APPUNTI
DI VIAGGIO NELLA PENISOLA DELLO YUCATAN
(Yucatan e
Quintana Roo) – Agosto 2002

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PROLOGO:
Questo viaggio
ha rappresentato molto per noi: la fiducia nelle proprie capacità
e un buon augurio per un futuro aperto a nuovi orizzonti ( spillonature
permettendo ); infatti si è trattato del “primo” viaggio,
anzi direi avventura, a tre…io, mia moglie e mia figlia Maeva di soli
14 mesi ! …un viaggio per nulla statico affrontato teoricamente nella
stagione inadatta del caldo e delle piogge ( ma che in realtà si
è rivelata migliore dell’Agosto Italiano caratterizzato quest’anno
da piogge abbondanti quasi tutti i giorni ! ) che ci ha permesso di vedere
quasi tutto ciò che c’eravamo prefissi in tutta tranquillità
e sicurezza.
Non nascondo
a posteriori le mille paure, dubbi che ci hanno attanagliato prima di partire
con una bimba piccola tanto che in alcuni giorni avrei quasi voluto rinunciare,
ma parlando con chi (Bnx) aveva
fatto prima di me queste esperienze avevo capito che si trattava di pensieri
negativi “fisiologici” che sarebbero spariti immediatamente dopo il primo
check-in…ed era vero !!! …la buona sorte ha fatto il resto π
E’ innegabile
che si tratta di un viaggio diverso ( ma non troppo ) rispetto quando si
viaggia in coppia o con amici… ma se si è disposti a faticare
un poco di più, avere maggiore pazienza e self-control si è
ricompensati dalla gioia di osservare le emozioni e le esultanze che anche
un bimbo piccolo può avere di fronte alle cose “nuove” incontrate
in un viaggio, come una spiaggia, un animale, un sapore, un costume, una
musica o una persona…
I CHILI DA
AGGIUNGERE:
Quando si
viaggia con una creatura al seguito non vi potete immaginare quale sia
l’aumento di peso di valige e zaini, un pò per reale necessità
…un pò per eccesso di zelo ( leggasi “tranquillità” nel
caso di un paese mai visitato prima ).
Oltre all’
armamentario
solito vanno aggiunte alcune “cosette” come pannolini ( almeno la dose
per i primi 4-5 giorni nel caso in cui non si abbia subito la possibilità
di trovare un supermercato o si debba fronteggiare una diarrea-emergenza,
totale: vari kg ), una scorta ( per mezzo viaggio ) di omogeneizzati carne,
verdura e frutta ( 6 assortiti pesano quasi 1 kg…io ne avevo per una
settimana: 27 ! ), un paio di pacchetti di salviettine umidificate ( più
di un kg ), creme, borotalco, mezzo kg di pastina, zucchero, biscottini,
latte in polvere ( che poi fu sostituito subito con yogurt locale ), varie
pappe liofilizzate, vitamine, ecc.
…ed ancora:
un passeggino corredato di tettuccio ( 5Kg ) più copertura antipioggia,
un pentolino per cucinare la pappa con posate ( e non mi ero portato per
motivi di tensione 110V il fornello elettrico ! ), uno zaino intero di
medicine ( oltre le nostre ) specifiche per infante, una bambolina, una
ciambella salvagente, vari biberon e ciucci, un portabiberon termico (
che insieme alla nostra borraccia fungeva da riserva di acqua fresca sotto
il sole dei siti Maya ), un portapappa, un piattino ed altro…la lista
è infinita: si diventa dei veri sherpa se si pensa che a tutto ciò
va aggiunto il peso in braccio o al “traino” di una bimba di più
di 9 chili guizzante e scivolosa come un’anguilla π …aggiungo che Maeva
si trova in quella delicata fase che vuole camminare da sola ma poi dopo
due passi cade rovinosamente !
Avrei potuto
comperare molte delle riserve “cibarie” subito in loco ma non ero sicuro
di trovare i prodotti giusti ( nonostante Maeva fosse abituata ai sapori
nuovi ) e non ero nemmeno sicuro di trovare tutto subito…ma per la seconda
settimana abbiamo utilizzato
cibi,
pannolini ed accessori vari acquistati nei supermercati locali !
Cosa togliere
per alleggerire il carico rispetto gli altri anni ? Nulla o quasi nulla
! Eravamo abituati a viaggiare con pochissimo vestiario ed anche quest’anno
abbiamo fatto ( tutti e tre ) lo stesso: due magliette o camicie, due mutande,
un paio di ciabatte notte-mare, un paio di calzoncini a testa, i tre k-way
e nulla più… tutti capi da lavare mano mano durante il viaggio.
Le uniche cose su cui ho potuto risparmiare peso sono state la macchinetta
fotografica di scorta, il treppiedi e le pinne di Maria: giacchè
non potevamo certo fare snorkeling insieme ( ma a turno ) abbiamo portato
le mie numero 44 calzate da mia moglie con “riduttore” ( calzini
da muta ) a 40 !
Comunque (
zaini-piombo come bagaglio a mano e passeggino a parte ) siamo riusciti
a partire con “soli” 39 Kg di bagaglio da spedire ! π
Correva l’Agosto
del 2002 quando arrivammo all’aeroporto di Fiumicino dove avevamo appuntamento
con un incaricato dell’Hotelplan ( il t.o. con il quale avevamo prenotato
la parte fly & drive ) per prendere i biglietti del charter dell’Air
Europe per Cancun.
L’appuntamento
era per circa 2 ore prima dell’orario d’imbarco. Purtroppo i noti disservizi
del mese di Agosto ci colpirono ed alle ore di attesa “standard” si aggiunsero
altre 4 ore extra a causa di un blocco dei nastri trasportatori dei bagagli
dell’intero aeroporto…vi potete immaginare con valige e bimba affamata
al seguito…ma per fortuna eravamo attrezzati con termos di pastina e
brodo già cotti per Maeva e biscotti salati per noi…nonchè
tanta acqua fresca !
Una dritta
per i neogenitori che pochi sanno: chi viaggia con bimbi piccoli a seguito
può risparmiare l’estenuante fila al check-in “economy” e andare
direttamente al bancone della classe superiore ( in questo caso la “confort”
ma può essere anche la business ) per farsi assegnare i posti più
adatti al tragitto cioè quelli avanti, in corrispondenza degli schermi
tv ( meglio se laterali per evitare di avere un vicino di poltrona ) dove
c’è più spazio e c’è la possibilità di agganciare
alla parete una culletta ( adatta a bimbi fino a 12 Kg ).
Una volta
fatto il check-in ci dirigemmo verso il gate di partenza. Una considerazione:
i controlli sui bagagli a mano furono rigorosi ( ma lo erano anche prima
dell’11 settembre 2001, ricordo quando nel 1999 ci sequestrarono un coltellino
da frutta ): vietatissimo portare temperini, limette, forbicine, ferri
da maglia e similia…tutto giusto: ma perchè poi in aereo all’andata
ci hanno servito il pranzo con posate ( compreso coltello ) di metallo
?…misteri per me incomprensibili !
Ma torniamo
al viaggio: nel momento dell’imbarco gli addetti ci fecero passare per
primi ed arrivati alla porta dell’aeromobile
consegnammo
il passeggino che ben etichettato fu messo nella stiva e riconsegnato a
destinazione sul rullo dei bagagli insieme alle valige.
Il viaggio
di andata ( non sarà così per fortuna al ritorno ) fu un
pò movimentato in quanto Maeva non abituata a stare “ferma” per
11 ore e mezza fece un pò di casino con urla e capricci vari ma
per fortuna l’equipaggio e soprattutto i viaggiatori furono molto pazienti
( ma anche noi ! ) …ovviamente non dormimmo mai, nè vedemmo films
!!!
Una raccomandazione
a chi viaggia con i bimbi: fategli succhiare il ciuccio ed offrite acqua
dal biberon in fase di decollo/atterraggio per permettere la compensazione
( lo sturo delle orecchie ) ed evitare doloretti da cambio pressione (
fate conto che l’aereo è leggermente depressurizzato rispetto il
livello del mare ed equivale ad essere a circa 1.500 metri o più
di altezza ).
Arrivammo
a notte inoltrata a Cancun dove incominciamo ad assaporare un pò
dell’umidità che ci accompagnerà nella prima metà
del viaggio. Per fortuna avevamo prenotato la prima notte direttamente
a Cancun così grazie ad un moderno e comodo pulmino collettivo (
molto usato in Messico…si paga un biglietto a tariffa fissa direttamente
in aeroporto ) raggiungemmo l’hotel per riposare.
L’impressione
che avemmo di Cancun by night fu sconcertante; Cancun si divideva in due
parti, la parte cittadina all’interno e la parte “hoteliera”sul mare: una
succursale in piccolo di Las Vegas, un pezzo di Usa trapiantato in Messico
con tanto di grattacieli, ristoranti, discoteche, luci, folla…il tutto
condito da musica disco assordante: pazzesco !
Arrivati in
hotel ( un hotel lussuoso: il Presidente, per fortuna pagato a prezzi ribassati
rispetto la norma sia per la bassa stagione che per la convenzione con
il t.o. ) il primo disguido ( a nostro favore ): ci diedero per sbaglio
le chiavi della suite e siccome era mezzo vuoto una volta scoperto lo scambio
decisero di lasciarcela utilizzare senza sovrapprezzo…un vero schianto
soprattutto per la curiosissima Maeva che esplorò subito i vari
ambienti eccitatissima…penso che se non fosse stato per l’errore non
avrei mai dormito in una stanza del genere!
