Appunti di Viaggio in Messico
E’ una realizzazione: SteveR On line da Gennaio 1999
APPUNTI DI VIAGGIO SUL MESSICO ( YUCATAN-QUINTANA ROO )
Cancun,Valladolid, Chichen-Itza, Merida, Uxmal, Tulum, Xpu-Ha, Isla Cozumel, ecc.
AGOSTO 2002
PROLOGO:
Questo
viaggio
ha
rappresentato
molto
per
noi:
la
fiducia
nelle
proprie
capacità
e
un
buon
augurio
per
un
futuro
aperto
a
nuovi
orizzonti
(
spillonature
permettendo
);
infatti
si
è
trattato
del
“primo”
viaggio,
anzi
direi
avventura,
a
tre…io,
mia
moglie
e
mia
figlia
Maeva
di
soli
14
mesi
!
…un
viaggio
per
nulla
statico
affrontato
teoricamente
nella
stagione
inadatta
del
caldo
e
delle
piogge
(
ma
che
in
realtà
si
è
rivelata
migliore
dell’Agosto
Italiano
caratterizzato
quest’anno
da
piogge
abbondanti
quasi
tutti
i
giorni
!
)
che
ci
ha
permesso
di
vedere
quasi
tutto
ciò
che
c’eravamo
prefissi
in
tutta
tranquillità e sicurezza.
Non
nascondo
a
posteriori
le
mille
paure,
dubbi
che
ci
hanno
attanagliato
prima
di
partire
con
una
bimba
piccola
tanto
che
in
alcuni
giorni
avrei
quasi
voluto
rinunciare,
ma
parlando
con
chi
(Bnx)
aveva
fatto
prima
di
me
queste
esperienze
avevo
capito
che
si
trattava
di
pensieri
negativi
“fisiologici”
che
sarebbero spariti immediatamente dopo il primo check-in…ed era vero !!! …la buona sorte ha fatto il resto 😉
E’
innegabile
che
si
tratta
di
un
viaggio
diverso
(
ma
non
troppo
)
rispetto
quando
si
viaggia
in
coppia
o
con
amici…
ma
se
si
è
disposti
a
faticare
un
poco
di
più,
avere
maggiore
pazienza
e
self-control
si
è
ricompensati
dalla
gioia
di
osservare
le
emozioni
e
le
esultanze
che
anche
un
bimbo
piccolo
può
avere
di
fronte alle cose “nuove” incontrate in un viaggio, come una spiaggia, un animale, un sapore, un costume, una musica o una persona…
I CHILI DA AGGIUNGERE:
Quando
si
viaggia
con
una
creatura
al
seguito
non
vi
potete
immaginare
quale
sia
l’aumento
di
peso
di
valige
e
zaini,
un
pò
per
reale
necessità
…un
pò
per eccesso di zelo ( leggasi “tranquillità” nel caso di un paese mai visitato prima ).
Oltre
all’
armamentario
solito
vanno
aggiunte
alcune
“cosette”
come
pannolini
(
almeno
la
dose
per
i
primi
4-5
giorni
nel
caso
in
cui
non
si
abbia
subito
la
possibilità
di
trovare
un
supermercato
o
si
debba
fronteggiare
una
diarrea-emergenza,
totale:
vari
kg
),
una
scorta
(
per
mezzo
viaggio
)
di
omogeneizzati
carne,
verdura
e
frutta
(
6
assortiti
pesano
quasi
1
kg…io
ne
avevo
per
una
settimana:
27
!
),
un
paio
di
pacchetti
di
salviettine
umidificate
(
più
di
un
kg
),
creme,
borotalco,
mezzo
kg
di
pastina,
zucchero,
biscottini,
latte
in
polvere
(
che
poi
fu
sostituito
subito
con
yogurt
locale
),
varie
pappe
liofilizzate,
vitamine, ecc.
…ed
ancora:
un
passeggino
corredato
di
tettuccio
(
5Kg
)
più
copertura
antipioggia,
un
pentolino
per
cucinare
la
pappa
con
posate
(
e
non
mi
ero
portato
per
motivi
di
tensione
110V
il
fornello
elettrico
!
),
uno
zaino
intero
di
medicine
(
oltre
le
nostre
)
specifiche
per
infante,
una
bambolina,
una
ciambella
salvagente,
vari
biberon
e
ciucci,
un
portabiberon
termico
(
che
insieme
alla
nostra
borraccia
fungeva
da
riserva
di
acqua
fresca
sotto
il
sole
dei
siti
Maya
),
un
portapappa,
un
piattino
ed
altro…la
lista
è
infinita:
si
diventa
dei
veri
sherpa
se
si
pensa
che
a
tutto
ciò
va
aggiunto
il
peso
in
braccio
o
al
“traino”
di
una
bimba
di
più
di
9
chili
guizzante
e
scivolosa
come
un’anguilla
🙂
…aggiungo
che
Maeva
si
trova
in
quella
delicata
fase
che
vuole
camminare
da
sola
ma poi dopo due passi cade rovinosamente !
Avrei
potuto
comperare
molte
delle
riserve
“cibarie”
subito
in
loco
ma
non
ero
sicuro
di
trovare
i
prodotti
giusti
(
nonostante
Maeva
fosse
abituata
ai
sapori
nuovi
)
e
non
ero
nemmeno
sicuro
di
trovare
tutto
subito…ma
per
la
seconda
settimana
abbiamo
utilizzato
cibi,
pannolini
ed
accessori
vari
acquistati nei supermercati locali !
Cosa
togliere
per
alleggerire
il
carico
rispetto
gli
altri
anni
?
Nulla
o
quasi
nulla
!
Eravamo
abituati
a
viaggiare
con
pochissimo
vestiario
ed
anche
quest’anno
abbiamo
fatto
(
tutti
e
tre
)
lo
stesso:
due
magliette
o
camicie,
due
mutande,
un
paio
di
ciabatte
notte-mare,
un
paio
di
calzoncini
a
testa,
i
tre
k-way
e
nulla
più…
tutti
capi
da
lavare
mano
mano
durante
il
viaggio.
Le
uniche
cose
su
cui
ho
potuto
risparmiare
peso
sono
state
la
macchinetta
fotografica
di
scorta,
il
treppiedi
e
le
pinne
di
Maria:
giacchè
non
potevamo
certo
fare
snorkeling
insieme
(
ma
a
turno
)
abbiamo
portato
le
mie
numero
44 calzate da mia moglie con “riduttore” ( calzini da muta ) a 40 !
Comunque ( zaini-piombo come bagaglio a mano e passeggino a parte ) siamo riusciti a partire con “soli” 39 Kg di bagaglio da spedire ! 🙂
IL RACCONTO:
Correva
l’Agosto
del
2002
quando
arrivammo
all’aeroporto
di
Fiumicino
dove
avevamo
appuntamento
con
un
incaricato
dell’Hotelplan
(
il
t.o.
con
il
quale
avevamo prenotato la parte fly & drive ) per prendere i biglietti del charter dell’Air Europe per Cancun.
L’appuntamento
era
per
circa
2
ore
prima
dell’orario
d’imbarco.
Purtroppo
i
noti
disservizi
del
mese
di
Agosto
ci
colpirono
ed
alle
ore
di
attesa
“standard”
si
aggiunsero
altre
4
ore
extra
a
causa
di
un
blocco
dei
nastri
trasportatori
dei
bagagli
dell’intero
aeroporto…vi
potete
immaginare
con
valige
e
bimba
affamata
al
seguito…ma
per
fortuna
eravamo
attrezzati
con
termos
di
pastina
e
brodo
già
cotti
per
Maeva
e
biscotti
salati
per
noi…nonchè
tanta
acqua
fresca !
Una
dritta
per
i
neogenitori
che
pochi
sanno:
chi
viaggia
con
bimbi
piccoli
a
seguito
può
risparmiare
l’estenuante
fila
al
check-in
“economy”
e
andare
direttamente
al
bancone
della
classe
superiore
(
in
questo
caso
la
“confort”
ma
può
essere
anche
la
business
)
per
farsi
assegnare
i
posti
più
adatti
al
tragitto
cioè
quelli
avanti,
in
corrispondenza
degli
schermi
tv
(
meglio
se
laterali
per
evitare
di
avere
un
vicino
di
poltrona
)
dove
c’è
più
spazio
e
c’è
la
possibilità di agganciare alla parete una culletta ( adatta a bimbi fino a 12 Kg ).
Una
volta
fatto
il
check-in
ci
dirigemmo
verso
il
gate
di
partenza.
Una
considerazione:
i
controlli
sui
bagagli
a
mano
furono
rigorosi
(
ma
lo
erano
anche
prima
dell’11
settembre
2001,
ricordo
quando
nel
1999
ci
sequestrarono
un
coltellino
da
frutta
):
vietatissimo
portare
temperini,
limette,
forbicine,
ferri
da
maglia
e
similia…tutto
giusto:
ma
perchè
poi
in
aereo
all’andata
ci
hanno
servito
il
pranzo
con
posate
(
compreso
coltello
)
di
metallo
?…misteri
per
me
incomprensibili !
Ma torniamo al viaggio: nel momento dell’imbarco gli addetti ci fecero passare per primi ed arrivati alla porta dell’aeromobile
consegnammo il passeggino che ben etichettato fu messo nella stiva e riconsegnato a destinazione sul rullo dei bagagli insieme alle valige.
Il
viaggio
di
andata
(
non
sarà
così
per
fortuna
al
ritorno
)
fu
un
pò
movimentato
in
quanto
Maeva
non
abituata
a
stare
“ferma”
per
11
ore
e
mezza
fece
un
pò
di
casino
con
urla
e
capricci
vari
ma
per
fortuna
l’equipaggio
e
soprattutto
i
viaggiatori
furono
molto
pazienti
(
ma
anche
noi
!
)
…ovviamente
non
dormimmo mai, nè vedemmo films !!!
Una
raccomandazione
a
chi
viaggia
con
i
bimbi:
fategli
succhiare
il
ciuccio
ed
offrite
acqua
dal
biberon
in
fase
di
decollo/atterraggio
per
permettere
la
compensazione
(
lo
sturo
delle
orecchie
)
ed
evitare
doloretti
da
cambio
pressione
(
fate
conto
che
l’aereo
è
leggermente
depressurizzato
rispetto
il
livello
del mare ed equivale ad essere a circa 1.500 metri o più di altezza ).
Arrivammo
a
notte
inoltrata
a
Cancun
dove
incominciamo
ad
assaporare
un
pò
dell’umidità
che
ci
accompagnerà
nella
prima
metà
del
viaggio.
Per
fortuna
avevamo
prenotato
la
prima
notte
direttamente
a
Cancun
così
grazie
ad
un
moderno
e
comodo
pulmino
collettivo
(
molto
usato
in
Messico…si
paga
un
biglietto a tariffa fissa direttamente in aeroporto ) raggiungemmo l’hotel per riposare.
L’impressione
che
avemmo
di
Cancun
by
night
fu
sconcertante;
Cancun
si
divideva
in
due
parti,
la
parte
cittadina
all’interno
e
la
parte
“hoteliera”sul
mare:
una
succursale
in
piccolo
di
Las
Vegas,
un
pezzo
di
Usa
trapiantato
in
Messico
con
tanto
di
grattacieli,
ristoranti,
discoteche,
luci,
folla…il
tutto
condito
da
musica disco assordante: pazzesco !
Arrivati
in
hotel
(
un
hotel
lussuoso:
il
Presidente,
per
fortuna
pagato
a
prezzi
ribassati
rispetto
la
norma
sia
per
la
bassa
stagione
che
per
la
convenzione
con
il
t.o.
