadi. Il taxi ci fa scendere vicino
al mercato che però è un po deludente dato che cè
solo frutta e verdura. Continuiamo però il nostro giro per le strade
del centro piene di negozi e comperiamo diverse magliette, delle camicie
coloratissime e molti altri souvenir. Un taxi ci riaccompagna poi in albergo,
dove a cena rivediamo Oscar con piacere. Questi, appena sente che stiamo
per partire per le Tonga, ci prega di comperargli uno sticker, cioè
un adesivo di Tonga. La cosa ci mette un po di preoccupazione perché
non siamo certi di riuscire a trovarlo e non vorremmo deluderlo, dato che
si capisce che ci tiene molto. Bah, speriamo bene!
Giovedì 26 Agosto alle 5.00
di mattina siamo già in aeroporto: il volo per Tongatapu parte alle
7.00. Bisogna dire che per quanto riguarda i voli internazionali il Fiji
time per fortuna non cè, tantè che il nostro aereo, mezzo
vuoto, decolla addirittura con 10 minuti di anticipo.
Il giorno 2 Settembre siamo di ritorno
alle Fiji. A sorpresa, lincaricato del Club Fiji Resort ci sta aspettando
in aeroporto. Non ce lo aspettavamo, perché non avevamo nemmeno
comunicato lorario di arrivo. Ci facciamo accompagnare ad un noleggio
auto appena fuori dallaeroporto perché abbiamo intenzione di girare
un po per Viti Levu per conto nostro. Torniamo prima in albergo a depositare
i bagagli e a farci assegnare la stanza. Oscar è felice di rivederci
e lo è ancora di più quando gli diamo ladesivo delle Tonga
da attaccare sullauto. Sistemata la nostra roba, saliamo in auto e ci
mettiamo subito in movimento. La guida è a sinistra, ma il traffico
è scarso e poi con il cambio automatico non ci sono problemi. La
prima tappa è Nadi perché vogliamo completare lo shopping.
Non ci facciamo mancare un giretto in un piccolo mercato allaperto in
cui riescono ad appiopparci un sacco di cose e completiamo gli acquisti
comperando due splendide maschere in legno intagliato, collane, camicie,
insomma di tutto e di più. Raggiungiamo la nostra auto appena in
tempo per vedere un ragazzo che sta guardano se per caso è aperta:
un po stano, dato che dentro non avevamo lasciato assolutamente nulla.
Le nostre consegne giornaliere prevedono che si vada verso nord: il mio
desiderio è quello di raggiungere il villaggio tipico di Navala
che si trova allinterno, sugli altopiani.
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La particolarità di questo splendido
villaggio sta nel fatto che le case sono tutte bure tradizionali, ad eccezione
della scuola. Ci avviamo quindi verso nord lungo la strada costiera, in
mezzo alle piantagioni di canna da zucchero. Riusciamo anche a vedere il
famoso trenino della canna che è appunto adibito al suo trasporto.
E ormai passato mezzogiorno e decidiamo di fermarci a mangiare a Lautoka,
in un locale indiano, il Chandus consigliato dalla Lonely Planet. Prendiamo
un po di tutto: la cucina è indiana e piccante, ma molto saporita.
Si spende pochissimo e si mangia molto e bene. Ci rimettiamo in auto e
continuiamo verso la cittadina di Ba. A quel punto si gira a destra e ci
si inoltra verso linterno. Dalla carta stradale in nostro possesso ci
risulta che Ba disti da Navala solo 25 chilometri, ma tutti quelli a cui
chiediamo informazioni ci dicono che è molto lontana e che ci vuole
un ora e mezzo per raggiungerla in auto. Siamo un po perplessi, ma non
appena imbocchiamo la strada ci rendiamo conto del perché: la strada
è sterrata ed in pessime condizioni per cui è difficile riuscire
a mantenere una velocità superiore ai 20 km/h. Solo le salite più
ripide, in certi punti, sono asfaltate. Il paesaggio è da cartolina:
il sole dà ai colori delle montagne una brillantezza unica, si rimane
estasiati nel guardarle.
I tempi di percorrenza già
lunghi si dilatano ulteriormente perché io voglio continuare a fermarmi
per fare foto e Stefano mi asseconda con rassegnazione. Ci sono ovunque
campi di canna da zucchero. Ad un certo punto ci fermiamo per dare un passaggio
ad un ragazzo fijiano che stava aspettando il pullman locale e che facciamo
scendere dopo qualche chilometro. Le case lungo la strada sono poche e
quando passiamo tutti ci salutano. Dopo ben più di unora di sterrato
siamo ormai in prossimità del villaggio , quando un gruppo di bambini
lungo la strada ci ferma per chiederci se abbiamo caramelle. Non bisognerebbe
dargliele perché se si cariano i denti non hanno molti dentisti
a disposizione, ma come si fa a dire di no? Appena raggiungiamo il paese
ci stanno già aspettando, non si sa come, ma si è già
sparsa la voce. La visione del villaggio è difficile da descrivere
per riuscire a far provare le stesse emozioni: decine di bure bianche sparse
sulla collina in mezzo al verde con i loro bei tetti color marrone.
Ogni
bure è composta da una struttura portante fatta di pali di legno,
le pareti allesterno sono di pietra, mentre allinterno in foglie intrecciate.