Il giorno
dopo con un taxi raggiungiamo l’Hotel Camino Real dove c’era una sede della
Hertz dove ritirammo l’auto: una vecchia Nissan Tsuru che anche se un pò
“datata” aveva il pregio di avere l’aria condizionata con formula “fully
inclusive” cioè con tutte le assicurazioni necessarie ed accessorie
( attenzione quando affittate un’automobile all’estero: se non si hanno
tutte le assicurazioni un piccolo risparmio può trasformarsi in
caso di incidente in una piccola tragedia ) più chilometraggio illimitato.
Secondo disguido: dall’Italia avevamo fatto la prenotazione comprensiva
di un seggiolino-bimbo ed avevamo pure telefonato direttamente in Messico
per conferma…invece della segnalazione non c’era nemmeno traccia ed il
seggiolino non era quindi disponibile. Ci recammo quindi in aeroporto (
per niente vicino ! ) dove nella sede principale della Hertz ci fornirono
un decrepito e “sabbioso” seggiolino per un costo aggiuntivo di 5 US$ al
giorno ( un ulteriore disguido alla fine della vacanza ci indennizzerà
dell’ora persa alla ricerca dell’oggetto: in pratica non ce lo addebitarono
! )
La prima tappa
obbligatoria fu un ipermercato per integrare le cibarie nostre e di Maeva,
per comprare i pannolini e per fare scorta di acqua purificata ( nello
Yucatan la mancanza di sorgenti minerali fa si che esistano solo acque
potabili ricavate da acqua sotterranea filtrata ed elettricamente depurata
)…comprammo delle bottiglie di plastica sigillate da 3,7 litri l’una
! Trovai un ipermercato molto grande ( anche se deserto ) e molto
più fornito di quelli italiani vicino Plaza America. Molto comodo
il parcheggio interno dove ( essendo deserto ) la guardia giurata si piazzò
davanti l’auto aspettando il nostro ritorno per aiutarci a sistemare le
buste della spesa…ovviamente per ottenere la “propina”. “Propina”, la
parola che bisogna subito imparare…ovvero la mancia…mancia che non
è intesa come in Italia come un accessorio bensì come un
vero e proprio obbligo. Ogni pranzo, cena o servizio è sempre seguito
da un aggravio di tasse ed un’ aggiunta di una propina del 15 %…addirittura
in alcuni ristoranti il conto ( quenta ) viene servito stampato con il
pc direttamente con la mancia già calcolata alla frazione di pesos,
da altre parti invece bisogna riempire l’apposito spazio “propina” a mano
!…non dare una propina adeguata equivale a non pagare un conto per intero
! π quindi assimilate bene questa usanza e fate scorta di monete da 10
e 20 pesos ( nell’ Agosto del 2002 un nuevo pesos messicano valeva circa
10 cent di euro ) per i vari facchini, posteggiatori, lavavetri ( esistono
anche qui ), pseudo-guide, personale delle pulizie, menestrelli, ecc.
Per quanto
riguarda il cambio dei pesos nessun problema e a parte le banche e gli
uffici di cambio ufficiali è possibile ottenere valuta locale da
alberghi, pensioni e qualche negozio ( oppure talvolta spendere direttamente
con la valuta estera ) a patto che si abbiano: dollari Usa, dollari Canadesi
o euro.
Dopo l’abbondante
spesa ci dirigemmo verso la periferia della città per iniziare il
viaggio verso Valladolid. Una stranezza: non riuscimmo a trovare una cartina
stradale ( nemmeno a pagamento nelle sedi Hertz ), quindi una misera mappa
grande quanto un fazzoletto stampata da internet fu la nostra bibbia. A
dire il vero avevo in valigia ( per le emergenze ) una cartina della penisola
dello Yucatan grande quanto un letto a due piazze ricavata da una serie
di mie elaborazioni grafiche di resizing e stampate a pezzi unite poi con
nastro adesivo partendo dalle mappe scaricate da http://www.maps-of-mexico.com/
ma la pigrizia nel cercarla, la facilità della rete stradale e la
gentilezza dei messicani fece si che non mi servisse.
Lo penisola
dello Yucatan ( per lo meno gli stati da me toccati ovvero lo Yucatan ed
il Quintana Roo ) è un enorme tavola di calcare senza rilievi (
fanno eccezione i dintorni collinosi di Uxmal ), senza fiumi o laghi di
superficie ( sono invece frequenti i fenomeni carsici ) coperta da una
fitta foresta tropicale secca o spinosa…di conseguenza le strade principali
non possono che essere dritte linee prive quasi totalmente di curve o pendenze
e quindi molto facili da capire anche quando le indicazioni sono scarse.
Esistono principalmente due tipi di strade, quelle libere ( Libre ) e quelle
a pagamento ( Quota ) simili alle nostre autostrade ( due corsie per senso
di marcia con i sensi ben separati anche otticamente ) ma prive di stazioni
di servizio, colonnine di sos, aree ristoro o parcheggio e molto costose.
Il rifornimento
di benzina ( la statale ed economicissima Pemex ) è dappertutto
molto scarso ( non c’è la concentrazione di benzinai europei ) quindi
consiglio sempre arrivati a metà serbatoio di fare il pieno alla
prima stazione di servizio disponibile ( spesso molte decine di Km e comunque
fuori dall’autostrada ).
Le strade
“libere” non sono male ( grazie alla conformazione del territorio ) anche
se ovviamente sono più strette e qualche volta hanno qualche buca
( a questo proposito attenzione al tratto Cobà-Tulum )…io ho utilizzato
sia i percorsi liberi che quelli a pagamento e devo dire che l’unico vero
vantaggio delle autostrade è quello di usufruire del limite di 110Km/h
anzichè 80 Km/h ( tranne eccezioni: per esempio la strada Tulum-Cancun
pur non essendo a pagamento ha moltissimi tratti con limiti a 110 Km/h
). Nelle strade “Libre” bisogna inoltre prestare attenzione alle “topes”
ovvero ai dossi artificiali ( ce ne sono di tutte le qualità spesso
a gruppi di tre ) che in prossimità dei centri abitati ( ma anche
dentro o molto fuori ) obbligano quasi a fermarsi per evitare di spaccare
coppe dell’olio e marmitte in luoghi dove spesso sarebbe difficile trovare
un concreto aiuto. I dossi sono sempre segnalati ma non sono evidenti (
cartelli rovinati o coperti da vegetazione ) quindi può capitare
di frenare all’ultimo momento…nei centri abitati ( nella quasi totalità
dei casi una manciata di case in muratura o legno con i tetti di paglia
costruiti ancora come ai tempi dei Maya ) è più facile identificare
i punti precisi delle “topes” in quanto le uniche anime vive che si vedono
in giro si trovano in corrispondenza dei rallentamenti nella speranza di
vendere qualche succo di frutta “fatto in casa” o qualche altra povera
mercanzia come aglio, cipolle, arachidi…
Una raccomandazione
è quella agire correttamente in prossimità dei posti di blocco
( se visibili in tempo, s’intende ! ) oppure se seguiti da macchine della
Polizia sia locale che federale. Sono facilmente riconoscibili : si tratta
di automobili sul modello di quelle dei film Usa degli anni 70…grosse
automobili con grossi luci colorate, mega-sirene e vetri oscurati ( quelle
federali nere con le portiere e tetto bianco con un grande numero sulla
fiancata ) tutte corredate di mega-rostro da sfondamento davanti. Io non
ho mai avuto problemi ( erano sempre occupati a controllare delle auto
fermate da poco ) ma pare che sia stato una eccezione dal momento che ogni
volta che ho raccontato a qualche locale ( taxista, donna delle pulizie,
commerciante ) che avevo percorso 1000 Km in meno di 5 giorni la prima
domanda che mi facevano era: “hai avuto problemi con la Polizia ? ” In
effetti si dice che sia molto corrotta e che cerchi di sfilare una tangente
( la “morbida” ) al malcapitato che viene fermato ( non sempre per infrazione
) …un taxista mi raccontava che poteva essere anche un’usanza comoda:
per esempio, se uno veniva beccato per eccesso di velocità ( circa
40 euro di multa ) e si sentiva battere una mano sulla spalla con il sorriso
e la parola “amigo !” voleva dire che una manciata di pesos poteva far
chiudere un occhio ai tutori della legge ( io risposi che se lo fai in
Italia ti mettono subito le manette, almeno penso…) …in ogni caso è
vivamente consigliato non discutere e mai protestare sulla decisione (
qualsiasi sia ) dell’agente di Polizia, questi ultimi se non assecondati
sanno bene come far perdere tempo, magari una giornata intera, al turista
“disfando” l’itinerario prefisso !!!
Un’altra
caratteristica di tutte le strade Yucateche non costiere ( soprattutto
i tratti autostradali in questa stagione ) è di essere completamente
deserte ! Non oso pensare in caso di guasto come avrei potuto fare… !