)
il
primo
disguido
(
a
nostro
favore
):
ci
diedero
per
sbaglio
le
chiavi
della
suite
e
siccome
era
mezzo
vuoto
una
volta
scoperto
lo
scambio
decisero
di
lasciarcela
utilizzare
senza
sovrapprezzo…un
vero
schianto
soprattutto
per
la
curiosissima
Maeva
che
esplorò
subito
i
vari
ambienti
eccitatissima…penso che se non fosse stato per l’errore non avrei mai dormito in una stanza del genere!
Il
giorno
dopo
con
un
taxi
raggiungiamo
l’Hotel
Camino
Real
dove
c’era
una
sede
della
Hertz
dove
ritirammo
l’auto:
una
vecchia
Nissan
Tsuru
che
anche
se
un
pò
“datata”
aveva
il
pregio
di
avere
l’aria
condizionata
con
formula
“fully
inclusive”
cioè
con
tutte
le
assicurazioni
necessarie
ed
accessorie
(
attenzione
quando
affittate
un’automobile
all’estero:
se
non
si
hanno
tutte
le
assicurazioni
un
piccolo
risparmio
può
trasformarsi
in
caso
di
incidente
in
una
piccola
tragedia
)
più
chilometraggio
illimitato.
Secondo
disguido:
dall’Italia
avevamo
fatto
la
prenotazione
comprensiva
di
un
seggiolino-bimbo
ed
avevamo
pure
telefonato
direttamente
in
Messico
per
conferma…invece
della
segnalazione
non
c’era
nemmeno
traccia
ed
il
seggiolino
non
era
quindi
disponibile.
Ci
recammo
quindi
in
aeroporto
(
per
niente
vicino
!
)
dove
nella
sede
principale
della
Hertz
ci
fornirono
un
decrepito
e
“sabbioso”
seggiolino
per
un
costo
aggiuntivo
di
5
US$
al
giorno
(
un
ulteriore
disguido
alla
fine
della
vacanza
ci
indennizzerà
dell’ora
persa
alla
ricerca
dell’oggetto:
in
pratica
non ce lo addebitarono ! )
La
prima
tappa
obbligatoria
fu
un
ipermercato
per
integrare
le
cibarie
nostre
e
di
Maeva,
per
comprare
i
pannolini
e
per
fare
scorta
di
acqua
purificata
(
nello
Yucatan
la
mancanza
di
sorgenti
minerali
fa
si
che
esistano
solo
acque
potabili
ricavate
da
acqua
sotterranea
filtrata
ed
elettricamente
depurata
)…comprammo
delle
bottiglie
di
plastica
sigillate
da
3,7
litri
l’una
!
Trovai
un
ipermercato
molto
grande
(
anche
se
deserto
)
e
molto
più
fornito
di
quelli
italiani
vicino
Plaza
America.
Molto
comodo
il
parcheggio
interno
dove
(
essendo
deserto
)
la
guardia
giurata
si
piazzò
davanti
l’auto
aspettando
il
nostro
ritorno
per
aiutarci
a
sistemare
le
buste
della
spesa…ovviamente
per
ottenere
la
“propina”.
“Propina”,
la
parola
che
bisogna
subito
imparare…ovvero
la
mancia…mancia
che
non
è
intesa
come
in
Italia
come
un
accessorio
bensì
come
un
vero
e
proprio
obbligo.
Ogni
pranzo,
cena
o
servizio
è
sempre
seguito
da
un
aggravio
di
tasse
ed
un’
aggiunta
di
una
propina
del
15
%…addirittura
in
alcuni
ristoranti
il
conto
(
quenta
)
viene
servito
stampato
con
il
pc
direttamente
con
la
mancia
già
calcolata
alla
frazione
di
pesos,
da
altre
parti
invece
bisogna
riempire
l’apposito
spazio
“propina”
a
mano
!…non
dare
una
propina
adeguata
equivale
a
non
pagare
un
conto
per
intero
!
🙁
quindi
assimilate
bene
questa
usanza
e
fate
scorta
di
monete
da
10
e
20
pesos
(
nell’
Agosto
del
2002
un
nuevo
pesos
messicano
valeva
circa
10
cent
di
euro
)
per
i
vari
facchini,
posteggiatori,
lavavetri
(
esistono
anche
qui
),
pseudo-guide,
personale delle pulizie, menestrelli, ecc.
Per
quanto
riguarda
il
cambio
dei
pesos
nessun
problema
e
a
parte
le
banche
e
gli
uffici
di
cambio
ufficiali
è
possibile
ottenere
valuta
locale
da
alberghi,
pensioni e qualche negozio ( oppure talvolta spendere direttamente con la valuta estera ) a patto che si abbiano: dollari Usa, dollari Canadesi o euro.
Dopo
l’abbondante
spesa
ci
dirigemmo
verso
la
periferia
della
città
per
iniziare
il
viaggio
verso
Valladolid.
Una
stranezza:
non
riuscimmo
a
trovare
una
cartina
stradale
(
nemmeno
a
pagamento
nelle
sedi
Hertz
),
quindi
una
misera
mappa
grande
quanto
un
fazzoletto
stampata
da
internet
fu
la
nostra
bibbia.
A
dire
il
vero
avevo
in
valigia
(
per
le
emergenze
)
una
cartina
della
penisola
dello
Yucatan
grande
quanto
un
letto
a
due
piazze
ricavata
da
una
serie
di
mie
elaborazioni
grafiche
di
resizing
e
stampate
a
pezzi
unite
poi
con
nastro
adesivo
partendo
dalle
mappe
scaricate
da
http://www.maps-of-
mexico.com/ ma la pigrizia nel cercarla, la facilità della rete stradale e la gentilezza dei messicani fece si che non mi servisse.
Lo
penisola
dello
Yucatan
(
per
lo
meno
gli
stati
da
me
toccati
ovvero
lo
Yucatan
ed
il
Quintana
Roo
)
è
un
enorme
tavola
di
calcare
senza
rilievi
(
fanno
eccezione
i
dintorni
collinosi
di
Uxmal
),
senza
fiumi
o
laghi
di
superficie
(
sono
invece
frequenti
i
fenomeni
carsici
)
coperta
da
una
fitta
foresta
tropicale
secca
o
spinosa…di
conseguenza
le
strade
principali
non
possono
che
essere
dritte
linee
prive
quasi
totalmente
di
curve
o
pendenze
e
quindi
molto
facili
da
capire
anche
quando
le
indicazioni
sono
scarse.
Esistono
principalmente
due
tipi
di
strade,
quelle
libere
(
Libre
)
e
quelle
a
pagamento
(
Quota
)
simili
alle
nostre
autostrade
(
due
corsie
per
senso
di
marcia
con
i
sensi
ben
separati
anche
otticamente
)
ma
prive
di
stazioni
di
servizio,
colonnine
di
sos,
aree
ristoro o parcheggio e molto costose.
Il
rifornimento
di
benzina
(
la
statale
ed
economicissima
Pemex
)
è
dappertutto
molto
scarso
(
non
c’è
la
concentrazione
di
benzinai
europei
)
quindi
consiglio
sempre
arrivati
a
metà
serbatoio
di
fare
il
pieno
alla
prima
stazione
di
servizio
disponibile
(
spesso
molte
decine
di
Km
e
comunque
fuori
dall’autostrada ).
Le
strade
“libere”
non
sono
male
(
grazie
alla
conformazione
del
territorio
)
anche
se
ovviamente
sono
più
strette
e
qualche
volta
hanno
qualche
buca
(
a
questo
proposito
attenzione
al
tratto
Cobà-Tulum
)…io
ho
utilizzato
sia
i
percorsi
liberi
che
quelli
a
pagamento
e
devo
dire
che
l’unico
vero
vantaggio
delle
autostrade
è
quello
di
usufruire
del
limite
di
110Km/h
anzichè
80
Km/h
(
tranne
eccezioni:
per
esempio
la
strada
Tulum-Cancun
pur
non
essendo
a
pagamento
ha
moltissimi
tratti
con
limiti
a
110
Km/h
).
Nelle
strade
“Libre”
bisogna
inoltre
prestare
attenzione
alle
“topes”
ovvero
ai
dossi
artificiali
(
ce
ne
sono
di
tutte
le
qualità
spesso
a
gruppi
di
tre
)
che
in
prossimità
dei
centri
abitati
(
ma
anche
dentro
o
molto
fuori
)
obbligano
quasi
a
fermarsi
per
evitare
di
spaccare
coppe
dell’olio
e
marmitte
in
luoghi
dove
spesso
sarebbe
difficile
trovare
un
concreto
aiuto.
I
dossi
sono
sempre
segnalati
ma
non
sono
evidenti
(
cartelli
rovinati
o
coperti
da
vegetazione
)
quindi
può
capitare
di
frenare
all’ultimo
momento…nei
centri
abitati
(
nella
quasi
totalità
dei
casi
una
manciata
di
case
in
muratura
o
legno
con
i
tetti
di
paglia
costruiti
ancora
come
ai
tempi
dei
Maya
)
è
più
facile
identificare
i
punti
precisi
delle
“topes”
in
quanto
le
uniche
anime
vive
che
si
vedono
in
giro
si
trovano
in
corrispondenza
dei
rallentamenti
nella
speranza
di
vendere
qualche
succo
di
frutta
“fatto
in
casa” o qualche altra povera mercanzia come aglio, cipolle, arachidi…
Una
raccomandazione
è
quella
agire
correttamente
in
prossimità
dei
posti
di
blocco
(
se
visibili
in
tempo,
s’intende
!
)
oppure
se
seguiti
da
macchine
della
Polizia
sia
locale
che
federale.
Sono
facilmente
riconoscibili
:
si
tratta
di
automobili
sul
modello
di
quelle
dei
film
Usa
degli
anni
70…grosse
automobili
con
grossi
luci
colorate,
mega-sirene
e
vetri
oscurati
(
quelle
federali
nere
con
le
portiere
e
tetto
bianco
con
un
grande
numero
sulla
fiancata
)
tutte
corredate
di
mega-rostro
da
sfondamento
davanti.
Io
non
ho
mai
avuto
problemi
(
erano
sempre
occupati
a
controllare
delle
auto
fermate
da
poco
)
ma
pare
che
sia
stato
una
eccezione
dal
momento
che
ogni
volta
che
ho
raccontato
a
qualche
locale
(
taxista,
donna
delle
pulizie,
commerciante
)
che
avevo
percorso
1000
Km
in
meno
di
5
giorni
la
prima
domanda
che
mi
facevano
era:
“hai
avuto
problemi
con
la
Polizia
?
“
In
effetti
si
dice
che
sia
molto
corrotta
e
che
cerchi
di
sfilare
una
tangente
(
la
“morbida”
)
al
malcapitato
che
viene
fermato
(
non
sempre
per
infrazione
)
…un
taxista
mi
raccontava
che
poteva
essere
anche
un’usanza
comoda:
per
esempio,
se
uno
veniva
beccato
per
eccesso
di
velocità
(
circa
40
euro
di
multa
)
e
si
sentiva
battere
una
mano
sulla
spalla
con
il
sorriso
e
la
parola
“amigo
!”
voleva
dire
che
una
manciata
di
pesos
poteva
far
chiudere
un
occhio
ai
tutori
della
legge
(
io
risposi
che
se
lo
fai
in
Italia
ti
mettono
subito
le
manette,
almeno
penso…)
…in
ogni
caso
è
vivamente
consigliato
non
discutere
e
mai
protestare
sulla
decisione
(
qualsiasi
sia
)
dell’agente
di
Polizia,
questi
ultimi
se
non
assecondati
sanno
bene
come
far
perdere
tempo,
magari
una
giornata
intera,
al
turista
“disfando”
l’itinerario
prefisso !!!