Anche il tetto è in paglia ed ha la forma di un cono. Di certo quello
che si vede ripaga del viaggio fin lì. Non essendoci organizzati
in tempo, non abbiamo della kava con noi da portare in dono e allora lasciamo
alla signora Fina, organizzatrice del posto, una somma aggiuntiva a quella
che si deve pagare per accedere al villaggio (lingresso è di 10
F$ a testa). Fina ci introduce nello splendido villaggio, facciamo delle
riprese e delle foto, anche se purtroppo il sole sta ormai per tramontare
e non cè molta luce. Fina ci racconta come si svolge la vita nel
villaggio, in maniera molto semplice e spartana, troppo per noi, abituati
a certe comodità. Purtroppo per me, ci congediamo con la cerimonia
della kava, sigh, cerimonia che Fina e la sua famiglia fanno in nostro
onore, per cui si offenderebbero tantissimo se ci rifiutassimo di partecipare.
Il mio povero stomaco fa le capriole quando sente nominare la kava.
E un vero sacrificio per me vincere il disgusto e bevo a denti stretti
la mia ciotolina di quel fango ripugnante, sperando che non mi venga da
vomitare. E ormai il momento di congedarsi definitivamente e Fina ci fa
una raccomandazione che ci lascia molto perplessi e preoccupati: da una
parte ci dice che non cè nessun pericolo a tornare indietro a quellora
lungo quella strada e dallaltra ci raccomanda ripetutamente di andare
sempre diritto e di non fermarci per nessuna ragione, nemmeno se qualcuno
lungo la strada ci volesse chiedere qualcosa. Il fatto che ci ripeta queste
cose diverse volte ci inquieta non poco, ma nessun di noi due ha il coraggio
di chiederle il perché. Montiamo in auto e ci avviamo, dato che
ormai è già buio ed, in silenzio speriamo in cuor nostro
di non forare… Comunque la fortuna ci assiste e a ora piuttosto tarda
raggiungiamo senza intoppi il nostro resort: lauto avrà su due
dita di polvere, speriamo che al mattino, quando verranno a prenderla,
non ci facciano storie. Siamo stanchi morti, ma non ci facciamo mancare
una cenetta tipica della Mongolia al ristorante del Club Fiji.
Siamo ormai arrivati al penultimo giorno
di permanenza alle Fiji e decidiamo di uscire in barca con uno di quei
tour organizzati per raggiungere unisola delle Mamanuca. La scelta cade
sul tour organizzato dalla Fiji Fun Cruise che ci porterà allisola
di Malamala.
Alle 9.00, puntualissimo (strano ma
vero) passa un pullmino a prenderci e alle 10.00 si parte dal porto di
Danarau. Dopo unora circa di piacevole navigazione su una bella barca
grande, si raggiunge lisola. E molto bella, di forma circolare con intorno
la classica spiaggia bianca ed in mezzo palme e mangrovie.
Tuttintorno ha una barriera corallina
da sogno e la barca col fondo in vetro ci consente di vedere coralli mozzafiato,
pesci e stelle marine blu. Il pranzo è ottimo, con una bella varietà
di carne e pesce alla griglia, verdura e frutta fresca. Al pomeriggio Stefano
va a pescare e torna tutto ringalluzzito perché è lunico
che è riuscito a prendere dei pesci. Io ozio in spiaggia sotto il
sole. Verso le 17.30 siamo di ritorno, giusto in tempo per farci una bella
doccia, fotografare uno splendido tramonto e gustarci una cena a base di
pesce.
E arrivato il giorno della partenza!
Sigh!!! Un vero incubo: come si fa a pensare di tornare a casa dopo aver
passato tre settimane in questi due paradisi lontani? Abbiamo il morale
a terra, ma dato che il nostro volo Air Pacific è alle 22.00 abbiamo
ancora unintera giornata davanti. Facciamo allora unaltra crociera giornaliera:
questa volta allisola Tiwa, con la Capitan Cook Cruise che utilizza un
vecchio veliero di 60 anni, lungo 85 piedi e con due alberi. Il pick up
arriva alle 8.30 però si salpa solo alle 9.45. Il viaggio dura unora
e venti e a bordo vengono offerti the e biscotti, bibite e si sta molto
bene. Lisola di Tiwa è simile a Malamala ma leggermente meno bella
perché la sabbia è meno fine. E comunque circondata da una
splendida barriera corallina. facciamo il solito giretto con la barca di
vetro e dopo un buon pranzo Stefano fa snorkeling.
Trova pure una bella ostrica che però
grazia: non sapremo mai se dentro ci fosse una perla o no. Questa gita
si rivela un po la fotocopia della gita precedente, ma non cerano molte
altre valide alternative, anche perché la spiaggia del Club Fiji
Resort non è per nulla attraente ed lacqua del mare è bassissima
(impossibile nuotare), tantè che con la bassa marea si ritira per
decine di metri. Ritorniamo al resort e, anche se non abbiamo più
la nostra stanza, abbiamo la possibilità di andare a fare la doccia
nel bagno del dormitorio in cui ci sono 4 letti a castello occupati da
ragazzi giovani.
Alle 19.30 il taxi ci riporta alla
dura realtà: ci aspettano circa 30 ore di viaggio (25 di volo effettivo).
Abbracciamo Oscar che si commuove nel salutarci e Mary, la nostra receptionist
preferita. Il check in è eterno perché tutte, ma veramente
TUTTE le valigie vengono aperte ed ispezionate sommariamente. Ci stramo
ormai tristemente avviando al nostro cancello, quando sentiamo Isa Lei
per lultima volta: è laffettuoso arrivederci che il popolo fijiano
dà a chi ha avuto il privilegio di conoscerlo.