Viaggiai per
ore incontrando solo: un cane, un vecchietto con il classico ed usatissimo
triciclo mentre portava sotto il sole un ciocco di legno, un grosso corvo
che mangiava i resti di un armadillo investito, un serpente ed un bambino
che attraversava ( l’autostrada ! ). Dappertutto nuvole continue di farfalle
multicolori ( alcune veramente grandi ) si attaccavano alle spazzole del
tergicristallo.
Qualche segno
di vita si vedeva solo in prossimità delle località più
note, principalmente i moderni ( ma anche qualche volta scalcinati ) pulman
di linea (il mezzo di spostamento più usato), vecchi furgoncini
americani “rostrati” pieni di bambini o
braccianti,
decrepiti mostri di camion “rostrati” colmi di pietre dalla vernice ( e
targa ) sconosciuta, biciclette arrugginite, qualche vecchia Wolksvagen
(maggiolone o Golf ) o ancora qualche vecchia auto statunitense completamente
“machizzata” da spoiler, alettoni, fari e controfari aggiunti, “rostro”,
vetri color ossidiana, ruote ingigantite, borchie cromate lucenti
e due o tre antenne modello “super canna da pesca” π …noi con la nostra
Nissan ( succhia benzina: ogni 200 Km finivo mezzo serbatoio non superando
mai i 120 Km/h, meno male che costava meno dell’acqua potabile ! ) “sobria”
senza “optional” dovevamo proprio ispirare tristezza !!! :-))))
Molto pittoreschi
erano invece i numerosi cartelli di monito ( enormemente più abbondanti
di quelli sulle segnalazioni delle località ) del tipo “guida prudente,
pensa alla vita”, “se ti chiedono strada falli passare”, “se superi i limiti
puoi morire”, “non danneggiare i cartelli stradali” ( questa era la segnalazione
più gettonata ) oppure misti disegno-scritta come quelli dove era
raffigurata una cintura di sicurezza ( “cinturone” in spagnolo ) con la
scritta inferiore: “usela ! ” ( a dire la verità più
che in spagnolo pareva una scritta in romanesco ! π
Torniamo al
nostro percorso. Poichè avevamo perso molto tempo a Cancun per la
spesa e la ricerca del seggiolino decidemmo di prendere l’autostrada (
la Quota 180D, la 180 semplice invece era la statale libera che correva
parallela ) per un importo di 155 pesos tasse comprese per circa
160 Km percorsi !!! Al casello oltre alle ricevuta ci diedero un ciclostile
pieno di slogan che consigliavano di guidare piano, non superare i limiti,
essere prudenti…una vera ossessione dal momento che i pochi automobilisti
locali incontrati in tutte le strade Yucateche ( sia urbane che extraurbane
) mi erano sembrati prudenti e molto corretti alla guida ( escludendo il
suono del clacson allo scattare del semaforo, usanza comune anche nelle
nostre città ma che in Messico non era da prendere come un insulto
bensì come un semplice avvertimento di semaforo verde, quasi una
cortesia ) …molto meno corretti e più spericolati mi sembrarono
alcuni turisti lungo la costa con grandi Jeep decappottabili affittate
!
Un’ultima
nota per orientarsi nelle città in auto o a piedi: i centri abitati
nei quali sono transitato avevano tutti una semplicissima struttura a “rete”
formata da vie ( Calle ) numerate con numerazione para in un senso e dispari
nell’altro, quindi per sapere dove
si trovava
un incrocio bastava conoscere il numero corrispettivo pari e dispari. A
questa regola si sottraeva solo la Plaza ( Piazza ) e l’ Avenida ( Corso
) in genere dedicati a qualche personaggio e comunque non numerici.
Da tenere
conto che la maggior parte delle Calle erano strette quindi i sensi unici
furono la norma ! Valladolid:
tristemente famosa per vari episodi sanguinosi di ribellioni dei Maya e
dei meticci nei confronti del governo spagnolo era una delle città
( anzi dovrei dire paesino ) che manteneva meglio l’estetica coloniale
ed il sapore di altri tempi. Le case, le chiese, i colori, il mercatino
erano sicuramente uscite da una macchina del tempo che portava indietro
il calendario di qualche secolo. Gli abitanti erano tutti tipicamente
di aspetto Maya : bassi, tarchiati con i volti bruciati dal sole e dalla
fatica …le donne con i capelli nerissimi a mono-treccia ed il caratteristico
vestito bianco orlato di colore nella parte superiore sempre cariche di
spesa o di legna.
All’entrata
della cittadina ( come per le altre ) il curioso cartello ( pieno di correzioni
) che indicava il “numero di abitanti”.
La nostra
pensione ( El Mesón
del Marqués ) era proprio posizionata nella “Plaza Principale”,
un ridente piccolo spazio verde con al centro una statua ed ai bordi un
coloratissimo mercatino di oggetti di artigianato…negli altri lati della
piazza: un negozio di manufatti locali, l’ufficio postale , la Cattedrale
di S.Gervasio ( chiusa ), non lontano la Chiesa di S.Bernardino ( chiusa
).
Subito entrammo
per posare i bagagli, l’hotel modesto ma veramente caratteristico era ricavato
in una antica costruzione coloniale con stanze arredate con mobili antichi
e spartani: vecchie cassapanche, porte morsicate e scrostate dal tempo
con grosse e pesanti chiavi arrugginite, spalliere del letto in ferro battuto
con crocefissi, nessuna amenità moderna come asciugacapelli ( ma
io avevo il mio da viaggio a 110V con adattatore lamellare tipo USA ) o
lampade al neon. Al centro del palazzotto un piccolo giardino interno con
fontana ed i tavolacci per mangiare laterali protetti dall’intemperie da
un patio con colonnato infondevano sapori d’altri tempi.
A dire il
vero la mia stanza ricavata in un sottoscala non era delle migliori dell’hotel
( lavandino non funzionante, un pò di sporcizia, zanzare e bacarozzi
in quantità ) ma era perfettamente “in tinta” con l’atmosfera coloniale
arcaica.
Attrezzatissimo,
con bomboletta di insetticida per gli ospiti terrestri e Raid portatile
a batteria per quelli volanti ( utilissimo: una ricarica+una batteria-torcia
durano tenendoli accesi ininterrottamente più di un mese…già
sperimentato a Tonga con successo
), creai una zona off-limit…risultato: neanche una puntura, neanche un
fastidio !
Avendo a disposizione
un pò di tempo ci dirigemmo prima verso il Cenote cittadino
di Zaci poi verso quelli ( più belli a 5 Km da Valladolid ) di Dzitnup
( cenotes X’keken e Samula ). Per chi non lo sapesse i Cenotes ( ce ne
sono migliaia nello Yucatan ) sono l’unica riserva di acqua dolce che da
sempre hanno avuto gli abitanti di queste zone. Si tratta di grotte scavate
dai fenomeni carsici tipici di questa penisola calcarea che con l’erosione
delle piogge hanno perso la volta creando una sorta di pozzo in molti casi
visitabile, alcuni erano sacri ai Maya e talvolta oggetto di riti magici
e religiosi ( come quello di Chichen-Itza ).
Entrambi i
cenotes erano molto suggestivi con stalattiti e stalagmiti ( ovviamente
anche qui i siti erano semideserti…solo una baracchetta per fare i biglietti:
14 e 10 pesos e qualche bambino locale in cerca di frescura, di un bagno
o di un “buon affare”) In particolare nel cenote Samula una gigantesca
radice di un albero pendeva dalla volta sino al fondo del pozzo creando
insieme ai detriti caduti dall’alto una specie di isolotto dove i locali
si riposavano tra una nuotata e l’altra. Io con un eccesso di prudenza
evitai di fare il bagno nelle acque dolci dei cenotes per non contrarre
( eventualità remotissima ) la Schistosomiasi, una malattia piuttosto
grave causata dalla larva di una piccola chiocciola. Il Cenote Samula (
aperto relativamente da poco ) fu quello dall’accesso più
difficile: un buco nel terreno con un abbozzo di scale ripidissime, spesso
ridotte a macerie a picco sul pozzo, ovviamente scivolosissime ( una corda
traballante laterale, pure scivolosa, forniva un minimo di appiglio ) …vi
potete immaginare la difficoltà di scendere con lo zaino “piombato”
sulle spalle e Maeva sul braccio destro…una vera impresa ( il fatto fu
che all’inizio mi sembrava che gli scalini ci fossero tutti, ma poi mano
mano che andavo giù….) … lo sforzo mi causò un dolore
sul muscolo della coscia per parecchi giorni π
Appena arrivai
nei pressi del Cenote un gruppo di bambini mi rincorse lungo la strada
polverosa sino ad un grande albero che fungeva da parcheggio all’ombra.
Il primo bimbo, Josè, con una parlantina da uomo di affari mi propose
di accompagnarmi e di farmi vedere dei bei tuffi ( la mia piccola Maeva
notò indicando e borbottando che non aveva le scarpe…zapatos
! ) per un offerta monetaria a piacere, un secondo si offrì come
guardiamacchine, il terzo, una bimba, mi porse una cartolina logora per
10 pesos intrattabili ( Maeva misteriosamente volle spontaneamente andarci
in braccio ) …proprio una bella “associazione a delinquere” !!! Scherzo
ovviamente, anzi devo dire che i venditori ambulanti e i vari “accompagnatori”
non furono mai petulanti o insistenti …spesso si limitarono ad un cenno
o ad una semplice frase “señor !” e bastò un unico
“no, graçias” per interrompere subito la loro offerta !