Un’altra
caratteristica
di
tutte
le
strade
Yucateche
non
costiere
(
soprattutto
i
tratti
autostradali
in
questa
stagione
)
è
di
essere
completamente
deserte
!
Non oso pensare in caso di guasto come avrei potuto fare… !
Viaggiai
per
ore
incontrando
solo:
un
cane,
un
vecchietto
con
il
classico
ed
usatissimo
triciclo
mentre
portava
sotto
il
sole
un
ciocco
di
legno,
un
grosso
corvo
che
mangiava
i
resti
di
un
armadillo
investito,
un
serpente
ed
un
bambino
che
attraversava
(
l’autostrada
!
).
Dappertutto
nuvole
continue
di
farfalle
multicolori ( alcune veramente grandi ) si attaccavano alle spazzole del tergicristallo.
Qualche
segno
di
vita
si
vedeva
solo
in
prossimità
delle
località
più
note,
principalmente
i
moderni
(
ma
anche
qualche
volta
scalcinati
)
pulman
di
linea
(il
mezzo di spostamento più usato), vecchi furgoncini americani “rostrati” pieni di bambini o
braccianti,
decrepiti
mostri
di
camion
“rostrati”
colmi
di
pietre
dalla
vernice
(
e
targa
)
sconosciuta,
biciclette
arrugginite,
qualche
vecchia
Wolksvagen
(maggiolone
o
Golf
)
o
ancora
qualche
vecchia
auto
statunitense
completamente
“machizzata”
da
spoiler,
alettoni,
fari
e
controfari
aggiunti,
“rostro”,
vetri
color
ossidiana,
ruote
ingigantite,
borchie
cromate
lucenti
e
due
o
tre
antenne
modello
“super
canna
da
pesca”
🙂
…noi
con
la
nostra
Nissan
(
succhia
benzina:
ogni
200
Km
finivo
mezzo
serbatoio
non
superando
mai
i
120
Km/h,
meno
male
che
costava
meno
dell’acqua
potabile
!
)
“sobria”
senza
“optional” dovevamo proprio ispirare tristezza !!! :-))))
Molto
pittoreschi
erano
invece
i
numerosi
cartelli
di
monito
(
enormemente
più
abbondanti
di
quelli
sulle
segnalazioni
delle
località
)
del
tipo
“guida
prudente,
pensa
alla
vita”,
“se
ti
chiedono
strada
falli
passare”,
“se
superi
i
limiti
puoi
morire”,
“non
danneggiare
i
cartelli
stradali”
(
questa
era
la
segnalazione
più
gettonata
)
oppure
misti
disegno-scritta
come
quelli
dove
era
raffigurata
una
cintura
di
sicurezza
(
“cinturone”
in
spagnolo
)
con
la
scritta
inferiore: “usela ! ” ( a dire la verità più che in spagnolo pareva una scritta in romanesco ! 😉
Torniamo
al
nostro
percorso.
Poichè
avevamo
perso
molto
tempo
a
Cancun
per
la
spesa
e
la
ricerca
del
seggiolino
decidemmo
di
prendere
l’autostrada
(
la
Quota
180D,
la
180
semplice
invece
era
la
statale
libera
che
correva
parallela
)
per
un
importo
di
155
pesos
tasse
comprese
per
circa
160
Km
percorsi
!!!
Al
casello
oltre
alle
ricevuta
ci
diedero
un
ciclostile
pieno
di
slogan
che
consigliavano
di
guidare
piano,
non
superare
i
limiti,
essere
prudenti…una
vera
ossessione
dal
momento
che
i
pochi
automobilisti
locali
incontrati
in
tutte
le
strade
Yucateche
(
sia
urbane
che
extraurbane
)
mi
erano
sembrati
prudenti
e
molto
corretti
alla
guida
(
escludendo
il
suono
del
clacson
allo
scattare
del
semaforo,
usanza
comune
anche
nelle
nostre
città
ma
che
in
Messico
non
era
da
prendere
come
un
insulto
bensì
come
un
semplice
avvertimento
di
semaforo
verde,
quasi
una
cortesia
)
…molto
meno
corretti
e
più
spericolati
mi
sembrarono alcuni turisti lungo la costa con grandi Jeep decappottabili affittate !
Un’ultima
nota
per
orientarsi
nelle
città
in
auto
o
a
piedi:
i
centri
abitati
nei
quali
sono
transitato
avevano
tutti
una
semplicissima
struttura
a
“rete”
formata
da vie ( Calle ) numerate con numerazione para in un senso e dispari nell’altro, quindi per sapere dove
si
trovava
un
incrocio
bastava
conoscere
il
numero
corrispettivo
pari
e
dispari.
A
questa
regola
si
sottraeva
solo
la
Plaza
(
Piazza
)
e
l’
Avenida
(
Corso
)
in
genere dedicati a qualche personaggio e comunque non numerici.
Da
tenere
conto
che
la
maggior
parte
delle
Calle
erano
strette
quindi
i
sensi
unici
furono
la
norma
!Valladolid:
tristemente
famosa
per
vari
episodi
sanguinosi
di
ribellioni
dei
Maya
e
dei
meticci
nei
confronti
del
governo
spagnolo
era
una
delle
città
(
anzi
dovrei
dire
paesino
)
che
manteneva
meglio
l’estetica
coloniale
ed
il
sapore
di
altri
tempi.
Le
case,
le
chiese,
i
colori,
il
mercatino
erano
sicuramente
uscite
da
una
macchina
del
tempo
che
portava
indietro
il
calendario
di
qualche
secolo.
Gli
abitanti
erano
tutti
tipicamente
di
aspetto
Maya
:
bassi,
tarchiati
con
i
volti
bruciati
dal
sole
e
dalla
fatica
…le
donne con i capelli nerissimi a mono-treccia ed il caratteristico vestito bianco orlato di colore nella parte superiore sempre cariche di spesa o di legna.
All’entrata della cittadina ( come per le altre ) il curioso cartello ( pieno di correzioni ) che indicava il “numero di abitanti”.
La
nostra
pensione
(
El
Mesón
del
Marqués
)
era
proprio
posizionata
nella
“Plaza
Principale”,
un
ridente
piccolo
spazio
verde
con
al
centro
una
statua
ed
ai
bordi
un
coloratissimo
mercatino
di
oggetti
di
artigianato…negli
altri
lati
della
piazza:
un
negozio
di
manufatti
locali,
l’ufficio
postale
,
la
Cattedrale
di
S.Gervasio ( chiusa ), non lontano la Chiesa di S.Bernardino ( chiusa ).
Subito
entrammo
per
posare
i
bagagli,
l’hotel
modesto
ma
veramente
caratteristico
era
ricavato
in
una
antica
costruzione
coloniale
con
stanze
arredate
con
mobili
antichi
e
spartani:
vecchie
cassapanche,
porte
morsicate
e
scrostate
dal
tempo
con
grosse
e
pesanti
chiavi
arrugginite,
spalliere
del
letto
in
ferro
battuto
con
crocefissi,
nessuna
amenità
moderna
come
asciugacapelli
(
ma
io
avevo
il
mio
da
viaggio
a
110V
con
adattatore
lamellare
tipo
USA
)
o
lampade
al
neon.
Al
centro
del
palazzotto
un
piccolo
giardino
interno
con
fontana
ed
i
tavolacci
per
mangiare
laterali
protetti
dall’intemperie
da
un
patio
con colonnato infondevano sapori d’altri tempi.
A
dire
il
vero
la
mia
stanza
ricavata
in
un
sottoscala
non
era
delle
migliori
dell’hotel
(
lavandino
non
funzionante,
un
pò
di
sporcizia,
zanzare
e
bacarozzi
in
quantità ) ma era perfettamente “in tinta” con l’atmosfera coloniale arcaica.
Attrezzatissimo,
con
bomboletta
di
insetticida
per
gli
ospiti
terrestri
e
Raid
portatile
a
batteria
per
quelli
volanti
(
utilissimo:
una
ricarica+una
batteria-
torcia
durano
tenendoli
accesi
ininterrottamente
più
di
un
mese…già
sperimentato
a
Tonga
con
successo
),
creai
una
zona
off-limit…risultato:
neanche
una puntura, neanche un fastidio !
Avendo
a
disposizione
un
pò
di
tempo
ci
dirigemmo
prima
verso
il
Cenote
cittadino
di
Zaci
poi
verso
quelli
(
più
belli
a
5
Km
da
Valladolid
)
di
Dzitnup
(
cenotes
X’keken
e
Samula
).
Per
chi
non
lo
sapesse
i
Cenotes
(
ce
ne
sono
migliaia
nello
Yucatan
)
sono
l’unica
riserva
di
acqua
dolce
che
da
sempre
hanno
avuto
gli
abitanti
di
queste
zone.
Si
tratta
di
grotte
scavate
dai
fenomeni
carsici
tipici
di
questa
penisola
calcarea
che
con
l’erosione
delle
piogge
hanno
perso
la
volta
creando
una
sorta
di
pozzo
in
molti
casi
visitabile,
alcuni
erano
sacri
ai
Maya
e
talvolta
oggetto
di
riti
magici
e
religiosi
(
come
quello
di Chichen-Itza ).
Entrambi
i
cenotes
erano
molto
suggestivi
con
stalattiti
e
stalagmiti
(
ovviamente
anche
qui
i
siti
erano
semideserti…solo
una
baracchetta
per
fare
i
biglietti:
14
e
10
pesos
e
qualche
bambino
locale
in
cerca
di
frescura,
di
un
bagno
o
di
un
“buon
affare”)
In
particolare
nel
cenote
Samula
una
gigantesca
radice
di
un
albero
pendeva
dalla
volta
sino
al
fondo
del
pozzo
creando
insieme
ai
detriti
caduti
dall’alto
una
specie
di
isolotto
dove
i
locali
si
riposavano
tra
una
nuotata
e
l’altra.
Io
con
un
eccesso
di
prudenza
evitai
di
fare
il
bagno
nelle
acque
dolci
dei
cenotes
per
non
contrarre
(
eventualità
remotissima
)
la
Schistosomiasi,
una
malattia
piuttosto
grave
causata
dalla
larva
di
una
piccola
chiocciola.
Il
Cenote
Samula
(
aperto
relativamente
da
poco
)
fu
quello
dall’accesso
più
difficile:
un
buco
nel
terreno
con
un
abbozzo
di
scale
ripidissime,
spesso
ridotte
a
macerie
a
picco
sul
pozzo,
ovviamente
scivolosissime
(
una
corda
traballante
laterale,
pure
scivolosa,
forniva
un
minimo
di
appiglio
)
…vi
potete
immaginare
la
difficoltà
di
scendere
con
lo
zaino
“piombato”
sulle
spalle
e
Maeva
sul
braccio
destro…una
vera
impresa
(
il
fatto
fu
che
all’inizio
mi
sembrava
che
gli
scalini
ci
fossero
tutti,
ma
poi
mano
mano
che
andavo
giù….) … lo sforzo mi causò un dolore sul muscolo della coscia per parecchi giorni 🙁
Appena
arrivai
nei
pressi
del
Cenote
un
gruppo
di
bambini
mi
rincorse
lungo
la
strada
polverosa
sino
ad
un
grande
albero
che
fungeva
da
parcheggio
all’ombra.
Il
primo
bimbo,
Josè,
con
una
parlantina
da
uomo
di
affari
mi
propose
di
accompagnarmi
e
di
farmi
vedere
dei
bei
tuffi
(
la
mia
piccola
Maeva
notò
indicando
e
borbottando
che
non
aveva
le
scarpe…zapatos
!