Finiti di
vedere i tuffi di Josè ( tuffi di una decina di metri dal punto
accedibile più in alto sino all’acqua sottostante ) tornammo alla
nostra auto ( che nel frattempo nonostante parzialmente in ombra si era
arroventata e all’apertura puzzava tremendamente di cucinato…boh ? ),
pagammo i nostri “amici” e tornammo verso l’albergo. Uscimmo per un giro
nel mercatino di fronte e poi via a nanna senza cena ( troppo stanchi…solo
Maeva buttò giù un paio di omogeneizzati ! ) La notte si
scatenò il putiferio: un temporale con tuoni ( ed immagino lampi:
dalla camera-sottoscala non si vedevano ) mozzafiato…il giorno dopo le
strade di Valladolid erano completamente allagate con pozze d’acqua abbastanza
profonde. Facemmo colazione nel nostro hotel nada-inclusive: nel
senso che pur avendo pagato due colazioni “americane” a base di bacon e
uova ( con propina ) dovetti ripagare a parte un bicchiere di succo d’arancia,
e partimmo alla volta del sito archeologico di Chichen-Itza a circa 35
Km ( più di un’oretta a causa delle strade allagate ) da Valladolid.
L’umidità mattutina era pazzesca, mai provata una simile afa in
nessuno dei miei viaggi tropicali e questo nonostante la temperatura non
fosse alta e nonostante durante la notte il temporale non avesse toccato
la vicina città Maya. A questo proposito vorrei aprire una parentesi:
il consiglio generale è sempre quello classico di arrivare ai siti
Maya la mattina presto per evitare la calca dei turisti che intorno
alle 11.00 arrivano con i pulman dalle distanti città costiere come
Cancun o Playa del Carmen e per evitare delle chilometriche code sotto
al sole all’entrata
…ma
per quanto riguarda il clima: la mattina presto ( almeno quando c’ero io
) era peggio ! …pensate che ad ogni scatto fotografico dovevo asciugare
l’obbiettivo con un fazzoletto perchè si appannava subito !
Infatti la
sensazione era che mano mano che passavano le ore l’umidità diminuisse
…probabilmente il sole pieno “asciugava il vapore acqueo nell’aria” ed
infatti a posteriori, consultando in Italia un sito internet sullo
storico di quei giorni ho scoperto che si passava da un 100 % di umidità
( al limite della formazione della foschia ) e circa 23 gradi della prima
mattinata al 40-50 % e pochi gradi in più dell’ora di pranzo.
Noi comunque
all’apertura ( 8.00 ) eravamo pronti ad entrare in una Chichen Itza semideserta.
Il prezzo di entrata era di 70 $ ( attenzione in tutto il paese la $ con
una barra vuol dire Pesos Messicano, con due barre Dollaro USA ), mentre
quello del parcheggio era di 10 pesos.
Il sito era
ben curato e disponeva di un piccolo museo libero, bar-ristorante ( caro
), cambio, servizi, ecc. Il biglietto non includeva nè guide cartacee
nè cartine…solo un braccialetto ( modello All Inclusive π di
carta adesiva da mettere al braccio. All’entrata erano disponibili molte
guide in varie lingue tra cui l’Italiano. Come primo sito importante decidemmo
di prenderne una e di lasciare nello zaino la guida Edt ( gentilmente prestata
da Bnx ), l’importo non era trattabile: 480 pesos per due ore, provai ad
offrirne 400 e lui prontamente accettò ma a patto di ridurre la
sua collaborazione ad un’ora e mezza..a me stava bene, si trattava solo
di correre un pò di più con lui per poi tornare sui nostri
passi autonomamente per osservare e fotografare meglio il sito. Sinceramente
non disse molto più di quello che già sapevo da neanche tanto
approfondite letture che avevo fatto prima di partire per cui decisi nel
futuro di risparmiare negli altri siti i soldi della guida.
Non vi sto
a descrivere il luogo, nè la storia perchè vedendo le foto
e leggendovi una qualsiasi guida potete documentarvi da soli; segnalo solo
due particolarità logistiche: da qualche mese è chiusa (
per sempre ) la scalinata che parte dal “Gruppo delle Mille Colonne ” (
quindi non è più possibile vedere la statua del dio Chac-Mool
), mentre la piramide interna al “El Castillo” ( dove c’è la stanza
del giaguaro rosso ) è aperta dalle 11 alle 13.00 ed un’oretta il
pomeriggio dopo le 16.00.
Qui i genitori-viaggiatori
( ma anche la prole ) si rivelarono all’altezza della situazione riuscendo
a condurre come se nulla fosse un passeggino ( cariola ) tra le ( facili
) rovine di Chichen-Itza mentre i rivoli di sudore inondavano per intero
i loro corpi. Finita l’escursione tornammo al parcheggio stanchi ma soddisfatti,
osservammo esterrefatti l’infinita coda di turisti che si snodava dal profondo
del parcheggio pulman sino alla biglietteria ( almeno un’ora di attesa
secondo me ), sfamammo Maeva, aprimmo l’auto per farla sfiammare ( una
zaffata di papas fritte uscii misteriosamente dalla nostra Nissan…boh
? ), ci versammo tutti e tre un pò d’acqua in testa e dopo una mezz’oretta
di “ristori vari” riprendemmo il viaggio in direzione di Mèrida,
la capitale dello Yucatan.
Per trovare
le strade in tutto il viaggio più che sulla micromappa ci facemmo
aiutare “al volo” dai messicani che furono sempre chiari, gentili e disponibili
a darci una mano…ovviamente mi imparai gradatamente un pò di spagnolo
( “maccheronico” condito da “gesticolese” ) dal momento che l’inglese (
soprattutto all’interno ) era parlato scarsamente ( compresi dagli “addetti
ai lavori” degli alberghi con qualche stella in più ).
Durante i
120 Km di strada ( Libre ) che separavano Chichen-Itza a Mèrida
ebbi la sensazione di essermi perso tanta era la mancanza di indicazioni
( per essere una capitale di stato ) e tanto erano deserte le strade ma
in realtà sbagliare itinerario era quasi impossibile perchè
di alternative ce n’erano ben poche. Notai che spesso nello Yucatan una
volta imboccata una strada ( dopo letto il cartello della meta desiderata
) non c’era più nulla per molte decine di Km fino quasi alla destinazione
( talvolta incroci compresi ! ).
Dopo più
di un paio d’ore ( le medie di percorrenza erano molto basse sulle Libre
nonostante il poco traffico a causa dei vecchi residuati punici di camion
che occasionalmente si incontravano sui tratti di strada stretti ) arrivammo
alle porte di Mèrida, la città famosa ai turisti per la costruzione
e la vendita delle migliori amache del mondo.
Anche questo
centro abitato era basato sul sistema delle “Calle” numerate…ma poichè
dovevo raggiungere una delle rare “Avenida” ( Avenida Colon ) fu praticamente
come trovare un ago nel pagliaio ed i sensi unici diedero il colpo di grazia.
Grazie a questa piccola difficoltà ebbi però l’opportunità
concreta di fare un bel giro della città. Il centro, oltre alle
coloniali piazze e chiese, era un brulicare di attività, negozi,
venditori, colmo di gente frenetica fino all’inverosimile ( alla faccia
della rinomata “lentezza” messicana…) , con le strade strette completamente
intasate dal traffico ( nonostante ad ogni incrocio ci fosse un vigile
urbano ) ed i grandi vecchi camion in sosta che scaricavano mercanzie di
ogni genere…Roma alle ore di punta al confronto era una tranquilla cittadina
di provincia ! π
Intorno invece
al ( non tanto grande ) centro si estendeva una enorme periferia tutta
uguale e semideserta formata da quartieri dall’estetica urbanistica molto
degradata, poco più di baracche e casette umili di un solo piano.
Se mi fossi trovato in un simile quartiere in Europa ne sarei uscito sicuramente
di fretta perchè mi avrebbe ispirato poca sicurezza, forse paura…invece
( non mi so spiegare il perchè ) mi sentivo tranquillo ed in effetti
non c’era nulla di cui preoccuparsi…anzi…devo dire che le rare persone
incontrate in questi quartieri alle quali chiesi informazioni furono le
più disponibili: per esempio ho il ricordo di un uomo ( un perfetto
stereotipo Messicano: barba incolta, occhiali scuri, pancione, camicia
sudatissima fuori dai jeans, cappello da cowboy…. π che fermai ad un
incrocio chiedendo un’info…l’ebbi prontamente e ringraziai…poi dopo
un pò guardai nello specchietto retrovisore e vedetti l’uomo rincorrermi
con la sua auto…mi superò…e con una manovra “poliziesca” mi
fece fermare…scese…e mi disse che non era sicuro di essere stato abbastanza
chiaro e quindi mi voleva spiegare meglio la strada ! Viceversa l’unico
caso isolato di scortesia fu proprio a Mèrida centro, in un quartiere
“per bene” con giardini curati, belle case e illuminazione stradale…raccontando
ad un taxista questo episodio mi spiegò che forse mi
avevano scambiato per un “gringos” ( mi disse che una parte della popolazione
aveva un pò di risentimenti verso i ricchi Stati Uniti…non so
se sia una balla ! ) …in effetti ripensandoci mi ero “presentato” con
un “excuse me” anzichè con un “pardon” !
Il pomeriggio
tardi raggiungemmo finalmente l’Hotel
Villa Mercedes dove potemmo riposare le nostre membra…
L’Hotel di
buona categoria era situato in zona centrale in un grazioso palazzotto
coloniale costruito più di un secolo fà, un tempo residenza
delle famiglie spagnole più in vista. La sera ne approfittai per
fare il pieno di pietanze messicane ( in viaggio abbiamo l’abitudine di
mangiare solo a colazione ed a cena, io addirittura non mi concedo nemmeno
un biscotto durante il giorno…il che unito al maggior “moto” mi fa perdere
almeno 3 Kg in 15 gg ! wow ! ) e di cerveza. A proposito di birra: ne ho
bevute molte ( Corona, Dos Equis, Superior, Modelo, Chihuahua…) ma quella
dal sapore più robusto ( nonchè dal più alto grado
alcolico ) si è rivelata la Corona, la stessa apparente qualità
e confezione venduta in Italia con una sola ( sostanziale ) differenza
…in Italia è marchiata 4,6 gradi mentre in Messico è 6
! π
Prima di andare
a nanna accesi il Tv e miracolo !: “si prendeva Rai International” …appresi
da un Tg che l’Italia era sott’acqua con temporali e persino trombe d’aria
nel “periodo buono”, mentre nello Yucatan regnava il sereno nel “periodo
cattivo”.
..andava proprio
tutto alla rovescia …per fortuna !
Il mattino
seguente dopo l’abbondante colazione ( a base di squisite tortillas ripiene
di carne o formaggio e la sempre presente “agua de melon” ) continuammo
il nostro itinerario: direzione Uxmal ( si pronuncia Ushmal ) a circa 80
Km da Mèrida.
Dopo circa
due ore di auto ( bisognava considerare nei tempi quelli non indifferenti
per riuscire ad imboccare la giusta direzione, il traffico cittadino, i
rifornimenti… ) arrivammo ad Uxmal ( che non è una cittadina ma
solo un centro archeologico con pochi alberghi vicino in piena campagna
) ed anzichè dirigersi in hotel a posare i bagagli ( a poche centinaia
di metri dalle rovine ) approfittammo dell’orario ( mattina presto )
per andare direttamente nel parcheggio del sito Maya ( 70 $ + 10 $ parking
). Anche qui non sto a descrivervi gli scavi ( guardatevi le mie foto )
e le storie travagliate in quanto una guida cartacea può dire quanto
e più di quello che potrei dirvi io. Da segnalare una maggior fatica
rispetto Chichen-Itza nel visitare il sito in quanto trovandoci in una
( rara ) zona collinare ( le colline Puuc lungo la omonima strada si trovano
altri siti minori riguardanti le città satelliti di Uxmal ) è
sviluppato su vari livelli…in pratica c’è da salire, fare molte
scale ripide, piccole arrampicate ed il terreno è spesso sconnesso
( rispetto il regolare “praticello” quasi all’inglese di Chichen-Itza )…ovviamente
siamo
riusciti a
vedere tutto sotto il sole, con umidità al massimo e passeggino/bimba
a traino ! mai avevo visto il mio corpo sudare a fontanella ( cioè
non a gocce ma a getto continuo ! credetemi ! ) Anche ad Uxmal erano disponibili
guide in tutte le lingue ( Italiano compreso ) ma questa volta ci affidammo
al nostro libricino Edt π e in effetti fu una decisione saggia: a tarda
mattinata ci infiltrammo un un piccolo gruppo per sentire cosa diceva la
guida e a parte una scarna descrizione delle varie costruzioni il resto
era solo una ripetizione delle storie e delle usanze Maya sentite già
a Chichen come il gioco della palla, i sacrifici umani, il dio della pioggia,
la fine del mondo per il Dicembre del 2012… ( opsss…l’asteoride noto
più pericoloso nella storia della terra passerà da queste
parti intorno al 2014, un a’ltro nel 2019 ! :-O )
Sulle pietre,
tra le buche e nel boschetto all’entrata a destra c’erano molte iguane
della lunghezza anche di un metro…essendo abituate alla gente si lasciavano
avvicinare e fotografare…Maeva le rincorse con la sua andatura traballante
sino al primo capitombolo !
Vi consiglio
di mettere del repellente contro gli insetti tropicali ( tipo Autan Barriera
) alle caviglie perchè nell’erbetta umida e
soprattutto
tra le foglie secche del boschetto delle iguane si nascondevano degli esserini
microscopici voracissimi !!! Il
pomeriggio riprendemmo l’auto cocente ( …altra zaffata di fritto con
crema di fagioli neri al formaggio ) e ci recammo nel vicino lodge: l’
Hacienda
Uxmal famoso per aver ospitato i vari archeologi che lavorarono
alle rovine di Uxmal quando questa era quasi completamente ricoperta dalla
foresta. Era considerato di buona categoria e per fortuna aveva mantenuto
un carattere molto rustico e per niente lussuoso.
Tipica fu
la costruzione coloniale con patio e colonnato circondato un giardino tropicale
sviluppato su un piano obliquo ( la costruzione era su un fianco di una
collina ) al quale era stata aggiunta in tempi moderni una piccola piscina.
L’atmosfera era di calma e di relax nel silenzio assoluto del bosco attiguo
ad un piccolo ranch con cavalli…la sera una sala da pranzo rustica sempre
allietata dalle chitarre dei Mariachi ospitava gli ospiti presentando loro
un menù messicano molto ricco: ottimo il pollo alla cioccolata (questa
è la patria della cioccolata, dalla parola maya “xoco-ate” ovvero
“acqua amara”) con “papas frite” !
Quasi inutile
dire che essendo Maeva l’unica bimba piccola attirò subito le attenzioni
dei suonatori ( pro-propina ) tanto che da questo punto in poi fu per la
piccola quasi una piacevole costante mangiare ogni sera nei vari luoghi
“adulata” da una serenata messicana π e dai complimenti ( non solo del
personale ) : “Chiquita, muy linda, muy preciosa, hermosa….”
A dire il
vero molto spesso successe che le persone, anche estranei in mezzo la strada,
le facessero dei complimenti seguiti da una carezza sulla testa ed un giorno
una guida di un gruppo spagnolo me lo spiegò: è usanza Yucateca
quando si vede un bimbo grazioso far seguire al complimento una mano sulla
fronte e sulle guance,
a mò
di benedizione…in quanto si crede che l’omissione del gesto possa far
ammalare il bambino.
Un consiglio
per chi dovesse alloggiare in questo albergo: come detto prima non ci sono
centri abitati e tutto intorno è bosco-campagna quindi è
normale che in un ambiente informale come l’Hacienda Uxmal si trovi anche
una parte della “fauna” dei dintorni.
Armatevi di
pazienza ed usate un repellente sulla pelle ed un insetticida ( se ritenete
possa servire ) negli alloggi…date anche per eccesso di scrupolo ( ma
questo vale dappertutto ) una controllata alle coperte del letto ( sino
in fondo, ricordo sulle montagne Thailandesi di aver trovato una temibile
processionaria ) e la mattina quando vi alzate l’interno delle scarpe…
Appena entrato
in stanza infatti trovai un discreto “gruppetto” di tafani
( sono mosche presenti anche in Italia dal corpo leggermente meno tozzo
di quelle comuni e che a differenza di queste mordono e fanno male ! )
che fu messo subito a tacere da una “giusta” spruzzata.
A questo proposito
vi invito anche a tenere sempre i finestrini auto chiusi ( mi chiedo come
facciano i locali e quelli che non hanno l’aria condizionata a viaggiare
aperti ) dal momento che un giorno che aprii lo sportello lungo una statale
( da fermo e per pochi secondi ) per prendere delle cibarie dietro
al cofano entrò di tutto…ma “soprattutto” vari tafani…gli stessi
messicani più volte mi misero in guardia: “atenciòn amigo…piccano
!!!” aiutandomi con uno straccio a toglierli dal vetro posteriore dell’auto
( dove in genere andavano a finire ).
La serata
ad Uxmal passò in allegria ( si mangiava proprio bene e tipico !
) e dopo un piccolo problema di intasamento bagno ( dovetti vergognosamente
chiamare un addetto a stasarlo…i bagni messicani hanno tutti il “buchino”
piccolo e l’eccesso di carta igienica usata come copri-water era mal tollerata
! π ) andammo a letto…grilli e suoni notturni insieme allo stormire
delle foglie ci coccolarono e ci consegnarono immediatamente in braccio
a Morfeo !
Il giorno
dopo di buon mattino dopo l’abbondante colazione partimmo verso Tulum.
Fu questa la tappa automobilistica più importante. Infatti benchè
in linea d’aria Tulum non fosse lontanissima non esistevano strade dirette
ma solo un intreccio di stradine locali poco pratiche che ci avrebbero
allungato il tempo e probabilmente anche i chilometri da percorrere…quindi
ritenni conveniente tornare sui passi dei giorni precedenti ed intraprendere
quasi tutto il percorso fatto all’inverso ovvero: Uxmal-Merida-Chichen-Izta-Valladolid
poi deviare verso Chemax, Cobà ( famoso sito archeologico ) e poi
continuare verso Tulum tramite una lunga e stretta strada ( deserta )
piena di buche profonde ed improvvise ( attenzione quindi…e dire che
è stata pure costruita da pochi anni ! ) verso la metà della
quale si possono incontrare delle produzioni/rivendite di stoffe, arazzi
e tappeti messicani in stile Maya veramente bellissimi con i loro mille
colori sgargianti !!!