)
per
un
offerta
monetaria
a
piacere,
un
secondo
si
offrì
come
guardiamacchine,
il
terzo,
una
bimba,
mi
porse
una
cartolina
logora
per
10
pesos
intrattabili
(
Maeva
misteriosamente
volle
spontaneamente
andarci
in
braccio
)
…proprio
una
bella
“associazione
a
delinquere”
!!!
Scherzo
ovviamente,
anzi
devo
dire
che
i
venditori
ambulanti
e
i
vari
“accompagnatori”
non
furono
mai
petulanti
o
insistenti …spesso si limitarono ad un cenno o ad una semplice frase “señor !” e bastò un unico “no, graçias” per interrompere subito la loro offerta !
Finiti
di
vedere
i
tuffi
di
Josè
(
tuffi
di
una
decina
di
metri
dal
punto
accedibile
più
in
alto
sino
all’acqua
sottostante
)
tornammo
alla
nostra
auto
(
che
nel
frattempo
nonostante
parzialmente
in
ombra
si
era
arroventata
e
all’apertura
puzzava
tremendamente
di
cucinato…boh
?
),
pagammo
i
nostri
“amici”
e
tornammo
verso
l’albergo.
Uscimmo
per
un
giro
nel
mercatino
di
fronte
e
poi
via
a
nanna
senza
cena
(
troppo
stanchi…solo
Maeva
buttò
giù
un
paio
di
omogeneizzati
!
)
La
notte
si
scatenò
il
putiferio:
un
temporale
con
tuoni
(
ed
immagino
lampi:
dalla
camera-sottoscala
non
si
vedevano
)
mozzafiato…il
giorno
dopo
le
strade
di
Valladolid
erano
completamente
allagate
con
pozze
d’acqua
abbastanza
profonde.
Facemmo
colazione
nel
nostro
hotel
nada-
inclusive:
nel
senso
che
pur
avendo
pagato
due
colazioni
“americane”
a
base
di
bacon
e
uova
(
con
propina
)
dovetti
ripagare
a
parte
un
bicchiere
di
succo
d’arancia,
e
partimmo
alla
volta
del
sito
archeologico
di
Chichen-Itza
a
circa
35
Km
(
più
di
un’oretta
a
causa
delle
strade
allagate
)
da
Valladolid.
L’umidità
mattutina
era
pazzesca,
mai
provata
una
simile
afa
in
nessuno
dei
miei
viaggi
tropicali
e
questo
nonostante
la
temperatura
non
fosse
alta
e
nonostante
durante
la
notte
il
temporale
non
avesse
toccato
la
vicina
città
Maya.
A
questo
proposito
vorrei
aprire
una
parentesi:
il
consiglio
generale
è
sempre
quello
classico
di
arrivare
ai
siti
Maya
la
mattina
presto
per
evitare
la
calca
dei
turisti
che
intorno
alle
11.00
arrivano
con
i
pulman
dalle
distanti
città costiere come Cancun o Playa del Carmen e per evitare delle chilometriche code sotto al sole all’entrata
…ma
per
quanto
riguarda
il
clima:
la
mattina
presto
(
almeno
quando
c’ero
io
)
era
peggio
!
…pensate
che
ad
ogni
scatto
fotografico
dovevo
asciugare
l’obbiettivo con un fazzoletto perchè si appannava subito !
Infatti
la
sensazione
era
che
mano
mano
che
passavano
le
ore
l’umidità
diminuisse
…probabilmente
il
sole
pieno
“asciugava
il
vapore
acqueo
nell’aria”
ed
infatti
a
posteriori,
consultando
in
Italia
un
sito
internet
sullo
storico
di
quei
giorni
ho
scoperto
che
si
passava
da
un
100
%
di
umidità
(
al
limite
della
formazione della foschia ) e circa 23 gradi della prima mattinata al 40-50 % e pochi gradi in più dell’ora di pranzo.
Noi
comunque
all’apertura
(
8.00
)
eravamo
pronti
ad
entrare
in
una
Chichen
Itza
semideserta.
Il
prezzo
di
entrata
era
di
70
$
(
attenzione
in
tutto
il
paese la $ con una barra vuol dire Pesos Messicano, con due barre Dollaro USA ), mentre quello del parcheggio era di 10 pesos.
Il
sito
era
ben
curato
e
disponeva
di
un
piccolo
museo
libero,
bar-ristorante
(
caro
),
cambio,
servizi,
ecc.
Il
biglietto
non
includeva
nè
guide
cartacee
nè
cartine…solo
un
braccialetto
(
modello
All
Inclusive
🙂
di
carta
adesiva
da
mettere
al
braccio.
All’entrata
erano
disponibili
molte
guide
in
varie
lingue
tra
cui
l’Italiano.
Come
primo
sito
importante
decidemmo
di
prenderne
una
e
di
lasciare
nello
zaino
la
guida
Edt
(
gentilmente
prestata
da
Bnx
),
l’importo
non
era
trattabile:
480
pesos
per
due
ore,
provai
ad
offrirne
400
e
lui
prontamente
accettò
ma
a
patto
di
ridurre
la
sua
collaborazione
ad
un’ora
e
mezza..a
me
stava
bene,
si
trattava
solo
di
correre
un
pò
di
più
con
lui
per
poi
tornare
sui
nostri
passi
autonomamente
per
osservare
e
fotografare
meglio
il
sito.
Sinceramente
non
disse
molto
più
di
quello
che
già
sapevo
da
neanche
tanto
approfondite
letture
che
avevo
fatto
prima
di
partire
per
cui
decisi
nel
futuro di risparmiare negli altri siti i soldi della guida.
Non
vi
sto
a
descrivere
il
luogo,
nè
la
storia
perchè
vedendo
le
foto
e
leggendovi
una
qualsiasi
guida
potete
documentarvi
da
soli;
segnalo
solo
due
particolarità
logistiche:
da
qualche
mese
è
chiusa
(
per
sempre
)
la
scalinata
che
parte
dal
“Gruppo
delle
Mille
Colonne
“
(
quindi
non
è
più
possibile
vedere
la
statua
del
dio
Chac-Mool
),
mentre
la
piramide
interna
al
“El
Castillo”
(
dove
c’è
la
stanza
del
giaguaro
rosso
)
è
aperta
dalle
11
alle
13.00
ed
un’oretta il pomeriggio dopo le 16.00.
Qui
i
genitori-viaggiatori
(
ma
anche
la
prole
)
si
rivelarono
all’altezza
della
situazione
riuscendo
a
condurre
come
se
nulla
fosse
un
passeggino
(
cariola
)
tra
le
(
facili
)
rovine
di
Chichen-Itza
mentre
i
rivoli
di
sudore
inondavano
per
intero
i
loro
corpi.
Finita
l’escursione
tornammo
al
parcheggio
stanchi
ma
soddisfatti,
osservammo
esterrefatti
l’infinita
coda
di
turisti
che
si
snodava
dal
profondo
del
parcheggio
pulman
sino
alla
biglietteria
(
almeno
un’ora
di
attesa
secondo
me
),
sfamammo
Maeva,
aprimmo
l’auto
per
farla
sfiammare
(
una
zaffata
di
papas
fritte
uscii
misteriosamente
dalla
nostra
Nissan…boh
?
),
ci
versammo
tutti
e
tre
un
pò
d’acqua
in
testa
e
dopo
una
mezz’oretta
di
“ristori
vari”
riprendemmo
il
viaggio
in
direzione
di
Mèrida,
la
capitale
dello
Yucatan.
Per
trovare
le
strade
in
tutto
il
viaggio
più
che
sulla
micromappa
ci
facemmo
aiutare
“al
volo”
dai
messicani
che
furono
sempre
chiari,
gentili
e
disponibili
a
darci
una
mano…ovviamente
mi
imparai
gradatamente
un
pò
di
spagnolo
(
“maccheronico”
condito
da
“gesticolese”
)
dal
momento
che
l’inglese
(
soprattutto all’interno ) era parlato scarsamente ( compresi dagli “addetti ai lavori” degli alberghi con qualche stella in più ).
Durante
i
120
Km
di
strada
(
Libre
)
che
separavano
Chichen-Itza
a
Mèrida
ebbi
la
sensazione
di
essermi
perso
tanta
era
la
mancanza
di
indicazioni
(
per
essere
una
capitale
di
stato
)
e
tanto
erano
deserte
le
strade
ma
in
realtà
sbagliare
itinerario
era
quasi
impossibile
perchè
di
alternative
ce
n’erano
ben
poche.
Notai
che
spesso
nello
Yucatan
una
volta
imboccata
una
strada
(
dopo
letto
il
cartello
della
meta
desiderata
)
non
c’era
più
nulla
per
molte
decine
di Km fino quasi alla destinazione ( talvolta incroci compresi ! ).
Dopo
più
di
un
paio
d’ore
(
le
medie
di
percorrenza
erano
molto
basse
sulle
Libre
nonostante
il
poco
traffico
a
causa
dei
vecchi
residuati
punici
di
camion
che
occasionalmente
si
incontravano
sui
tratti
di
strada
stretti
)
arrivammo
alle
porte
di
Mèrida,
la
città
famosa
ai
turisti
per
la
costruzione
e
la
vendita
delle migliori amache del mondo.
Anche
questo
centro
abitato
era
basato
sul
sistema
delle
“Calle”
numerate…ma
poichè
dovevo
raggiungere
una
delle
rare
“Avenida”
(
Avenida
Colon
)
fu
praticamente
come
trovare
un
ago
nel
pagliaio
ed
i
sensi
unici
diedero
il
colpo
di
grazia.
Grazie
a
questa
piccola
difficoltà
ebbi
però
l’opportunità
concreta
di
fare
un
bel
giro
della
città.
Il
centro,
oltre
alle
coloniali
piazze
e
chiese,
era
un
brulicare
di
attività,
negozi,
venditori,
colmo
di
gente
frenetica
fino
all’inverosimile
(
alla
faccia
della
rinomata
“lentezza”
messicana…)
,
con
le
strade
strette
completamente
intasate
dal
traffico
(
nonostante
ad
ogni
incrocio
ci
fosse
un
vigile
urbano
)
ed
i
grandi
vecchi
camion
in
sosta
che
scaricavano
mercanzie
di
ogni
genere…Roma
alle
ore
di
punta
al
confronto
era
una
tranquilla cittadina di provincia ! 🙂
Intorno
invece
al
(
non
tanto
grande
)
centro
si
estendeva
una
enorme
periferia
tutta
uguale
e
semideserta
formata
da
quartieri
dall’estetica
urbanistica
molto
degradata,
poco
più
di
baracche
e
casette
umili
di
un
solo
piano.
Se
mi
fossi
trovato
in
un
simile
quartiere
in
Europa
ne
sarei
uscito
sicuramente
di
fretta
perchè
mi
avrebbe
ispirato
poca
sicurezza,
forse
paura…invece
(
non
mi
so
spiegare
il
perchè
)
mi
sentivo
tranquillo
ed
in
effetti
non
c’era
nulla
di
cui
preoccuparsi…anzi…devo
dire
che
le
rare
persone
incontrate
in
questi
quartieri
alle
quali
chiesi
informazioni
furono
le
più
disponibili:
per
esempio
ho
il
ricordo
di
un
uomo
(
un
perfetto
stereotipo
Messicano:
barba
incolta,
occhiali
scuri,
pancione,
camicia
sudatissima
fuori
dai
jeans,
cappello
da
cowboy….
😉
che
fermai
ad
un
incrocio
chiedendo
un’info…l’ebbi
prontamente
e
ringraziai…poi
dopo
un
pò
guardai
nello
specchietto
retrovisore
e
vedetti
l’uomo
rincorrermi
con
la
sua
auto…mi
superò…e
con
una
manovra
“poliziesca”
mi
fece
fermare…scese…e
mi
disse
che
non
era
sicuro
di
essere
stato
abbastanza
chiaro
e
quindi
mi
voleva
spiegare
meglio
la
strada
!
Viceversa
l’unico
caso
isolato
di
scortesia
fu
proprio
a
Mèrida
centro,
in
un
quartiere
“per
bene”
con
giardini
curati,
belle
case
e
illuminazione
stradale…raccontando
ad
un
taxista
questo
episodio
mi
spiegò
che
forse
mi
avevano
scambiato
per
un
“gringos”
(
mi
disse
che
una
parte
della
popolazione
aveva
un
pò
di
risentimenti
verso
i
ricchi
Stati
Uniti…non
so
se
sia
una
balla
!
)
…in
effetti
ripensandoci mi ero “presentato” con un “excuse me” anzichè con un “pardon” !
Il pomeriggio tardi raggiungemmo finalmente l’Hotel Villa Mercedes dove potemmo riposare le nostre membra…
L’Hotel
di
buona
categoria
era
situato
in
zona
centrale
in
un
grazioso
palazzotto
coloniale
costruito
più
di
un
secolo
fà,
un
tempo
residenza
delle
famiglie
spagnole
più
in
vista.
La
sera
ne
approfittai
per
fare
il
pieno
di
pietanze
messicane
(
in
viaggio
abbiamo
l’abitudine
di
mangiare
solo
a
colazione
ed
a
cena,
io
addirittura
non
mi
concedo
nemmeno
un
biscotto
durante
il
giorno…il
che
unito
al
maggior
“moto”
mi
fa
perdere
almeno
3
Kg
in
15
gg
!
wow
!
)
e
di
cerveza.
A
proposito
di
birra:
ne
ho
bevute
molte
(
Corona,
Dos
Equis,
Superior,
Modelo,
Chihuahua…)
ma
quella
dal
sapore
più
robusto
(
nonchè
dal
più
alto
grado
alcolico
)
si
è
rivelata
la
Corona,
la
stessa
apparente
qualità
e
confezione
venduta
in
Italia
con
una
sola
(
sostanziale
)
differenza
…in
Italia
è
marchiata 4,6 gradi mentre in Messico è 6 ! 😉
Prima
di
andare
a
nanna
accesi
il
Tv
e
miracolo
!:
“si
prendeva
Rai
International”
…appresi
da
un
Tg
che
l’Italia
era
sott’acqua
con
temporali
e
persino
trombe d’aria nel “periodo buono”, mentre nello Yucatan regnava il sereno nel “periodo cattivo”.
..andava proprio tutto alla rovescia …per fortuna !
Il
mattino
seguente
dopo
l’abbondante
colazione
(
a
base
di
squisite
tortillas
ripiene
di
carne
o
formaggio
e
la
sempre
presente
“agua
de
melon”
)
continuammo il nostro itinerario: direzione Uxmal ( si pronuncia Ushmal ) a circa 80 Km da Mèrida.
Dopo
circa
due
ore
di
auto
(
bisognava
considerare
nei
tempi
quelli
non
indifferenti
per
riuscire
ad
imboccare
la
giusta
direzione,
il
traffico
cittadino,
i
rifornimenti…
)
arrivammo
ad
Uxmal
(
che
non
è
una
cittadina
ma
solo
un
centro
archeologico
con
pochi
alberghi
vicino
in
piena
campagna
)
ed
anzichè
dirigersi
in
hotel
a
posare
i
bagagli
(
a
poche
centinaia
di
metri
dalle
rovine
)
approfittammo
dell’orario
(
mattina
presto
)
per
andare
direttamente
nel
parcheggio
del
sito
Maya
(
70
$
+
10
$
parking
).
Anche
qui
non
sto
a
descrivervi
gli
scavi
(
guardatevi
le
mie
foto
)
e
le
storie
travagliate
in
quanto
una
guida
cartacea
può
dire
quanto
e
più
di
quello
che
potrei
dirvi
io.
Da
segnalare
una
maggior
fatica
rispetto
Chichen-Itza
nel
visitare
il
sito
in
quanto
trovandoci
in
una
(
rara
)
zona
collinare
(
le
colline
Puuc
lungo
la
omonima
strada
si
trovano
altri
siti
minori
riguardanti
le
città
satelliti
di
Uxmal
)
è
sviluppato
su
vari
livelli…in
pratica
c’è
da
salire,
fare
molte
scale
ripide,
piccole
arrampicate
ed
il
terreno
è
spesso
sconnesso
(
rispetto
il
regolare
“praticello” quasi all’inglese di Chichen-Itza )…ovviamente siamo
riusciti
a
vedere
tutto
sotto
il
sole,
con
umidità
al
massimo
e
passeggino/bimba
a
traino
!
mai
avevo
visto
il
mio
corpo
sudare
a
fontanella
(
cioè
non
a
gocce
ma
a
getto
continuo
!
credetemi
!
)
Anche
ad
Uxmal
erano
disponibili
guide
in
tutte
le
lingue
(
Italiano
compreso
)
ma
questa
volta
ci
affidammo
al
nostro
libricino
Edt
🙂
e
in
effetti
fu
una
decisione
saggia:
a
tarda
mattinata
ci
infiltrammo
un
un
piccolo
gruppo
per
sentire
cosa
diceva
la
guida
e
a
parte
una
scarna
descrizione
delle
varie
costruzioni
il
resto
era
solo
una
ripetizione
delle
storie
e
delle
usanze
Maya
sentite
già
a
Chichen
come
il
gioco
della
palla,
i
sacrifici
umani,
il
dio
della
pioggia,
la
fine
del
mondo
per
il
Dicembre
del
2012…
(
opsss…l’asteoride
noto
più
pericoloso
nella
storia
della
terra
passerà da queste parti intorno al 2014, un a’ltro nel 2019 ! :-O )
Sulle
pietre,
tra
le
buche
e
nel
boschetto
all’entrata
a
destra
c’erano
molte
iguane
della
lunghezza
anche
di
un
metro…essendo
abituate
alla
gente
si
lasciavano avvicinare e fotografare…Maeva le rincorse con la sua andatura traballante sino al primo capitombolo !
Vi consiglio di mettere del repellente contro gli insetti tropicali ( tipo Autan Barriera ) alle caviglie perchè nell’erbetta umida e
soprattutto
tra
le
foglie
secche
del
boschetto
delle
iguane
si
nascondevano
degli
esserini
microscopici
voracissimi
!!!Il
pomeriggio
riprendemmo
l’auto
cocente
(
…altra
zaffata
di
fritto
con
crema
di
fagioli
neri
al
formaggio
)
e
ci
recammo
nel
vicino
lodge:
l’
Hacienda
Uxmal
famoso
per
aver
ospitato
i
vari
archeologi
che
lavorarono
alle
rovine
di
Uxmal
quando
questa
era
quasi
completamente
ricoperta
dalla
foresta.
Era
considerato
di
buona
categoria
e
per
fortuna aveva mantenuto un carattere molto rustico e per niente lussuoso.
Tipica
fu
la
costruzione
coloniale
con
patio
e
colonnato
circondato
un
giardino
tropicale
sviluppato
su
un
piano
obliquo
(
la
costruzione
era
su
un
fianco
di
una
collina
)
al
quale
era
stata
aggiunta
in
tempi
moderni
una
piccola
piscina.
L’atmosfera
era
di
calma
e
di
relax
nel
silenzio
assoluto
del
bosco
attiguo
ad
un
piccolo
ranch
con
cavalli…la
sera
una
sala
da
pranzo
rustica
sempre
allietata
dalle
chitarre
dei
Mariachi
ospitava
gli
ospiti
presentando
loro
un
menù
messicano
molto
ricco:
ottimo
il
pollo
alla
cioccolata
(questa
è
la
patria
della
cioccolata,
dalla
parola
maya
“xoco-ate”
ovvero
“acqua
amara”)
con
“papas
frite” !
Quasi
inutile
dire
che
essendo
Maeva
l’unica
bimba
piccola
attirò
subito
le
attenzioni
dei
suonatori
(
pro-propina
)
tanto
che
da
questo
punto
in
poi
fu
per
la
piccola
quasi
una
piacevole
costante
mangiare
ogni
sera
nei
vari
luoghi
“adulata”
da
una
serenata
messicana
🙂
e
dai
complimenti
(
non
solo
del
personale ) : “Chiquita, muy linda, muy preciosa, hermosa….”
A
dire
il
vero
molto
spesso
successe
che
le
persone,
anche
estranei
in
mezzo
la
strada,
le
facessero
dei
complimenti
seguiti
da
una
carezza
sulla
testa
ed
un
giorno
una
guida
di
un
gruppo
spagnolo
me
lo
spiegò:
è
usanza
Yucateca
quando
si
vede
un
bimbo
grazioso
far
seguire
al
complimento
una
mano
sulla fronte e sulle guance,
a mò di benedizione…in quanto si crede che l’omissione del gesto possa far ammalare il bambino.
Un
consiglio
per
chi
dovesse
alloggiare
in
questo
albergo:
come
detto
prima
non
ci
sono
centri
abitati
e
tutto
intorno
è
bosco-campagna
quindi
è
normale
che in un ambiente informale come l’Hacienda Uxmal si trovi anche una parte della “fauna” dei dintorni.
Armatevi
di
pazienza
ed
usate
un
repellente
sulla
pelle
ed
un
insetticida
(
se
ritenete
possa
servire
)
negli
alloggi…date
anche
per
eccesso
di
scrupolo
(
ma
questo
vale
dappertutto
)
una
controllata
alle
coperte
del
letto
(
sino
in
fondo,
ricordo
sulle
montagne
Thailandesi
di
aver
trovato
una
temibile
processionaria ) e la mattina quando vi alzate l’interno delle scarpe…
Appena
entrato
in
stanza
infatti
trovai
un
discreto
“gruppetto”
di
tafani
(
sono
mosche
presenti
anche
in
Italia
dal
corpo
leggermente
meno
tozzo
di
quelle
comuni e che a differenza di queste mordono e fanno male ! ) che fu messo subito a tacere da una “giusta” spruzzata.
A
questo
proposito
vi
invito
anche
a
tenere
sempre
i
finestrini
auto
chiusi
(
mi
chiedo
come
facciano
i
locali
e
quelli
che
non
hanno
l’aria
condizionata
a
viaggiare
aperti
)
dal
momento
che
un
giorno
che
aprii
lo
sportello
lungo
una
statale
(
da
fermo
e
per
pochi
secondi
)
per
prendere
delle
cibarie
dietro
al
cofano
entrò
di
tutto…ma
“soprattutto”
vari
tafani…gli
stessi
messicani
più
volte
mi
misero
in
guardia:
“atenciòn
amigo…piccano
!!!”
aiutandomi
con
uno
straccio a toglierli dal vetro posteriore dell’auto ( dove in genere andavano a finire ).
La
serata
ad
Uxmal
passò
in
allegria
(
si
mangiava
proprio
bene
e
tipico
!
)
e
dopo
un
piccolo
problema
di
intasamento
bagno
(
dovetti
vergognosamente
chiamare
un
addetto
a
stasarlo…i
bagni
messicani
hanno
tutti
il
“buchino”
piccolo
e
l’eccesso
di
carta
igienica
usata
come
copri-water
era
mal
tollerata
!
:-
( ) andammo a letto…grilli e suoni notturni insieme allo stormire delle foglie ci coccolarono e ci consegnarono immediatamente in braccio a Morfeo !
Il
giorno
dopo
di
buon
mattino
dopo
l’abbondante
colazione
partimmo
verso
Tulum.
Fu
questa
la
tappa
automobilistica
più
importante.