Totale: altri
350-400 Km …per non spezzare troppo la media decidemmo di far mangiare
Maeva direttamente “in corsa” nell’auto ! Arrivati a Tulum non contenti
delle cinque ore ( o più ) di auto delle strade tutto-dossi delle
colline di Puuc o della foresta del centro Yucatan o dei zig-zag ( per
evitare le buche ) della Chemax-Tulum decidemmo di fermarci a visitare
le rovine di Tulum…erano le 14.00 di una giornata caldissima dal cielo
azzurro come mai senza un alito di vento e senza nemmeno un albero come
riparo…il terreno sconnesso per il passeggino fece il resto…ma prima
entrammo nel parcheggio ( le sbarre erano alzate e non pagammo la sosta
) e ci incamminammo verso gli scavi ( 35 $ ). Non sapendo la lontananza
e non sapendo che esisteva una specie di trattore-trenino a pagamento per
raggiungere le rovine mi feci a piedi un bel tratto assolato ed asfaltato
di strada interdetta alle auto che mi accecò nonostante gli occhiali
da sole…un caldo pazzesco ! Poi una volta all’entrata, eluse le guide
in lingua italiana ( qui volevano farmi uno sconto se accettavo il giro
insieme ad un’altra coppia ), mi incamminai per una salita. Tulum non era
molto grande e se non fosse in un buono stato di conservazione e se non
fosse vicina ai maggiori luoghi di villeggiatura “caraibica” non penso
avrebbe avuto la notorietà e l’affollamento che aveva e nemmeno
tutti quei negozi e bar in cemento all’entrata . Il mare poi, accedibile
solo dal sito, completava la lista dei motivi che attiravano le persone
in questo luogo…in pratica dopo una sommaria visitina alle rovine ( purtroppo
non è più possibile accedere alla scalinata de El Castillo
) molti andavano a tuffarsi in mare che si diceva avere dei colori bellissimi
quando calmo ( quel giorno era agitato e torbido ) …senz’altro l’accostamento
scogliera-mare-rovine ( unica combinazione nello Yucatan ) creava uno scorcio
suggestivo !
Quella calda
“ciliegina” sulla torta della giornata terminò sotto un raro
cespuglio ombroso sulla spiaggia: santa borraccia !
Una dritta:
quando viaggio per molte ore sotto il sole ( sperimentata la prima volta
a Giza, al Cairo ) e so di non poter riempire di acqua fresca la mia borraccia
( guai a portarsi semplici bottiglie d’acqua ) e sono sicuro che questa
a fine giornata ( o prima ) diventerà calda aggiungo nel mio “litro”
sempre una bustina di Idrolitina o Frizzina. Premesso che non sono un fautore
dell’acqua gassata vi posso assicurare che il sapore dell’acqua calda è
appena tollerabile se aggiunto alle “bustine” mentre assolutamente disgustoso
se “liscio” ! Inoltre la polverina frizzante aiuta la digestione in caso
di mangiate “poco ortodosse” lungo la strada e soprattutto ( cosa importantissima
) reintegra in parte i sali minerali persi con il sudore ( anche se una
Coca-Cola in questi casi sarebbe meglio per i sali persi…chi vi parla
è una persona alla quale la Coca Cola fa schifo…ma in certi casi
funziona…l’abbiamo data persino a Maeva …tanto è poco
più che acqua e zucchero in barba alle leggende metropolitane che
la vogliono far apparire come una specie di micidiale acido sciogli-budella
! ).
Rifocillati
di liquidi sotto il fitto cespuglio di palmette ci incamminammo verso l’uscita
( un sacco di strada ! ) ripetendo la ormai collaudata sequenza: apertura
portiere auto quasi liquefatte ( fuoriuscita di puzze al tacos strafritto
imbottito di maiale pure fritto ! ), cambio pannolino “on-site” con puzze
ben più grandi di quelle dell’auto visto la fermentazione indotta
dal caldo, spuntino di omogenizzato, bevuta d’acqua, accensione motore
ed aria condizionata con sniffata di gas incombusti e particolato e poi
stremati dagli olezzi via di nuovo in marcia, un’altra manciata di decine
di chilometri per la destinazione serale: Xpu-Ha, una località balneare
a pochi chilometri a Nord di Akumal
ed a circa
25 Km a Sud della italianissima π Playa del Carmen. Per il meritato riposo
( dopo quattro giorni pieni il contachilometri parziale, azzerato all’inizio
dell’itinerario, segnava quasi 1000 Km ! ) scelsi << udite,
udite !!!, tre giorni , dicasi tre, venghino sìori e sìore
! >> il Copacabana Beach Resort,
il mio primo (ed ultimo) “All Inclusive” della carriera :-DDD !!!
Scherzi a
parte, in questa parte della costa erano praticamente tutti All Inclusive
e dopo il meraviglioso comportamento di mia figlia e le fatiche da lei
( e non solo ) sopportate mi sembrò appropriato ( e poi da altre
parti vicine come Akumal i normali hotels erano tutti pieni e non ho trovato
posto ! ) dedicargli un luogo dove si poteva svagare e divertire in tutta
rilassatezza !
“Scaricata”
dunque la famigliola ( ed i bagagli ) nel resort ( subito ci “inanellarono”
come si fa con gli uccelli sigillandoci un braccialetto di plastica colorata
nel polso che non doveva essere rimosso durante tutto il soggiorno per
nessuna ragione ! ) mi diressi verso Playa del Carmen per riconsegnare
l’auto alla Hertz percorrendo a tutta velocità la “Carrettera Tulum-Cancun”,
una strada molto comoda ed ampia con limite a 110 Km/h ( come in autostrada
) molto più trafficata delle strade che avevo percorso all’interno
dello Yucatan.
Una volta
giunto alla Hertz fu controllata a puntino l’auto ( confrontando la mappetta
dei difetti di carrozzeria che mi avevano consegnato e fatto firmare a
Cancun con il reale stato dell’auto: nessuna differenza !, in pratica non
avevo arrecato nessun nuovo danno ! ) e dopo un’ora ( mia moglie mi aveva
dato per disperso ) dopo aver controllato pratiche, fatto telefonate a
Cancun e firmato un pò di carte mi congedarono …chiamai quindi
un taxi ( lungo monologo del guidatore su argomenti ad alto contenuto culturale
del tipo ” il vero “macho” beve tanto, corre in auto, fa il dritto con
la polizia, ha l’amante e porta gli occhiali da sole” oppure “viva la corruzione
perchè porta vantaggi a tutti”) e in venti minuti mi ritrovai nel
resort ! …una giornata veramente “campale” ! π
Mettendo da
parte tutte le considerazioni ironiche di alloggiare in un mega villaggio
“all inclusive” volevo descrivere gli aspetti positivi del Copacabana.
Innanzitutto era senz’altro molto più grande di un hotel ma non
grande per essere un villaggio. La struttura degli alloggi si sviluppava
a ferro di cavallo affogato in una rigogliosa vegetazione originale che
aveva per base le mangrovie e di contorno le altre piante tropicali. Un
piccolo cenote naturale con laghetto e fiumiciattolo scorreva all’interno
alimentando delle pozze all’interno della foresta. Per chilometri intorno
al villaggio non c’erano costruzioni ma solo boschi fitti e spiaggia ad
eccezione di un piccolo campeggio con poche tende ad igloo ed un bar attiguo.
Il nostro
appartamento si trovava lontano dagli schiamazzi della reception/ristoranti/discoteca/teatro/bingo
e molto vicino al mare tanto che la sera sentivo il rumore delle onde.
Andando nel balcone-patìo potevo toccare le mangrovie tanto eravamo
immersi nella foresta che era abitata da molti uccelli acquatici che allietavano
la giornata con i loro canti notte e giorno…melodie diverse a seconda
dell’ora !
Ogni tanto
ci faceva visita un iguana.
Ovviamente
era d’obbligo il repellente per zanzare e similia. Un solo giorno ebbi
la sfortuna di scordarmelo verso il tramonto e mentre camminavo sul pontile,
che dal mare risaliva il resort sino alla fine, osservando l’acqua sottostante
ed i cactus che si arrampicavano sui rami di mangrovia, fui punto un centinaio
di volte ( non penso che fossero zanzare, forse erano delle “sparapunti”
da carpentiere ) in due punti del corpo…in pratica dopo due settimane
avevo ancora due “tatuaggi” simili a quelli Polinesiani che descrivevano
la circonferenza del mio braccio e della caviglia destra.
L’animazione
c’era ma era molto discreta e mai una volta mi hanno proposto qualcosa
…praticamente ero “trasparente” ( meno male ). Il villaggio era frequentato
soprattutto da “gringos” e gli italiani erano rari. C’era cibo in abbondanza
esagerata a tutte le ore del giorno e della notte ( questo se da un lato
poteva far piacere vi giuro che da un altro ci dava da pensare: credo
che un giorno solo di quel villaggio avrebbe sfamato per una anno l’intera
Angola ) e c’era anche molto da bere…ovviamente tutto incluso…ed infatti
approfittai per fare il pieno di birre e della mia amatissima Piña
Colada.
Riguardo il
cibo volevo segnalare che oltre ai reparti spaghetti-hamburger c’erano
sempre ampie scelte di ricette messicane e da questo lato ho fatto onore
alla mia curiosità culinaria…gli unici spaghetti presi sono stati
quelli per Maeva. Anche in questo villaggio come pure negli hotels passati
( e futuri ) trovammo molta disponibilità da parte del personale
locale tant’è che ci cucinavano quasi tutti i giorni la pastina
per Maeva …in tutti gli alberghi ci presentavamo con il nostro pentolino,
la scatola di “stelline” ( semi-distrutta nel viaggio ) e spiegavamo con
calma: ”
agua, no sal, después burbuja: dos cucharas, siete minutos,
deje poco de agua…” : i messicani dopo un pò di perplessità
per la richiesta insolita acconsentivano sempre con un sorriso !
I tre giorni
passarono con spensieratezza e furono molto utili non solo per riposarci
dalle fatiche ma soprattutto per insegnare a Maeva l’uso della ciambella/salvagente
e prendere dimestichezza con l’acqua del mare o della piscina delle quale
prima aveva molta paura !
Il terzo giorno
bisognava farla uscire a forza tanto le piaceva !!!
Una sera,
approfittando di una bella dormita della piccola ( stanchezza da nuoto
! ), riuscimmo anche a vedere presso il teatro
del resort
una ricostruzione di danze, suoni e costumi Maya !
Il resort
era anche un buon punto di partenza per escursioni. Tolte tutte quelle
archeologiche ( già fatte ! ), tolte tutte quelle prettamente snorkellesche
( tipo la vicina Xel-Ha…con una bimba non mi sembravano adatte ) decidemmo
che il secondo giorno sarebbe stato dedicato a Xcaret ( una sorta di parco
“artificioso” dove poter vedere molti animali o ricostruzioni del gioco
della palla Maya, assistere a spettacoli di danza, canto e musica, fare
un poco di snorkeling anche in grotta e cenote, andare a cavallo, nuotare
con i delfini, stare semplicemente in spiaggia ed altro ancora ) …ovviamente
con i bimbi non bisogna mai fare piani certi ed una piccola febbre di Maeva
causata dallo spuntare di tre molari ci fece rinunciare…non ce la sentimmo
di esporla tutto il giorno al sole di una escursione e quindi rimanemmo
nel resort dove continuai il “corso di ciambella” π …in fondo
era anche vacanza di Maeva oltre quelle di papà e mamma !!!
Non tutti
i mali vennero per nuocere in quanto quel giorno dopo pranzo ci fu un nubifragio
violentissimo con tuoni assordanti mai sentiti prima d’ora, della durata
di poco più di un ora…l’unica pioggia “diurna” della nostra vacanza…Maeva
giocò con le mille rane saltellanti che uscirono dopo il temporale
dalle mangrovie per andare sui corridoi del resort !
Trascorso
il periodo al Copacabana con un taxi collettivo ci recammo all’aeroporto
di Cancun dove un bellissimo “tubo volante” un Jetstream
32 ( bimotore ad elica da 19 posti ) dell’Air Caribe ci stava
aspettando mezzo vuoto per portarci all’isola di Cozumel.
Non avendo
consumato acqua imbottigliata durante il soggiorno all-inclusive ( ogni
giorno riempivano il frigo di bibite ), sapendo dell’alto costo della vita
a Cozumel ( 7 euro per un litro e mezzo d’acqua purificata contro un euro
per 3,7 litri al supermarket di Cancun ) ed avendo un bella scorta d’acqua
di molti litri comprata all’inizio della viaggio ( nonchè una piccola
riserva personale di Merlot Zonin sgraffignata nel volo di andata ) decisi
di prendere uno zaino di scorta ( lo porto con me nelle valige in caso
di rottura di queste ultime ) e di riempirlo con le bottiglie.
Sapevo di
eccedere di molto il peso consentito ( nonostante la scorta di omogeneizzati
notevolmente diminuita ) ma ci provai: quasi 60 Kg in due ! per fortuna
la vista tenera della bimba ( “sa con tutte le cose che bisogna portare
per lei !”) e l’aereo mezzo vuoto…fecero chiudere un occhio all’incaricata
del check-in ! ;-P evvai !
Prima di partire
mi fecero compilare sul biglietto il nome/cognome e numero di telefono
di un parente/conoscente da contattare in caso di sciagura aerea…non
mi era mai successo in tanti viaggi …mi grattai dunque gli zibidei, feci
le corna e toccai ferro …l’inserviente sorrise ma non seppi mai quali
dei tre gesti avesse capito !
Al gate nel
momento dell’imbarco un carretto distribuì le bibite per i dieci
passeggeri…
Poggiai Maeva
sulle mie gambe, la legai con la cintura dei bimbi ( che si aggancia alla
cintura dei grandi ) e volammo tra le nuvole !
Il tempo era
bello come al solito ed il volo della durata di appena quindici minuti
fu piacevole !
Una volta
atterrati scendemmo dalla scaletta dove un’ addetta ai servizi a terra
ci aspettava per chiederci 55 pesos per l’assicurazione di Maeva
che si erano scordati di farci pagare a Cancun ! Nessuna ricevuta mi fu
rilasciata. Feci una piccola indagine il giorno dopo ( pensai ad una truffa
) facendo telefonare in aeroporto ma pare fosse tutto legale ! ( mah !
strano che al ritorno non abbia pagato nulla ! )
In aeroporto
comprai il biglietto per un taxi collettivo (60 pesos a testa) che ci portò
sino all’
Hotel Presidente
Intercontinental . Perchè la scelta di Cozumel e dell’Hotel
Presidente, uno degli hotel più costosi dell’isola ? Non certo per
manìa di lusso ( del quale non me ne può fregar di meno…anzi
in alcun casi, non lo dico per snobismo viaggesco, mi da pure fastidio
) ma perchè mi piace abbinare ad un viaggio di “visite” o di “archeologia”
qualche giorno dedicato al puro snorkeling “facile”, cioè quello
autonomo da riva: non legato ad escursioni private, orari spesso scomodi,
gratuito, ecc.ecc. e Cozumel era l’isola adatta ( per i sub e per coloro
i quali avevano prenotato un giro in sottomarino poi è un vero paradiso
in quanto a largo della costa c’è il reef più grande del
mondo dopo la Grande Barriera Australiana ) ed in particolar modo la spiaggia
dell’Hotel Presidente era annoverata sulla guida Edt come tra le tre spiagge
più snorkellose dell’isola, notizia avvalorata dal fatto che si
trovava ad un chilometro dal parco nazionale di Chankanab ( da qualche
anno chiuso al pubblico via terra ed accedibile solo con barca per lo snorkeling
) e confermata da Bnx che ci aveva soggiornato.
Infatti tutte
le escursioni di snorkeling che partivano dal capoluogo: San Miguel sbarcavano
gli apneisti ad un centinaio di metri ( sempre a pochi metri dalla riva
) più a sud dell’hotel in pratica dove abitualmente andavo io !!!
Due parole
su San Miguel, l’unico centro abitato e commerciale dell’isola, nonchè
porto di attracco dei traghetti, barche private e navi da crociera ( in
genere Cozumel è una delle mete delle crociere ai Caraibi provenienti
da Cuba, S.Domingo, ecc. ).
S.Miguel era
formato dal solito reticolo di strade, quelle più curate verso il
lungomare, quelle meno con edifici più modesti verso l’interno.
Il paese era una vera e propria Capri all’americana, piena di gente a tutte
le ore del giorno e della notte ( ecco perchè le spiagge erano deserte
) intenta a fare shopping ( caro ). Locali, negozi di abbigliamento, ristoranti
e soprattutto tante “gioiellerie” riempivano il corso principale lungo
il mare…per un giro più pittoresco erano anche disponibili varie
carrozzelle trainate da cavalli.
Sinceramente
preferii sorvolare tanta confusione ed andare subito in hotel.
Questo era
praticamente quasi vuoto ( meno male ) e l’ambiente era fortemente adatto
al relax e alla privacy…nei corridoi, nelle sale, in spiaggia, nei ristoranti
non si sentiva mai volare una mosca nemmeno in presenza di piccoli gruppi
famigliari…
La grande
struttura prettamente ad uso e consumo degli statunitensi e canadesi era
inserita tra giardini tropicali e spiagge di un bianco accecante…due
ristoranti: uno molto formale e costoso a lume di candela con cucina internazionale
( ci andammo solo la prima sera ) ed un altro con cucina Yucateca ( ci
andammo tutte le sere ) rallegrato dalle canzoni ( per il godimento di
Maeva ) del mariachi !
I giardini
intorno alla nostra stanza al pian terreno erano spesso visitati da uccelli
ed iguane, una tra tutte spiccava per grandezza ( più di un metro
di massicci muscoli e cresta ) e colori verdi a strisce rosse brillanti…Maeva
la rincorse facendola scppare sulle cime degli alberi !