Infatti
benchè
in
linea
d’aria
Tulum
non
fosse
lontanissima
non
esistevano
strade
dirette
ma
solo
un
intreccio
di
stradine
locali
poco
pratiche
che
ci
avrebbero
allungato
il
tempo
e
probabilmente
anche
i
chilometri
da
percorrere…quindi
ritenni
conveniente
tornare
sui
passi
dei
giorni
precedenti
ed
intraprendere
quasi
tutto
il
percorso
fatto
all’inverso
ovvero:
Uxmal-Merida-Chichen-Izta-Valladolid
poi
deviare
verso
Chemax,
Cobà
(
famoso
sito
archeologico
)
e
poi
continuare
verso
Tulum
tramite
una
lunga
e
stretta
strada
(
deserta
)
piena
di
buche
profonde
ed
improvvise
(
attenzione
quindi…e
dire
che
è
stata
pure
costruita
da
pochi
anni
!
)
verso
la
metà
della
quale
si
possono
incontrare
delle
produzioni/rivendite
di
stoffe,
arazzi
e
tappeti
messicani
in
stile
Maya
veramente
bellissimi con i loro mille colori sgargianti !!!
Totale:
altri
350-400
Km
…per
non
spezzare
troppo
la
media
decidemmo
di
far
mangiare
Maeva
direttamente
“in
corsa”
nell’auto
!
Arrivati
a
Tulum
non
contenti
delle
cinque
ore
(
o
più
)
di
auto
delle
strade
tutto-dossi
delle
colline
di
Puuc
o
della
foresta
del
centro
Yucatan
o
dei
zig-zag
(
per
evitare
le
buche
)
della
Chemax-Tulum
decidemmo
di
fermarci
a
visitare
le
rovine
di
Tulum…erano
le
14.00
di
una
giornata
caldissima
dal
cielo
azzurro
come
mai
senza
un
alito
di
vento
e
senza
nemmeno
un
albero
come
riparo…il
terreno
sconnesso
per
il
passeggino
fece
il
resto…ma
prima
entrammo
nel
parcheggio
(
le
sbarre
erano
alzate
e
non
pagammo
la
sosta
)
e
ci
incamminammo
verso
gli
scavi
(
35
$
).
Non
sapendo
la
lontananza
e
non
sapendo
che
esisteva
una
specie
di
trattore-trenino
a
pagamento
per
raggiungere
le
rovine
mi
feci
a
piedi
un
bel
tratto
assolato
ed
asfaltato
di
strada
interdetta
alle
auto
che
mi
accecò
nonostante
gli
occhiali
da
sole…un
caldo
pazzesco
!
Poi
una
volta
all’entrata,
eluse
le
guide
in
lingua
italiana
(
qui
volevano
farmi
uno
sconto
se
accettavo
il
giro
insieme
ad
un’altra
coppia
),
mi
incamminai
per
una
salita.
Tulum
non
era
molto
grande
e
se
non
fosse
in
un
buono
stato
di
conservazione
e
se
non
fosse
vicina
ai
maggiori
luoghi
di
villeggiatura
“caraibica”
non
penso
avrebbe
avuto
la
notorietà
e
l’affollamento
che
aveva
e
nemmeno
tutti
quei
negozi
e
bar
in
cemento
all’entrata
.
Il
mare
poi,
accedibile
solo
dal
sito,
completava
la
lista
dei
motivi
che
attiravano
le
persone
in
questo
luogo…in
pratica
dopo
una
sommaria
visitina
alle
rovine
(
purtroppo
non
è
più
possibile
accedere
alla
scalinata
de
El
Castillo
)
molti
andavano
a
tuffarsi
in
mare
che
si
diceva
avere
dei
colori
bellissimi
quando
calmo
(
quel
giorno
era
agitato
e
torbido
)
…senz’altro
l’accostamento
scogliera-mare-
rovine ( unica combinazione nello Yucatan ) creava uno scorcio suggestivo !
Quella calda “ciliegina” sulla torta della giornata terminò sotto un raro cespuglio ombroso sulla spiaggia: santa borraccia !
Una
dritta:
quando
viaggio
per
molte
ore
sotto
il
sole
(
sperimentata
la
prima
volta
a
Giza,
al
Cairo
)
e
so
di
non
poter
riempire
di
acqua
fresca
la
mia
borraccia
(
guai
a
portarsi
semplici
bottiglie
d’acqua
)
e
sono
sicuro
che
questa
a
fine
giornata
(
o
prima
)
diventerà
calda
aggiungo
nel
mio
“litro”
sempre
una
bustina
di
Idrolitina
o
Frizzina.
Premesso
che
non
sono
un
fautore
dell’acqua
gassata
vi
posso
assicurare
che
il
sapore
dell’acqua
calda
è
appena
tollerabile
se
aggiunto
alle
“bustine”
mentre
assolutamente
disgustoso
se
“liscio”
!
Inoltre
la
polverina
frizzante
aiuta
la
digestione
in
caso
di
mangiate
“poco
ortodosse”
lungo
la
strada
e
soprattutto
(
cosa
importantissima
)
reintegra
in
parte
i
sali
minerali
persi
con
il
sudore
(
anche
se
una
Coca-Cola
in
questi
casi
sarebbe
meglio
per
i
sali
persi…chi
vi
parla
è
una
persona
alla
quale
la
Coca
Cola
fa
schifo…ma
in
certi
casi
funziona…l’abbiamo
data
persino
a
Maeva
…tanto
è
poco
più
che
acqua
e
zucchero
in
barba
alle
leggende
metropolitane
che
la
vogliono
far
apparire
come
una
specie
di
micidiale
acido
sciogli-budella ! ).
Rifocillati
di
liquidi
sotto
il
fitto
cespuglio
di
palmette
ci
incamminammo
verso
l’uscita
(
un
sacco
di
strada
!
)
ripetendo
la
ormai
collaudata
sequenza:
apertura
portiere
auto
quasi
liquefatte
(
fuoriuscita
di
puzze
al
tacos
strafritto
imbottito
di
maiale
pure
fritto
!
),
cambio
pannolino
“on-site”
con
puzze
ben
più
grandi
di
quelle
dell’auto
visto
la
fermentazione
indotta
dal
caldo,
spuntino
di
omogenizzato,
bevuta
d’acqua,
accensione
motore
ed
aria
condizionata
con
sniffata
di
gas
incombusti
e
particolato
e
poi
stremati
dagli
olezzi
via
di
nuovo
in
marcia,
un’altra
manciata
di
decine
di
chilometri
per
la
destinazione
serale: Xpu-Ha, una località balneare a pochi chilometri a Nord di Akumal
ed
a
circa
25
Km
a
Sud
della
italianissima
🙁
Playa
del
Carmen.
Per
il
meritato
riposo
(
dopo
quattro
giorni
pieni
il
contachilometri
parziale,
azzerato
all’inizio
dell’itinerario,
segnava
quasi
1000
Km
!
)
scelsi
<<
udite,
udite
!!!,
tre
giorni
,
dicasi
tre,
venghino
sìori
e
sìore
!
>>
il
Copacabana
Beach
Resort,
il mio primo (ed ultimo) “All Inclusive” della carriera :-DDD !!!
Scherzi
a
parte,
in
questa
parte
della
costa
erano
praticamente
tutti
All
Inclusive
e
dopo
il
meraviglioso
comportamento
di
mia
figlia
e
le
fatiche
da
lei
(
e
non
solo
)
sopportate
mi
sembrò
appropriato
(
e
poi
da
altre
parti
vicine
come
Akumal
i
normali
hotels
erano
tutti
pieni
e
non
ho
trovato
posto
!
)
dedicargli un luogo dove si poteva svagare e divertire in tutta rilassatezza !
“Scaricata”
dunque
la
famigliola
(
ed
i
bagagli
)
nel
resort
(
subito
ci
“inanellarono”
come
si
fa
con
gli
uccelli
sigillandoci
un
braccialetto
di
plastica
colorata
nel
polso
che
non
doveva
essere
rimosso
durante
tutto
il
soggiorno
per
nessuna
ragione
!
)
mi
diressi
verso
Playa
del
Carmen
per
riconsegnare
l’auto
alla
Hertz
percorrendo
a
tutta
velocità
la
“Carrettera
Tulum-Cancun”,
una
strada
molto
comoda
ed
ampia
con
limite
a
110
Km/h
(
come
in
autostrada
)
molto
più trafficata delle strade che avevo percorso all’interno dello Yucatan.
Una
volta
giunto
alla
Hertz
fu
controllata
a
puntino
l’auto
(
confrontando
la
mappetta
dei
difetti
di
carrozzeria
che
mi
avevano
consegnato
e
fatto
firmare
a
Cancun
con
il
reale
stato
dell’auto:
nessuna
differenza
!,
in
pratica
non
avevo
arrecato
nessun
nuovo
danno
!
)
e
dopo
un’ora
(
mia
moglie
mi
aveva
dato
per
disperso
)
dopo
aver
controllato
pratiche,
fatto
telefonate
a
Cancun
e
firmato
un
pò
di
carte
mi
congedarono
…chiamai
quindi
un
taxi
(
lungo
monologo
del
guidatore
su
argomenti
ad
alto
contenuto
culturale
del
tipo
“
il
vero
“macho”
beve
tanto,
corre
in
auto,
fa
il
dritto
con
la
polizia,
ha
l’amante
e
porta
gli
occhiali
da
sole”
oppure
“viva
la
corruzione
perchè
porta
vantaggi
a
tutti”)
e
in
venti
minuti
mi
ritrovai
nel
resort
!
…una
giornata
veramente
“campale” ! 😉
Mettendo
da
parte
tutte
le
considerazioni
ironiche
di
alloggiare
in
un
mega
villaggio
“all
inclusive”
volevo
descrivere
gli
aspetti
positivi
del
Copacabana.
Innanzitutto
era
senz’altro
molto
più
grande
di
un
hotel
ma
non
grande
per
essere
un
villaggio.
La
struttura
degli
alloggi
si
sviluppava
a
ferro
di
cavallo
affogato
in
una
rigogliosa
vegetazione
originale
che
aveva
per
base
le
mangrovie
e
di
contorno
le
altre
piante
tropicali.
Un
piccolo
cenote
naturale
con
laghetto
e
fiumiciattolo
scorreva
all’interno
alimentando
delle
pozze
all’interno
della
foresta.
Per
chilometri
intorno
al
villaggio
non
c’erano
costruzioni
ma
solo boschi fitti e spiaggia ad eccezione di un piccolo campeggio con poche tende ad igloo ed un bar attiguo.
Il
nostro
appartamento
si
trovava
lontano
dagli
schiamazzi
della
reception/ristoranti/discoteca/teatro/bingo
e
molto
vicino
al
mare
tanto
che
la
sera
sentivo
il
rumore
delle
onde.
Andando
nel
balcone-patìo
potevo
toccare
le
mangrovie
tanto
eravamo
immersi
nella
foresta
che
era
abitata
da
molti
uccelli
acquatici che allietavano la giornata con i loro canti notte e giorno…melodie diverse a seconda dell’ora !
Ogni tanto ci faceva visita un iguana.
Ovviamente
era
d’obbligo
il
repellente
per
zanzare
e
similia.
Un
solo
giorno
ebbi
la
sfortuna
di
scordarmelo
verso
il
tramonto
e
mentre
camminavo
sul
pontile,
che
dal
mare
risaliva
il
resort
sino
alla
fine,
osservando
l’acqua
sottostante
ed
i
cactus
che
si
arrampicavano
sui
rami
di
mangrovia,
fui
punto
un
centinaio
di
volte
(
non
penso
che
fossero
zanzare,
forse
erano
delle
“sparapunti”
da
carpentiere
)
in
due
punti
del
corpo…in
pratica
dopo
due
settimane
avevo ancora due “tatuaggi” simili a quelli Polinesiani che descrivevano la circonferenza del mio braccio e della caviglia destra.
L’animazione
c’era
ma
era
molto
discreta
e
mai
una
volta
mi
hanno
proposto
qualcosa
…praticamente
ero
“trasparente”
(
meno
male
).
Il
villaggio
era
frequentato
soprattutto
da
“gringos”
e
gli
italiani
erano
rari.
C’era
cibo
in
abbondanza
esagerata
a
tutte
le
ore
del
giorno
e
della
notte
(
questo
se
da
un
lato
poteva
far
piacere
vi
giuro
che
da
un
altro
ci
dava
da
pensare:
credo
che
un
giorno
solo
di
quel
villaggio
avrebbe
sfamato
per
una
anno
l’intera
Angola ) e c’era anche molto da bere…ovviamente tutto incluso…ed infatti approfittai per fare il pieno di birre e della mia amatissima Piña Colada.
Riguardo
il
cibo
volevo
segnalare
che
oltre
ai
reparti
spaghetti-hamburger
c’erano
sempre
ampie
scelte
di
ricette
messicane
e
da
questo
lato
ho
fatto
onore
alla
mia
curiosità
culinaria…gli
unici
spaghetti
presi
sono
stati
quelli
per
Maeva.
Anche
in
questo
villaggio
come
pure
negli
hotels
passati
(
e
futuri
)
trovammo
molta
disponibilità
da
parte
del
personale
locale
tant’è
che
ci
cucinavano
quasi
tutti
i
giorni
la
pastina
per
Maeva
…in
tutti
gli
alberghi
ci
presentavamo
con
il
nostro
pentolino,
la
scatola
di
“stelline”
(
semi-distrutta
nel
viaggio
)
e
spiegavamo
con
calma:
“
agua,
no
sal,
después
burbuja:
dos
cucharas, siete minutos, deje poco de agua…” : i messicani dopo un pò di perplessità per la richiesta insolita acconsentivano sempre con un sorriso !
I
tre
giorni
passarono
con
spensieratezza
e
furono
molto
utili
non
solo
per
riposarci
dalle
fatiche
ma
soprattutto
per
insegnare
a
Maeva
l’uso
della
ciambella/salvagente e prendere dimestichezza con l’acqua del mare o della piscina delle quale prima aveva molta paura !
Il terzo giorno bisognava farla uscire a forza tanto le piaceva !!!
Una sera, approfittando di una bella dormita della piccola ( stanchezza da nuoto ! ), riuscimmo anche a vedere presso il teatro
del resort una ricostruzione di danze, suoni e costumi Maya !
Il
resort
era
anche
un
buon
punto
di
partenza
per
escursioni.
Tolte
tutte
quelle
archeologiche
(
già
fatte
!
),
tolte
tutte
quelle
prettamente
snorkellesche
(
tipo
la
vicina
Xel-Ha…con
una
bimba
non
mi
sembravano
adatte
)
decidemmo
che
il
secondo
giorno
sarebbe
stato
dedicato
a
Xcaret
(
una
sorta
di
parco
“artificioso”
dove
poter
vedere
molti
animali
o
ricostruzioni
del
gioco
della
palla
Maya,
assistere
a
spettacoli
di
danza,
canto
e
musica,
fare
un
poco
di
snorkeling
anche
in
grotta
e
cenote,
andare
a
cavallo,
nuotare
con
i
delfini,
stare
semplicemente
in
spiaggia
ed
altro
ancora
)
…ovviamente
con
i
bimbi
non
bisogna
mai
fare
piani
certi
ed
una
piccola
febbre
di
Maeva
causata
dallo
spuntare
di
tre
molari
ci
fece
rinunciare…non
ce
la
sentimmo
di
esporla
tutto
il
giorno
al
sole
di
una
escursione
e
quindi
rimanemmo
nel
resort
dove
continuai
il
“corso
di
ciambella”
😉
…in
fondo
era
anche
vacanza
di
Maeva
oltre quelle di papà e mamma !!!
Non
tutti
i
mali
vennero
per
nuocere
in
quanto
quel
giorno
dopo
pranzo
ci
fu
un
nubifragio
violentissimo
con
tuoni
assordanti
mai
sentiti
prima
d’ora,
della
durata
di
poco
più
di
un
ora…l’unica
pioggia
“diurna”
della
nostra
vacanza…Maeva
giocò
con
le
mille
rane
saltellanti
che
uscirono
dopo
il
temporale
dalle
mangrovie per andare sui corridoi del resort !
Trascorso
il
periodo
al
Copacabana
con
un
taxi
collettivo
ci
recammo
all’aeroporto
di
Cancun
dove
un
bellissimo
“tubo
volante”
un
Jetstream
32
(
bimotore ad elica da 19 posti ) dell’Air Caribe ci stava aspettando mezzo vuoto per portarci all’isola di Cozumel.
Non
avendo
consumato
acqua
imbottigliata
durante
il
soggiorno
all-inclusive
(
ogni
giorno
riempivano
il
frigo
di
bibite
),
sapendo
dell’alto
costo
della
vita
a
Cozumel
(
7
euro
per
un
litro
e
mezzo
d’acqua
purificata
contro
un
euro
per
3,7
litri
al
supermarket
di
Cancun
)
ed
avendo
un
bella
scorta
d’acqua
di
molti
litri
comprata
all’inizio
della
viaggio
(
nonchè
una
piccola
riserva
personale
di
Merlot
Zonin
sgraffignata
nel
volo
di
andata
)
decisi
di
prendere
uno
zaino
di
scorta ( lo porto con me nelle valige in caso di rottura di queste ultime ) e di riempirlo con le bottiglie.
Sapevo
di
eccedere
di
molto
il
peso
consentito
(
nonostante
la
scorta
di
omogeneizzati
notevolmente
diminuita
)
ma
ci
provai:
quasi
60
Kg
in
due
!
per
fortuna
la
vista
tenera
della
bimba
(
“sa
con
tutte
le
cose
che
bisogna
portare
per
lei
!”)
e
l’aereo
mezzo
vuoto…fecero
chiudere
un
occhio
all’incaricata
del
check-in ! ;-P evvai !
Prima
di
partire
mi
fecero
compilare
sul
biglietto
il
nome/cognome
e
numero
di
telefono
di
un
parente/conoscente
da
contattare
in
caso
di
sciagura
aerea…non
mi
era
mai
successo
in
tanti
viaggi
…mi
grattai
dunque
gli
zibidei,
feci
le
corna
e
toccai
ferro
…l’inserviente
sorrise
ma
non
seppi
mai
quali
dei
tre gesti avesse capito !
Al gate nel momento dell’imbarco un carretto distribuì le bibite per i dieci passeggeri…
Poggiai Maeva sulle mie gambe, la legai con la cintura dei bimbi ( che si aggancia alla cintura dei grandi ) e volammo tra le nuvole !
Il tempo era bello come al solito ed il volo della durata di appena quindici minuti fu piacevole !
Una
volta
atterrati
scendemmo
dalla
scaletta
dove
un’
addetta
ai
servizi
a
terra
ci
aspettava
per
chiederci
55
pesos
per
l’assicurazione
di
Maeva
che
si
erano
scordati
di
farci
pagare
a
Cancun
!
Nessuna
ricevuta
mi
fu
rilasciata.
Feci
una
piccola
indagine
il
giorno
dopo
(
pensai
ad
una
truffa
)
facendo
telefonare in aeroporto ma pare fosse tutto legale ! ( mah ! strano che al ritorno non abbia pagato nulla ! )
In
aeroporto
comprai
il
biglietto
per
un
taxi
collettivo
(60
pesos
a
testa)
che
ci
portò
sino
all’
Hotel
Presidente
Intercontinental
.
Perchè
la
scelta
di
Cozumel
e
dell’Hotel
Presidente,
uno
degli
hotel
più
costosi
dell’isola
?
Non
certo
per
manìa
di
lusso
(
del
quale
non
me
ne
può
fregar
di
meno…anzi
in
alcun
casi,
non
lo
dico
per
snobismo
viaggesco,
mi
da
pure
fastidio
)
ma
perchè
mi
piace
abbinare
ad
un
viaggio
di
“visite”
o
di
“archeologia”
qualche
giorno
dedicato
al
puro
snorkeling
“facile”,
cioè
quello
autonomo
da
riva:
non
legato
ad
escursioni
private,
orari
spesso
scomodi,
gratuito,
ecc.ecc.
e
Cozumel
era
l’isola
adatta
(
per
i
sub
e
per
coloro
i
quali
avevano
prenotato
un
giro
in
sottomarino
poi
è
un
vero
paradiso
in
quanto
a
largo
della
costa
c’è
il
reef
più
grande
del
mondo
dopo
la
Grande
Barriera
Australiana
)
ed
in
particolar
modo
la
spiaggia
dell’Hotel
Presidente
era
annoverata
sulla
guida
Edt
come
tra
le
tre
spiagge
più
snorkellose
dell’isola,
notizia
avvalorata
dal
fatto
che
si
trovava
ad
un
chilometro
dal
parco
nazionale
di
Chankanab
(
da
qualche anno chiuso al pubblico via terra ed accedibile solo con barca per lo snorkeling ) e confermata da Bnx che ci aveva soggiornato.
Infatti
tutte
le
escursioni
di
snorkeling
che
partivano
dal
capoluogo:
San
Miguel
sbarcavano
gli
apneisti
ad
un
centinaio
di
metri
(
sempre
a
pochi
metri
dalla riva ) più a sud dell’hotel in pratica dove abitualmente andavo io !!!
Due
parole
su
San
Miguel,
l’unico
centro
abitato
e
commerciale
dell’isola,
nonchè
porto
di
attracco
dei
traghetti,
barche
private
e
navi
da
crociera
(
in
genere Cozumel è una delle mete delle crociere ai Caraibi provenienti da Cuba, S.Domingo, ecc. ).
S.Miguel
era
formato
dal
solito
reticolo
di
strade,
quelle
più
curate
verso
il
lungomare,
quelle
meno
con
edifici
più
modesti
verso
l’interno.
Il
paese
era
una
vera
e
propria
Capri
all’americana,
piena
di
gente
a
tutte
le
ore
del
giorno
e
della
notte
(
ecco
perchè
le
spiagge
erano
deserte
)
intenta
a
fare
shopping
(
caro
).
Locali,
negozi
di
abbigliamento,
ristoranti
e
soprattutto
tante
“gioiellerie”
riempivano
il
corso
principale
lungo
il
mare…per
un
giro
più
pittoresco erano anche disponibili varie carrozzelle trainate da cavalli.
Sinceramente preferii sorvolare tanta confusione ed andare subito in hotel.
Questo
era
praticamente
quasi
vuoto
(
meno
male
)
e
l’ambiente
era
fortemente
adatto
al
relax
e
alla
privacy…nei
corridoi,
nelle
sale,
in
spiaggia,
nei
ristoranti non si sentiva mai volare una mosca nemmeno in presenza di piccoli gruppi famigliari…
La
grande
struttura
prettamente
ad
uso
e
consumo
degli
statunitensi
e
canadesi
era
inserita
tra
giardini
tropicali
e
spiagge
di
un
bianco
accecante…due
ristoranti:
uno
molto
formale
e
costoso
a
lume
di
candela
con
cucina
internazionale
(
ci
andammo
solo
la
prima
sera
)
ed
un
altro
con
cucina
Yucateca
(
ci
andammo tutte le sere ) rallegrato dalle canzoni ( per il godimento di Maeva ) del mariachi !
I
giardini
intorno
alla
nostra
stanza
al
pian
terreno
erano
spesso
visitati
da
uccelli
ed
iguane,
una
tra
tutte
spiccava
per
grandezza
(
più
di
un
metro
di
massicci muscoli e cresta ) e colori verdi a strisce rosse brillanti…Maeva la rincorse facendola scppare sulle cime degli alberi !