Il clima
era dolcissimo, tutta l’umidità che avevo trovato nelle altre località
era sparita ( e non tornerà mai più ! forse dipendeva dal
fatto che era un’isola ! ) vento assente, mare sempre piattissimo ( perchè
protetto dal reef e dalla costa messicana di fronte ) ed ovviamente sole
!
La prima cosa
che feci fu lo snorkeling…poco dopo arrivato π …il mare era talmente
bollente ( più di 30 gradi ! ) che lasciai in valigia la mutina
a mezze maniche da 3 mm che sempre mi ha seguito ( ed ho usato ) negli
altri viaggi tropicali.
I fondali
non erano certo quelli degli acquari di Allah ( Mar Rosso e Maldive ) in
quanto si trattava di una costa rocciosa ( e non di una barriera ) colonizzata
soprattutto da molte varietà di spugne ( coralli pochi ) alcune
molto belle di aspetto simile alle gorgonie. Nonostante questo mondo subacqueo
non abbondasse di colori c’erano tutte le razze di pesci ( ed invertebrati
) che mi aspettavo di trovare: pesci farfalla, chirurgo, razze, enormi
pappagalli, torpedini, murene, carangidi, scorpione e molti altri…in
particolar modo sotto riva si trovavano molti branchi di avannotti seguiti
da grandi barracuda e aguglie mentre nei buchi della roccia, costellati
di diversi tipi di grandi ricci, vivevano molte aragoste ( ne presi una
e la portai a riva per farla vedere a Maeva ma giustamente si avvicinò
un signore che mi invitò a lasciarla subito in quanto ci trovavamo
in un parco nazionale ). La sera ( dopo le 18,30 ) poi i grandi predatori
( purtroppo non gli squali ) si avvicinavano per approfittare delle varie
nursery ittiche e spesso mi ritrovavo in mezzo a folti branchi di grandi
pesci.
Tra uno snorkeling
e l’altro ( almeno un paio d’ore continuate per volta più volte
al giorno ! ) non uscivo nemmeno dall’acqua e mi dedicavo ai bagnetti di
Maeva che divertita dai pizzicotti dei pesci sui piedini si trovava perfettamente
a suo agio…nel suo paradiso !
Tra un bagnetto
e l’altro invece giocava con secchiello e paletta insieme ad una bimba
americana…
La spiaggia
( anzi le due spiagge, una molto lunga ) erano sempre deserte ( al massimo
un paio di silenziose coppie con bimbi ) in quanto la maggior parte della
gente ( comunque pochissime decine di persone over 50 ) preferiva una vita
più “rilassata”, più in sintonia con il luogo…a questo
proposito ve la voglio descrivere perchè spesso oggetto di mie considerazioni
di stupore.
Il soggetto
tipico era un singolo ( o una coppia ), bianco, americano di mezza età
con abbigliamento informale: calzoncini bianchi , canotta fantasia, occhiali
da sole ( scurissimi ed irremovibili ), ciabattine ( sabbiofobe ) e cappelletto
alla capitan Findus con una leggera barba non tagliata ma comunque ben
curata e scommetto anche profumata. Il soggetto si alzava tardi la
mattina trascinando lentamente il corpo sino al chiosco in riva al molo
dove iniziava la serie di “margarita” alternati a succhi di frutta. Tra
un sorso e l’altro una gustosa sigaretta fumata con piacere lasciando roteare
lentamente il denso fumo non aspirato dentro la bocca aperta. Sguardo perso
nel nulla leggermente chino verso il basso senza mai puntare il fastidioso
bagliore della sabbia o l’ irritante sbrilluccichio del mare. Espressione
con sorriso fisso plastificato sulle labbra e grinze di soddisfazione ai
lati degli occhi…il tutto in spirituale silenzio cercando di interagire
il meno possibile con gli altri, ordinando le bevande a gesti e sorrisi
…il tutto sino all’ora di pranzo. Poi avvicinamento curvo ma preciso
con mozzicone tra le dita sino al lettino bianco all’ombra delle
“palapas” ( ombrelloni di paglia ) in spiaggia scegliendo ovviamente la
posizione più lontana dal mare e più vicina al silenzioso
bar per leggere un buon libro e fumare qualche sigaretta o la pipa.
Ad una certa ora la bandierina verde accanto alla palapa veniva poggiata
con enorme fatica nella sabbia ( era il segnale che doveva accorrere
il cameriere ), spuntino con frappè o macedonia ( troppa fatica
masticare ! ), continuazione della lettura, sigaretta, piña colada,
sigaretta, sempre in silenzio senza mai alzare gli occhi al mare e sempre
col sorriso in bocca, sigaretta, sino a al tramonto…poi passeggiatina
serale sino al bancone dell’altro bar sull’altro molo ( ma la pipì
non la facevano ? ) per cocktails e stuzzichini leggeri, scambio di sorrisi
col banconista, una mezza battutina col vicino tanto per testare le corde
vocali e così via fino a notte tarda…
…beh ! dei
veri stacanovisti del fancazzismo, una disciplina molto ardua da seguire
con tanta professionalità. Io non riuscirei a passare un lungo periodo
in questo modo, non ci sono abituato e quindi non mi piace ma se penso
allo stress metropolitano che mi tocca subire ogni giorno nella mia città
provo un poco di ammirazione per queste persone così serie ed allenate
da riuscire a gustarsi l’ozio nella sua forma più pura…quella
che non ha mai ucciso nessuno π
Io invece,
povero mortale, alternavo lunghi periodi di snorkeling a brevi periodi
di water-baby-sitting ( quando Maria andava a snorkellare ) fino a sera
tarda quando il sole spariva sotto l’orizzonte. Tempo meraviglioso senza
nuvole tranne una notte, molto tardi, quando ha piovuto tantissimo ( ma
il giorno dopo la sabbia era asciutta grazie al perfetto drenaggio dei
granelli corallini )…diverse dovrebbero essere state le serate ( ed anche
qualche giornata ) sulla costa di fronte ( riviera Maya ) visto che notai
spesso in lontananza lampare e addirittura una soleggiatissima mattina
in direzione di Tulum avvistai la sagoma conica ben definita di una tromba
d’aria.
Un giorno
la calma dell’hotel si spezzò…all’improvviso una mattina nei corridoi
trovai dei strani personaggi in gran quantità circolare con fare
sospetto. Dall’aspetto parevano usciti da un X-Files ( in pratica se avessero
avuto tatuata sulla fronte la scritta “sono un poliziotto” sarebbero stati
sicuramente più in incognito…occhiali scuri…sguardo di pietra
senza il solito sorriso inebetito dei vacanzieri e poi non rispondevano
ai miei “olà” ) chi di corsa, chi fermo impettito dietro una colonna
o un ombrellone. Un’unità della marina messicana armata con cannoni
attraccò nel piccolo molo dell’hotel ( a rischio di disturbare il
relax dei tizi al bar ! ) …e così per tutta la giornata …pensai
a qualche grande retata di una banda di narcotrafficanti…ed invece la
sera il mistero si dipanò…il venerato ( ma anche discusso ) presidente
della repubblica messicano Fox aveva scelto il nostro hotel per un meeting
ed un pernottamento !!!
Il giorno
seguente il luogo risprofondò nel suo dolce torpore.
Nel frattempo
si rintasò il bagno e deciso a non chiamare nessuno per la vergogna
costruii una efficiente ventosa stura-lavandini con una bottiglia di plastica
di acqua purificata ed in poco tempo sistemai positivamente la faccenda
π
Che dire ?
un bel viaggio riuscito meglio di quanto pensassi ! Il 20 Agosto ( avrei
voluto fare tre settimane ma non c’erano voli disponibili ) a mezzogiorno
iniziò il viaggio di ritorno: taxi, sala d’aspetto, perquisizione
doppia dei bagagli a mano e da spedire a Cozumel, orario volo locale posticipato,
micro aereo semivuoto con ubriaco a bordo, sala d’aspetto, tassa per l’uscita
dal paese ( 20 dollari Usa o 200 pesos a testa ! ), check-in, forte ritardo
aereo, volo internazionale ( Maeva è stata bravissima dormendo quasi
tutto il tempo nella culletta o giocando ), ritardo nella consegna dei
bagagli, auto genitori fino ad un punto, auto nostra fino a casa ( un giorno
intero ).
UNA CURIOSITA’
:
“Yucatan”
(che è il nome sia di uno Stato Messicano che della penisola comprendente
più Stati) deriva da un equivoco:
quando i primi
coloni europei chiesero il nome di “quella” terra gli indigeni risposero
“Yucatan” che in lingua locale voleva dire “che cosa stai dicendo ?” π
SI RINGRAZIA:
Il clima eccezionalmente
bello che ci ha donato 15 giorni di sole pieno (mai visto una nuvola nera)
privi di vento ad eccezione di un breve temporale dopo pranzo, durante
una nostra “siesta”, ed un paio di acquazzoni notturni; un mese più
tardi, invece, l’uragano Isidoro creò diversi danni nello Yucatan.
Il popolo
Messicano per essere stato sempre gentile, cordiale, educato, disponibile,
paziente, accomodante e simpatico !
…e che dire
della cucina ? Ricette
in Italiano
Aggiornamento
2006: a causa di vari incidenti accaduti ai turisti non è più
possibile salire sulla grande Piramide di Chichén Itzá.
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