Il
clima
era
dolcissimo,
tutta
l’umidità
che
avevo
trovato
nelle
altre
località
era
sparita
(
e
non
tornerà
mai
più
!
forse
dipendeva
dal
fatto
che
era
un’isola
! ) vento assente, mare sempre piattissimo ( perchè protetto dal reef e dalla costa messicana di fronte ) ed ovviamente sole !
La
prima
cosa
che
feci
fu
lo
snorkeling…poco
dopo
arrivato
😀
…il
mare
era
talmente
bollente
(
più
di
30
gradi
!
)
che
lasciai
in
valigia
la
mutina
a
mezze
maniche da 3 mm che sempre mi ha seguito ( ed ho usato ) negli altri viaggi tropicali.
I
fondali
non
erano
certo
quelli
degli
acquari
di
Allah
(
Mar
Rosso
e
Maldive
)
in
quanto
si
trattava
di
una
costa
rocciosa
(
e
non
di
una
barriera
)
colonizzata
soprattutto
da
molte
varietà
di
spugne
(
coralli
pochi
)
alcune
molto
belle
di
aspetto
simile
alle
gorgonie.
Nonostante
questo
mondo
subacqueo
non
abbondasse
di
colori
c’erano
tutte
le
razze
di
pesci
(
ed
invertebrati
)
che
mi
aspettavo
di
trovare:
pesci
farfalla,
chirurgo,
razze,
enormi
pappagalli,
torpedini,
murene,
carangidi,
scorpione
e
molti
altri…in
particolar
modo
sotto
riva
si
trovavano
molti
branchi
di
avannotti
seguiti
da
grandi
barracuda
e
aguglie
mentre
nei
buchi
della
roccia,
costellati
di
diversi
tipi
di
grandi
ricci,
vivevano
molte
aragoste
(
ne
presi
una
e
la
portai
a
riva
per
farla
vedere
a
Maeva
ma
giustamente
si
avvicinò
un
signore
che
mi
invitò
a
lasciarla
subito
in
quanto
ci
trovavamo
in
un
parco
nazionale
).
La
sera
(
dopo
le
18,30
)
poi
i
grandi
predatori
(
purtroppo
non
gli
squali
)
si
avvicinavano
per
approfittare
delle
varie
nursery
ittiche
e
spesso
mi
ritrovavo
in
mezzo
a
folti
branchi
di
grandi pesci.
Tra
uno
snorkeling
e
l’altro
(
almeno
un
paio
d’ore
continuate
per
volta
più
volte
al
giorno
!
)
non
uscivo
nemmeno
dall’acqua
e
mi
dedicavo
ai
bagnetti
di
Maeva che divertita dai pizzicotti dei pesci sui piedini si trovava perfettamente a suo agio…nel suo paradiso !
Tra un bagnetto e l’altro invece giocava con secchiello e paletta insieme ad una bimba americana…
La
spiaggia
(
anzi
le
due
spiagge,
una
molto
lunga
)
erano
sempre
deserte
(
al
massimo
un
paio
di
silenziose
coppie
con
bimbi
)
in
quanto
la
maggior
parte
della
gente
(
comunque
pochissime
decine
di
persone
over
50
)
preferiva
una
vita
più
“rilassata”,
più
in
sintonia
con
il
luogo…a
questo
proposito
ve
la voglio descrivere perchè spesso oggetto di mie considerazioni di stupore.
Il
soggetto
tipico
era
un
singolo
(
o
una
coppia
),
bianco,
americano
di
mezza
età
con
abbigliamento
informale:
calzoncini
bianchi
,
canotta
fantasia,
occhiali
da
sole
(
scurissimi
ed
irremovibili
),
ciabattine
(
sabbiofobe
)
e
cappelletto
alla
capitan
Findus
con
una
leggera
barba
non
tagliata
ma
comunque
ben
curata
e
scommetto
anche
profumata.
Il
soggetto
si
alzava
tardi
la
mattina
trascinando
lentamente
il
corpo
sino
al
chiosco
in
riva
al
molo
dove
iniziava
la
serie
di
“margarita”
alternati
a
succhi
di
frutta.
Tra
un
sorso
e
l’altro
una
gustosa
sigaretta
fumata
con
piacere
lasciando
roteare
lentamente
il
denso
fumo
non
aspirato
dentro
la
bocca
aperta.
Sguardo
perso
nel
nulla
leggermente
chino
verso
il
basso
senza
mai
puntare
il
fastidioso
bagliore
della
sabbia
o
l’
irritante
sbrilluccichio
del
mare.
Espressione
con
sorriso
fisso
plastificato
sulle
labbra
e
grinze
di
soddisfazione
ai
lati
degli
occhi…il
tutto
in
spirituale
silenzio
cercando
di
interagire
il
meno
possibile
con
gli
altri,
ordinando
le
bevande
a
gesti
e
sorrisi
…il
tutto
sino
all’ora
di
pranzo.
Poi
avvicinamento
curvo
ma
preciso
con
mozzicone
tra
le
dita
sino
al
lettino
bianco
all’ombra
delle
“palapas”
(
ombrelloni
di
paglia
)
in
spiaggia
scegliendo
ovviamente
la
posizione
più
lontana
dal
mare
e
più
vicina
al
silenzioso
bar
per
leggere
un
buon
libro
e
fumare
qualche
sigaretta
o
la
pipa.
Ad
una
certa
ora
la
bandierina
verde
accanto
alla
palapa
veniva
poggiata
con
enorme
fatica
nella
sabbia
(
era
il
segnale
che
doveva
accorrere
il
cameriere
),
spuntino
con
frappè
o
macedonia
(
troppa
fatica
masticare
!
),
continuazione
della
lettura,
sigaretta,
piña
colada,
sigaretta,
sempre
in
silenzio
senza
mai
alzare
gli
occhi
al
mare
e
sempre
col
sorriso
in
bocca,
sigaretta,
sino
a
al
tramonto…poi
passeggiatina
serale
sino
al
bancone
dell’altro
bar
sull’altro
molo
(
ma
la
pipì
non
la
facevano
?
)
per
cocktails
e
stuzzichini
leggeri,
scambio
di
sorrisi
col
banconista,
una
mezza
battutina
col
vicino
tanto
per
testare
le
corde
vocali
e così via fino a notte tarda…
…beh
!
dei
veri
stacanovisti
del
fancazzismo,
una
disciplina
molto
ardua
da
seguire
con
tanta
professionalità.
Io
non
riuscirei
a
passare
un
lungo
periodo
in
questo
modo,
non
ci
sono
abituato
e
quindi
non
mi
piace
ma
se
penso
allo
stress
metropolitano
che
mi
tocca
subire
ogni
giorno
nella
mia
città
provo
un
poco
di
ammirazione
per
queste
persone
così
serie
ed
allenate
da
riuscire
a
gustarsi
l’ozio
nella
sua
forma
più
pura…quella
che
non
ha
mai
ucciso
nessuno
😀
Io
invece,
povero
mortale,
alternavo
lunghi
periodi
di
snorkeling
a
brevi
periodi
di
water-baby-sitting
(
quando
Maria
andava
a
snorkellare
)
fino
a
sera
tarda
quando
il
sole
spariva
sotto
l’orizzonte.
Tempo
meraviglioso
senza
nuvole
tranne
una
notte,
molto
tardi,
quando
ha
piovuto
tantissimo
(
ma
il
giorno
dopo
la
sabbia
era
asciutta
grazie
al
perfetto
drenaggio
dei
granelli
corallini
)…diverse
dovrebbero
essere
state
le
serate
(
ed
anche
qualche
giornata
)
sulla
costa
di
fronte
(
riviera
Maya
)
visto
che
notai
spesso
in
lontananza
lampare
e
addirittura
una
soleggiatissima
mattina
in
direzione
di
Tulum
avvistai
la
sagoma conica ben definita di una tromba d’aria.
Un
giorno
la
calma
dell’hotel
si
spezzò…all’improvviso
una
mattina
nei
corridoi
trovai
dei
strani
personaggi
in
gran
quantità
circolare
con
fare
sospetto.
Dall’aspetto
parevano
usciti
da
un
X-Files
(
in
pratica
se
avessero
avuto
tatuata
sulla
fronte
la
scritta
“sono
un
poliziotto”
sarebbero
stati
sicuramente
più
in
incognito…occhiali
scuri…sguardo
di
pietra
senza
il
solito
sorriso
inebetito
dei
vacanzieri
e
poi
non
rispondevano
ai
miei
“olà”
)
chi
di
corsa,
chi
fermo
impettito
dietro
una
colonna
o
un
ombrellone.
Un’unità
della
marina
messicana
armata
con
cannoni
attraccò
nel
piccolo
molo
dell’hotel
(
a
rischio
di
disturbare
il
relax
dei
tizi
al
bar
!
)
…e
così
per
tutta
la
giornata
…pensai
a
qualche
grande
retata
di
una
banda
di
narcotrafficanti…ed
invece
la
sera
il
mistero
si
dipanò…il
venerato
(
ma
anche
discusso
)
presidente
della
repubblica
messicano
Fox
aveva
scelto
il
nostro
hotel
per
un
meeting
ed
un
pernottamento !!!
Il giorno seguente il luogo risprofondò nel suo dolce torpore.
Nel
frattempo
si
rintasò
il
bagno
e
deciso
a
non
chiamare
nessuno
per
la
vergogna
costruii
una
efficiente
ventosa
stura-lavandini
con
una
bottiglia
di
plastica di acqua purificata ed in poco tempo sistemai positivamente la faccenda 😛
Che
dire
?
un
bel
viaggio
riuscito
meglio
di
quanto
pensassi
!
Il
20
Agosto
(
avrei
voluto
fare
tre
settimane
ma
non
c’erano
voli
disponibili
)
a
mezzogiorno
iniziò
il
viaggio
di
ritorno:
taxi,
sala
d’aspetto,
perquisizione
doppia
dei
bagagli
a
mano
e
da
spedire
a
Cozumel,
orario
volo
locale
posticipato,
micro
aereo
semivuoto
con
ubriaco
a
bordo,
sala
d’aspetto,
tassa
per
l’uscita
dal
paese
(
20
dollari
Usa
o
200
pesos
a
testa
!
),
check-in,
forte
ritardo
aereo,
volo
internazionale
(
Maeva
è
stata
bravissima
dormendo
quasi
tutto
il
tempo
nella
culletta
o
giocando
),
ritardo
nella
consegna
dei
bagagli,
auto
genitori
fino
ad un punto, auto nostra fino a casa ( un giorno intero ).
UNA CURIOSITA’ :
“Yucatan” (che è il nome sia di uno Stato Messicano che della penisola comprendente più Stati) deriva da un equivoco:
quando i primi coloni europei chiesero il nome di “quella” terra gli indigeni risposero “Yucatan” che in lingua locale voleva dire “che cosa stai dicendo ?”
SI RINGRAZIA:
Il
clima
eccezionalmente
bello
che
ci
ha
donato
15
giorni
di
sole
pieno
(mai
visto
una
nuvola
nera)
privi
di
vento
ad
eccezione
di
un
breve
temporale
dopo
pranzo, durante una nostra “siesta”, ed un paio di acquazzoni notturni; un mese più tardi, invece, l’uragano Isidoro creò diversi danni nello Yucatan.
Il popolo Messicano per essere stato sempre gentile, cordiale, educato, disponibile, paziente, accomodante e simpatico !
…e che dire della cucina ? Ricette in Italiano
Aggiornamento 2006: a causa di vari incidenti accaduti ai turisti non è più possibile salire sulla grande Piramide di Chichén Itzá.